Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: udienza preliminare e processo in assenza

Renato Bricchetti
24 Gennaio 2023

Approfondimento su processo in assenza dell'imputato e udienza preliminare, aggiornato al d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni nella l. n. 199/2022 (che ha introdotto modifiche a talune previsioni transitorie della riforma Cartabia penale).
Il processo in assenza dell'imputato

a) Con la l. 28 aprile 2014 n. 67 il trinomio presenza – contumacia – assenza ha lasciato il posto al binomio presenza – assenza.

Fuori dei casi in cui era legittimo procedere anche in assenza dell'imputato, l'assenza portava alla sospensione del procedimento e della prescrizione del reato.

La legge n. 67 intervenne sostituendo o modificando gli artt. 175, comma 2, 419, comma 1, 420-bis, 420-quater, 420-quinquies, 489, comma 2, 490, 513, comma 1, 520, comma 1, 548, comma 3, 585, comma 2, lett. d), 603, comma 4, 604 (inserendo il comma 5-bis), 623, comma 1, lett. b), e inserendo l'art. 625-ter e l'art. 143-bis disp. att. c.p.p.

La nuova disciplina era stata collocata nell'udienza preliminare ma attraverso rinvii si applicava nella fase degli atti introduttivi al dibattimento e irradiava effetti nell'istruzione dibattimentale del processo di primo grado, sulla disciplina del deposito della sentenza e dei termini per l'impugnazione, sulla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale e sulle questioni di nullità nel giudizio di appello, sulla disciplina dell'annullamento con rinvio nel giudizio di cassazione; restituzione nei termini per impugnare e il nuovo istituto della rescissione del giudicato completavano il quadro.

In estrema sintesi:

  • il processo poteva essere celebrato in assenza dell'imputato purché questi avesse rinunciato a presenziarvi in forma espressa (la forma diretta di esteriorizzazione del volere poteva essere scritta o verbale, nonché rebus ipsis et factis) o tacita (indiretta), desumibile cioè da un contegno significativo dell'imputato (che poteva essere anche il silenzio);
  • la volontà di non partecipare al processo poteva essere dedotta dal fatto che egli fosse stato effettivamente informato della data dell'udienza ovvero dalla prova che egli avesse in precedenza conseguito conoscenza dell'esistenza del procedimento penale a suo carico. La prova poteva fondarsi su una serie di indicatori ritenuti dalla legge sintomatici dell'acquisita conoscenza dell'esistenza del procedimento (pregressa applicazione di misure precautelari o cautelari, elezione o dichiarazione di domicilio, nomina di un difensore di fiducia) ovvero poteva essere ricavata da qualsiasi altra circostanza, purché idonea a rivelare con certezza che l'imputato fosse consapevole che si procedeva nei suoi confronti); in difetto di tali condizioni, il giudice, rilevata l'assenza dell'imputato, doveva disporre la notificazione dell'avviso dell'udienza a mani proprie del medesimo e, se il tentativo falliva, procedere alla sospensione del processo.

Con le nuove disposizioni, il legislatore aveva inteso adeguarsi alla giurisprudenza della Corte EDU. Benché l'art. 6 CEDU – al contrario dell'art. 14 § 3, lett. d) del Patto internazionale sui diritti civili e politici - non menzioni espressamente il diritto dell'imputato a partecipare all'udienza e al processo, la Corte EDU aveva costantemente ritenuto che tale diritto fosse implicitamente tutelato dalla anzidetta disposizione a seguito del riconoscimento allo stesso imputato di ulteriori diritti il cui effettivo esercizio presupponeva la sua garanzia, come i diritti di difendersi personalmente, di ottenere l'assistenza di un interprete, di interrogare i testimoni (V. Corte EDU 1.3.2006, Sejdovic c. Italia; 18.5.2004, Somogy c. Italia; 12.2.1985, Colozza c. Italia).

