Locazioni ad uso commerciale e inadempimento dell’obbligazione contrattuale
21 Luglio 2022
Massima
Nella domanda di convalida di sfratto per morosità - la quale sottende la domanda di risoluzione per inadempimento grave del contratto di locazione - non costituisce causa oggettiva ed incolpevole dell'inadempimento richiamare genericamente la legislazione emergenziale e le vicende epidemiologiche. In base all'ordinamento positivo vigente, non sussiste alcun obbligo normativamente previsto per la parte locatrice di ridurre il canone e nessun potere officioso del giudice per rideterminarlo, e che tale obbligo non deve nemmeno essere individuato nel canone di buona fede che può, tutt'al più, determinare la possibilità per le parti di intraprendere una seria rinegoziazione del rapporto volta al bilanciamento dei contrapposti interessi. Il caso
L'istante intimava sfratto per morosità con riferimento ad un contratto di locazione ad uso commerciale (trattoria) lamentando l'inadempimento della parte convenuta all'obbligo di pagamento dei canoni di locazione (da marzo a maggio 2020 e da ottobre a dicembre 2021) per una morosità complessiva pari ad € 53.392,53 e, conseguentemente, la condanna al rilascio dell'immobile locato, oltre al pagamento dei canoni maturati e maturandi sino alla data del rilascio. Parte intimata si opponeva richiamando genericamente la legislazione emergenziale e le vicende epidemiologiche come causa oggettiva ed incolpevole dell'inadempimento. Ai sensi degli artt. 665 e 667 c.p.c., il giudice emetteva ordinanza provvisoria di rilascio dell'immobile locato con riserva delle eccezioni della convenuta e disponeva il mutamento del rito. Parte attrice insisteva nelle proprie domande ed eccezioni mentre parte convenuta non compariva, non coltivando le difese formulate ab origine. Il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto di locazione inter partes per inadempimento di non scarsa importanza della convenuta e, di conseguenza, la condannava al rilascio immediato dell'immobile, al pagamento della somma richiesta in via iniziale oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo, della somma di € 2.238,00 (oltre i.v.a. ove dovuta come per legge) per ogni mensilità successiva a maggio 2022 sino all'effettivo rilascio (a titolo di indennità ex art. 1591 c.c.) oltre alla condanna alla refusione delle spese di lite in favore dell'istante. La questione
Tralasciando le questioni relative alle indicazioni fornite dal Tribunale di Verona per valutare la legittimità della pronuncia di risoluzione del contratto per non scarso inadempimento del conduttore, in considerazione di un percorso logico argomentativo che approfondisce tematiche differenti ma tutte di estrema attualità, si tratta di procedere alla determinazione delle motivazioni a sostegno della pronuncia di risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale, e conseguentemente del rilascio dell'immobile, che fondano la loro legittimità sulla valutazione della non scarsa importanza dell'adempimento, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1455 c.c. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Verona si colloca in quell'ampia panoramica di pronunce giurisprudenziali circa le numerose possibilità offerte dalle disposizioni di legge e, da ultima, dalla normativa emergenziale dettate nell'interesse degli esercenti le attività ad uso commerciale per far fronte alla pandemia da Covid-19. A seguito di intimazione di sfratto per morosità avente ad oggetto la domanda di risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale stipulato fra le parti, il Tribunale di Verona ne dichiarava la risoluzione adducendo un inadempimento di non scarsa importanza della parte conduttrice convenuta. Esaminate le numerose questioni evidenziate nella motivazione della sentenza, il Tribunale anzitutto rilevava come le circostanze dedotte dall'intimante venivano prima confermate dalla stessa intimata - la quale esponeva del tutto genericamente l'emergenza Covid-19 quale causa oggettiva e incolpevole dell'inadempimento al pagamento dei canoni di locazione - e poi nulla opponendo essendo rimasta contumace dopo il passaggio al giudizio ordinario