La confisca in Dogana di merci di contrabbando ed i suoi effetti sull'obbligazione doganale ai fini daziari, IVA ed accise

18 Maggio 2022

Con la sentenza del 7 aprile 2022 resa nella causa C-489/20, la Corte di Giustizia UE, nell'ipotesi di introduzione irregolare di merce oggetto di contrabbando, sequestrata e successivamente confiscata dalla Dogana, proveniente da uno Stato extra UE a seguito dell'attraversamento della linea doganale unionale, ha escluso da un lato la presenza di un'obbligazione doganale ai fini daziari...
Massima

Con la sentenza del 7 aprile 2022 resa nella causa

C-489/20

, la Corte di Giustizia UE, nell'ipotesi di introduzione irregolare di merce oggetto di contrabbando, sequestrata e successivamente confiscata dalla Dogana, proveniente da uno Stato extra UE a seguito dell'attraversamento della linea doganale unionale, ha escluso da un lato la presenza di un'obbligazione doganale ai fini daziari, riconoscendo al contempo la legittimità dell'irrogazione delle sanzioni, e dall'altro ha affermato la sussistenza di un obbligo di pagamento ai fini delle accise e dell'IVA, ciò a causa della differente impostazione unionale della normativa relativa alle imposte in questione.

Il caso

La domanda pregiudiziale era relativa ad una controversia tra una società lituana ed il dipartimento doganale di tale Stato membro, in merito ad una decisione della Dogana che aveva richiesto a tale società le accise e l'IVA, unitamente alle sanzioni, in seguito all'introduzione illegale (ipotesi contestata di contrabbando) di sigarette nel territorio lituano dalla Bielorussia.

Come riferito dall'Avvocato generale Evgeni Tanchev nella causa in argomento, l'odierna decisione, vertente principalmente sull'interpretazione della precedente sentenza della Corte UE Dansk Transport og Logistik n. 230/08 del 29.4.2010, riguarda l'estinzione di un'obbligazione doganale rispetto a merci (6.000 pacchetti di sigarette) importate irregolarmente nell'UE, sequestrate dalle autorità doganali non già presso l'ufficio doganale all'atto del controllo bensì durante il trasporto delle stesse per mezzo di un veicolo su strada attraverso la Lituania, mezzo proveniente dalla Bielorussia dopo aver attraversato irregolarmente il confine dell'UE senza aver presentato le merci in Dogana.

Nella sentenza Dansk Transport og Logistik (richiamata nella causa qui in commento), invece, la scoperta delle merci oggetto di introduzione irregolare avveniva da parte delle autorità doganali direttamente al momento della loro introduzione nel territorio UE presso il primo ufficio doganale con conseguente sequestro della merce ed esclusione dal pagamento dei dazi ai sensi dell'art. 233, comma 1, lett. d), del Reg. UE n. 2913/92 (CDC - codice doganale comunitario, sostituito dall'attuale Reg. UE 952/13 - CDU, Codice Doganale dell'Unione).

La questione

Aspetto dirimente nella questione sottoposta alla Corte UE nel caso C-489/20 è, in primo luogo ed ai fini daziari, la differente “impostazione” dell'art. 233, comma 1, lett. d), del CDC per il quale le merci “sono sequestrate all'atto dell'introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente confiscate”, rispetto al “corrispondente” art. 124 del CDU (Codice doganale dell'unione - Reg. UE 952/13), il quale dispone che fatti salvi i casi di mancata riscossione del dazio all'importazione o all'esportazione in caso di insolvibilità del debitore constatata per via giudiziaria, l'obbligazione si estingue (par. 1, lett. e)) “quando le merci soggette ai dazi all'importazione o all'esportazione vengono confiscate o sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate”.

Da qui derivano poi due ulteriori questioni, ovvero se l'eventuale estinzione dell'obbligazione daziaria abbia o meno refluenza diretta ai fini delle accise e dell'IVA, se cioè la “questione daziaria” possa o meno essere assorbente delle altre due imposte.

