Il principio di affidamento in tema di rendita catastale: uno sguardo anche alla nuova riforma
19 Maggio 2022
Massima
Il principio del legittimo affidamento è elemento cardine dell'ordinamento, nazionale ed europeo, che garantisce la certezza del diritto e tutela il cittadino contribuente, il quale ritiene conforme alla legge una situazione giuridica o un atto non contestato dall'Agenzia delle Entrate. Il caso
Il caso sottoposto alla Commissione Tributaria Provinciale di Udine concerne l'avviso di accertamento catastale emesso dalla Direzione Provinciale di Udine, relativo ad un'unità immobiliare censita nel medesimo comune. In particolare, ad ultimazione lavori di realizzazione dell'immobile de quo, la società costruttrice provvedeva ad un accatastamento inserendo l'unità immobiliare - come da classamento automatico - in categoria A/2, classe III, 9 vani, rendita Euro 1.092,31. Con atto di accertamento l'Agenzia del Territorio comunicava all'impresa la variazione con la quale si provvedeva a variare il detto classamento, mantenendo la categoria A/2, ma aumentando la classe a IV, vani 9 e rendita Euro 1.254,99.
La questione
Nel ricorso il contribuente rilevava l'illegittimità della procedura di autotutela per inesistenza dell'atto su cui la stessa dichiara di agire, la nullità dell'avviso di accertamento per definitività di un precedente avviso di accertamento sul medesimo immobile e per conseguente violazione della tutela del principio di affidamento ex art. 10 L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) e artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., nullità dell'avviso di accertamento per difetto di motivazione sia in fatto (omissione di sopralluogo) che in diritto, violazione dell'art. 7 L. 212/2000 e dell'art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241, nullità dell'atto per violazione del diritto del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale (artt. 5, 6, 7, 10 e 12 L. 212/2000), anche a fronte della mancanza di sopralluogo, invalidità dell'atto per violazione dell'art. 2697 c.c. sull'onere della prova e infondatezza dell'avviso di accertamento relativo al nuovo classamento e alla nuova rendita catastale per erronea attribuzione di categoria e classe catastale. L'Agenzia delle Entrate, ritualmente costituita, controdeduceva su tutti i motivi di ricorso, sostenendo, in particolare, la piena legittimità di operare in autotutela anche oltre il termine di un anno. La soluzione giuridica
Al fine di un'immediata comprensione della questione sottesa alla pronuncia in esame pare utile individuare i temi centrali. Il classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, preordinato all'attribuzione della rendita, consiste nel riscontrare la destinazione ordinaria e le caratteristiche influenti sul reddito e nel collocare l'unità immobiliare in una determinata categoria in base alla normale destinazione funzionale, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali e in una data classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall'unità immobiliare nell'ambito del mercato edilizio della microzona. In sostanza il contribuente, che apporta modifiche anche lievi alla conformazione di un'immobile, è obbligato a segnalare la questione al Catasto. Quello che è un vero e proprio obbligo di denuncia è rafforzato dall'art. 19, comma 14, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, che prevede la nullità degli atti aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di diritti reali su fabbricati, qualora la planimetria e i dati contenuti nell'atto non siano conformi alle risultanze catastali (V. BUSA, La riforma del catasto come rimedio alle criticità degli accertamenti catastali, in Il Tributario, 12.04.2022). I singoli comuni possono chiedere, all'Agenzia delle Entrate, la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari urbane di proprietà privata, ubicate nelle microzone comunali caratterizzate da un anomalo scostamento fra il valore medio di mercato e il valore medio catastale degli immobili, così come previsto dall'art. 1, comma 335, L. 30 dicembre 2004, n. 311.
