Transfer Pricing ed esame di comparabilità. «In fuorigioco» l'utilizzo della mediana

04 Agosto 2022

L'utilizzo di strumenti statistici, come la mediana, volta a valorizzare la tendenza centrale della distribuzione dei valori, è illegittimo qualora ogni punto dell'intervallo ottenuto in esito all'analisi svolta risulta conforme al principio di libera concorrenza. Così si pronuncia la Commissione tributaria regionale per la Lombardia con la sentenza n. 2945 del 12 luglio 2022.
Massima

L'utilizzo di strumenti statistici, come la mediana, volta a valorizzare la tendenza centrale della distribuzione dei valori, è illegittimo qualora ogni punto dell'intervallo ottenuto in esito all'analisi svolta risulta conforme al principio di libera concorrenza.

Il caso

La controversia concerneva due avvisi di accertamento notificati dall'Agenzia delle Entrate ad una società in esito ad un'attività di controllo diretta all'esame delle transazioni infragruppo poste in essere dalla stessa al fine di verificare e, eventualmente, rideterminare i prezzi di trasferimento praticati nei rapporti commerciali nei confronti delle consociate in base al principio del cd «arm's lenght», ossia il principio di libera concorrenza stabilito dalle Linee Guida dell'OCSE, secondo il quale il prezzo equo applicabile nelle transazioni infragruppo è quello che sarebbe stato pattuito per transazioni similari poste in essere da imprese indipendenti.

Avendo la società predisposto la documentazione richiesta dalla disciplina di riferimento (Masterfile e Documentazione Nazionale) l'Ufficio riconosceva la disapplicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione.

La società, pertanto, impugnava gli avvisi di accertamento in questione eccependo, fra l'altro, il fatto che l'Ufficio avesse, inopinatamente, contestato il campione di soggetti utilizzato in sede di analisi del prezzo di trasferimento senza fornire alcuna dimostrazione che i "comparabili" scelti non erano corretti e ricorrere, poi, ad un elenco di "comparabili" alternativi senza giustificare, in alcun modo, le scelte operate.

In sostanza, la società lamentava che il campione di comparabili selezionato dall'Ufficio rispondesse alle logiche del cosiddetto "cherry picking" che si sostanzia nella ricerca, del tutto arbitraria, di dati e informazioni finalizzata a sostenere una propria una tesi. In definitiva l'Ufficio, secondo la difesa della ricorrente, aveva selezionato i "comparabili" per ottenere un "range" di valori tesi a massimizzare il risultato in termini di conseguente pretesa fiscale. La società, inoltre, contestava l'illegittimo utilizzo da parte dell'Amministrazione del valore della "mediana" sebbene il margine dei profitti, risultante dall'analisi dei "comparabili", si collocasse all'interno del "range" dei valori ottenuti.

Veniva, sul punto, richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale che, nel rigettare il modus operandi che vedeva gli Uffici operare rettifiche riferendosi direttamente al valore mediano, ha affermato il principio secondo il quale «qualsiasi punto compreso tra il valore minimo ed il valore massimo dell'intervallo dei valori risultante dall'analisi doveva ritenersi conforme all'arm's lenght principle».

Su quest' ultima eccezione, l'Ufficio replicava che, non essendo stati evidenziati particolarità in termini di profili funzionali e di rischi, non si ravvisava alcun motivo per applicare un valore diverso dalla mediana che rappresentava il dato più attendibile attesa l'intrinseca approssimazione che caratterizza il processo di selezione dei soggetti comparabili.

La questione

I giudici di prime cure decidevano per il rigetto del ricorso e di tutte le eccezioni proposte dalla contribuente; in particolare, con riferimento al motivo di impugnazione circa l'illegittimo utilizzo da parte dell'Ufficio del valore della "mediana", sebbene il margine dei profitti si fosse collocato all'interno del "range" dei valori tutti espressivi del valore di mercato delle operazioni comparate, la Ctp, considerato che il margine di utile netto della società, così come risultava dall'analisi economica, esprimeva un valore ritenuto non adeguato in quanto non ricompreso nell'intervallo interquartile dei margini netti delle società comparabili, affermava la correttezza dell'operato dell'Ufficio che ne aveva «normalizzato la redditività in corrispondenza del valore mediano dell'intervallo».