La soluzione giuridica

Estinzione dell'obbligazione ai fini daziari

Come vedremo così non è ed all'esenzione ai fini daziari non consegue necessariamente quella ai fini accise ed IVA e questo perché, come ricorda l'Avvocato generale Tanchev, occorre valutare separatamente le competenze per la riscossione delle differenti imposte, così come ribadito da ultimo dalla Corte UE in C-26/18, punto 44, secondo cui l'esigibilità dell'IVA può aggiungersi all'obbligazione doganale qualora si possa ritenere, sulla base della condotta illecita da cui è sorta l'obbligazione, che le merci in questione siano entrate nel circuito economico dell'Unione e possano quindi essere state oggetto di consumo, configurandosi pertanto l'assoggettamento all'IVA (v. sentenze Eurogate Distribution e DHL Hub Leipzig, C-226/14 e C-228/14, punto 65, nonché Wallenborn Transports, C-571/15, punto 54).

Ai fini daziari, a differenza del testo dell'art. 233 lett. d) del CDC che collegava il sequestro/confisca all'estinzione dell'obbligazione doganale solo qualora fosse stato operato prima che le dette merci avessero oltrepassato la zona dove si trovava il primo ufficio doganale ubicato all'interno del territorio doganale della Comunità, l'art. 124 lett. e) del CDU, invece, non fa riferimento, quale condizione per l'estinzione dell'obbligazione doganale, al momento in cui interviene detto sequestro, non contenendo la locuzione “all'atto”, dando altresì rilievo alla “sola” confisca delle merci irregolarmente importate.

L'Avvocato generale Tanchev al punto 32 delle sue conclusioni ricorda poi che, mentre nella sentenza C-230/08 con il termine “sequestro” di merci si intendeva “l'intervento delle competenti autorità per prendere fisicamente possesso delle merci al fine di metterle in sicurezza e impedire materialmente il loro ingresso nel circuito economico degli Stati membri”, nel caso odierno ciò non è avvenuto se non dopo che le merci importate irregolarmente avevano superato il primo ufficio doganale situato all'interno del territorio doganale dell'UE senza esservi state presentate, sebbene ciò sia avvenuto lo stesso giorno in cui hanno attraversato la frontiera unionale.

Il “differente trattamento” operato in materia dal CDU rispetto al CDC è stato opportunamente spiegato dall'Avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni alla causa C‑459/07 (punti da 64 a 66) ove si legge che l'estinzione dell'obbligazione dell'art. 233, comma 1, lett. d), del CDC costituisce un inasprimento (v. anche il punto 35 delle conclusioni dell'Avv. Gen. Tanchev nel caso odierno) del regime previsto dal precedente Reg. CEE n. 2144/87 che prevedeva l'estinzione dell'obbligazione doganale in tutti i casi di confisca della merce.

Nel caso qui in commento, nelle proprie osservazioni scritte, la Commissione UE riferisce che se il momento del sequestro delle merci irregolarmente importate dovesse continuare a rilevare ai fini dell'estinzione dell'obbligazione doganale, ciò apparirebbe contrario a una chiara scelta politica dell'Unione, richiamando a sostegno anche le spiegazioni introduttive del codice doganale aggiornato del 23.2.2005 (TAXUD/447/2004 Rev. 2), secondo le quali la revisione dell'articolo 233 del CDC aveva lo scopo di eliminare la condizione aggiuntiva “prima del loro svincolo” di modo che l'obbligazione doganale si estingue, in particolare, al momento del sequestro delle merci di cui trattasi.

Il nuovo regolamento ripropone, invece, la linea “morbida” già contenuta nel regolamento n. 2144/87, stabilendo che l'obbligazione doganale si estingue “quando le merci soggette a dazi all'importazione o all'esportazione vengono confiscate”, “quando le merci soggette a dazi all'importazione o all'esportazione vengono sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate”, nonché “quando le merci soggette a dazi all'importazione e all'esportazione vengono distrutte sotto sorveglianza doganale o abbandonate allo Stato”.

