La qualificazione del rapporto di lavoro subordinato in condominio, segnatamente riguardo alle mansioni di pulizia dello stabile

10 Maggio 2022

Il prestatore di lavoro subordinato deve osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende (art. 2104, comma 2, c.c.). Gli elementi essenziali di tale definizione codicistica sono, dunque, costituiti: 1) dalla collaborazione del lavoratore all'attività economica dell'impresa; 2) dalla dipendenza dall'imprenditore; 3) dalla c.d. eterodirezione. Tali elementi, però, risultano del tutto insufficienti a rappresentare la complessa struttura del rapporto di lavoro subordinato. La sentenza in commento applica le suddette considerazioni nell'ipotesi di lavoro di pulizie nell'àmbito del condominio.
Massima

Non sussiste rapporto di lavoro subordinato tutte le volte in cui il prestatore d'opera non sia gerarchicamente soggetto alle direttive del datore di lavoro secondo i criteri di cui all'art. 2094 c.c., il quale stabilisce che “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. Il prestatore di lavoro subordinato deve osservare le disposizioni impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende, per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro (art. 2104, comma 2, c.c.). Stante che, in termini generali, ogni attività economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo, l'individuazione dei presupposti astratti della subordinazione deve essere effettuata nella pratica con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione. Conseguentemente deve escludersi il rapporto di lavoro subordinato tutte le volte in cui il prestatore d'opera - già titolare di un'attività di pulizie in proprio - abbia svolto la stessa attività anche per conto di un condominio, con propri mezzi, negli orari che gli erano più consoni, senza avvisare il datore di lavoro in caso di assenza o di variazione degli orari, e percependo una retribuzione con cadenza annuale (e non mensile).

Il caso

Con ricorso al Tribunale di Velletri, un addetto alle pulizie di un condominio romano ha chiamato in causa il condominio, eccependo di aver svolto una prestazione di lavoro subordinato per conto del condominio, dal 1990 al 2016 (data del licenziamento), nelle giornate di martedì e sabato dalle ore 7.30 alle ore 8.00 e dalle ore 9.30 alle ore 10.00, con conseguente diritto al pagamento delle differenze retributive (retribuzione ordinaria; 13ª mensilità; ferie e permessi non goduti e TFR), conseguenti allo svolgimento delle mansioni di addetto alle pulizie (rientranti nel livello C del CCNL portieri e custodi).

La domanda è stata respinta in primo grado, con la conseguenza che la lavoratrice ha presentato appello affidandosi ai seguenti motivi: a) erroneità della motivazione non avendo il Tribunale ritenuto provata a sèguito dell'istruttoria la natura subordinata del rapporto di lavoro; b) irrilevanza dei vincoli di subordinazione per l'inquadramento della fattispecie in questione.

Nel giudizio di appello, il condominio ha tra l'altro eccepito l'intervenuta prescrizione del diritto al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro (quanto al periodo dal 1990 al 2016), come pure del diritto alle differenze retributive; all'indennità per ferie e permessi non goduti fino al 9 maggio 2011; alla corresponsione della 13ª mensilità e al versamento degli oneri assistenziali previdenziali fino al 9 maggio 2006, con conseguente riduzione della somma eventualmente dovuta.

La questione

Nella fattispecie esaminata dalla Corte d'Appello di Roma, l'istruttoria ha accertato che dal 2000 la lavoratrice ha espletato in favore del condominio un servizio di pulizia delle parti comuni svolgendo l'attività in piena autonomia e con propria organizzazione di tempi, mezzi e modalità di esecuzione, (senza soggiacere a direttive e istruzioni impartite dagli amministratori), né tantomeno al potere gerarchico degli stessi. Tra l'altro la lavoratrice - in disparte i rapporti con il condominio - è risultata possedere una propria autonoma attività di pulizia che ha svolto contestualmente anche in favore di altri committenti.

Infine, la lavoratrice: a) ha percepito un compenso per l'attività prestata, quantificato in base ad un accordo intercorso tra la stessa e l'amministratore, come da sua richiesta, pari nello specifico ad Euro 1.900,00 circa annui, (versato con cadenza annuale), senza che mai fosse stata presa come parametro di riferimento la retribuzione prevista dal Contratto Collettivo Nazionale Lavoratori; b) ha organizzato autonomamente il servizio sia in termini di tempo che di interventi da eseguire in concreto, non avvertendo l'amministratore, né giustificandosi di eventuali sue assenze per qualsiasi motivo.

La lavoratrice ha infatti deciso unilateralmente i giorni e le ore nelle quali espletare la sua opera di pulizia del condominio, che non erano sempre necessariamente identificabili con le giornate di martedì e giovedì; ha utilizzato mezzi e strumenti propri per la pulizia dello stabile condominiale, quali scope, detersivi eccetera, (essendo totalmente esclusa ed assente qualsiasi tipo di dotazione da parte del condominio).

L'attività della lavoratrice è cessata a sèguito della nomina di un nuovo amministratore che ha revocato l'incarico per le pulizie nel condominio e lo ha conferito ad un nuovo fornitore.

Le soluzioni giuridiche

Il codice civile non detta una specifica nozione del vincolo di “subordinazione” nell'àmbito del contratto di lavoro subordinato, limitandosi a definire prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare nell'impresa, prestando lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore (art. 2094 c.c.). Il prestatore di lavoro subordinato deve osservare le disposizioni esecutive e la disciplina impartita dall'imprenditore e/o dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende (art. 2104, comma 2, c.c.).