locatizio. Ciò nonostante, il Tribunale proseguiva pervicace nelle numerose argomentazioni poste a sostegno della propria decisione ritenendo che: - in ogni caso, la dedotta condizione di inerzia dell'attività commerciale a cagione della situazione emergenziale in atto era una circostanza da provarsi da parte della conduttrice e che, ad ogni buon conto, il giudice era chiamato ad una valutazione secondo l'art. 91, d.l. n. 18/2020 (disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici) senza alcun automatismo in ordine alla esclusione della responsabilità del debitore; - la chiusura temporanea dell'attività commerciale può consentire, eventualmente, l'inadempimento momentaneo dell'obbligazione di pagamento del canone (da considerarsi inadempimento non grave) ma non il mancato pagamento dei canoni successivi alla riapertura dell'attività; - non esiste alcun obbligo in capo alla parte conduttrice di ridurre il canone di locazione, né un potere officioso del giudice di rideterminare detto canone; - inoltre, il canone di buona fede non può essere preso a riferimento come parametro nelle disposizioni di legge che - come previsto dall'art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 6/2020 - riguardano l'attuazione delle misure di contenimento; tutt'al più esso può essere di spunto alle parti per intavolare una trattativa per la rideterminazione del canone di locazione, eventualmente per il tramite del Giudice mediante la proposta transattiva o conciliativa da esso formulata ai sensi dell'art. 185-bis c.p.c., o attraverso gli istituti di mediazione e conciliazione - è nella facoltà della conduttrice azionare i sistemi già apprestati dall'ordinamento per conseguire la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c., e che l'altra parte può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto, oppure recedere in qualsiasi momento dal contratto per gravi motivi ex art. 27, l. n. 392/1978 indipendentemente dalle previsioni contrattuali; - sussistono diverse normative a favore degli esercenti le attività commerciali atte a riconoscere delle agevolazioni, come l'art. 65, comma 6-bis, del decreto “Cura Italia” che, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento collegate all'emergenza epidemiologica da Covid-19, riconosce, per l'anno 2020, un credito d'imposta nella misura del 60% dell'ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1; o come l'art. 4 del d.l. “Sostegni Bis” che rende possibile rinegoziare il canone dei contratti di locazione commerciale per un massimo di cinque mensilità del 2021; - costituisce grave inadempimento, rilevante ai fini della risoluzione del contratto di locazione, la mancata corresponsione del canone di locazione ai sensi dell'art. 1453 c.c., in base agli obblighi del conduttore ex art. 1587 c.c. nonchè ex art. 5 l. 392/1978; - in ossequio al consolidato principio sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533), nelle obbligazioni contrattuali il creditore è tenuto a provare la fonte del rapporto e l'inadempimento del debitore, mentre è quest'ultimo che deve dare prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa; - infine, la valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento all'obbligazione di pagamento nei contratti di locazione deve ritenersi implicita nella valutazione riservata al giudice del merito. In conclusione, ritenuta ampiamente provata la pretesa attorea e l'inadempimento di parte convenuta, il Tribunale pronunciava la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice e la condanna al rilascio dell'immobile, al pagamento delle somme richieste, degli interessi legali e delle indennità di pari importo ex art. 1591 c.c. oltre alla refusione delle spese del giudizio, ridotte in ragione della natura contumaciale del giudizio, dell'assenza di istruttoria, della semplicità delle difese svolte e della celerità del processo. Osservazioni
