La prova liberatoria del contribuente nel corso del procedimento redditometrico: la rilevanza del nucleo familiare

10 Marzo 2022

L'Amministrazione finanziaria, in caso di procedimento redditometrico, ha l'obbligo di considerare la posizione reddituale della famiglia fiscale e di esaminare dettagliatamente le prove addotte dal contribuente in sede di contraddittorio. In tal senso la motivazione assume i connotati di una motivazione rafforzata, derivandone, dunque, uno stretto collegamento tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del provvedimento, sicché l'esito del contraddittorio ne diviene parte integrante.
Massima

L'Amministrazione finanziaria, in caso di procedimento redditometrico, ha l'obbligo di considerare la posizione reddituale della famiglia fiscale e di esaminare dettagliatamente le prove addotte dal contribuente in sede di contraddittorio. In tal senso la motivazione assume i connotati di una motivazione rafforzata, derivandone, dunque, uno stretto collegamento tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del provvedimento, sicché l'esito del contraddittorio ne diviene parte integrante.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate-Direzione provinciale di Lecco emetteva tre distinti avvisi di accertamento sintetici sulla base di alcuni indici di capacità contributiva individuati nel possesso di autoveicoli, residenze principale e secondarie e spese gestionali. Per mezzo dei suddetti avvisi di accertamento veniva contestato a Beta l'omesso pagamento dell'Irpef e delle addizionali relative agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.

Il contribuente procedeva all'impugnazione dei tre provvedimenti di accertamento. La CTP di Lecco adita accoglieva interamente la domanda con la sentenza n. 68/1/13, depositata il 30/5/2013. L'Ufficio impugnava la predetta pronuncia dinnanzi alla CTR che procedeva alla riforma con sentenza n. 15/2015. Contro la predetta sentenza il contribuente proponeva ricorso per Cassazione sulla base di due motivi a cui resisteva l'Agenzia delle Entrate con controricorso.

Con il primo dei suddetti motivi di ricorso, il contribuente lamentava la violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, per “erronea esposizione del fatto quale svolgimento del processo”, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR ritenuto che per gli anni in contestazione il contribuente avesse omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, benché nessuna omessa dichiarazione potesse configurarsi nella specie in assenza di alcun obbligo in tal senso a suo carico.

Ad avviso del contribuente, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata, oltre ad essere del tutto carente e insufficiente, recava varie inesattezze, come quella afferente all'asserita omessa considerazione, da parte dei giudici di primo grado, delle doglianze dell'Ufficio, benché queste siano state dagli stessi esaminate e ritenute infondate, e quella relativa all'affermata asserzione, sempre da parte della C.T.P. (motivazione cd. rafforzata).

Col secondo motivo, il contribuente lamentava la violazione del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso di considerare la prova offerta a dimostrazione della legittima disponibilità di reddito al di sotto dello scostamento e a giustificazione dell'alto tenore di vita rilevato dal fisco, derivante dall'accumulo di ricchezza conseguito negli anni precedenti e dalla posizione reddituale dell'intero nucleo familiare, costituito da moglie e tre figli, uno dei quali titolare di redditi da lavoro dipendente e l'altro di indennità di accompagnamento in ragione della sua grave disabilità, tale da consentire l'accesso ad agevolazioni fiscali anche per l'acquisto di autovetture.

Inoltre, il contribuente, asseriva che la CTR aveva inopinatamente attribuito l'indennità di accompagnamento a lui e il reddito dell'altro figlio alla moglie, omettendo di analizzare l'ampia documentazione prodotta attestante le entrate accumulatesi negli anni.

La questione giuridica

La quaestio iuris affrontata dalla pronuncia in commento attiene alla prova liberatoria che il contribuente può fornire per confutare le presunzioni dell'Ufficio. Prima di addentrarsi nella questione è opportuno delineare i profili del procedimento redditometrico.

Al fine di efficientare l'attività impositiva di recupero delle somme erariali sono stati introdotti dei parametri di calcolo, altrimenti definiti fatti indici di capacità contributiva. La disciplina è contenuta nell'art. 38, comma 6, che testualmente prevede che “la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale” (F. Amatucci, L'accertamento sintetico e il nuovo redditometro, in Dir. Prat. Trib., 2014, 3, 457-466; D. Mendola, Il procedimento amministrativo tributario tra diritti del contribuente e poteri dell'amministrazione, in Temi dell'impresa e della Pubblica amministrazione, (collana diretta da) G. Alpa, G. M. Esposito, Padova-Milano, 2021).

Gli indici sono da considerarsi fatti indicatori di capacità contributiva e sono riconducibili al possesso, ad esempio, di automobili, abitazioni, incrementi patrimoniali. In particolare, il redditometro, è uno strumento di accertamento sintetico che consente di risalire al reddito mediante l'esame delle manifestazioni indirette di capacità contributiva e viene utilizzato in relazione a determinate tipologie di contribuenti individuate tassativamente ovvero i cd. soggetti a rischio (A. Marcheselli, Tendenze attuali in tema di accertamenti tributari fondati su presunzioni (accertamenti sintetici, accertamenti bancari e coefficienti presuntivi in particolare), in Dir. prat. trib., 2008, 4, 20655; A. Giovannini, Note controcorrente su accertamento sintetico, indici Istat e diritto alla riservatezza, in Fisco, 2014, 14, 1319).

