Esclusa l'esenzione IVA delle attività didattiche di un ente privato non riconosciuto. Cumulabilità delle condizioni ai fini esentativi

07 Luglio 2022

Con la sentenza del 28 aprile 2022 resa nella causa C-612/20, la Corte di Giustizia UE ha escluso dal regime di esenzione IVA le attività di una società commerciale rumena che offre servizi educativi consistenti nell'organizzazione di attività complementari al programma scolastico, quali assistenza nei compiti, programmi educativi, corsi di lingue straniere, corsi di arte, attività sportive, ritiro dei bambini dagli istituti d'insegnamento e distribuzione dei pasti dopo le attività scolastiche, a motivo dell'assenza di una specifica autorizzazione statale e di un correlativo riconoscimento amministrativo sotto forma di “partenariato”, e ciò a prescindere sia dal dato formale dell'attribuzione all'ente, in fase di costituzione, del codice commerciale dedicato come “Altre forme d'insegnamento”, sia dallo svolgimento, de facto, di un'attività riconducibile a quelle esentate dalla Direttiva IVA.
Massima

Con la sentenza del 28 aprile 2022 resa nella causa C-612/20, la Corte di Giustizia UE ha escluso dal regime di esenzione IVA le attività di una società commerciale rumena che offre servizi educativi consistenti nell'organizzazione di attività complementari al programma scolastico, quali assistenza nei compiti, programmi educativi, corsi di lingue straniere, corsi di arte, attività sportive, ritiro dei bambini dagli istituti d'insegnamento e distribuzione dei pasti dopo le attività scolastiche, a motivo dell'assenza di una specifica autorizzazione statale e di un correlativo riconoscimento amministrativo sotto forma di “partenariato”, e ciò a prescindere sia dal dato formale dell'attribuzione all'ente, in fase di costituzione, del codice commerciale dedicato come “Altre forme d'insegnamento”, sia dallo svolgimento, de facto, di un'attività riconducibile a quelle esentate dalla Direttiva IVA.

Il caso

La vicenda trae origine da una ripresa IVA da parte dell'erario rumeno nei confronti di un ente privato commerciale avente per oggetto sociale la prestazione di servizi educativi complementari al programma scolastico, che offre possibilità d'insegnamento formale e informale per il consolidamento delle competenze, l'insegnamento di recupero e l'insegnamento accelerato attraverso attività educative, ricreative e del tempo libero, che corrispondono a quelle contenute nel programma «La scuola dopo scuola», i cui programmi sono organizzati sulla base di una metodologia approvata con decreto del Ministro dell'Istruzione, e possono essere resi anche da organizzazioni non governative dotate di competenze in materia sulla base di un apposito accordo di partenariato.

All'ente privato veniva opposto il diritto ad operare in esenzione da IVA sulla base dell'assenza di autorizzazione (partenariato con un istituto di insegnamento) a fornire servizi nell'ambito del programma «La scuola dopo scuola» destinato agli alunni, pur in presenza del solo codice di classificazione delle attività economiche necessario per l'esercizio delle attività educative (CAEN 8559 - «Altre forme d'insegnamento»), autorizzazione che tuttavia nel diritto nazionale rumeno non è considerata sufficiente per rendere un organismo idoneo all'esenzione dall'IVA.

L'ente replicava che i servizi da esso forniti comprendevano attività di trasmissione di conoscenze sia pratiche sia teoriche, conformemente al programma scolastico nazionale, le cui finalità non erano puramente ricreative, bensì incentrate sul consolidamento delle conoscenze acquisite durante le ore di lezione seguite negli istituti di insegnamento del sistema nazionale.

