L'istituto di vigilanza che tutela le parti comuni risponde dei furti avvenuti negli esercizi commerciali in condominio?
05 Agosto 2022
Massima
Non è configurabile un obbligo del condominio di proteggere con il sistema d'allarme tutti gli immobili in esso inseriti, essendo suo compito la gestione e l'amministrazione delle parti di uso comune e non degli accessi dei singoli immobili. Ne consegue che l'assenza di un obbligo dell'ente di conformare le parti comuni alle esigenze proprie dei singoli condomini esclude che le parti comuni stesse per loro caratteristiche, cioè in quanto prive di sensori in ogni punto, siano inserite nel dinamismo causale costituito dalla condotta assunta dagli autori del furto, qualificandosi quelle parti soltanto come teatro dell'evento ma estranee alla loro verificazione. Il caso
L'esercizio commerciale adibito a tabaccheria giornali, collocato all'interno del condominio, e in particolare nell'ambito del centro commerciale, era stato oggetto di due furti con un danno complessivo di circa 26 mila euro. Rappresentava l'attore che, dopo il primo furto, aveva chiesto l'installazione dei sensori nell'area prospiciente il proprio esercizio; tuttavia, l'istituto non vi aveva provveduto favorendo così la consumazione del secondo furto. A causa di ciò, l'attore non aveva ottenuto alcun indennizzo dalla propria compagnia assicuratrice essendo la polizza subordinata alla presenza di un sistema d'allarme. Per le ragioni esposte, Tizio (conduttore), in qualità di titolare della tabaccheria giornali, citava in giudizio l'istituto di vigilanza ex art. 2043 c.c. e il condominio ex artt. 2051 e 2049 c.c. chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni subìti. Infine, l'attore precisava che nelle spese condominiali era compresa la quota per il servizio di sorveglianza affidato contrattualmente dal condominio all'istituto convenuto. Costituendosi in giudizio, l'istituto di vigilanza rappresentava che i contratti erano stati conclusi con il condominio e che i sensori collegati alla centrale erano stati collocati nei termini richiesti dal condominio contraente; il condominio, infine, eccepiva che era estraneo alla questione relativa al contratto di locazione.
La questione
La questione in esame è la seguente: il condominio e l'istituto di vigilanza sono responsabili dei furti avvenuti negli esercizi commerciali collocati all'interno del condominio? Le soluzioni giuridiche
A seguito dell'istruttoria di causa, era emerso che entrambi i delitti erano stati commessi nel luglio 2016, periodo in cui gli autori si erano introdotti nel centro commerciale attraverso un'apertura del tetto ottenuta, previa rimozione di una lastra di vetro, e poi forzando la porta della tabaccheria. In occasione dei furti, l'allarme del centro commerciale non si era attivato perché l'area del negozio non aveva la copertura del sistema. Oltre a ciò, era emerso che al momento dei furti l'impianto era regolarmente in funzione ma i sensori erano installati soltanto nei corridoi di passaggio della galleria ma non presso tutti gli esercizi commerciali presenti nel centro, e non vi erano sensori né sul lucernario dal quale si erano introdotti gli autori del furto, né in corrispondenza della tabaccheria dell'attore. In sintesi, dalla ricostruzione dei fatti, erano emerso due aspetti importanti: l'accesso al centro era avvenuto tramite il lucernario; non erano stati installati i sensori d'allarme né all'esterno dell'edificio e in prossimità del lucernario, né nell'area di pertinenza dell'esercizio oggetto dei due furti. Alla luce delle considerazioni esposte, il giudice ha analizzato le diverse questioni risarcitorie. a) La responsabilità aquiliana In tema, il giudicante ha ritenuto di escludere la responsabilità ex art. 2043 c.c. dell'istituto di vigilanza. Invero, in tal vicenda, il contratto di vigilanza era stato concluso tra il condominio e l'istituto convenuto, sicché l'impianto d'allarme era stato conformato, e i sensori installati, sulla base delle esigenze del contraente, cioè il condominio (tutela delle parti comuni). Era quindi evidente che al suddetto rapporto negoziale era estraneo l'attore, il quale non era proprietario dell'immobile