Punibilità dell'omesso versamento di ritenute, per la Consulta è illegittimo l'art. 10-bis D.lgs. 74/2000

Ciro Santoriello
27 Luglio 2022

La Corte Costituzionale dichiara illegittimo l'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 nella parte in cui punisce l'omesso versamento di ritenute dovute solo sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d'imposta.
Massima

È illegittimo – per eccesso di delega – l'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 nella parte in cui, a seguito delle modifiche introdotte con dal'art. 7, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 158/2015, punisce la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d'imposta, essendosi così introdotto, in assenza di delega del Parlamento, una nuova fattispecie delittuosa che si affianca a quella preesistente relativa all'omesso versamento delle ritenute dovute sulla base dei certificati rilasciati ai sostituti.

Il caso

Il Tribunale di Monza aveva sollevato questione di legittimità costituzionale della disciplina in tema di omesso versamento delle ritenute d'acconto di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 come risultante dopo le modifiche introdotte dall'art. 7, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 158/2015. In particolare, la norma suddetta era denunciata nella parte in cui – a seguito delle modifiche introdotte detto nel 2015 - prevede la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d'imposta.

I parametri costituzionali erano rivenuti negli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., posto che il rimettente riteneva che l'ampliamento della fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute, di cui all'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, operato con il d.lgs. n. 158/2015 non trovasse alcuna copertura nella relativa legge delega (art. 8 legge. n. 23 del 2014). Tale disposizione infatti – secondo il rimettente – avrebbe delegato il Governo alla «revisione del sistema sanzionatorio penale tributario», limitando lo spazio d'azione del legislatore delegato alla mera «possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto conto anche di adeguate soglie di punibilità» e quindi il Governo non avrebbe potuto introdurre una nuova fattispecie penale, prima non prevista, così violando anche il principio di stretta legalità di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.

Le disposizioni censurate violerebbero, poi, anche il principio di uguaglianza e quello di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto sarebbe punito il contribuente che presenti un modello 770 veritiero e ometta di versare le ritenute per un importo superiore alla soglia di euro 150.000, mentre andrebbe esente da pena il sostituto di imposta che, rendendosi ugualmente inadempiente a un debito tributario di pari entità, abbia presentato una dichiarazione infedele, indicando un debito inferiore alla soglia di punibilità

La questione

Il delitto di omesso versamento delle ritenute d'acconto, già previsto dall'art. 2, comma 3 della L. n. 516/1982 – poi abrogato con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 74/2000 che limitato la rilevanza penale delle fattispecie in materia tributaria alle sole condotte caratterizzate da un comportamento fraudolento, richiedendo un quid pluris rispetto al semplice sottrarsi all'obbligazione tributaria, non prevedendo fattispecie incriminatrici concernenti il sostituto di imposta per cui il comportamento consistente nell'omesso versamento delle ritenute è risultato depenalizzato, rimanendo sanzionato sul solo piano amministrativo -, è stato poi nuovamente introdotto all'interno del d.lgs. n. 74/2000 con la legge. n. 311/2004 onde sanzionare il sostituto d'imposta il quale ometta di versare ritenute fiscali per le quali ha rilasciato, al soggetto sostituito, un regolare certificato attestante l'effettuazione della ritenuta fiscali.

Vi sono categorie di soggetti che sono chiamate dal fisco ad assolvere una particolare funzione di riscossione di tributi dovuti da altri soggetti (cfr. art. 64, d.P.R. n. 600/1973); ciò fa sì, quindi, che non sia sempre il soggetto inciso dal tributo a dover materialmente corrispondere lo stesso; per motivi di contrasto dell'evasione fiscale, il legislatore tributario ha ritenuto di prevedere un meccanismo da “agganciare” alla produzione di certi redditi, in forza del quale il soggetto che corrisponde tali redditi provvede a trattenere ab origine una parte degli stessi, versandola a titolo d'acconto sulle imposte che saranno dovute dal percipiente e risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi (ROSSI, Art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 Omesso versamento di ritenute, in Il fisco, 2005, 1793; CAPUTI, Il nuovo delitto di omesso versamento di ritenute certificate, ivi, 2004, 6620; PROFITI, Omesso versamento di ritenute certificate: la “nuova” disciplina del reato del sostituto d'imposta ex art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000, in Rass. trib., 2006, 1207; SOANA, Omesso versamento di ritenute certificate, ivi, 2005, 90).

L'esempio forse più diffuso di tale meccanismo lo si ha con la corresponsione dei redditi da lavoro dipendente, sui quali il datore di lavoro provvede ad operare una ritenuta a titolo d'acconto commisurata ai redditi corrisposti. Di conseguenza, il lavoratore viene a percepire una somma già in qualche modo “al netto” di almeno una parte di quelle che saranno le imposte su di essa dovute, per l'esatta determinazione delle quali si rinvia al momento della redazione della dichiarazione annuale, allorquando avverrà materialmente il versamento della differenza tra quanto dovuto e quanto già versato tramite il meccanismo della ritenuta alla fonte.