In tal modo “nel nuovo codice doganale, dunque, il momento in cui avvengono il sequestro e/o la confisca è irrilevante ai fini dell'estinzione dell'obbligazione doganale” (punto 65 delle conclusioni dell'Avv. Gen. Tanchev).

La Corte UE conclude sul punto ricordando che l'estinzione dell'obbligazione doganale non osta in alcun modo all'imposizione di sanzioni, effettive, proporzionate e dissuasive, previste dall'art. 42 del CDU nel caso di inosservanza della normativa doganale.

Ai sensi dell'art. 124, par. 2, del CDU, l'obbligazione doganale non è considerata estinta, ai fini delle sanzioni applicabili alle infrazioni doganali, qualora la legislazione di uno Stato membro preveda che i dazi all'importazione o all'esportazione o l'esistenza di un'obbligazione doganale costituiscano la base per la determinazione delle sanzioni.

Il contrabbando doganale

Ai sensi del TULD (Testo Unico delle Leggi Doganali - d.P.R. n. 43/1973), il contrabbando è il reato commesso da chi, con dolo, sottrae (o tenta di sottrarre, vista la disposizione di cui all'art. 293 del TULD che equipara il tentativo al reato consumato) merci estere al sistema di controllo istituito per l'accertamento e per la riscossione dei diritti doganali e, segnatamente, dei diritti di confine, come definiti dall'art. 34 del TULD nonché di ciò che ad essi viene equiparato ai fini sanzionatori (v. S. Gallo, “Il contrabbando reato doganale antico e sempre attuale”, in Rivista della Guardia di Finanza, 2001, n. 1, Comando Generale Guardia di Finanza, pag. 337).

Come osservato in argomento da attenta dottrina (v. M. Di Lorenzo, Il contrabbando e gli altri reati doganali, Padova, 1956, pag. 75) il contrabbando, sia che si faccia derivare dalla parola banno, già sinonimo della potestà regia nel senso più generale e che nell'epoca barbarica indicò anche la sanzione comminata dal re per la trasgressione dei suoi ordini (eo quod super bannum nostrum, hoc facere ausus fuerit), sia che lo si ricolleghi a quelle fonti normative che sotto la denominazione di bandi (in opposizione anche ai bandi ed ordini della Chiesa), insieme con i decreti e le ordinanze, si sovrapposero, come atti di governo, agli antichi statuti comunali, esprime sempre, secondo queste etimologie, l'idea di una qualsiasi trasgressione alla legge.

Il reato in argomento, come già osservava l'autore citato in relazione alla legge allora vigente, apparentemente espressione di una violazione così autonoma e specifica, è inserito nel TULD nel Capo I del Titolo VII sulle violazioni doganali agli artt. da 282 a 301-bis e presenta connessioni sia con i delitti contro la pubblica amministrazione (es. concussione, corruzione, abuso d'ufficio, sottrazione di cose pignorate o sequestrate), sia con i delitti dei privati contro la pubblica amministrazione (es. violazione di sigilli), sia anche con i delitti contro la fede pubblica (falsità in sigilli).

È solo questione di sistematica legislativa se questo delitto, invece di essere previsto e punito dal codice penale, sia stato considerato nelle sue diverse figure ed ipotesi dalla legge doganale e da altre leggi speciali, dalle cui discipline non poteva essere avulso, per i presupposti tecnico-giuridici sui quali è fondato, anche in relazione al sistema con il quale le competenze amministrative sono ripartite per l'accertamento delle infrazioni ed alla struttura delle sanzioni punitive che si basano sul tributo che è oggetto del reato (v. M. Di Lorenzo, op. cit., pag. 86).