Ciò non decretava l'assoluta incompatibilità delle procedure contumaciali con la Convenzione; segnalava, però, il conflitto con la normativa europea delle procedure che non garantissero il diritto di partecipazione, in particolare l'effettiva informazione dell'imputato sulla data del processo, nonché la previsione di strumenti che consentissero all'imputato, illegittimamente condannato in absentia,di ottenere, una volta che fosse venuto a conoscenza della condanna, un riesame del merito delle accuse.

b) Il Parlamento ha, con la l. 27 settembre 2021, n. 134, delegato il Governo a:

  • ridefinire i casi in cui l'imputato si deve ritenere presente o assente nel processo; - prevedere che il processo possa svolgersi in assenza dell'imputato solo quandoesistano elementi idonei a dare certezza i) del fatto che sia conoscenza della pendenza del processo e ii) che la sua assenza sia dovuta a scelta volontaria e consapevole;
  • prevedere che, per conseguire la certezza di cui sopra, l'imputato sia tempestivamente citato per il processo i) a mani proprie o ii) con altre modalità comunque idonee a garantire che venga a conoscenza della data e del luogo del processo, nonché del fatto che la decisione potrà essere presa anche in sua assenza;
  • prevedere che, ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del processo, l'autorità giudiziaria possa avvalersi della polizia giudiziaria;
  • prevedere che, quando non si abbia certezza dell'effettiva conoscenza della citazione a giudizio o della rinuncia dell'imputato a comparire, si possa comunque procedere in assenza dell'imputato quando il giudice, valutate le modalità di notificazione e ogni altra circostanza del caso concreto, ritenga provato che l'imputato ha conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una scelta volontaria e consapevole;
  • prevedere che, se all'udienza preliminare o, quando questa manca, alla prima udienza fissata per il giudizio, l'imputato è assente e non impedito a comparire, il giudice verifichi la sua rinuncia a comparire o, in mancanza, la sua effettiva conoscenza dell'atto introduttivo oppure la sussistenza delle condizioni che legittimano la prosecuzione del procedimento in sua assenza.

Ha, inoltre, invitato il legislatore delegato a:

  • prevedere che il difensore dell'imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; - prevedere che con lo specifico mandato a impugnare l'imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione;
  • prevedere, per il difensore dell'imputato assente, un ampliamento del termine per impugnare.

Questi ultimi tre punti sono stati già oggetto delle prime riflessioni dedicate alle impugnazioni in generale (v. Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: disposizioni generali sulle impugnazioni).

Veniamo ora agli interventi del legislatore delegato.

c) L'art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (di seguito d.lgs. 150) si è limitato ad un intervento di adeguamento formale dell'art. 419, dedicato agli atti introduttivi dell'udienza preliminare, prevedendo, nel comma 1, che l'avviso di fissazione della stessa debba contenere l'avvertimento all'imputato che, qualora non compaia, si applicheranno non solo le disposizioni di cui agli artt. 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies ma anche quelle del nuovo art. 420-sexies (di tutte queste disposizioni si tratterà strada facendo).

d) Nell'art. 420 c.p.p., sede della disciplina dell'accertamento della costituzione delle parti, prima fase dell'udienza preliminare, l'art. 23, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150 ha inserito i commi 2-bis e 2-ter.

Il comma 2-bis comincia a definire i contorni della figura dell'imputato assente e che sarà dichiarato tale ai sensi dell'art. 420-bis:

  • imputato non presente;
  • cui sia stato regolarmente notificato l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare;
  • che non si trovi in alcuna delle condizioni qualificabili come assoluta impossibilità di comparire ai sensi dell'art. 420-ter, commi 1 e 2.

Il comma 2-ter ridefinisce la figura dell'imputato non presente che va «considerato presente» e rappresentato dal difensore, a meno che la legge disponga altrimenti:

  • l'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza (figura già prevista dal sostituito art. 420-bis, comma 3);
  • l'imputato che, presente ad una udienza, non compare alle successive (figura già prevista dal sostituito art. 420-bis, comma 3);
  • l'imputato che richiede per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale (figura nuova). Il riferimento è al giudizio abbreviato (art. 438, commi 1 e 2), al procedimento di applicazione della pena su richiesta (art. 446, commi 1 e 2); alla sospensione del processo con messa alla prova (art. 464-bis, commi 1 e 2);
  • l'imputato che è rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale (figura nuova): v. artt. 438, comma 3, 446, comma 3, e 464-bis, comma 3.