La microzona rappresenta una porzione del territorio comunale, in molti casi coincidente con l'intero Comune, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane; in ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti. Dal punto di vista pratico, la revisione del classamento, cioè della categoria e della classe, comporta la variazione delle rendite catastali delle unità immobiliari. La categoria catastale viene attribuita in base alla destinazione d'uso e alle caratteristiche costruttive dell'immobile; la classe viene determinata, in primo luogo, in base al contesto urbano di ubicazione e, in secondo luogo, con riferimento alle altre caratteristiche proprie dell'unità immobiliare non considerate per l'attribuzione della categoria. L'Agenzia, accertata la sussistenza dei presupposti, avvia con provvedimento del Direttore l'attività di riclassamento e di revisione delle rendite catastali.
In seguito alle verifiche tecniche effettuate dagli uffici dell'Agenzia, gli intestatari delle unità immobiliari urbane interessate ricevono un avviso di accertamento, con la rideterminazione del classamento e l'attribuzione di una nuova rendita catastale. Orbene, qualora il destinatario dell'atto lo consideri non fondato, in tutto o in parte, può chiederne il riesame in autotutela, che tuttavia non sospende i termini per la presentazione di un eventuale ricorso al giudice tributario. In alternativa, contro l'avviso di accertamento, è possibile ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale territorialmente competente, notificando il ricorso entro sessanta giorni dalla data della notifica, all'Ufficio che ha emesso l'avviso di accertamento. Con riferimento poi ai meccanismi di accertamento la Corte di cassazione (Cass. Civ., Sez. VI, 02.12.2019, n. 31421), in tema di estimo catastale, ha ritenuto che la revisione delle rendite catastali urbane in assenza di variazioni edilizie non richiede la previa visita sopralluogo dell'Ufficio, né il sopralluogo è necessario quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente, atteso che le esigenze sottese al sopralluogo ed al contraddittorio si pongono solo in caso di accertamento d'ufficio giustificato da specifiche variazioni dell'immobile.
Orbene, la questione sottesa alla pronuncia in esame concerne, per alcuni aspetti, la riforma del catasto ad opera della L. 5 ottobre 2021, n. 39, il cui scopo è rendere il sistema catastale più equo e frenare le sperequazioni dovute alla mancata revisione delle informazioni contenute all'interno dell'archivio catastale, oltre che all'assenza di un'adeguata classificazione dei dati. L'art. 7, prevede che il Governo si occupi di attuare le modifiche disposte dal testo e di intervenire sulle modalità di rilevazione catastale, così da modernizzare gli strumenti di individuazione e di controllo della natura e delle consistenze dei terreni e dei fabbricati. Il medesimo articolo, al comma 2, stabilisce che il Governo, entro l'1 gennaio 2026, dovrà integrare le informazioni presenti all'interno dell'archivio catastale (V. BUSA, Op. cit.). Dunque, i cambiamenti introdotti dalla riforma del catasto 2021 concernono la ricognizione dell'attuale sistema catastale tramite la condivisione dei dati tra l'Agenzia delle Entrate e gli uffici comunali e la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili utili per accelerare l'individuazione di immobili non censiti o che non rispettano la categoria catastale, terreni adatti all'edificazione ma censiti come agricoli e immobili abusivi e, in secondo luogo, la realizzazione di un nuovo sistema catastale, ad integrazione di quello attuale, contenente i dati relativi alla rendita, i valori patrimoniali degli immobili e le relative rendite rispetto ai valori di mercato, oltre che le previsioni di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e delle rendite degli immobili. La previsione normativa prevede l'utilizzo di nuovi strumenti di rilevazione e ricognizione sia degli immobili non censiti in catasto, sia degli immobili che non risultano coerenti con la loro effettiva destinazione d'uso o consistenza, nonché dei terreni ancora censiti come agricoli, ma divenuti aree edificabili. Alla modernizzazione e maggiore efficienza delle procedure di rilevamento catastale si aggiunge la maggiore interazione tra l'Agenzia e Comuni impositori ai fini dell'accatastamento degli immobili. Le informazioni già presenti del Catasto verranno aggiornate mediante l'attribuzione, oltre della rendita determinata ex lege, anche dal valore patrimoniale o comunque di una rendita parametrata all'effettivo valore di mercato dell'immobile, mediante l'adeguamento periodico dei valori patrimoniali nonché delle rendite riconducibili alle unità immobiliari urbane e tenendo conto delle agevolazioni in favore di immobili di interesse storico - artistico (G. DURANTE, La riforma del catasto: criticità del sistema e nuovi scenari, in Il Tributario, 07.12.2021). Effettuato questo inquadramento è quindi opportuno esaminare la pronuncia. Nel caso in esame l'Agenzia delle Entrate, dichiarando di agire in autotutela, ha rivalutato nel merito l'attribuzione catastale di categoria, classe e rendita di un immobile.