La soluzione giuridica

I giudici “del riesame” decidono di sovvertire l'esito della controversia a favore della parte privata appellante.

Preliminarmente, la CTR condivide l'operato del Primo Giudice nel ritenere destituita di fondamento l'eccezione sollevata dalla società in ordine alla ridefinizione del "set dei comparabili" operata dall'Ufficio che, come asserito dalla società nel ricorso introduttivo e ribadito nell'atto di appello, aveva selezionato i "comparabili" per ottenere un "range" di valori teso a massimizzare il risultato in termini di conseguente pretesa fiscale e, soprattutto senza giustificare, in alcun modo, le scelte operate.

In tal senso, ne viene condiviso il decisum in quanto, a fronte di ciascuna modifica apportata, la motivazione degli avvisi di accertamento recava una puntuale illustrazione delle ragioni per cui i criteri selezionati dalla ricorrente per la formazione del "set dei comparabili" non erano ritenuti dall'Ufficio conformi ed adatti ad individuare dei soggetti che rispecchiassero i requisiti di comparabilità. I giudici di seconde cure, tuttavia, non condividono l'affermazione della Ctp sulla correttezza dell'operato dell'Amministrazione che aveva normalizzato la redditività della società in corrispondenza del valore mediano dell'intervallo dei valori risultante dall'analisi economica svolta. L'Ufficio, osserva il Collegio, dopo aver correttamente operato sia con riguardo alla scelta del metodo di controllo, sia con riguardo alla individuazione delle basi di calcolo da utilizzare, aveva determinato i margini netti di una serie di operazioni ugualmente comparabili rispetto a quella da testare; ottenuto tale "range" di valori, tutti espressivi del valore di mercato delle operazioni comparate, sceglieva un posizionamento su un valore statistico e, in particolare, il valore mediano della distribuzione dei valori.

A tal proposito, i giudici ambrosiani precisano che, in statistica, la mediana rappresenta il valore che occupa il posto centrale in una distribuzione statistica di frequenza i cui valori sono disposti in ordine crescente; tale valore divide a metà la distribuzione, sicché l'insieme dei valori è per metà minore e per metà maggiore. La scelta operata dall'Ufficio, secondo il Collegio, si pone in contrasto con quanto previsto dalla disciplina domestica che, a propria volta, si pone in linea con le indicazioni fornite dall'OCSE con le proprie Linee Guida che al Capitolo III, A.7.1 par. 3.55, prevedono, nel presupposto che "la determinazione dei prezzi di trasferimento non è una scienza esatta", che il più delle volte l'applicazione del metodo adottato abbia, come risultato, un intervallo di valori tutti relativamente affidabili e che quindi, possono considerarsi tutti ugualmente espressivi del valore di mercato della transazione. Peraltro l'Ufficio, non certo adottando strategie "cherry picking", aveva agito in linea con le indicazioni contenute nel successivo par. 3.56 del Capitolo III delle Linee Guida, al fine di migliorare il livello di comparabilità del "set dei comparabili" e conferire all'analisi il più elevato grado di affidabilità, operando l'esclusione di sei soggetti ritenuti non "comparabili" e l'inclusione di diciassette soggetti che denotavano un elevato grado di comparabilità. In definitiva, chiosano gli interpreti, «la disponibilità di una gamma di valori caratterizzati da un adeguato grado di affidabilità assicurava che qualsiasi punto dell'intervallo ottenuto rispondesse al principio di libera concorrenza».

Lo stesso D.M. 14/5/2018 al comma 1 dell'art. 6 stabilisce che "Si considera conforme al principio di libera concorrenza l'intervallo di valori risultante dall'indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato ai sensi dell'art. 4, qualora gli stessi siano riferibili a un numero di operazioni non controllate, ognuna delle quali risulti parimente comparabile all'operazione controllata" e precisa al comma successivo che "Un'operazione controllata, o un insieme di operazioni controllate aggregate in base all'art. 5, si considerano realizzati in conformità al principio di libera concorrenza, qualora il relativo indicatore finanziario sia compreso nell'intervallo di cui al comma 1 del presente articolo".

