Il contratto di ormeggio tra locazione e deposito con riflessi anche in ordine alla scelta del rito da applicare
03 Marzo 2022
Massima
Il contratto di ormeggio ha natura privatistica e atipica: le parti nell'esercizio della propria autonomia contrattuale possono qualificare secondo i propri interessi il contenuto della prestazione, che può avere natura mista, con profili riconducibili al deposito e alla locazione; compete al giudice stabilire, in relazione al singolo contratto, il parametro dominante e la conseguente disciplina applicabile, a seconda che prevalgano gli oneri di custodia, la prestazione di servizi o il semplice godimento del posto barca dietro corrispettivo, dovendosi tale ultima fattispecie assimilare ai profili della locazione. Il caso
La vicenda processuale sorge fra una società concessionaria di area demaniale nel porto di Ostia, costituita da molo destinato all'ormeggio di imbarcazioni, e altra società che riceve in godimento tale area e che, ad certo punto sospende il pagamento del corrispettivo, sull'assunto che sia intervenuta una modifica del fondale che rende non più pienamente utilizzabile l'area di ormeggio; per le somme non corrisposte viene ottenuto decreto ingiuntivo al quale l'utilizzatrice del posto barca propone opposizione, sull'assunto che il bene non sia pienamente utilizzabile e pertanto non sia dovuto l'intero canone convenuto; con l'opposizione introduce anche domanda riconvenzionale volta ad ottenere risarcimento per i danni subiti nella propria attività imprenditoriale, posto che non aveva potuto ospitare le imbarcazioni di maggiori dimensioni. L'opposizione viene introdotta con ordinaria citazione, tempestivamente notificata ma iscritta a ruolo oltre il quarantesimo giorno dalla notifica del decreto ingiuntivo opposto. Alla prima udienza, le parti sono chiamate a interloquire su tale aspetto e sulla dedotta mancata registrazione del contratto, il cui schema astratto è del tutto sovrapponibile ad un contratto di locazione, ovvero la concessione in godimento del posto barca dietro pagamento di corrispettivo mensile, con durata convenuta in 36 mesi, tacitamente rinnovabili salvo disdetta e il divieto di uso diverso, con oneri delle forniture idriche ed elettriche a carico dell'utilizzatore. Nelle more della causa, il contratto veniva registrato. La causa andava in decisone senza attività istruttoria, sulla preliminare questione di rito che, tuttavia, presupponeva la corretta qualificazione giuridica del contratto, onde determinare il rito applicabile e la conseguente tempestività dell'opposizione. La questione
Il preliminare profilo cui il giudice è chiamato a dare risposta attiene al corretto inquadramento del negozio posto in essere dalle parti, poiché da tale valutazione consegue la soluzione all'eccezione di tardività dell'opposizione, inquadramento che attiene sia alla natura privatistica o pubblica del rapporto, sia - ove si accerti la sussistenza di negozio fra privati - alla sua corretta qualificazione, onde individuare la disciplina applicabile. Risolti tali aspetti, resta da verificare - in rito - la tempestività della proposta opposizione a decreto ingiuntivo, dal momento che ove il giudice qualifichi il rapporto come riconducibile allo schema del comodato/locazione, dovrà applicarsi il rito locatizio ex art 447-bis c.p.c., scelta processuale che comporta profili peculiari anche in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, tanto più che - nel caso di specie - l'opponente ha invece adottato il rito ordinario. Le soluzioni giuridiche
Il tribunale capitolino esclude che la fattispecie debba qualificarsi di natura pubblica e, segnatamente, come sub-concessione, profilo dedotto dall'opponente e ritenuto totalmente infondato, poichè non è possibile ipotizzare un frazionamento dell'originaria concessione in una pluralità di sub-concessioni, né nel contratto di ormeggio è possibile rinvenire gli interessi di natura pubblicistica sottesi invece alla concessione di bene pubblico destinato ad approdo turistico, posto che in tal modo si finirebbe per sottrarre ogni controllo all'autorità portuale su aspetti di rilevanza collettiva. Il contratto di ormeggio va dunque qualificato come negozio atipico di natura privatistica (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2013, n. 3554; Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2011, n. 19201), in cui coesistono pluralità di aspetti, riconducibili sia al deposito che alla locazione, dovendosi altresì escludere la configurabilità di un diritto d'uso ex art. 1024 c.c. del diritto attribuito alla concessionaria di tratto demaniale (Cass civ., sez. II, 18 luglio 2013, n. 17643). Nell'àmbito dell'autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall'art. 1322 c.c., nello schema negoziale potranno essere inserite prestazioni che finiranno per integrare elementi qualificanti, riconducibili a figure contrattuali tipiche, quali la locazione o il comodato ove prevalga il godimento dell'area, oppure il deposito, ove