Il nuovo classamento dell'immobile deriva da una rettifica operata dall'Agenzia nel 2011 che, pur mantenendo la categoria, ha elevato la relativa classe; tale modifica, non è stata rettificata nei dodici mesi dalla presentazione della variazione del 2016, peraltro relativa alla sola distribuzione degli spazi interni dell'immobile in questione. Orbene l'Ufficio pone in discussione la propria scelta laddove il profilo della modificata distribuzione interna dei vani è del tutto recessivo a fronte delle motivazioni addotte per la rettifica di classamento operata, che si fonda essenzialmente sulla nuova disamina delle caratteristiche costruttive dell'unità immobiliare. Ne deriva che l'oggetto dell'autotutela esercitatasi è da rinvenirsi nella rettifica operata dall'amministrazione nel 2011, cioè rispetto ad un atto dell'ente impositore che viene rivalutato e sostituito re melius perpensa in esito ad una nuova valutazione. La CTP si sofferma quindi sul rispetto del termine indicato nel D.M. 19 aprile 1994, n. 701 e dell'affidamento consolidatosi in capo al contribuente, ove si rileva che l'avviso di accertamento emesso dall'Ufficio nel 2011 ha indotto nel contribuente il legittimo affidamento a che l'edificio meritasse la categoria A2, avendo mantenuto nel tempo le medesime caratteristiche costruttive. L'esercizio dell'autotutela cristallizzata nell'atto impugnato si riferisce non già alla mera variazione presentata nel 2016, quanto piuttosto afferisce ad una radicale rivisitazione del classamento attribuito all'UIU in disamina dalla stessa Amministrazione con la rettifica del 2011. Ed allora tale attività amministrativa è stata posta in essere senza il rispetto del termine di dodici mesi indicato dall'art. 1 D.M. 701/1994, in quanto è intervenuta su una situazione giuridico-fattuale ormai consolidata, per dipiù operando inaudita parte e senza preventivo contraddittorio né sopralluogo, in assenza di un rilevante pubblico interesse e senza il rispetto di un termine ragionevole.
Nella fattispecie in disamina quindi, l'Ufficio ha proceduto con l'intento di perequare il classamento dell'immobile de quo rispetto alle altre unità immobiliari contermini.
Ne deriva che l'esercizio del potere di autotutela si è esercitato non già per correggere errori oggettivamente evidenti e rilevabili, quanto piuttosto per sostituire ad una originaria valutazione un nuovo estimo fondato su un diverso apprezzamento di natura discrezionale degli elementi giuridico-fattuali già posti alla base del precedente classamento. Rilevano i giudici che l'azione amministrativa si è dispiegata ben oltre ogni ragionevole lasso temporale, incidendo per tale ragione in modo illegittimo su una situazione giuridico-fattuale ormai consolidatasi e tale da avere giustificatamente ingenerato nel contribuente il legittimo affidamento a che il profilo estimale dell'immobile de quo fosse ormai accertato nei termini indicati dalla stessa parte pubblica, in assenza del sopravvenire di elementi nuovi decisivi, idonei a imporre una revisione della precedente valutazione, così violando il principio iscritto nell'art. 10, comma 2, L. 27 luglio 2000, n. 212. La CTP richiama anche giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost., sent. nn. 211 del 1997, 416 del 1999 e 525 del 2000) in merito al principio di affidamento, evidenziando che lo stesso ha copertura costituzionale e convenzionale e viene annoverato tra i principi generali posti a salvaguardia della certezza dell'ordinamento giuridico. Anche la Corte di Giustizia (CGUE, sent. 3 maggio 1978, in causa 112-77, e 21 settembre 1983 in cause riunite 205 - 215-82) ha da tempo e costantemente affermato che quelli della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto costituiscono principi generali del diritto e dell'ordinamento comunitari.