inserito nel condominio, ed aveva acquisito la disponibilità dell'immobile con contratto di locazione nel 2013, quando i contratti erano già stati conclusi tra le parti. Di conseguenza era da escludersi una qualche responsabilità aquiliana dell'istituto di vigilanza nella predisposizione dell'impianto, essendo a questo inconferenti le esigenze proprie dell'attore che non era la parte contraente. In più, l'impianto era funzionante, e non erano state dedotte anomalie nel servizio di vigilanza non continuativo cui si era impegnato l'istituto, pertanto anche sotto questo profilo non era rinvenibile una qualche responsabilità verso terzi della società. b) La responsabilità dei padroni e dei committenti L'assenza di una condotta illecita dell'istituto in relazione ai suoi obblighi contrattuali, così da configurare la fattispecie ex art. 2043 c.c., rendeva risolutivamente inconferente il richiamo per una responsabilità del condominio ai sensi dell'art. 2049 c.c. Invero, ad avviso del giudicante, non era configurabile un obbligo del condominio di proteggere con il sistema d'allarme tutti gli immobili in esso inseriti, essendo suo compito la gestione e amministrazione delle parti di uso comune e non degli accessi dei singoli immobili, tant'è che alcuni esercizi commerciali presenti nell'immobile avevano concluso contratti per la vigilanza del proprio esercizio. Pertanto, la scelta delle parti negoziali, in sede di conclusione dei contratti, dei punti di installazione dei sensori era stata adottata nell'àmbito dei compiti propri del condominio, e limitatamente a quei compiti, non poteva valutarsi in relazione alle esigenze di tutela dei singoli esercizi commerciali. Per meglio dire, secondo questo ragionamento, l'insussistenza di un siffatto obbligo escludeva la rilevanza causale dell'omissione lamentata rispetto all'evento lesivo (furto), e non rilevava il fatto che, all'esito del primo furto, l'attore avesse manifestato la volontà dell'installazione di sensori a protezione della propria porta d'accesso, atteso che, in ogni caso, quell'installazione transitava per un accordo negoziale tra l'attore medesimo ed un qualsiasi istituto di vigilanza. c) La responsabilità da custodia Infine, il Tribunale di Brescia ha escluso anche la responsabilità del condominio ai sensi dell'art. 2051 c.c. Difatti, secondo il ragionamento del giudice, l'assenza di un obbligo dell'ente di conformare le parti comuni alle esigenze proprie dei singoli condomini “escludeva” che le parti comuni stesse per loro caratteristiche, cioè in quanto prive di sensori in ogni punto, si erano inserite nel dinamismo causale costituito dalla condotta assunta dagli autori dei reati, qualificandosi quelle parti soltanto come teatro dell'evento ma estranee alla loro verificazione. A tal proposito, si legge nel provvedimento in commento che “l'assunto di parte attrice non è di una pericolosità intrinseca delle parti comuni o di beni del condominio, e tale da avere prodotto il danno lamentato, bensì di una pericolosità conseguente all'omessa installazione dei sensori d'allarme su talune delle parti comuni (area relativa all'esercizio dell'attore, lucernario), laddove questa asserita pericolosità è pur sempre consequenziale alla descritta omissione di condotta per la quale non vi era - per come già detto - alcun obbligo del condominio, ciò che esclude anche questa ipotesi di responsabilità extracontrattuale”. In conclusione, alla stregua di tutte le argomentazioni, la domanda risarcitoria proposta da Tizio è stata respinta. Osservazioni
La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito ai servizi di vigilanza esterna al condominio. In argomento, giova ricordare che i servizi di vigilanza privata hanno l'obiettivo di tutelare e proteggere i beni e/o enti pubblici o privati e includono i servizi di monitoraggio e intervento su allarme, pattugliamento e piantonamento. Il monitoraggio allarme è un servizio applicabile a tutte le tipologie di clienti, dalle grandi aziende ed enti pubblici a negozi e privati. Premesso quanto innanzi esposto, occorre evidenziare alcune differenze sollevate in giurisprudenza e, in particolare, le dovute riflessioni sul caso in commento.