Si osserva poi che il reato di contrabbando non impatta solo ed esclusivamente sul piano finanziario, depauperando in maniera diretta le entrate doganali per lo Stato che si vede negare i dazi, l'IVA e le eventuali accise applicabili in linea di dogana, ma esprime i suoi effetti deleteri anche sul piano economico e sociale ad esempio falsando le regole del commercio legale o sostituendosi ad esso, violando divieti in importazione o in esportazione o non rispettando in pieno i limiti imposti dalle correlative autorizzazioni in fase di importazione.

È il caso, ad esempio, dei limiti in importazione contenuti nelle misure di salvaguardia previste dall'art. XIX del GATT 1994 (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio) tese a contrastare volumi eccessivi di importazioni di determinati prodotti, o dei contingenti tariffari, che consentono di importare un quantitativo predeterminato di un prodotto a un dazio inferiore (dazio applicabile al contingente) rispetto all'aliquota normalmente prevista per quel prodotto, o ancora di quel complesso di norme unionali che introducono negli ordinamenti degli Stati UE disposizioni a tutela del consumatore, sotto il profilo del diritto di quest'ultimo di effettuare scelte consapevoli a fronte di informazioni corrette nonché della sicurezza dei prodotti immessi in commercio (ad es. dei prodotti medicinali, dei cosmetici, dei giocattoli, etc.), oltre a norme di tutela valutaria, di tutela delle specie di flora e fauna protette, e di tutela dei beni culturali, riguardo le quali le violazioni sono finalizzate non tanto ai fini di una “mera” evasione daziaria bensì per superare i limiti o i divieti di immissione in commercio di determinati beni.

Le tipologie di contrabbando (semplice) previste dagli artt. da 282 a 291-bis riguardano le operazioni illecite nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali, i laghi di confine, gli spazi marittimi, le vie aeree, le zone extradoganali, nonché l'indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali, nei depositi doganali, nel cabotaggio e nella circolazione (v. gli artt. 222-231 del TULD), nell'esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti, nell'importazione o nell'esportazione temporanea ed infine nel contrabbando di TLE.

Nel reato di contrabbando il dolo richiesto ai fini dell'integrazione del delitto (o della violazione amministrativa) è quello generico, che si evidenza quando l'evento dannoso o pericoloso, risultato dell'azione o dell'omissione, è dall'agente previsto e voluto come conseguenza della sua azione od omissione, con esclusione, quindi, della ricerca di un dolo specifico.

Va innanzitutto evidenziato che, come anche osservato in dottrina (v. M. Di Lorenzo, op. cit., pag. 91), accanto all'ipotesi di contrabbando doganale “estero”, che si verifica mediante la sottrazione della merce all'accertamento tributario in linea di dogana, nelle sue due forme del c.d. “contrabbando intra-ispettivo”, che si esprime per mezzo di false attestazioni o dichiarazioni riguardanti la natura, quantità, qualità o destinazione della merce (falso ideologico in bolletta doganale), ed in quello “extra-ispettivo” mediante condotte finalizzate ad evitare i controlli doganali, vi sono svariate ipotesi delittuose relative al contrabbando “interno”.

Attinenti a quest'ultima forma di contrabbando sono le ipotesi di violazione di norme interne, a tutela delle imposte di fabbricazione e dell'IVA, relative ad esempio alla fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche, di tabacchi lavorati nazionali o di prodotti energetici.

Riguardo in particolare i tabacchi, si segnala che mentre per i TLE (tabacchi lavorati esteri) la disciplina sanzionatoria interna è contenuta negli artt. da 291-bis a 291-quater e 341 del TULD (Testo Unico Leggi Doganali - d.P.R. n. 43/1973) ed è applicabile ai soli TL di provenienza estera, viceversa per i TLN (tabacchi lavorati nazionali) la disciplina sanzionatoria è contenuta nella L. 17.7.1942 n. 907 e nella L. 3.1.1951 n. 27.