Sulla base di tali presupposti il giudice rumeno rinviava alla Corte UE per accertare se l'attività svolta dall'ente privato commerciale, che esercita attività didattiche di interesse pubblico e che ha ottenuto un'autorizzazione dall'Ufficio nazionale del registro nazionale del commercio ai sensi della classificazione delle attività economiche nazionali, potesse o meno rientrare nella nozione di «…altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili» a quelle di un ente di diritto pubblico per l'educazione, ai sensi dell'art. 132, par. 1, lett. i), della Dir. IVA 2006/112.

La questione

Nella sentenza in commento la Corte UE torna ad occuparsi dei casi di esenzione IVA in tema di servizi didattici posti in essere da enti pubblici e da organismi privati riconosciuti dallo Stato, da un lato ribadendo l'esistenza di due condizioni riconducibili tanto ad un'attività di trasmissione pubblica ed universale del sapere quanto al riconoscimento formale come organismo avente finalità simili a quelle pubbliche indicate, per quel che qui interessa, nell'art. 132, par. 1 , lett. i) della Dir. IVA, e dall'altro analizzando il rapporto tra le due condizioni, ritenendole correttamente cumulative, nonostante la prima sembrerebbe poter rivestire un peso maggiore ed un ruolo assorbente.

La soluzione giuridica

Quanto alla trasmissione del sapere, in relazione alla quale la Corte ha evidenziato (v. C-373/19, p. 23) che l'art. 132, par. 1, lett. i) e j), della Dir. 2006/112 non contiene alcuna definizione della nozione di «insegnamento scolastico o universitario», la Corte ha qui disconosciuto l'esenzione IVA dell'attività didattica di interesse pubblico svolta da un ente privato che opera a fini commerciali per l'assenza “formale” di un partenariato concluso, nel caso concreto, con un istituto pubblico d'insegnamento, nonostante l'oggetto sociale dell'ente sembrerebbe comunque collimare dal punto di vista sostanziale con i requisiti richiesti dall'art. 132, par. 1, lett. i), della Dir. IVA.

Qui la Corte UE, richiamando i suoi precedenti sul punto, ha evidenziato che dal tenore letterale dell'articolo 132, par. 1, lett. i), della Dir. 2006/112, risulta che tale esenzione è subordinata, essenzialmente, a due condizioni cumulative, da un lato quella relativa alla natura del servizio prestato e, dall'altro, quella relativa al prestatore del servizio fornito, in relazione alla quale, nel caso esaminato, ha escluso tanto la natura di organismo di diritto pubblico quanto di organismo riconosciuto dallo Stato come avente finalità simili, per non aver concluso un partenariato e per non disporre, quindi, del riconoscimento o dell'autorizzazione richiesti a tal fine dal diritto rumeno.

Il processo argomentativo seguito dalla Corte UE riprende quanto in precedenza dalla stessa affermato (v. C‑373/19, C‑449/17, C‑90/16, C‑699/15, C‑319/12, C-473/08, C-434/05, C-445/05 e C‑498/03), ove è stata ribadita la necessità di interpretare restrittivamente i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all'art. 132 della Dir. IVA, dato che queste costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l'IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.

Al riguardo, come ricordato dall'Avvocato generale J. Kokott nelle sue conclusioni nel caso MDDP in C-319/12 (v. p. 19), dal momento che l'articolo 132, par. 1, lett. i), della Dir. IVA non indica a quali condizioni può essere riconosciuta agli enti ed organismi privati l'esenzione nella misura in cui svolgono una finalità “simile” a quella degli enti di diritto pubblico, spetta in linea di principio a ciascuno Stato membro stabilire, nel proprio ordinamento, le regole che disciplinano un tale riconoscimento.

A tal fine gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale, con gli opportuni limiti (v. C-498/03, C-106/05, nonché C-174/11), giustificabile dal fatto che i sistemi di istruzione dei singoli Stati sono organizzati secondo modalità tra loro profondamente differenti ma, nonostante tale diversità, le esenzioni fiscali per i servizi educativi e di formazione devono tuttavia essere applicate nel modo più uniforme possibile.