È opportuno dar conto, riguardando il tema della costituzione delle parti, che in relazione alla costituzione di parte civile, l'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. 150 è intervenuto sull'art. 79 per prevedere, in adempimento della delega, che:

  • la costituzione di parte civile può avvenire per l'udienza preliminare «prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, o, quando manca l'udienza preliminare,» fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 «o dall'articolo 554-bis, comma 2» (comma 1);
  • i termini anzidetti sono stabiliti a pena di decadenza (comma 2);
  • «Quando la costituzione di parte civile è consentita fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484, se la stessa» avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468, comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.

L'art. 85-bis del d.lgs. n. 150/2022, introdotto dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (art. 5-ter), detta, peraltro, una disposizione transitoria, stabilendo che nei procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022), sono già stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nell'udienza preliminare, non si applicano le disposizioni modificative dell'art. 79 (di cui all'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. 150) ma continuano ad applicarsi le disposizioni dell'art. 79, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del d.lgs.

Quanto alle formalità della costituzione di parte civile, l'art. 5, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150 ha inteso precisare, nel comma 1, lett. d), dell'art. 78, che la dichiarazione di costituzione di parte civile deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda «agli effetti civili».

Il legislatore delegato ha inserito anche il comma 1-bis per stabilire che il difensore cui sia stata conferita la procura speciale ai sensi dell'art. 100, nonché la procura per la costituzione di parte civile a norma dell'art. 122, può, se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l'atto di costituzione.

Sul punto, si ricordi che le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. pen. sez. un., 21 dicembre 2017, Zucchi) avevano affermato che «il sostituto processuale del difensore al quale il danneggiato abbia rilasciato procura speciale al fine di esercitare l'azione civile nel processo penale non ha la facoltà di costituirsi parte civile, salvo che detta facoltà sia stata espressamente conferita nella procura ovvero che la costituzione in udienza avvenga in presenza del danneggiato, situazione questa che consente di ritenere la costituzione come avvenuta personalmente».

e) L'art. 420-bis c.p.p., riscritto dall'art. 23, comma 1, lett. c), del d.lgs. 150 delinea, nei primi quattro commi, i casi in cui deve dichiararsi l'assenza dell'imputato e procedersi in assenza del medesimo, rappresentato, salvo che la legge disponga altrimenti, dal difensore; prevede, nel comma 5, un'ipotesi di rinvio dell'udienza preliminare per affidare alla polizia giudiziaria la notificazione dell'avviso all'imputato; disciplina, nei commi 6 e 7, le ipotesi di revoca della dichiarazione di assenza.

Vediamo i tre punti.

1) Nel caso in cui l'imputato, libero o detenuto, non sia presente, il giudice ne dichiara l'assenza (comma 4) e procede in sua assenza:

  • quando l'avviso (che contiene la citazione a comparire) è stato notificato nelle sue mani (comma 1, lett. a), caso già previsto dal sostituito comma 2 dell'art. 420-bis;
  • quando l'avviso è stato notificato nelle mani di persona da lui espressamente delegata al ritiro (comma 1, lett. a);
  • quando ha espressamente rinunciato a comparire (comma 1, lett. b), caso già previsto dal sostituito comma 1 dell'art. 420-bis;
  • quando ha espressamente rinunciato a far valere la sussistenza di un impedimento a comparire ex art. 420-ter (comma 1, lett. b), caso già previsto dal sostituito comma 1 dell'art. 420-bis;
  • quando è stato dichiarato latitante (comma 3): la disciplina della latitanza è stata in parte modificata dall'art. 13, comma 1, lett. d), del d.lgs. 150;
  • quando si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo (comma 3);
  • quando ha avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e la sua assenza è dovuta a scelta volontaria e consapevole. Per ritenere provate dette circostanze il giudice tiene conto delle modalità della notificazione (ad es. presso un domicilio dichiarato o eletto dall'imputato), degli atti compiuti dall'imputato prima dell'udienza, della nomina di un difensore di fiducia e di ogni altra circostanza rilevante (comma 2).