Deve destare particolare interesse la disanima delle motivazioni addotte dal Tribunale veronese, a sostegno della legittimità della pronuncia di risoluzione del contratto per non scarso inadempimento del conduttore. Ci si imbatte, oggi, in tutta quella copiosa giurisprudenza in materia di contratti di locazione ad uso commerciale che ha subissato i tribunali di merito e che trae la sua origine dalle criticità del periodo post lock down nazionale. Essa coinvolge tutte quelle attività commerciali che hanno subito le limitazioni e i divieti che l'emergenza pandemica ha loro imposto, determinando, inevitabilmente, una contrazione dei fatturati ed uno sproporzionato aumento delle spese e, proprio la pronuncia in esame, fornisce una chiara chiave di lettura sulle possibilità offerte agli esercenti le attività commerciali in ordine al pagamento dei canoni di locazione, e sulla regolamentazione delle opzioni di scelta in capo ai conduttori. Non sfuggirà infatti come i giudici, non solo veronesi, in genere si siano allineati nel favorire ed alleggerire la posizione dei locatori i quali - lo ricordiamo - sono stati ampiamente schiacciati da quella misura temporanea di blocco degli sfratti per morosità che ha visto, per l'anno 2020 (a partire dal 17 marzo 2020, data di entrata in vigore del d.l. n. 18/2020) la sospensione dell'esecuzione di tutti i provvedimenti di rilascio, mentre per il 2021 la situazione è stata significativamente diversificata financo ad individuare nell'ultima data del 31 dicembre 2021 la fine della sospensione dell'esecuzione di qualsivoglia provvedimento di rilascio di immobili. Ebbene, se, da un verso, vi era la necessità di evitare che le procedure esecutive, oltre a gravare sui Tribunali, convogliassero le persone ad entrare tra loro in contatto, con conseguente incremento della possibilità di contagio dal virus, dall'altro, sussisteva il serio pericolo che i soggetti destinatari dei provvedimenti di rilascio rischiassero di rimanere intrappolati in quella situazione di difficoltà, seppur di portata generale. Nelle locazioni ad uso privato era messo a rischio lo stesso diritto inviolabile all'abitazione mentre nelle locazioni non abitative, il rilascio dell'immobile poteva avere - come di fatto ha avuto - serie ripercussioni sul diritto di iniziativa economica privata, parimenti tutelato dalla Costituzione. Proprio la Corte Costituzionale, con sentenza 11 novembre 2021, n. 213, chiosava che, “se l'eccezionalità della pandemia da Covid-19 giustifica, nell'immediato e per un limitato periodo di tempo, la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili […] d'altra parte però questa misura emergenziale è prevista fino al 31 dicembre 2021 e deve ritenersi senza possibilità di ulteriore proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale (art. 42, comma 2, Cost.)”. Ciò detto, il Tribunale di Verona sostanzia la propria decisione di avvenuta risoluzione del contratto per inadempimento grave morosità di parte conduttrice su una attenta e scrupolosa analisi, non solo delle principali disposizioni civilistiche in materia di obbligazioni e contratti, ma anche della normativa speciale emergenziale che è stata emanata a partire dal marzo 2020 e che si è protratta sino ad oggi, con varie proroghe e modifiche, per cui ancora di più la sentenza che viene oggi commentata può essere di ausilio per una proficua ed utile riflessione. Quello che emerge è sine dubio il fatto che alcuna norma emergenziale ha regolamentato le sorti del contratto di locazione ad uso commerciale - ma anche ad uso abitativo - e le sue probabili modificazioni nel corso del rapporto o alla sua naturale scadenza. È d'evidenza come, pur in presenza di una chiusura coatta e generalizzata di gran parte delle attività commerciali per ragioni di sicurezza pubblica, non sia stato posto in discussione dal Legislatore l'obbligo del pagamento del canone di locazione da parte del conduttore, ovvero di ridurlo unilateralmente, volendo optare invece per l'emanazione di tutta una serie di misure e di disposizioni in favore di dette attività. Non è chiaro se siffatta lacuna sia da ricondurre sic et simpliciter ad un vuoto normativo, come tanti, oppure alla precisa volontà di affidare ancora una volta all'autonomia negoziale la possibilità di contemperare differentemente il bilanciamento di interessi di ambo le parti contrattuali. Le argomentazioni poste a sostegno della parte motiva della sentenza devono indirizzare il