A norma dell'art. 291-bis, c. 1, del TULD, commette contrabbando di TLE chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di TLE di contrabbando superiore a 10 chilogrammi convenzionali ed è punito con la multa di euro 5 per ogni grammo convenzionale di prodotto e con la reclusione da due a cinque anni.

Si aggiunga poi che le azioni poste in essere dal reo che non integrino il reato di contrabbando consumato, possano cionondimeno, ai sensi dell'art. 293 del TULD, essere punite a titolo di tentativo qualora siano espressione ed abbiano le caratteristiche previste dall'art. 56 del c.p., secondo il quale “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica”.

Il comma 2 dell'art. 291-bis introduce invece una fattispecie base la cui violazione è punita esclusivamente con sanzione amministrativa nella misura in cui il quantitativo di TLE sottratto ad imposizione non ecceda i a 10 chilogrammi convenzionali.

Il successivo art. 291-ter contiene poi una fattispecie aggravante di reato, prevedendo un aumento di un terzo della pena se i fatti sono commessi adoperando mezzi di trasporto appartenenti a persone estranee al reato, nonché la multa di euro 25 per ogni grammo convenzionale di prodotto e la reclusione da tre a sette anni, quando:

a) nel commettere il reato o nei comportamenti diretti ad assicurare il prezzo, il prodotto, il profitto o l'impunità del reato, il colpevole faccia uso delle armi o si accerti averle possedute nell'esecuzione del reato;

b) nel commettere il reato o immediatamente dopo l'autore è sorpreso insieme a due o più persone in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia;

c) il fatto è connesso con altro reato contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione;

d) nel commettere il reato l'autore ha utilizzato mezzi di trasporto, che, rispetto alle caratteristiche omologate, presentano alterazioni o modifiche idonee ad ostacolare l'intervento de gli organi di polizia ovvero a provocare pericolo per la pubblica incolumità;

e) nel commettere il reato l'autore ha utilizzato società di persone o di capitali ovvero si è avvalso di disponibilità finanziarie in qualsiasi modo costituite in Stati che non hanno ratificato la Convenzione sul riciclaggio.

Chiude la disciplina sanzionatoria in tema di TLE l'art. 291-quater che punisce l'associazione per delinquere finalizzata al contrabbando prevedendo pene detentive per i promotori, i finanziatori nonché per i soli partecipanti al sodalizio criminoso, irrogabili a prescindere dalla commissione specifica e concreta del delitto di contrabbando.

Per quanto riguarda invece le ipotesi di illecita fabbricazione, preparazione, trasporto, deposito, detenzione, esportazione, lavorazione ed alterazione dei TLN, queste sono punite dall'art. 1 della l. n. 27/1951 con una sanzione amministrativa da € 77,47 ad € 232,40 per ogni chilogrammo convenzionale.

Per le ipotesi da ultimo riportate sono previste anche sanzioni di carattere penale nel caso in cui la quantità di tabacco sia superiore a 15 chilogrammi, nel qual caso è prevista la reclusione fino a due anni in aggiunta alla sanzione amministrativa da ultima indicata.

Qualora la quantità sia inferiore ai 15 kg, l'art. 6 della l. 27/1951, richiamando l'art. 81 della l. n. 907/1942 (circostanze aggravanti), dispone che alla sanzione come da ultimo quantificata si aggiunge la reclusione fino a due anni.

In tutti i casi di contrabbando relativi ad entrambe le tipologie di tabacchi (TLE e TLN), analogamente ai prodotti soggetti ad accise, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto (v. gli artt. 301 del TULD, 87 della l. 907/1942 e 12 della l. 27/1951).

Nel caso di reati puniti con la sola sanzione pecuniaria, per entrambe le categorie citate è prevista la possibilità per il reo di estinguere il reato mediante il pagamento della somma contestata, aspetto che però non impedisce l'applicazione della confisca, la quale è disposta con provvedimento dell'amministrazione doganale (v. gli artt. 334 del TULD, 110 c. 3 della l. 907/1942 e 10 c. 2 della l. 27/1951).