Nell'ambito di una tale disciplina, quindi, il sostituto d'imposta deve certificare le ritenute operate, ossia deve rilasciare al soggetto sostituito (ossia a colui che percepisce il reddito soggetto a ritenuta) un certificato dal quale risultino, in estrema sintesi (cfr. art. 4, comma 6-ter d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322):

  • l'ammontare delle somme e dei valori corrisposti;
  • la causale di tali corresponsioni;
  • l'ammontare delle ritenute operate.

Ciò consentirà al sostituito di documentare le ritenute d'acconto subite e, quindi, gli permetterà di detrarre le stesse dall'imposta calcolata in sede di dichiarazione annuale.

La condotta sanzionata è di tipo misto, ossia in parte commissiva ed in parte omissiva: il fatto tipico, invero, si sostanzia nell'omettere di versare (in tutto o in parte) proprio quelle ritenute d'acconto operate e, soprattutto, certificate dal sostituto d'imposta. Ben si comprende, per inciso, l'offensività di una tale condotta: attraverso la certificazione rilasciata dal sostituto, infatti, il sostituito si vedrà riconosciuto un credito d'imposta senza che, a monte, il sostituto abbia versato la ritenuta operata. Così facendo, in sostanza, l'Erario finisce con il non incassare la ritenuta d'acconto, della quale beneficia il sostituto.

Riguardo al momento consumativo, si può rilevare la pacifica natura istantanea del delitto in esame, il quale si perfeziona con lo scadere del termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d'imposta. L'elemento soggettivo della fattispecie è rappresentato dal dolo generico, non essendo richiesto dalla fattispecie il perseguimento di alcuna particolare finalità.

L'originaria versione dell'art. 10-bis in parola prevedeva la sanzione per chiunque non avesse versato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta. Tale disposizione è stata poi ulteriormente modificata dal d.lgs. n. 158/2015 in attuazione della legge delega n. 23 del 2014, prevedendosi la sanzione per chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

Dopo questa modifica si è registrato un contrasto in giurisprudenza, in quanto in alcune decisioni (Cass. Pen., sez. III, 11 gennaio 2013, n. 1443) si è riconosciuto alla dichiarazione annuale del sostituto di imposta valenza probatoria in ordine all'avvenuto rilascio delle certificazioni ai sostituiti, mentre altre pronunce hanno negato che occorresse la prova del rilascio delle certificazioni ai sostituiti da parte del sostituto Cass. Pen., sez. III, 1 ottobre 2014, n. 40526), contrasto risolto dalle sezioni unite che hanno affermato che «con riferimento all'art. 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 158/2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale» (Cass. Pen., sez. un., 1 giugno 2018, n. 24782).

La soluzione giuridica

La Corte Costituzionale fra ritenuto fondata la questione, dichiarando illegittima – per eccesso di delega – l'

art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000

nella parte in cui, a seguito delle modifiche introdotte con dal'

art. 7, comma 1, lettera b), d.lgs. n. 158/2015

. In particolare, prevede la rilevanza penale di omessi versamenti di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione annuale del sostituto d'imposta.

La Consulta evidenzia come la disposizione censurata avesse introdotto una nuova fattispecie di reato che si affianca a quella dell'omesso versamento, alle stesse condizioni, delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, prevedendo come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario: l'omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità (fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d'imposta).

Benché vi sia una contiguità fra le due condotte – di omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità da un lato e delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti dall'altro -, perché concernono pur sempre le stesse ritenute operate dal sostituto, le vicende normative sopra descritte mostrano che si tratta di condotte diverse, le quali hanno avuto un trattamento giuridico nettamente distinto: per lungo tempo, infatti, fino alla depenalizzazione del

d.lgs. n. 74/2000

, due erano state le fattispecie di condotte, penalmente sanzionate dalla norma incriminatrice e ben diverse tra loro ed il cui elemento differenziale era costituito proprio dalle certificazioni delle ritenute rilasciate dal sostituto ai sostituiti (non a caso, infatti, l'art. 2, comma 2, legge n. 516/1982 qualificava come reato contravvenzionale l'omesso versamento delle ritenute dovute in base alla relativa dichiarazione del sostituto, mentre il successivo comma 2 dello stesso articolo qualificava come delitto il medesimo comportamento relativamente alle «ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti»).

La diversità di illeciti era presa in considerazione anche in seguito dal legislatore. Dopo aver depenalizzato entrambe le condotte sopra descritte, nel 2004 veniva nuovamente introdotta la sanzionabilità penale della sola fattispecie in precedenza prevista dal citato art. 2, comma 3, in tema di omesso versamento delle ritenute certificate e non anche quella relativa all'omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto, che è rimasta soggetta solo alle sanzioni amministrative. Il dato testuale della nuova disposizione rispecchiava tale scelta perché, anche nella rubrica dell'art. 10-bis, si faceva riferimento all'«omesso versamento di ritenute certificate» negli stessi termini in cui, in passato, l'art. 2, comma 3, riguardava l'omesso versamento di «ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti». Invece, la condotta già prevista come reato contravvenzionale – quindi meno grave – dal comma 2 dell'art. 2 citato, ma poi depenalizzata dal

d.lgs. n. 74/2000

, continuava ad essere non sanzionata penalmente pur dopo l'introduzione dell'

art. 10-bis nel d.lgs. n. 74/2000

, proprio perché questa nuova fattispecie non prevedeva anche l'ipotesi dell'omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto.