abbia rilievo l'obbligo di custodia dell'imbarcazione, e ancora la somministrazione, nell'ipotesi in cui divengano rilevanti le forniture di acqua e di energia elettrica, sì che al contratto di ormeggio non si potrà dare configurazione unitaria e competerà al giudice di merito valutare in fatto quale aspetto prevalga e orienti la disciplina applicabile (Cass. civ., sez. un., 3 aprile 2007, n. 8224). Nella fattispecie in esame, il giudice romano rileva come l'elemento essenziale della pattuizione vada individuato nella concessione in godimento, dietro corrispettivo e per un determinato periodo di tempo di un posto barca del pontile compreso nella concessione e degli annessi posti auto, senza alcuna prestazione accessoria di servizi, secondo un paradigma che non può che essere ricondotto alla figura tipica della locazione (Cass. civ., sez. III, 1 giugno 2004, n. 10484). Trattandosi di fattispecie assimilabile ad uno dei tipi contrattuali previsti dall'art. 447-bis c.p.c., doveva necessariamente essere applicato il rito locatizio, a nulla rilevando che il contratto sia stato registrato successivamente all'inizio della causa (Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2021, n. 16742; Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2018, n. 6009): anche ove si volesse ritenere nullo per tale omesso adempimento (Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18214), poiché qualunque controversia attinente alla costituzione di diritti personali di godimento su immobili - anche se fondata su titolo nullo o cessato - deve essere intesa quale “controversia in materia di locazione” assoggettata al rito speciale (Cass. civ., sez. I, 16 gennaio 2003, n. 581). Così qualificato il contratto, e il conseguente rito applicabile, la controversia può essere risolta con la dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, stante la sua tardività: il Tribunale capitolino richiama copiosa e prevalente giurisprudenza sulla conservazione degli effetti dell'atto introdotto con rito ordinario nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo assoggettato ratione materiae a rito speciale locatizio, laddove la causa sia iscritta a ruolo nel termine fissato dall'art. 641 c.p.c.; nel caso di specie la costituzione dell'opponente era avvenuta oltre i quaranta giorni dalla notifica del decreto. Sul punto, suggellando l'orientamento maggioritario espresso anche nella sentenza in commento, si sono assai di recente pronunciate le Sezioni Unite, esprimendo il seguente principio di diritto: “Allorché l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c., sia erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 150/2011 - che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo decreto legislativo n. 150/2011 -, producendo l'atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, se comunque venga depositato in cancelleria entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c.”(Cass. civ., sez. un. 13 gennaio 2022, n. 927). Osservazioni
La pronuncia si inserisce nel solco di una interpretazione consolidata in tema di qualificazione del contratto di ormeggio, distinguendosi per la chiarezza e la linearità argomentativa con cui perviene all'individuazione dei profili qualificanti, operazione che è necessariamente demandata al giudice a fronte di una fattispecie atipica a contenuto misto e flessibile, ritenuta dall'ordinamento meritevole di tutela, per la sua ampia diffusone sociale (Cass. civ., sez. III, 21 ottobre 1994, n. 8657). A fronte della atipicità e della facoltà in capo ai contraenti di scegliere diverse declinazioni della prestazione dedotta in contratto, assai variegati possono essere gli effetti che discendono dalla concessione in godimento del posto barca: competerà sempre al giudice interpretare il rapporto negoziale, accertando quali specifici obblighi le parti abbiano inteso includere nel sinallagma; frequenti risultano le controversie legate non solo al godimento dell'area ma anche alla custodia del natante (con conseguente applicazione della disciplina del contratto di deposito). Spetterà in tal caso all'attore, secondo gli ordinari canoni di allocazione dell'onere della prova ex art 2697, comma 1, c.c., fornire la prova che il concedente del posto di ormeggio avesse assunto anche l'obbligazione di custodire l'imbarcazione ivi ormeggiata, potendosi a tal fine ritenere indici presuntivi dell'obbligo di custodia la presenza di personale addetto alla vigilanza o la predisposizione di sistemi automatizzati di controllo, nonché la consegna da parte del possessore dell'imbarcazione delle chiavi al gestore del posto barca (v., in tal senso, App. Napoli 24 maggio 2021; Trib. Venezia 24 marzo 2021). Riferimenti
Carrato - Scarpa, le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano,2015, 22; Bellante, Contratto di ormeggio e responsabilità del gestore portuale per la custodia dell'imbarcazione, in Danno e resp., 2013, 1063; Pellegrino, Ormeggio (e parcheggio) tra deposito e locazione, in Giur. it., 2005, 939. |