In relazione ai prodotti soggetti ad accise, il legislatore interno ha previsto una tutela penale, per quel che qui interessa, anche nelle ipotesi di fabbricazione clandestina dei prodotti energetici e degli alcoli.

Tale tutela la si rintraccia negli artt. 40, comma 1, lett. a) e 41, comma 1, del TUA (Testo Unico Accise - d.lgs. 504/1995) i quali puniscono rispettivamente chiunque, clandestinamente, fabbrichi o raffini prodotti energetici e fabbrichi alcole e bevande alcoliche, con la reclusione da sei mesi a tre anni, equiparando anche qui il tentativo al reato consumato.

Anche per i prodotti soggetti ad accise è prevista la confisca (v. l'art. 44 del TUA) dei prodotti, delle materie prime e dei mezzi comunque utilizzati per commettere le rispettive violazioni.

Si segnala da ultimo l'inserimento del reato di contrabbando nell'elenco dei reati presupposto dai quali deriva la responsabilità amministrativa dell'impresa ai sensi dell'art. 25-sexiesdecies del d.lgs. n. 231/01, ciò per effetto del recepimento interno, per mezzo del d.lgs n. 75/2020, della Direttiva UE 1371/2017 (cd. Direttiva PIF, finalizzata alla protezione degli interessi finanziari dell'UE), mediante il quale, ai fini doganali, sono state ri-criminalizzate tutte le ipotesi di contrabbando semplice (precedentemente depenalizzate con l'art. 1 del d.lgs. 8/2016) e modificate le ipotesi relative alle circostanze aggravanti del contrabbando.

La disciplina sanzionatoria del TULD va letta e coordinata con quella quadro del d.lgs. 472/1997 (principi generali in materia di sanzioni), con l'art. 70 del d.P.R. 633/1972 (violazioni in tema di importazioni), con l'art. 7 del d.lgs. 471/1997 (violazioni relative alle esportazioni), nonché con la disciplina sanzionatoria in tema accise (d.lgs. 504/1995).

Il decreto attuativo della Direttiva PIF interviene in modo specifico sui delitti doganali, consumati o tentati, che si considerano violazioni direttamente lesive degli interessi finanziari dell'Ue.

Con l'art. 3 del d.lgs. n. 75/2020 sono state inasprite le pene per i delitti di contrabbando aggravato (v. art. 295 del TULD) prevedendo la reclusione da 3 a 5 anni, in aggiunta alla multa prevista per le singole fattispecie, quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti è superiore a 100.000 euro, mentre se l'ammontare dei diritti di confine dovuti è maggiore di 50.000 euro (ma non superiore a 100.000 euro) alla multa è aggiunta la reclusione fino a tre anni.

Con l'art. 4 del d.lgs. n. 75/2020 si è proceduto ad una ri-criminalizzazione dei delitti di contrabbando semplice (v. artt. da 282 a 294 del TULD) in relazione a condotte depenalizzate dal d.lgs. 8/2016, qualora i diritti di confine dovuti siano superiori alla soglia di 10.000 euro.

Con l'articolo 5 del medesimo decreto, infine, in relazione alla commissione dei reati previsti dal TULD, è stata prevista l'irrogabilità all'ente sia della sanzione pecuniaria fino a duecento quote, incrementabile fino a quattrocento quote quando i diritti di confine dovuti superano i 100.000 euro, sia anche, contestualmente, delle sanzioni interdittive del divieto di contrattare con la P.A. salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, dell'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi, nonché infine del divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Osservazioni

Obbligo di pagamento delle accise e dell'IVA anche in caso di estinzione dell'obbligazione ai fini daziari

In tema di accise la Corte UE nel caso qui in commento ci ricorda che, in forza dell'articolo 2, lett. b), della Dir. 2008/118 relativa al regime generale delle accise, i prodotti sottoposti a tale imposta vengono tassati all'atto della loro introduzione nel territorio dell'UE ed il momento di esigibilità viene in evidenza, ai sensi dell'art. 7, par. 1 di tale direttiva, al momento dell'immissione in consumo e nello Stato membro in cui quest'ultima viene effettuata.