Secondo le argomentazioni della Corte UE, è possibile “concedere” l'agevolazione solo nelle ipotesi di “trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie”.

Nel caso Dubrovin & Tröger GbR in C-373/19, ad esempio, si discuteva dell'esenzione IVA, in quel caso esclusa, legata ad un'attività di “insegnamento” del nuoto impartito da una scuola di nuoto.

Lì la Corte, condivisibilmente, ricordava che la trasmissione di conoscenze e di competenze tra un docente e gli studenti è un elemento particolarmente importante dell'attività di insegnamento e che questo non è limitato solo a quelle forme di sapere che consentono di acquisire una formazione per l'esercizio di un'attività professionale, bensì comprende altre attività in cui l'istruzione viene fornita nelle scuole o nelle università per sviluppare le conoscenze e le attitudini degli allievi o degli studenti, purché tali attività non abbiano carattere puramente ricreativo (v. C-445/05, p. 26). Così, al riguardo, nel caso The English Bridge Union Limited nella causa C-90/16, che verteva circa l'esenzione IVA collegata all'attività “sportiva” implicante il gioco del bridge duplicato, nonostante questo richiedesse “in particolare logica, memoria, strategia o pensiero laterale” e costituisse un'attività che “arreca beneficio alla salute mentale e fisica di coloro che lo praticano regolarmente”, purtuttavia, veniva dalla Corte UE confermato che anche quando risultino arrecare beneficio alla salute fisica e mentale, attività puramente distensive e ricreative non possono rientrare nell'ambito dell'esenzione IVA (p. 24 di C-90/16; v., in tal senso, anche Žamberk, C-18/12, p. 22, e Commissione/Paesi Bassi, C-22/15, p. da 23 a 25).

Così ragionando, la nozione di «insegnamento scolastico o universitario» di cui all'art. 132 della Dir. IVA, include attività che si distinguono tanto per la loro specifica natura, quanto per il contesto in cui sono esercitate, tendendo a qualificare la prima in maniera universale e comune a tutti gli Stati membri, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche di ogni sistema nazionale.

Tale sistema integrato di trasmissione di conoscenze e di competenze, così come ipotizzato dal legislatore unionale, non può recepire al proprio interno quelle attività che seppur di “insegnamento”, nonostante presentino un'indubbia importanza e perseguano un interesse pubblico, costituiscono però solo un insegnamento specialistico ed impartito ad hoc, che non equivale, di per sé, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché un loro approfondimento e sviluppo, caratterizzanti l'insegnamento scolastico od universitario.

Ai fini della seconda condizione inerente al riconoscimento pubblico del soggetto impegnato nelle attività di insegnamento scolastico ed universitario, si ritiene utile ricordare le argomentazioni contenute nel caso A & G Fahrschul-Akademie GmbH in C-449/17 e nel caso MDDP in C-319/12.

Nel primo si discuteva dell'esenzione IVA delle attività di scuola guida, consistenti nel dispensare una formazione teorica ed un insegnamento pratico di guida automobilistica, rientrati secondo la società ricorrente nella nozione di «insegnamento scolastico o universitario» ed implicanti la trasmissione di conoscenze sia pratiche che teoriche necessarie all'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1, e del fatto che lo scopo di un siffatto insegnamento non fosse puramente ricreativo, posto che il possesso di tali patenti poteva rispondere, segnatamente, ad esigenze professionali.

In particolare il giudice del rinvio sottoponeva alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) se la nozione di “insegnamento scolastico o universitario” potesse comprendere le lezioni di scuola guida e 2) in caso di risposta affermativa alla prima questione, se il riconoscimento della ricorrente come “organismo riconosciuto avente finalità simili” ai sensi dell'art. 132, par. 1, lett. i), della Dir. IVA, potesse risultare dalle disposizioni di legge sull'esame di istruttore di guida e sul rilascio dell'abilitazione di istruttore di guida e di scuola guida sulla base delle legge tedesca nonché dall'interesse generale alla formazione di allievi conducenti volta a creare utenti della strada sicuri, responsabili e rispettosi dell'ambiente.