I procedimenti standardizzati sono procedimenti che si avvalgono di un insieme di informazioni e dati molto elevato (M. Falcone, Big data e pubbliche amministrazioni: nuove prospettive per la funzione pubblica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2017, 3, 601). Il diritto vivente è orientato nel senso di ammettere l'uso di algoritmi nell'esercizio dell'azione amministrativa, in particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno asserito che “la scelta degli algoritmi deve essere incoraggiata in quanto risponde ai principi generali di efficienza ed economicità”, la procedura “robotica” consente infatti di efficientare notevolmente i tempi dell'azione amministrativa (Cons. St., VI, 8 aprile 2019, n. 2770; A. Simoncini, Profili costituzionali della amministrazione algoritmica, in Riv. Trim. dir. pubbl. 2019, 4, 1149).

Le soluzioni giuridiche

Come evidenziato dalla pronuncia in commento affinché possa ritenersi legittimo un recupero sintetico della pretesa erariale è necessario che l'Ufficio tenga conto del complesso reddituale dell'intero nucleo familiare. In particolare l'ufficio è tenuto a verificare che non ci siano delle entrate ulteriori rispetto a quelle dichiarate dal contribuente che possano, tuttavia, giustificare le spese sostenute. In sede di controllo, infatti, viene attribuito a ciascun contribuente un determinato tenore di vita risultante dalla cd. famiglia fiscale presente all'anagrafe tributaria e determinata in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e, pertanto, composta dal contribuente, dal coniuge, dai figli e dai familiari fiscalmente a carico.

La riconduzione di ciascun contribuente ad una famiglia fiscale opera in ossequio al principio di efficienza amministrativa, in quanto l'Ufficio eviterà la selezione di tutti quei contribuenti che possano giustificare lo scostamento con il nucleo familiare di appartenenza.

La quaestio iuris consente di isolare due piani di analisi.

Il primo richiede un approfondimento del cd. contraddittorio che, nel procedimento di accertamento sintetico è istituzionalizzato all'art. 38, d.P.R. n. 600/1973.

Ciò sta a significare che i dati acquisiti vengono elaborati dall'Ufficio e devono essere riscontrati dal contribuente mediante l'attivazione di un contraddittorio preventivo all'emissione dell'avviso di accertamento. L'Ufficio non può rideterminare la pretesa erariale sic et simpliciter, ma deve invitare il contribuente a fornire giustificazioni delle spese sostenute (D. Mendola, Il nuovo redditometro e il rispetto della privacy, in IlTributario, 2018, nota a Cassazione civile, 04 luglio 2018, n. 17485, sez. I; id., L'esercizio della potestà impositiva mediante l'uso di algoritmi: il contraddittorio endoprocedimentale nel procedimento redditometrico, in IlTributario, Focus, 17 maggio 2021; D. Di Giacomo, Mutuo pagato dal genitore, no al redditometro, in Diritto & Giustizia, fasc. 41, 2017, pag. 12, nota a Cassazione civile, 28 febbraio 2017, n. 5168, sez. trib.).

Il secondo piano di analisi riguarda la natura delle prove che il contribuente può addurre per liberarsi dalla presunzione dell'ufficio. Come noto, il procedimento tributario si caratterizza per una natura essenzialmente documentale, che si traduce nell'ammissibilità di prove cd. cartolari. L'art. 38, dpr n. 600/73, comma 4, testualmente prevede che il contribuente può fornire “la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile”. La prova contraria non è tipizzata, sicché può riguardare donazioni, eredità, borse di studio, vincite, fino a considerare la ricchezza accumulata negli anni (I. Buscema, In tema di redditometro la prova contraria del contribuente non è tipizzata, in Diritto & Giustizia, 2019, 64, 13, nota a Cassazione civile, 03 aprile 2019, n. 9261, sez. trib.; id. Redditometro nullo, se il contribuente ha una moglie facoltosa, in Diritto & Giustizia, 2020, 94, 11, nota a Cassazione civile , 11 maggio 2020, n.8733, sez. trib.; S. De Marco, Limiti della prova contraria nel redditometro e dubbi sull'equazione: spesa uguale reddito, in Dir. Prat. Trib., 2021, 6, 2748-2769; A. Colli Vignarelli, Mancata considerazione delle osservazioni del contribuente e invalidità dell'atto impositivo (art. 12, comma 7, Statuto del contribuente), in Riv. Dir. Trib., 2014, 6, 677).