È pur vero che le Linee Guida dell'OCSE, al par. 3.57 A.7 del Cap. 3, ammettono l'utilizzo di strumenti statistici, come la mediana, volta a valorizzare la tendenza centrale della distribuzione dei valori, ma solo laddove, "dopo essersi sforzati di escludere i punti che presentano un livello inferiore di comparabilità" permangano difetti che "non possono essere identificati e/o quantificati e che non sono quindi rettificati" al fine di, come indicato al successivo par. 3.62, "minimizzare i rischi di errori dovuti ai difetti di comparabilità non identificati o non quantificabili". Pertanto, come già evidenziato, l'Ufficio, nella fase istruttoria, aveva ben individuati i difetti di comparabilità ponendovi adeguato rimedio. In conclusione, la CTR non ravvisa alcun valido motivo che potesse aver legittimato l'Ufficio nell'utilizzo dello strumento statistico della mediana, ma non perché trattasi di un criterio che la società appellante aveva definito "obsoleto orientamento dell'Amministrazione finanziaria" bensì in quanto, nel caso di specie, ogni punto dell'intervallo ottenuto in esito all'analisi svolta risultava conforme al principio di libera concorrenza.

Osservazioni

Recenti precedenti giurisprudenziali in tema di “comparables”:

  • la CTR per la Lombardia (sentenza n. 505 del 15 febbraio 2022) ha recentemente annullato una rettifica dell'Amministrazione finanziaria per errata valutazione sulla normalità dei prezzi di trasferimento qualora il campione dei soggetti comparabili dalla stessa prescelto non sia adeguato al contribuente accertato. Nel caso di specie, l'inadeguatezza del campione scelta veniva ritenuta dai giudici inadeguata perché comprendeva società che non svolgevano, nella maggioranza dei casi, né l'attività di agente né di distributore. Al contrario, la società verificata aveva dimostrato, mediante la produzione in giudizio della documentazione sui prezzi di trasferimento, che la propria attività principale era quella di «distributore con rischio limitato»; in tale documentazione era stata effettuata una dettagliata analisi delle transazioni ed individuata la scelta del metodo appropriato per la determinazione del prezzo di trasferimento, in conformità alle linee guida dell'OCSE e la scelta del metodo TNMM (Transactional Net Margin Method) era stata anche condivisa dall'Ufficio;
  • la CTR Lombardia (sentenza n. 392/2021) convalidava l'operato dell'Amministrazione finanziaria che aveva considerato inattendibile l'analisi di benchmark effettuato dalla società verificata che nella Documentazione Nazionale veniva caratterizzata come semplice distributore. In particolare, i giudici consideravano provato dall'Ufficio il profilo della società quale «distributor market abnormal» e non quale mero «distributor». Secondo la CTR, risultava decisivo quanto scritto dalla stessa contribuente in corrispondenza delle singole voci del paragrafo denominato "fattori chiave della reddittività" e, in particolare, in relazione alla voce "efficacia del marketing" del Documento Nazionale in cui si leggeva che il marketing aveva un ruolo di primaria importanza per una società produttrice di prodotti per la cura orale e che l'obiettivo doveva essere quello di potenziare il proprio marchio a livello globale, palese sintomo del suo profilo funzionale in relazione all'attività di marketing. Altresì significativi per i giudici ulteriori elementi che erano emersi in sede di processo verbale di contraddittorio in cui la società aveva evidenziato: I) sconti e contributi alla clientela; II) rapporti con la Grande distribuzione regolati da specifici accordi disciplinanti premi, sconti e contributi legati al fatturato o a specifiche attività promozionali (l'esposizione dei prodotti sugli scaffali, l'inserimento dei prodotti nei volantini, gli extrasconti alla clientela); III) rapporti con farmacie e studi dentistici gestiti attraverso agenti indipendenti operanti nel territorio (come risultava dai prospetti di provvigione pagate nel triennio e dai relativi contratti). Peraltro, nella Documentazione Nazionale era anche indicato esplicitamente che la società assumeva la maggior parte del rischio di mercato, il rischio di credito del cliente, il rischio di responsabilità da prodotto e il rischio di magazzino. Tutti elementi che, secondo gli interpreti, convergevano, in modo univoco, verso l'attribuzione alla società della qualifica di «distributore avente anche funzione di marketing», con le relative conseguenze in tema di transfer pricing;