Sembra finita, dunque, la stagione degli indici presuntivi; gli spazi sono occupati solo da prove della certezza della conoscenza della pendenza del processo; nella specie, effettiva conoscenza della fissazione dell'udienza preliminare (o, se del caso, dell'udienza dibattimentale), non della mera pendenza di un procedimento o di un'accusa.

Solo contro il latitante si può procedere in assenza, ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p., anche in mancanza di dati di certezza in ordine alla conoscenza della pendenza del processo.

Un cenno meritano, dunque, le richiamate modifiche in materia di latitanza.

Il Parlamento aveva chiesto al legislatore delegato di:

  • prevedere una disciplina derogatoria per il processo nei confronti dell'imputato latitante, consentendo di procedere in sua assenza anche quando non si abbia certezza dell'effettiva conoscenza della citazione a giudizio e della rinuncia dell'imputato al suo diritto a comparire al dibattimento, stante la possibilità di un rimedio successivo;
  • rivedere la disciplina della latitanza, di cui agli artt. 295 e 296 al fine di assicurare che la dichiarazione di latitanza sia sorretta da specifica motivazione in ordine all'effettiva conoscenza della misura cautelare e alla volontà del destinatario di sottrarvisi.

A parte quanto già si è detto con riguardo al processo in assenza nei confronti del latitante il Governo è intervenuto modificando il comma 2 dell'art. 295 c.p.p. (con l'art. 13, comma 1, lett. c) del d.lgs. 150) che ora stabilisce che «Il giudice [valutato il verbale di vane ricerche], se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara, nei casi e con le modalità previste dall'articolo 296, lo stato di latitanza; altrimenti dispone la prosecuzione delle ricerche» e aggiungendo (con l'art. 13, comma 1, lett. d) due periodi al comma 2 e il comma 4-bis all'art. 296 c.p.p.

Premesso (comma 1) che è latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all'obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione, i primi due nuovi periodi del comma 2 stabiliscono che la latitanza è dichiarata con decreto motivato e che, se la dichiarazione consegue alla mancata esecuzione di un'ordinanza applicativa di misure cautelari, nel decreto sono indicati gli elementi che provano l'effettiva conoscenza della misura e la volontà di sottrarvisi.

Premesso poi (comma 4) che la qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato (art. 299) o abbia altrimenti perso efficacia (ad es. artt. 300 ss., 309, comma 10, 391, comma 7) ovvero siano estinti il reato (artt. 150 ss. c.p.) o la pena (artt. 171 ss. c.p.] per cui il provvedimento è stato emesso, il nuovo comma 4-bis prevede che, quando il provvedimento che ha dato causa alla dichiarazione di latitanza è eseguito, se il processo è in corso, all'imputato è comunicata la data dell'udienza successiva.

L'intervento del legislatore delegato ha, peraltro, ampliato i casi di ricerca del latitante, prevedendo anche l'esecuzione delle ricerche finalizzate alla notifica degli atti introduttivi. In altre parole, la notifica al difensore non è più effetto della sola dichiarazione di latitanza, ma anche delle notifiche infruttuose (v. comma 1-bis dell'art. 165, inserito dall'art. 10, comma 1, lett. s) del d.lgs. 150).

2) Se nessuno dei casi suddetti sussiste, il giudice, prima di pronunciare la sentenza di non doversi procedere prevista dal rinnovato art. 420-quater c.p.p., deve rinviare l'udienza e disporre che l'avviso, la richiesta di rinvio a giudizio e il verbale d'udienza (che contiene la data della nuova udienza) siano notificati all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Ciò al fine di rintracciarlo o di accertarne l'impossibilità.

