Deducibilità compensi amministratori e verbale assemblea

Matteo Pillon Storti
06 Maggio 2022

In tema di redditi d'impresa, non è deducibile, per difetto dei requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo di cui all'art. 109 TUIR, la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi agli amministratori - non stabiliti nell'atto costitutivo - in mancanza di una esplicita delibera assembleare preventiva...
Massima

In tema di redditi d'impresa, non è deducibile, per difetto dei requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo di cui all'art. 109 T.U.I.R., la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi agli amministratori - non stabiliti nell'atto costitutivo - in mancanza di una esplicita delibera assembleare preventiva, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, né è ratificabile successivamente, stante la natura inderogabile degli artt. 2364 e 2389 c.c. (nel teso successivo al d.lgs. n. 6 del 2003).

Questo principio di diritto, già enunciato dalla suprema corte in precedenza, è stato confermato nell'ordinanza di Cassazione n. 38757 del 7 dicembre 2021.

Il caso

L'ordinanza della Cassazione n. 38757/2021 riguarda un caso nel quale ad una società contribuente era stato contestata un'indebita deduzione ai fini IRES dei compensi per gli amministratori, in quanto non preventivamente autorizzati da una specifica delibera assembleare.

In particolare, al contribuente veniva notificato un avviso d'accertamento con il quale erano stati richiesti maggiori importi di IRES, IRAP e IVA relative all'anno d'imposta 2006.

Fra i vari motivi di tale contestazione veniva segnalata l'indebita deduzione dei compensi degli amministratori non deliberati da specifico verbale d'assemblea. Il contribuente presentava ricorso presso le commissioni tributarie competenti. La questione era arrivata fino alla suprema corte, la quale ha deciso con l'ordinanza n. 38757/2021, rigettando il ricorso e rinviando la causa alla commissione tributaria regionale competente.

La Suprema Corte, in questa sede, ha confermato il principio giurisprudenziale ormai consolidato secondo il quale “In tema di redditi d'impresa, non è deducibile, per difetto dei requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo di cui all'art. 109 T.U.I.R., la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi agli amministratori - non stabiliti nell'atto costitutivo - in mancanza di una esplicita delibera assembleare preventiva, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, né è ratificabile successivamente”.

La questione

L'art. 2389 del codice civile prevede che “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomino o dall'assemblea”.

Inoltre, l'art. 95 T.U.I.R. stabilisce che “i compensi spettanti agli amministratori delle società di cui all'art. 73, comma 1, sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti”

La Suprema Corte, con l'ordinanza oggetto del presente focus, si è trovata a doversi esprimere sulla possibile deducibilità fiscale dei compensi agli amministratori pagati dalla società contribuente, ma non decisi nell'atto costitutivo e neppure da un verbale d'assemblea.

In tale contesto la Cassazione ha confermato un principio già espresso dalla corte stessa secondo il quale, in tema di redditi d'impresa, non è deducibile, per difetto dei requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo di cui all'art. 109 T.U.I.R., la spesa sostenuta da una società di capitali per i compensi agli amministratori non stabiliti nell'atto costitutivo - in mancanza di una esplicita delibera assembleare preventiva, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, né è ratificabile successivamente, stante la natura inderogabile degli artt. 2364 e 2389 c.c.”.

La soluzione giuridica

La Cassazione, inoltre, ha avuto modo di specificare come, specificamente, per quanto riguarda la società a responsabilità limitata, il fatto che sia venuto meno l'espresso rinvio all'art. 2389 cod. civ., viceversa contenuto nell'art. 2487 cod. civ. ante riforma, non fa venir meno la necessità di previa delibera assembleare di determinazione dei compensi.

Infatti tale obbligo è “implicito”, atteso il carattere inderogabile dell'art. 2389 cod. civ. che, al primo comma, prevede che i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea.

Questa norma è si dettata relativamente alle società per azioni ma è da intendersi come avente carattere generale inderogabile.

Per questi motivi tale normativa risulta applicabile anche alle società a responsabilità limitata, pur in mancanza, ora, di una norma di rinvio espresso.

Tale convincimento lo si ricava dal fatto che nelle Srl non è prevista una norma specifica sui compensi agli amministratori, rimandando l'art. 2475 cod. civ., all'atto costitutivo, quanto alla disciplina dell' amministrazione della società, limitandosi il primo comma di detta disposizione a prevedere che “[s]alvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci [...i”.

Secondo la Suprema Corte, quindi, il compenso degli amministratori può essere previsto dall'atto costitutivo ma se quest'ultimo non si esprime sul tema – anche ai fini di un raccordo con la norma fiscale (art. 95, comma 5, T.U.I.R.) - è necessario che il compenso in questione sia determinato dall'organo assembleare, per garantire la certezza e determinabilità del costo e, di conseguenza, la sua inerenza fiscale.

Analizzando il caso specifico, è indubbio che non vi era alcuna delibera assembleare (né clausola dell'atto costitutivo) che disciplinasse l'ammontare dei compensi degli amministratori nell'anno oggetto dell'accertamento fiscale.

Di conseguenza non è possibile ritenersi sussistenti compensi "spettanti" agli amministratori, giusta il richiamato art. 95, quinto comma, T.U.I.R., in quanto non predeterminati né nell'an, né nel quantum, con la conseguenza che i costi ad essi relativi sono privi dei caratteri di certezza e/o determinabilità che ne consentano la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi.

Inoltre non è neppure idonea a sorreggere la tesi della ricorrente la circostanza che nella fattispecie in oggetto la contribuente sia società a ristretta base partecipativa familiare, non essendovi puntuale integrale coincidenza tra soci ed amministratori, come dichiarato dalla stessa ricorrente.

Osservazioni

L'ordinanza della Cassazione n. 38757/2021 ha posto la propria attenzione sui seguenti aspetti:

  1. La deducibilità dei compensi agli amministratori, in tema di redditi d'impresa, è vincolata alla loro espressa previsione nell'atto costitutivo della società stessa, oppure in un'apposita delibera assembleare. In mancanza di tali espresse previsioni vengono meno i requisiti di certezza e di oggettiva determinabilità del costo ai fini fiscali;
  2. la determinazione esplicita (e preventiva) dei compensi degli amministratori nelle società di capitali non può essere desunta in via implicita tramite, ad esempio, l'iscrizione dei relativi costi all'interno del bilancio d'esercizio regolarmente approvato e depositato in Camera di Commercio. Inoltre, tale determinazione, non può essere rettificata successivamente;
  3. il fatto che la norma fiscale – art. 95, comma 5 T.U.I.R. – non faccia alcuno specifico riferimento riguardo la previa necessità di deliberazione assembleare del compenso degli amministratori al fine della sua possibile deducibilità, non libera dall'obbligo suddetto. Infatti, la Suprema Corte ha ricordato che per quanto riguarda la società a responsabilità limitata, il fatto che sia venuto meno l'espresso rinvio all'art. 2389 cod. civ., viceversa contenuto nell'art. 2487 cod. civ. ante riforma, non fa venir meno la necessità di previa delibera assembleare di determinazione dei compensi.”.

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