Gli elementi essenziali di tale definizione codicistica sono dunque costituiti: 1) dalla collaborazione del lavoratore all'attività economica dell'impresa; 2) dalla dipendenza dall'imprenditore; 3) dalla cosiddetta eterodirezione.

Tuttavia, come è stato opportunamente osservato dalla più attenta dottrina, i tre elementi di cui si è detto - provenendo dall'elaborazione teorica tradizionale della nozione di subordinazione - risultano del tutto insufficienti a rappresentare la complessa struttura del rapporto di lavoro subordinato. Né gli elementi in questione consentono la distinzione tra lavoro subordinato e prestazione autonoma.

Sono dunque necessari più precisi parametri (“…più precisi referenti concreti…”, così nella sentenza in commento), secondo la caratteristica del processo di tipizzazione che muove dal piano dei rapporti economici, per poi assumere i dati nell'orbita dell'ordinamento giuridico quando il processo ha raggiunto un sufficiente grado di standardizzazione.

In questo senso, la giurisprudenza ha distinto tra elementi del rapporto di lavoro essenziali ed elementi sussidiari.

I primi sono costituiti dall'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro che deve estrinsecarsi in specifici ordini. Gli ordini specifici non devono essere confusi con le semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo. Gli ordini specifici si realizzano quando il lavoratore è tenuto ad obbedire ad eventuali disposizioni cosiddette “conformative” della prestazione, oltre che dall'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative (Cass. civ., sez. lav., 2 agosto 2010, n. 17992; Cass. civ., sez. lav., 22 agosto 2003, n. 12364; Cass. civ., sez. lav., 16 gennaio 1996, n. 326). L'assoggettamento al potere direttivo, gerarchico e disciplinare comporta la limitazione dell'autonomia del lavoratore all'interno dell'organizzazione aziendale (v., per tutte, Cass. civ., sez. lav., n. 15001/2000 e Cass. civ., sez. lav., n. 14414/ 2000).

I secondi, cioè gli elementi c.d. sussidiari, consistono invece nell'assenza di rischio da parte del prestatore di lavoro circa il buon esito in senso economico dell'attività di impresa (c.d. estrinsecazione del risultato produttivo); nell'esclusività (intesa quale fungibilità soggettiva) e nella continuità della sua prestazione (quale tendenzialmente stabile messa a disposizione da parte del dipendente delle energie lavorative) e l'inserimento della stessa nell'àmbito dell'organizzazione aziendale: l'osservanza di un orario di lavoro predefinito da parte datoriale; la cadenza e la misura fissa della retribuzione; l'utilizzo di locali, mezzi e strutture datoriali fornite dal datore di lavoro (v., sul tema, Cass. civ., sez. lav., 24 febbraio 2006, n. 4171 e Cass. civ., sez. lav., 25 ottobre 2004, n. 20669).

Con particolare riferimento all'assoggettamento ad un vincolo di orario eterodeterminato, poi vale ricordare che si tratta di un elemento da valutare con particolare prudenza in considerazione del fatto che la predeterminazione di un orario di lavoro e il vincolo all'osservanza non sono di per sé incompatibili con la natura autonoma del rapporto lavorativo, laddove rispondano ad esigenze organizzative diverse dall'assicurare la disponibilità del lavoratore nel tempo della prestazione resa.

I criteri sussidiari hanno, dunque, una funzione solamente indiziaria - e lungi dal surrogare gli elementi cosiddetti essenziali della subordinazione o comunque dall'assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto - possono, tuttavia, essere valutati globalmente come indizi del vincolo di subordinazione tutte le volte in cui non ne sia agevole l'apprezzamento diretto, a causa della peculiarità delle mansioni. In particolare, non può qualificarsi come subordinato un rapporto lavorativo nel caso in cui, pur sussistendo gli elementi sussidiari, sia accertata la mancanza di quelli principali (Cass. civ., sez. lav., 25 ottobre 2004, n. 20669; Cass. civ., sez. lav., 27 novembre 1986, n. 7015; Cass. civ., sez. lav., 21 gennaio 1987, n. 548).

Osservazioni

La sentenza della Corte d'Appello di Roma centra il punto essenziale della vexata quaestio circa la distinzione tra lavoro subordinato e prestazione autonoma, giustificando l'apparente eterogeneità delle pronunce giurisprudenziali in materia. Tanto più che - in termini generali - ogni attività economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato che di rapporto di lavoro autonomo (v., ex multis, Cass. civ., sez. lav., 16 gennaio 1996, n. 326).

Conseguentemente, l'individuazione dei presupposti del “vincolo di subordinazione” deve essere effettuata con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione. La questione si sposta dunque sul piano probatorio, essendo demandato al lavoratore che invochi il vincolo di subordinazione provarne la sussistenza.

Nel caso in cui la prova non abbia confermato il vincolo di subordinazione (per esempio, l'obbligo di lavorare nei giorni e negli orari indicati dal datore di lavoro e con i mezzi forniti da quest'ultimo, con una retribuzione mensile e senza libertà di autoderminazione), la prestazione deve essere inquadrata nell'àmbito del lavoro autonomo.

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