Dal predetto enunciato normativo è, dunque, desumibile che l'Ufficio non può porre a fondamento dell'avviso di accertamento spese che il contribuente provi aver sostenuto con fonti non reddituali (S. Gianoncelli, La famiglia inquadrata nella prospettiva dell'ordinamento tributario, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2018, 4, 406). L'obbligo di riferirsi alla posizione dell'intero nucleo familiare è asserito anche da altra giurisprudenza di legittimità a tenore della quale “la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell'intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell'accertamento suddetto, nel vincolo che li lega” (Cassazione civile sez. trib., 21/11/2019, n. 30355, in Giust. Civ. Mass. 2020). Nello stesso filone si colloca l'orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui il redditometro è legittimo, laddove, l'Agenzia delle Entrate abbia effettuato una valutazione dettagliata delle prove addotte dal contribuente in relazione all'intero nucleo familiare (Comm. Trib. Reg. Roma, Sez. IV, 12/07/2016, n. 4473; Comm. Trib. Prov. Sondrio, Sez. III, 12/06/2015, n. 70). Per nucleo familiare deve intendersi esclusivamente la famiglia naturale costituita dai coniugi e dai figli (Cass. Civ. Sez. Trib. 07/03/2014, n. 5365), non potendo desumersi dalla mera convivenza il possesso di redditi prodotti da un parente diverso o affine, in quanto tale estraneo allo stretto nucleo familiare (Cassazione civile sez. trib., 21/10/2015, (ud. 24/06/2015, dep. 21/10/2015), n. 21362).

Sicché, è illegittimo l'accertamento del reddito a carico di un contribuente che abbia dichiarato un reddito capiente per la capacità di spesa dell'intero nucleo familiare (Cassazione civile sez. VI, 31/07/2013, n. 18388). Come si evince dalla pronuncia in commento la CTRr ha “omesso di considerare la prova offerta a dimostrazione della legittima disponibilità di reddito al di sotto dello scostamento e a giustificazione dell'alto tenore di vita rilevato dal fisco, derivante dall'accumulo di ricchezza conseguito negli anni precedenti e dalla posizione reddituale dell'intero nucleo familiare, costituito da moglie e tre figli, uno dei quali titolare di redditi da lavoro dipendente e l'altro di indennità di accompagnamento in ragione della sua grave disabilità, tale da consentire l'accesso ad agevolazioni fiscali anche per l'acquisto di autovetture”. L'omessa valutazione delle prove addotte dal contribuente produce delle ricadute anche sotto il profilo motivazionale. Invero, la motivazione è l'iter logico-giuridico ovvero le argomentazioni sottese alla determinazione dell'Ufficio, mentre nel caso il giudice si è limitato a richiamare per relationem le verifiche operate dall'Ufficio senza esprimere alcuna valutazione analitica delle singole prove addotte dal contribuente.

Ciò ancor più rileva se si considera che nell'accertamento sintetico la motivazione assume i connotati di una motivazione cd. rafforzata che richiede, altresì, un maggiore sforzo argomentativo da parte dell'Ufficio. Il contraddittorio, infatti, non deve essere interpretato come una mera appendice, ma come una fase utile per l'Amministrazione finanziaria al fine di rideterminare equamente la pretesa le cui risultanze devono essere trasposte dall'Ufficio sotto il profilo motivazionale. Ne deriva, dunque, uno stretto collegamento tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del provvedimento, sicché l'esito del contraddittorio ne diviene parte essenziale.

Osservazioni

Dalla pronuncia in esame è possibile desumere due principi di diritto.

Il primo attiene alla cd. “prova liberatoria” che il contribuente è chiamato a fornire nel corso del procedimento redditometrico per resistere alle presunzioni dell'Ufficio. Come noto, infatti, nel procedimento in questione la prova contraria, non è tipizzata dal legislatore, proprio in considerazione della natura particolarmente invasiva del redditometro e, dunque, della necessità di aumentare la soglia di tutela del contribuente. Tale libertà di prova, consente al contribuente anche di addurre documenti attinenti a donazioni, eredità, borse di studio, vincite, fino a considerare il nucleo familiare e i risparmi accumulati negli anni. Quello che emerge è un contraddittorio effettivo e non formale, sicché le prove devono essere analizzate in modo analitico e dettagliato al fine di rideterminare la pretesa erariale.

Il secondo principio di diritto riguarda la cd. motivazione rafforzata ovvero l'Ufficio deve indicare punto per punto le ragioni per cui abbia ritenuto inidonee le giustificazioni addotte dal contribuente, non potendosi limitare ad una valutazione generica delle prove fornite in sede di contraddittorio. La motivazione rafforzata è un istituto volto a bilanciare l'azione impositiva e i diritti del contribuente che nel procedimento redditometrico rischiano di essere pregiudicati dall'utilizzo del meccanismo presuntivo. Non è ammissibile, dunque, una motivazione per relationem, in primis da parte dell'Ufficio e, in secondo luogo, da parte dell'organo giudicante che non può limitarsi a richiamare le verifiche dell'Ufficio senza analizzare in modo dettagliato le prove.

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