conduttore inadempiente proprio a valutare concretamente la situazione disagevole in essere e a percorrere le migliori soluzioni per la prosecuzione della propria attività, anche e soprattutto mediante un ausilio concertato con il locatore, per non incorrere in comportamenti da censurare. La cosiddetta autoriduzione del canone - ovvero il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita - rivestirebbe i caratteri di un fatto arbitrario e illegittimo del conduttore, dando adito al venire meno di quell'equilibrio sinallagmatico del rapporto contrattuale. Secondo la giurisprudenza di legittimità, però, l'art. 1578 c.c. (“Vizi della cosa locata”) può eventualmente offrire al conduttore la possibilità di domandare all'Autorità giudiziaria la risoluzione del contratto, ovvero una riduzione del corrispettivo, in quanto il potere di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti può essere devoluto solamente al giudice (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2012, n. 10639). Non è prevista invece, la sospensione totale dell'adempimento dell'obbligazione di pagamento del conduttore. La sospensione del pagamento del canone deve, infatti, essere conforme a lealtà e buona fede (Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2008, n. 261); essa sarebbe da ritenersi legittima solamente qualora venisse totalmente a mancare la controprestazione della parte locatrice ma che, invero, è da escludere nel caso in cui il conduttore continui a godere dell'immobile, e al momento in cui gli è chiesto il pagamento del canone, assuma l'inutilizzabilità del bene all'uso convenuto, facendo venir meno la proporzionalità tra le rispettive prestazioni. Pertanto, tornando alla fattispecie indagata, il conduttore potrebbe e dovrebbe improntare la propria condotta al canone della buona fede, chiedendo una riduzione del canone proporzionata all'entità del mancato godimento, in analogia al disposto dell'art. 1584 c.c. ovvero chiedere la risoluzione del contratto (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14739). Nel caso della locazione commerciale, la sospensione del pagamento del canone risponde al criterio di buona fede quando è proporzionale all'inadempimento del locatore, per cui quando il conduttore permane nella detenzione dell'immobile ma in una situazione contraddistinta da un inadempimento inesatto del locatore, la sospensione del pagamento del canone è legittima se parziale, in quanto proporzionale all'altrui mancanza (Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16918). Certo è che, se la valutazione operata dai Tribunali per ogni contratto di locazione sottoposto al loro giudizio deve essere compiuta sulla scorta delle disposizioni normative e dei principi vigenti ed osservati già prima dell'emergenza, è parimenti da segnalare che la situazione di emergenza potrebbe determinare ancora conseguenze a tutto campo, suscettibili anche di future e progressive modificazioni per l'interazione di contingenze impreviste e imprevedibili. Nell'assenza dell'adozione di provvedimenti normativi da parte dei poteri forti, che potrebbero ben indirizzare ed agevolare la risoluzione delle criticità che le emergenze di nuova razione delineano, lo spunto che sembra invece sempre suggerito è che siano le parti a elaborare delle soluzioni in grado di equilibrare - e non sacrificare - le rispettive posizioni di locatore e conduttore nell'interesse di ambo le parti al proficuo mantenimento della locazione in corso. Riferimenti
Guadagno, L'incidenza della difficoltà ad adempiere a causa del Covid-19 sui rapporti contrattuali in corso, tra emergenza e prospettive, in Corr. giur., 2020, fasc. 8-9; Luppino, I canoni di locazione ai tempi del Coronavirus, Rimini, 2020, 11; Natoli, Covid-19 e sorte dei contratti di locazione commerciale durante e dopo il lock down, in Giustiziainsieme.it, 30 settembre 2020; Sodo, Locazioni commerciali: l'emergenza da Covid-19 non giustifica il mancato pagamento del canone, in Diritto.it, 12 gennaio 2022; Tarantino, La locazione ai tempi del coronavirus: possibili soluzioni per la ridefinizione del canone di locazione ad uso commerciale, in Condominioelocazione.it, 3 aprile 2020. |