L'articolo 7, par. 2, lett. d), della Dir. 2008/118 prevede che la nozione di “immissione in consumo” includa l'importazione, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa a meno che questi ultimi non siano immediatamente vincolati, all'atto dell'importazione, ad un regime di sospensione dall'accisa.

Come osservato dall'Avv. Gen. Tanchev al punto 42 delle sue conclusioni, fuori dalle ipotesi di distruzione totale o perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa per caso fortuito o forza maggiore, comprovata in un modo che sia ritenuto soddisfacente dalle autorità competenti dello Stato membro nel luogo in cui si è verificata la distruzione/perdita o in quello in cui questa è stata scoperta (v. art. 7 della Dir. 2008/118), “nessuna disposizione della direttiva sulle accise prevede l'estinzione dell'obbligo di pagare i diritti di accisa in relazione all'introduzione irregolare di merci nell'Unione seguita dal loro sequestro e dalla loro distruzione, o in caso di estinzione dell'obbligazione doganale”.

Ne consegue quindi che, una volta divenuta esigibile, l'accisa su tali merci è dovuta.

Anche qui la Corte UE, a sostegno delle proprie argomentazioni, richiama quanto espresso in C-230/08, punto 74, rilevando che “qualora siffatte merci siano sequestrate e distrutte dalle autorità dopo aver lasciato il primo ufficio doganale ubicato all'interno del territorio della Comunità, dette merci devono considerarsi importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell'accisa si è verificato rispetto ad esse ai sensi … della direttiva sulle accise”.

Il fatto generatore e l'esigibilità ai fini dell'accisa, a seguito dell'immissione in consumo delle merci di contrabbando, non vengono altresì meno anche qualora si proceda ad un loro “successivo assoggettamento ad un regime di deposito doganale, a seguito del loro sequestro e della loro confisca” (v. C‑230/08, punto 81).

In conclusione sul punto la Corte UE conferma l'esigibilità delle accise, causa il loro sequestro e la loro confisca a seguito dell'immissione in consumo, restando sullo sfondo in quanto ininfluente l'estinzione della corrispondente obbligazione doganale.

Medesima soluzione è di fatto stata adottata dalla Corte UE in relazione all'esigibilità dell'IVA, partendo dalla considerazione, evidenziata anche nella propria giurisprudenza (v. C‑7/20 punto 29 e C‑26/18 punto 41), che l'IVA all'importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto traggono origine dal fatto dell'importazione nell'UE e della susseguente introduzione delle merci nel circuito economico unionale, parallelismo che trova conferma nel fatto che l'art. 71, par. 1, della Direttiva IVA, autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore e l'esigibilità dell'IVA all'importazione a quelli dei dazi doganali.

Da ciò la Corte UE ha coerentemente dedotto che, se da un lato può concludersi nel senso che un'obbligazione a titolo di IVA può aggiungersi all'obbligazione doganale qualora il comportamento illecito che ha generato quest'ultima permetta di presumere che le merci in questione sono entrate nel circuito economico dell'Unione e hanno potuto essere oggetto di consumo, determinando così il realizzarsi del fatto generatore dell'IVA (v. C‑7/20 punto 30 e giur. ivi cit.), di contro però la Direttiva IVA non contiene disposizioni che prevedano l'estinzione dell'obbligo di pagare l'imposta in caso di estinzione dell'obbligazione doganale relativa alle merci di contrabbando per la causa di cui all'art. 124 del CDU sopra analizzato.

La conseguenza, analogamente alle accise, porta a concludere che, una volta divenuta esigibile, anche l'IVA su tali merci resta dovuta.

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