3) È prevista la revoca, anche d'ufficio, dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza nei seguenti casi:

  • se, prima della decisione, l'imputato compare (comma 6). In tal caso, l'imputato è restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto (ad es. la facoltà di richiedere un procedimento speciale) se prova che, per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, si è trovato nell'assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e se prova che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa (comma 6, lett. a); se prova, nei casi previsti dai sopra citati commi 2 e 3, di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto (comma 6, lett. b); se risulta che le condizioni per procedere in sua assenza non erano comunque soddisfatte (comma 6, lett. c);
  • se, fuori del caso previsto dal comma 6, risulta che le condizioni per procedere in assenza non erano soddisfatte.

Anche in tal caso, come in quello previsto dal comma 5, il giudice, prima di pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater, provvede alla notificazione all'imputato personalmente, a mezzo della polizia giudiziaria, di avviso, richiesta di rinvio a giudizio e verbale d'udienza (comma 7). Ciò al fine - come si è detto - di rintracciarlo o di accertarne l'impossibilità.

Lo schema è chiaro. Si distinguono:

  • i casi in cui, non sussistendone i presupposti, la dichiarazione di assenza è erronea e
  • i casi nei quali, sulla base degli elementi probatori a disposizione, la dichiarazione di assenza è corretta, ma l'imputato riesce, successivamente, a dimostrare di non avere avuto conoscenza effettiva della pendenza del processo o di non essere potuto, senza sua colpa, intervenire tempestivamente.

Identico schema si ritrova nell'art. 604 c.p.p. (se ne è dato conto trattando della riforma con riguardo all'appello, v. Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: l'appello), comma 5-bis (caso in cui vi è la prova che, nel giudizio di primo grado, la dichiarazione di assenza è avvenuta in mancanza dei presupposti previsti dall'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3: nullità della sentenza e trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità; nullità sanata se non è stata eccepita nell'atto di appello; impossibilità di rilevare o eccepire la nullità se risulta che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo ed era nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata) e commi 5-ter e 5- quater [prova dei casi già previsti, in tema di revoca dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza, dal comma 6, lett. a) e b) dell'art. 420-bis: restituzione nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e annullamento della sentenza con trasmissione degli atti:

  • al giudice della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l'imputato è decaduto;
  • al giudice di appello nel caso in cui l'imputato presenti richiesta di applicazione della pena ex art. 444 o di oblazione (richieste che, se rigettate, non possono essere riproposte) o esclusivamente di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale (art. 603, comma 3-bis, c.p.p.)].

f) Prima di dar conto delle altre significative novità contenute negli artt. 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies, è opportuno passare rapidamente in rassegna le altre disposizioni sulle quali il legislatore delegato è dovuto intervenire a seguito delle modifiche fin qui esaminate.

1) L'art. 23, comma 1, lett. d), del d.lgs. 150 è intervenuto sull'art. 420-ter c.p.p., disposizione che disciplina l'impedimento a comparire dell'imputato o del difensore, sostituendo il comma 1.

Il nuovo testo prevede che, quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta ad una udienza (il testo precedente diceva «all'udienza») e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d'ufficio, rinvia con ordinanza ad una nuova udienza e dispone la notificazione dell'ordinanza medesima all'imputato (il testo precedente era: «dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1»).

Le conseguenze della modificazione sono due:

  • la disposizione si applica sia per il caso di assenza alla prima udienza, sia per il caso di assenza alle successive;
  • in ogni caso, non va rinnovata la notificazione dell'avviso di cui all'art. 419, comma 1, già avvenuta correttamente, ma va notificata l'ordinanza di rinvio alla nuova udienza.

È stato, di riflesso, abrogato il comma 3 (dall'art. 98, comma 1, lett. a) che dettava una disposizione specifica per le «successive udienze»: «Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.»

Si è, infine, adeguato il testo del comma 4. Stabiliva: «In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti». Ora il riferimento alla «citazione» è stato eliminato.

2) L'art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150 ha abrogato il comma 4 dell'art. 429 c.p.p. (l'art. 429 ha subito altri interventi dei quali si darà conto più avanti)che prevedeva che il decreto di rinvio a giudizio fosse notificato all'imputato «contumace» (in alcune disposizioni, tra cui questa, la l. 28 aprile 2014 n. 67 si era dimenticata di eliminare i riferimenti alla contumacia) nonché all'imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'art. 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.