Il servizio di vigilanza in condominio diurna o notturna, quando è reso nell'interesse comune dei condomini (e, quindi, anche per la tutela delle parti comuni dell'edificio), non è analogo a quello di portierato. Difatti, il servizio di portierato è ontologicamente differente da un'attività di vigilanza, ben potendo essere reso da soggetti privi dell'autorizzazione di polizia (Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2012, n. 5405). A sua volta, ciò che qualifica un determinato servizio come vigilanza, è la salvaguardia di beni, e quindi un'attività svolta, in via mediata, a contribuire alla preservazione dell'ordine e della sicurezza pubblica, assimilabile a quella posta in essere dagli appartenenti alle forze di polizia, e distinta, per tale ragione, da quella di portierato, che si caratterizza invece per essere destinata a garantire l'ordinata utilizzazione dell'immobile da parte dei fruitori, senza che vengano in alcun modo in rilevo, se non in via del tutto mediata ed indiretta, finalità di prevenzione e sicurezza (T.A.R. Lombardia, sez. IV, 30 novembre 2016, n. 2276). Invero, secondo i giudici amministrativi, ciò che contraddistingue l'attività di portierato dal servizio di sorveglianza è il diretto e stabile rapporto della persona che la svolge con l'amministrazione degli immobili cui la stessa viene adibita, mentre il servizio di sorveglianza dei beni, svolto professionalmente da privati con l'utilizzazione di personale munito di divisa e di tesserino di identificazione, di locali e di mezzi, costituendo per sua natura attività integrativa di quella svolta dalle forze di polizia, va ricondotto nell'ambito dell'attività di vigilanza (T.A.R. Lombardia, sez. III, 26 maggio 2010, n. 1674).
In proposito, i giudici di legittimità hanno evidenziato che in tema di condominio degli edifici, la delibera istitutiva di un servizio di vigilanza armata, per la tutela dell'incolumità dei partecipanti, è rivolta a perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e, quindi, non è riconducibile nella attribuzione dell'assemblea (art. 1135 c.c.). Ne deriva che tale delibera, ancorché presa a maggioranza, non opera nei confronti dei condomini assenti all'assemblea e non può essere fatta valere per una ripartizione della relativa spesa anche a loro carico (Cass. civ., sez. Il, 20 aprile 1993, n. 4631). Anche i giudici di merito hanno sostenuto che la delibera condominiale istitutiva di un servizio di guardiania notturna, in quanto assunta a tutela soprattutto dell'incolumità fisica dei partecipanti al condominio, quindi al fine di perseguire finalità estranee alla conservazione e gestione delle cose comuni, e perciò non riconducibili alle attribuzioni dell'assemblea ex art. 1135 c.c., ancorché presa a maggioranza, risulta affetta dal vizio di incompetenza assoluta, da cui la nullità della delibera stessa (Trib. Napoli 26 gennaio 1996).
Su tale aspetto, invece, i giudici hanno evidenziato che, in tal caso, rientra tra i poteri dell'assemblea condominiale l'istituzione del servizio di guardiania notturna. Invero, l'istituzione di un servizio di guardiania notturna, destinato ad assicurare continuità, in determinati periodi dell'anno, ovvero in alcuni giorni della settimana, al servizio di vigilanza di norma assicurato dal portiere, rientra tra le attribuzioni assembleari ex art. 1135 c.c., essendo finalizzato alla conservazione e gestione delle cose comuni. Quanto all'approvazione della relativa delibera, occorre fare riferimento al comma 4 dell'art. 1136 c.c. che, con riferimento agli atti di straordinaria amministrazione lato sensu, individua il quorum, necessario nella maggioranza degli intervenuti e nella metà del valore dell'edificio (Trib. Napoli 21 marzo 2000). Quanto alla ripartizione delle spese, in tema di tutela delle parti comuni, le spese di vigilanza e sorveglianza, qualora rese sia nell'interesse degli esercizi commerciali che dell'unità residenziali, vanno ripartite fra tutti i condomini alla stregua del criterio dettato dall'art. 1123, comma 1, c.c. L'applicabilità di tale disposizione può essere legittimamente negata solo se risulti una contraria convenzione, ovvero se si accerti che il servizio, per particolari situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso nell'interesse di tutti i condomini (Trib. Bergamo 29 giugno 2017, n. 1801).
Anche in tema di supercondominio, secondo i giudici, nulla vieta al singolo condominio di disporre un servizio di vigilanza, ritenendolo di proprio interesse, in quanto finalizzato ad un migliore godimento della cosa comune, a condizione di accollarsene le spese e di non alterare la destinazione dei beni comuni, come argomentabile ai sensi dell'art. 1102 c.c. (Trib. Perugia 19 maggio 2020, n. 602).