Lì la Corte negava il regime di esenzione IVA sulla circostanza che l'insegnamento della guida automobilistica in una scuola guida, pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento ed al loro sviluppo, caratterizzanti l'insegnamento scolastico o universitario, ed ha opportunamente ritenuto di non rispondere alle altre questioni poste dal giudice.

Nelle proprie conclusioni al caso C-449/17, l'Avvocato generale M. Szpunar argomentava l'esclusione delle lezioni di scuola guida dalla nozione di formazione professionale osservando che il riconoscimento di una determinata formazione come professionale solo per il fatto che le competenze grazie ad essa acquisite possono essere utilizzate anche ai fini dell'attività professionale, potrebbe comportare potenzialmente un'estensione illimitata della portata di tale nozione. Ragionando per assurdo, l'acquisizione di una qualsiasi competenza può essere indispensabile per l'esercizio, ad esempio, della professione di istruttore della competenza stessa (v. p. 42 delle conclusioni).

Egli, inoltre, in merito alla seconda questione pregiudiziale, argomentava, ai fini dell'esenzione IVA, che le due condizioni dell'insegnamento e del riconoscimento/autorizzazione fossero tra loro legate indissolubilmente, dal momento che ogni soggetto che svolge un'attività formativa nell'ambito del sistema di insegnamento scolastico o universitario ha finalità simili a quelle degli enti di diritto pubblico.

Anche se, ipotizzava, in un dato Stato membro il sistema di istruzione scolastico ed universitario si basasse esclusivamente su soggetti di diritto privato, questi dovrebbero essere riconosciuti come aventi finalità simili ai sensi di tale disposizione e compresi nell'esenzione; invece, se un'attività esercitata da un soggetto non rientra nell'insegnamento scolastico o universitario, tale soggetto, per definizione, non può essere riconosciuto come avente finalità simili a quelle degli enti di diritto pubblico che impartiscono siffatto insegnamento, indipendentemente dalla misura in cui la sua attività viene regolamentata dalla legge (v. p. 47 delle conclusioni).

Riguardo il requisito del riconoscimento pubblico attribuibile ad enti ed organismi, la Corte UE ha, nel tempo, correttamente ricompreso anche i soggetti privati nella misura in cui i termini «istituto» ed «organismo» sono, in via di principio, sufficientemente ampi da includere anche le persone fisiche che gestiscono un'impresa, e ciò in conformità al principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell'IVA (v. C-216/97, p. 17 e ss., C-283/95, punto 27 e C-846/19 ai fini del riconoscimento dell'attività di un avvocato quale organismo avente carattere sociale), nonché in base ad una deliberata scelta del legislatore unionale di non riferirsi alle “persone giuridiche” bensì alla categoria “più ampia” di enti ed organismi.

Queste argomentazioni sono servite alla Corte UE, altresì, per distinguere le ipotesi di esenzione IVA ricollegabili alla lett. lett. i) da quelle di cui alla lett. j) dell'art. 132 della Dir. IVA.

La lett. j) ricollega l'esenzione IVA alle lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all'insegnamento scolastico o universitario, effettuate da docenti per proprio conto e sotto la propria responsabilità (v. C-445/05, p. 30 e C-473/08), tra le quali, ci dice la Corte UE, possono figurare, ad esempio, corsi individuali, nel qual caso sussiste in linea di principio un rapporto tra il contenuto concreto delle lezioni e le qualificazioni del docente, oltre alle lezioni impartite a diverse persone contemporaneamente, senza che vi sia un rapporto contrattuale diretto tra i destinatari di queste ed il docente che le impartisce, come nel caso del rapporto con i genitori di scolari o di studenti.