Quindi, determinante al fine della rilevanza penale della condotta omissiva del mancato pagamento delle ritenute era che queste stesse fossero state certificate dal sostituto ai sostituiti, senza che potesse risultare di ostacolo a questa conclusione la presenza in giurisprudenza del menzionato contrasto circa la rilevanza della dichiarazione del sostituto, contenente l'indicazione delle ritenute, di cui, non a caso, non si è mai messa in discussione la natura di elemento costitutivo del delitto in parola.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte Costituzionale conclude nel senso che al momento della delega del 2014, con riferimento alla condotta omissiva del sostituto il reato previsto era solo quello dell'omesso versamento delle ritenute certificate, per effetto del ripristino della sanzione penale di dieci anni prima, mentre la condotta di omesso versamento delle ritenute dovute in base alla dichiarazione del sostituto rimaneva distinta e non sanzionata penalmente, pur costituendo anch'essa un illecito in ragione dell'inadempimento dell'obbligo fiscale, assoggettato a sanzione amministrativa tributaria (presumibilmente tale scelta era giustificata dalla circostanza che il legislatore abbia ritenuto più grave la condotta del sostituto, che mette in circolazione le certificazioni, utilizzabili dai sostituiti per l'assolvimento del loro obbligo tributario, e poi ometteva il versamento delle ritenute certificate). Ciò significa quindi che, in assenza di autorizzazione da parte del Parlamento, il Governo in attuazione della legge delega più volte menzionata ha introdotto una nuova ed ulteriore fattispecie delittuosa, inerente per l'appunto al mancato versamento delle ritenute dovute in base alla sola dichiarazione del sostituto.

La pronuncia si sofferma con attenzione su tale profilo ovvero sulla circostanza che nulla nella

legge delega n. 23 del 2014

facoltizzasse il Governo ad introdurre tale ulteriore fattispecie in tema di omesso versamento delle ritenute d'acconto, ricordando come la delega all'Esecutivo consentisse sì la configurazione di fattispecie penali, ma con riferimento a condotte tipiche di particolare gravità, in relazione a «comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa», circostanze queste che certo non possono riscontrarsi nella condotta di chi non versa le ritenute indicate nella relativa dichiarazione come sostituto d'imposta.

Non solo. Nella legge delega il Governo era invitato a rimodulare le sanzioni ovvero a depenalizzare le violazioni tributarie integranti «fattispecie meno gravi» onde, come si legge nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, «ridurre l'area di intervento della sanzione punitiva per eccellenza – quella penale – ai soli casi connotati da un particolare disvalore giuridico, oltre che etico e sociale, identificati, in particolare, nei comportamenti artificiosi, fraudolenti e simulatori, oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ritenuti insidiosi anche rispetto all'attività di controllo». Di conseguenza, il Governo con riferimento alle condotte in tema di omesso versamento, ben lungi da dar luogo a nuove ipotesi delittuose, era invitato ad intervento «tendenzialmente mitigatore», da attuarsi attraverso l'introduzione di soglie di punibilità al di sotto delle quali «il ricorso a misure sanzionatorie di tipo amministrativo – peraltro già previste dalla legislazione vigente – appare proporzionato alle caratteristiche dell'illecito».

In definitiva, il legislatore delegato ha introdotto nell'art. 10-bis una nuova fattispecie penale (omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto), affiancandola a quella già esistente (omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti), senza essere autorizzato a farlo dalla legge di delega, mentre sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito per poter essere rispettoso anche del principio di stretta legalità in materia penale.

Osservazioni

La correttezza dell'intervento della Corte Costituzionale pare difficilmente contestabile, anche se la decisione in commento non risolve le incongruenze conseguenti alla reintroduzione nel nostro sistema penale del delitto di cui all'art. 10- bis.

Si ricorda infatti che secondo la giurisprudenza civile (Cass. Civ., sez. un., 12 aprile 2019, n. 10378) nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha operato le ritenute, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall'art. 35 del d.P.R. n. 602/1973 è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute. In questa prospettiva il rilascio della relativa certificazione da parte del sostituto sta perdendo quella valenza che in passato consentiva di identificare una fattispecie più grave, sanzionata penalmente, rispetto a una meno grave, sanzionata solo in via amministrativa, e di conseguenza l'attuale sistema sanzionatorio in tema di omesso versamento delle ritenute d'acconto, come risultante dalla pronuncia in esame, si presenta privo di coerenza.

Quanto ruolo che nel delitto di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 svolge il rilascio delle certificazioni al sostituito alcune decisioni parlano di presupposto del reato (Cass., sez. III, 6 marzo 2014, n. 20778), altre invece di elemento costitutivo dello stesso (Cass. Sez. III, 12 giugno 2013, n. 33187; Cass., sez. III, 27 marzo 2014, n. 19454).

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