Nella vicenda in esame, il contratto stipulato tra il condominio e l'istituto di vigilanza riguardava la tutela e sicurezza di beni comuni. Difatti, i servizi pattuiti comprendevano il controllo esterno dell'edificio in corrispondenza dei tre accessi del centro commerciale e il servizio di apertura e chiusura del centro. Dopo il primo furto, il tecnico dell'istituto si era recato presso il centro su richiesta dell'amministratore del condominio per visionare le immagini, accertando, in detta occasione che l'area coinvolta dalla consumazione del delitto non era interessata dalla sorveglianza dell'istituto. Quindi, correttamente, il giudicante aveva escluso che la responsabilità dell'istituto di vigilanza a fronte del corretto adempimento dei contratti summenzionati in relazione ai servizi pattuiti. Allo stesso modo gli aspetti della locazione erano stati ritenuti irrilevanti ai fini della decisione, atteso che si trattava di profili inerenti detto contratto di locazione al quale il condominio era estraneo, e perciò non era possibile assicurare alcunché ai fini del perfezionamento dell'accordo tra locatore e conduttore. Del resto, non era emersa alcuna prova che l'attore era stato indotto alla sottoscrizione del contratto di locazione per le assicurazioni ricevute dal condominio sulla copertura con i sensori anche dell'area prospiciente la tabaccheria.
Nonostante l'analisi in esame, a parere di chi scrive, l'attore, sùbito dopo il primo furto, doveva attivarsi diversamente. Invero, accertato che i sensori non coprivano la zona di competenza dell'esercizio commerciale, poteva contestare il problema della sicurezza al locatore, oppure installare a proprie spese un sistema di videosorveglianza. Per meglio dire, in merito al primo aspetto, malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell'uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell'edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sull'entità immobiliare locata, ancorché in un àmbito in parte diverso da quello in cui si esplica il potere di custodia del conduttore, con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti. Grava, pertanto, sul proprietario, quale custode dei beni e degli impianti condominiali, la responsabilità per i danni subiti da terzi (nel novero dei quali vanno ricompresi anche i conduttori di appartamenti siti nell'edificio) dai detti beni e impianti (Trib. Milano 15 ottobre 2012, n. 11133). Quanto al secondo profilo, invece, in altro precedente, i giudici hanno ammesso le telecamere a vigilanza di un locale commerciale senza l'autorizzazione del condominio. Difatti, è legittima e non lede la normativa dettata in materia di protezione dei dati personali, né i diritti fondamentali dei condomini, l'installazione di telecamere di tipo fisso puntate in posizione parallela alla facciata, sugli ingressi delle botteghe, senza allargare la visione a spazi distanti. In tale circostanza, la Corte d'Appello ha accolto il gravame proposto, dichiarando il diritto degli appellanti di installare e mantenere le due telecamere poste a vigilanza delle botteghe senza l'autorizzazione del condominio ritenendo, nella specie, che non poteva trovare applicazione l'art. 1122-ter c.c., non trattandosi di un impianto di videosorveglianza condominiale, posto a salvaguardia di parti comuni, bensì di proprietà esclusiva, posto a tutela di beni del singolo condomino (App. Catania 15 febbraio 2022, n. 317: nella fattispecie in esame, inoltre, l'uso del bene comune fatta dagli appellanti non altera affatto la destinazione del bene, né compromette il diritto al pari uso da parte dei comproprietari, né della facciata né dell'andito condominiale frontistante le botteghe, e rispetta la proprietà esclusiva. In definitiva, con le dovute precauzioni, probabilmente, sarebbe stato evitato il secondo furto e, di conseguenza, la perdita del risarcimento da parte della compagnia assicurativa essendo la polizza subordinata alla presenza di un sistema d'allarme. Riferimenti
Mascia, Ammesse le telecamere a vigilanza di un locale commerciale senza l'autorizzazione del condominio in Condominioelocazione.it, 24 giugno 2022; Tarantino, Sistemi di videosorveglianza in condominio, in Condominioelocazione.it, 15 ottobre 2020; Celeste, Videosorveglianza, in Condominioelocazione.it, 13 settembre 2017; De Gioia - Dogliotti, Il condominio, Milano, 2011, 760. |