In tal modo è consentito tanto alle persone fisiche quanto a quelle giuridiche, ai sensi della sola lett. i) della Dir. IVA, prestare servizi di insegnamento scolastico, universitario o di formazione o riqualificazione professionale, ma solo a fronte di apposita autorizzazione o riconoscimento pubblico.

Tali argomentazioni sono state ribadite dalla Corte UE nel caso MDDP in C-319/12, in merito ad una società commerciale di diritto polacco, non iscritta nel registro delle scuole e degli istituti privati, che organizzava corsi di formazione e conferenze specializzate in settori quali la fiscalità, la contabilità, le finanze, ed in quelli connessi all'organizzazione ed alla gestione di imprese, la quale chiedeva, di fatto, che si accertasse che la sua attività non fosse esente da IVA, e ciò al chiaro fine di godere del diritto a detrazione a monte e di traslare l'IVA sui propri clienti, soggetti passivi, che fruivano a loro volta del diritto alla detrazione.

La prima questione pregiudiziale alla Corte UE era infatti formulata al fine di sapere se le disposizioni degli artt. 132, par. 1, lett. i), 133 e 134 della Dir. IVA ostassero o meno all'applicazione ai servizi educativi, forniti a fini commerciali da organismi non pubblici, dell'esenzione IVA.

Era la medesima ricorrente, sostenuta dalla Commissione UE, che evidenziava la contrarietà della Dir. IVA alla possibilità di esenzione generalizzata dei servizi educativi forniti a fini commerciali da organismi privati, posto che l'esenzione IVA recepita dalla normativa interna esentava l'insieme dei servizi educativi in maniera generale, qualunque fosse lo scopo perseguito dagli organismi che fornivano siffatte prestazioni.

La Corte Ue ricordava che anche se da un lato il carattere commerciale di un'attività non escludeva di per sè la sua riconducibilità ad un'attività di interesse pubblico (v. C-144/00, p. 38 nonché C-498/03, p. 31), nel cui perimetro rientravano anche gli enti privati con fine di lucro in qualità di “organismi”, non avendo il legislatore comunitario esplicitamente subordinato il beneficio delle esenzioni alla mancanza di uno scopo di lucro, dall'altro la natura privata degli “enti o organismi” non precludeva loro in alcun modo l'esenzione IVA per i servizi educativi prestati a fini commerciali.

La disposizione della lett. i) dell'art. 132 della Dir. IVA, diversamente che per altre esenzioni contenute nel medesimo articolo (v. le lett. l), m) e q)), non contiene alcuna restrizione in relazione al carattere commerciale o al fine di lucro perseguito da un ente o da un organismo.

Condizione perché questo potesse avvenire era che i servizi educativi fossero effettuati o da enti di diritto pubblico aventi uno scopo di istruzione o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato aventi finalità simili a quelle dei suddetti organismi di diritto pubblico.

Osservazioni

Limiti del potere discrezionale degli Stati membri

Nonostante nel caso 612/20 la risposta della Corte UE alla questione posta dal giudice del rinvio tenda ad escludere dalla nozione di “organismo riconosciuto ... come avente finalità simili” un ente privato che esercita attività didattiche/educative di interesse pubblico consistenti nell'organizzazione di attività complementari al programma scolastico, in possesso dell'autorizzazione dell'Ufficio nazionale del registro del commercio, ma sprovvista del riconoscimento sopra descritto, i medesimi giudici, come già argomentato su un caso simile (v. MDDP, C‑319/12, p. 38), ricordano al giudice nazionale che è suo compito, in ogni caso, verificare e valutare che lo Stato membro, nell'imporre le condizioni che hanno portato di fatto al disconoscimento dell'esenzione, abbia comunque rispettato i limiti del suo potere discrezionale osservando i principi del diritto dell'Unione, qui in particolare di parità di trattamento che, in tema di IVA, si traduce nel principio di neutralità fiscale

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