  • la CTR per la Lombardia (sentenza n. 546/2021), nell'annullare una rettifica TP basata dall'Amministrazione finanziaria sull'applicazione del metodo tradizionale CUP, affermava che l'esame di comparabilità dei prezzi deve anche tener conto della coerenza degli sconti alla clientela. Un'analisi di transfer pricing, affermavano i giudici ambrosiani, non può prescindere, nel rispetto delle Guidelines OCSE, dall'apportare un correttivo alle transazioni che consenta di tener conto delle diverse quantità fornite a due soggetti e di rendere le grandezze raffrontabili. In tal senso, osservavano i giudici, un'impresa ha il diritto di concedere ai suoi clienti sconti quantitativi che dipendono solo dal volume degli acquisti effettuati presso di essa; tali “sconti quantità” sono collegati con i volumi di acquisto in quanto giustificati dai risparmi che l'impresa realizza in considerazione degli acquisti garantiti dal cliente. L'aspetto essenziale del transfer pricing, infatti, non riguarda la giustificazione del minor prezzo dal punto di vista economico, ma se gli sconti possono ritenersi giustificati dal punto di vista fiscale ovvero se rispondono al principio di libera concorrenza;
  • La CTR per la Lombardia (sentenza n. 2319/2020) sottolineava l'attenzione, in tema di onere della prova, che il giudice tributario deve porre in materia di rettifiche da transfer pricing nel sindacare la legittimità degli atti impositivi, costituenti il risultato dall'attività accertativa, tenendo necessariamente conto della logicità e della razionalità delle valutazioni espresse dall'Amministrazione in rapporto alla libertà di ogni impresa di organizzare autonomamente i propri fattori produttivi e la loro remunerazione, anche attraverso la libera circolazione dei capitali fra imprese del medesimo gruppo. Occorre pertanto, puntualizzavano i giudici, che sia compiuta un'attenta analisi sul grado di comparabilità delle transazioni che, per essere comparabili, devono presentare un certo grado di affinità sotto il profilo dei beni e servizi scambiati, delle situazioni di mercato, delle condizioni contrattuali. In ogni caso, affermava la CTR, l'onere della prova circa la non correttezza dei prezzi di trasferimento applicati grava sulla Amministrazione Finanziaria che intende operare la rettifica. Secondo la Ctr, la società ricorrente aveva correttamente operato nella scelta dei comparables nel solco delle Linee Guida OCSE mentre la diversa composizione adottata dall'Ufficio aveva ottenuto l'effetto di cambiare il range di collocazione della ricorrente nello studio di comparabilità fondandosi su una presunta rivalutazione del marchio dell'intero gruppo e presumendo una rilevante incidenza dell'attività sportiva su quella svolta dalla ricorrente (“non affatto dimostrata”). I giudici decidevano, quindi, di confermare l'annullamento degli avvisi di accertamento opposti in quanto l'Ufficio si era basato “unicamente su valutazioni a forte grado di discrezionalità e non su effettive e dimostrate valutazioni di norme tributarie; tali valutazioni, pertanto, non potevano essere considerate attendibili mancando elementi probanti riferiti alle ragioni determinanti la scelta di una diversa tabella di composizione (comparables) tali da condurre a ritenerla arbitraria e prodromica di un mutamento sostanziale degli esiti della determinazione del range in funzione della massimizzazione del risultato in termini di conseguente pretesa fiscale»;
  • La CTP di Milano (sent. 4698 del 7 novembre 2019) annullava la rettifica dell'Amministrazione finanziaria, fondata sull'analisi dei prezzi di trasferimento e condotta tramite il c.d. metodo TNMM (Transaction Net Margin Metod), per vizi inerenti il criterio di selezione delle società comparabili ritenuto inadeguato poiché appiattito su un codice di attività (ATECO) “residuale” ed in quanto tale utilizzato da una pluralità di soggetti dalle attività più disparate, a nulla rilevando che le aziende comparate fossero state individuate dal noto database Aida edito dal Bureau Van Dijck.

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