La revoca di un atto amministrativo favorevole, prosegue la Corte di Lussemburgo, è generalmente soggetta a condizioni molto rigorose sicché tale diritto può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo affidamento del destinatario dell'atto, che può aver fatto affidamento sulla legittimità dello stesso, allorquando nessun interesse di ordine pubblico prevale sull'interesse del destinatario a conservare una situazione che egli poteva considerare stabile e nulla attesta che il destinatario abbia provocato l'atto mediante indicazioni false o incomplete.
Il Giudice europeo ha affermato, altresì, che il legittimo affidamento nella legittimità di un atto amministrativo favorevole, una volta acquisito, non può poi venire eliminato (CGUE, sent. 17 aprile 1997, in causa C - 90-95; cfr anche sent. 26 febbraio 1987, in causa 15-85, e 20 giugno 1991, in causa C - 248-89). Conseguentemente sulla base di tale ragionamento la Commissione Tributaria Provinciale di Udine ha accolto il ricorso proposto annullando l'avviso di accertamento e ha dichiaratointegralmente compensate inter partes le spese processuali
Osservazioni
Mediante la decisione oggetto del presente commento, la Commissione Tributaria Provinciale di Udine ha fatto buon governo e corretta applicazioni dei principi di diritto comunitario in ordine alle disposizioni in materia di legittimo affidamento, nonché della giurisprudenza europea, costituzionale e di legittimità. Oltre la CGUE anche la giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. Civ., Sez. Trib., 11.05.2021, n. 12372) ha avuto modo di esprimersi sul punto affermando: “In tema di legittimo affidamento del contribuente, di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della l. n. 212 del 2000, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. La relativa tutela – pur tipizzata in talune ricorrenti ipotesi (come l'art. 10, comma 2, l.n. 212 cit.) – non è ancorata a schemi precostituiti ed al modello formale della validità/invalidità dell'atto, ma richiede una valutazione in concreto in relazione alla diversità delle fattispecie e delle situazioni”. Il contribuente cittadino ripone in un atto consolidatosi nel tempo, anche per molti anni, un ragionevole, fondato e condivisibili affidamento circa la legittimità dello stesso qualora la parte pubblica non abbia manifestato la propria contrarietà ovvero abbia rilevate delle irregolarità. La modifica arbitraria, magari a distanza di un considerevole lasso di tempo, di una situazione giuridica data per pacifica minerebbe uno degli aspetti essenziali dell'ordinamento giuridico, la certezza del diritto, che trova tutela nella Costituzione e nella CEDU. Nel caso in esame, come evidenziato, l'esercizio del potere di autotutela, dato alla Pubblica amministrazione per correggere i propri errori, è stato esercitato non già per correggere dei malintesi oggettivamente evidenti e rilevabili, ma per sostituire ad una originaria valutazione un nuovo estimo fondato su un diverso apprezzamento di natura discrezionale degli elementi giuridico-fattuali già posti alla base del precedente classamento.
Tale agire quindi contrasta con i principi cardine dell'ordinamento che riparano il contribuente dai comportamenti arbitrari e ingiustificati da parte del potere pubblico e che garantiscono che la norma trovi applicazione con omogeneità ed in maniera non discriminatoria.
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