Imposta di registro: non dovuta per gli atti di trasferimento di beni immobili riconducibili alla sentenza di separazione dei coniugi
20 Luglio 2022
Massima
Non sconta il pagamento dell'imposta di registro la sentenza avente ad oggetto la separazione dei beni tra coniugi quale conseguenza della cessazione degli effetti civili del matrimonio, pur trattandosi di una sentenza diversa è comunque ricollegabile a quella iniziale che ha disposto la separazione dei coniugi.
È quanto ha dispoto la Suprema Corte di Cassazione in concomitanza dell'Ordinanza n. 18556, 8 giugno 2022. Si tratta di un orientamento giurisprudenziale già palesato dagli Ermellini in altre pronunce (Cass. n. 3110/2016); tuttavia, i dubbi sulla soggettività passiva da imposta di registro sussistono sempre, in considerazione delle molteplici casistiche che possono carettarizzare, non solo la separazione tra i coniugi ma, soprattutto gli adempimenti successivi programmati dagli stessi coniugi in sede di omologa e riconducibili agli immobili dagli stessi posseduti.
La ratio dell'agevolazione tributaria di cui si tratta riconosciuta dai giudici della Suprema Corte, risiede nella volontà di favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale e che devono comunque necessariamente provvedere alla complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali dipendenti dalla lite divorzile; né lo scioglimento della comunione insieme ai trasferimenti sia mobiliari che immobiliari costituiscono indice di capacità contributiva.
Pertanto, secondo quanto disposto dalla Suprema Corte di Cassazione, la funzionalità del giudicato ultimo con il quale gli ex coniugi gestiscono e si dividono necessariamente il patrimonio immobiliare, in ottemperanza alla sentenza prodromica omologata dal Tribunale ab origine, giustifica il mancato pagamento dell'imposta di registro per gli atti successivi finalizzati alla sistemazione del patrimonio immobiliare nella fase post separazione. Il caso
Nella casistica in esame, i contribuenti avevano invocato l'esenzione dall'imposta di registro poiché riconducibile ad una sentenza conseguenziale rispetto alla prima, ai sensi dell'art. 19 della l. n. 74/1987. In particolare, il giudice tributario di appello accoglieva le regioni degli ex coniugi, riconsocendo agli stessi il beneficio dal pagamento dell'imposta, trattandosi di giudicato comunque ricollegabile alla sentenza madre quella con la quale era stata disposta la separazione dei coniugi. L'Agenzia delle Entrate non condivideva questa impostazione e ricorreva in sede di legittimità contro la sentenza della CTR ritenendo non configurabii nel caso di specie le condizioni per il riconoscimento del beneficio dal pagamento dell'imposta. La questione
Con riferimento alla questione impositiva di cui si tratta, la Corte di Cassazione adita ha ritenuto condivisibile l'orientamento di legittimità secondo cui, in tema di imposta di registro sugli atti giudiziari riconducibili a procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, beneficia del regime di esenzione previsto dall'art. 19 della l. n. 74/1987 anche la sentenza di divisione giudiziale della comunione legale dei coniugi conseguente al mancato raggiungimento di accordi. In particolare, la previsione normativa recepita dagli Ermellini dispone testualmente: “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relatiovi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio siano esenti da imposta di bollo, di registro e da ogni latra tassa”. La soluzione giuridica
La portata applicativa della previsione normativa in commento è stata estesa dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 154 del 10 maggio 1999 a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti riferiti al procedimento di separazione personale dei coniugi. La ratio dell'agevolazione tributaria risiede, se vogliamo nella chiara volontà di favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale che comunque devono necessariamente provevdere alla complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali dipendenti dalla lite divorzile; né, lo scioglimento della comunione insieme ai trasferimenti (mobiliari o immobiliari) costituiscono indice di capacità contributiva.Si tratta di un orientamento giurisprudenziale consolidato, poichè già in precedenza è stato affermato che l'agevolazione di cui all'art. 19 della l. n. 74/1987 spetta per gli atti esecutivi degli accordi intervenuti tra i coniugi in esito alla separazione personale o allo scioglimento del matrimonio, atteso il carattere di “negoziazione globale” attribuito alla liquidazione del rapporto coniugale per il tramite di contratti tipici in funzione di definizione non contenziosa, i quali, nell'ambito della nuova cornice normativa trovano il loro fondamento nella centralità del consenso dei coniugi.
Con riferimento al caso di specie, secondo i Giudici della Suprema Corte, il Collegio tributario di appello ha giustamente disposto nel giudicato di seconde cure che con la sentenza originaria omologata dal tribunale è stato assegnato a ciascuno degli ex coniugi la titolarità dominicale esclusiva di beni già comuni e, pertanto, ha dato attuazione allo scioglimento della comunione disposto con la prima sentenza, non essendoci stata nel caso de quo alcuna contestazione su tale aspetto, il Collegio ha giustamente riconosciuto l'applicabilità dell'esenzione dal pagamento dell'imposta di registro.
Osservazioni
La stessa Corte adita nell'Ordinanza in commento proprio con riferimento all'applicazione del più volte richiamato art. 19 della l. n. 74/1987 ha disatteso un orientamento giurisprudenziale ormai minoritario che dispone la distinzione tra contenuto necessario e contento eventuale degli accordi di separazione, non ritenendo operante l'esenzione fiscale da imposta di regsitro con riferimento agli atti stipulati in occasione della separazione o del divorzio che tuttavia non integrano il contenuto essenziale della separazione. A ciò si aggiunge la possibile finalità elusiva dell'inserimento di accordi estranei al contenuto essenziale della separazione in seno al procedimento di separazione con l'unico fine di conseguire indebiti risparmi fiscali. Tuttavia, è questo un orientamento giurisprudenziale minoritario palesato dagli Ermellini, essendo ormai prevalente la posizione che vede il riconoscimento del beneficio fiscale in ordine al mancato pagamento dell'imposta di registro. L'ordinanza depositata, dunque, ne è l'ulteriore riprova. |