Viene meno, dunque, la necessità della notificazione. Il citato art. 85-bis del d.lgs. n. 150 detta, peraltro, una disposizione transitoria, stabilendo che nei procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022), sono già stati ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nell'udienza preliminare, continuano ad applicarsi, limitatamente alla persona offesa, dell'art. 429, comma 4, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del d.lgs.

3) D'altra parte - come si è detto e come imposto dalla legge delega - la verifica della sussistenza delle condizioni che consentono di procedere in assenza si svolge all'udienza preliminare (e non più anche alla successiva udienza fissata per il giudizio dibattimentale) o, se questa manca, alla prima udienza fissata per il giudizio.

Ciò si ricava dall'art. 484 c.p.p., che disciplina la costituzione delle parti in dibattimento, che, al comma 2-bis (come modificato dall'art. 30, comma 1, lett. c), prevede l'applicabilità, in quanto compatibili, delle disposizioni degli artt. 420, comma 2-ter, primo periodo, e 420-ter, nonché, «nei casi in cui manca l'udienza preliminare», anche le disposizioni di cui agli artt. 420, 420-bis, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies. E si ricava altresì dal comma 2 dell'art. 554-bis (inserito dall'art. 32, comma 1, lett. d), del d.lgs. 150), che, nel prevedere e disciplinare la nuova udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta, stabilisce che il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti e, se l'imputato non è presente «si applicano le disposizioni di cui agli articoli 420, 420-bis, 420-ter, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies.».

4) L'art. 489 c.p.p., completamente ripensato e rinnovato dall'art. 30, comma 1, lett. d), del d.lgs. 150 prevede rimedi per l'imputato contro il quale si sia proceduto in assenza nell'udienza preliminare.

Il giudice del dibattimento deve, anche d'ufficio, dichiarare la nullità del decreto di rinvio a giudizio e restituire gli atti al giudice dell'udienza preliminare se vi è la prova che l'imputato è stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall'art. 420-bis (comma 1).

La nullità non può essere dichiarata perché «sanata» qualora non sia eccepita dall'imputato comparso (presente) o che (non presente) abbia rinunciato a comparire; resta ferma, tuttavia, la possibilità per l'imputato di essere restituito nel termine per formulare le richieste di procedimenti speciali e di esercitare le ulteriori facoltà dalle quali sia decaduto.

La nullità non può, inoltre e in ogni caso, essere rilevata o eccepita se risulta che l'imputato era nelle condizioni di comparire all'udienza preliminare (comma 2) e, quindi, di esercitare, nell'udienza, tutte le facoltà previste.

Il nuovo comma 2-bis prevede, infine, che, ferma restando la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato è restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto nei casi già previsti come determinanti la revoca della dichiarazione di assenza nel comma 6 dell'art. 420-bis, vale a dire:

  • se, in qualsiasi caso di assenza, fornisce la prova che, per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, si è trovato nell'assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare la facoltà dalla quale è decaduto e che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa (lett. a);
  • se, nei casi (di assenza provata o colpevole) previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 420-bis, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non esser potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto (lett. b).

Anche in tali casi, il rimedio non è riconosciuto se l'imputato era nelle condizioni di comparire (o far valere l'impedimento) in udienza preliminare e, quindi, di esercitare tutte le facoltà attribuitegli.

5) L'assenza dell'imputato in appello è disciplinata dal nuovo art. 598-ter, inserito dall'art. 34, comma 1, lett. d), del d.lgs. 150.

Stabilisce il comma 1 che l'imputato appellante non presente all'udienza camerale partecipata (art. 599) o all'udienza pubblica (art. 602) è sempre giudicato, se le notificazioni sono regolari, in assenza anche fuori dei casi di cui all'art. 420-bis (v. supra e); d'altra parte, l'imputato appellante – se ne è parlato, trattando delle impugnazioni in generale su questa rivista in data 26 ottobre 2022 – deve con l'atto di appello, a norma del nuovo comma 1-ter dell'art. 581, depositare, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

All'imputato non appellante (sul quale non grava l'obbligo di cui sopra) è dedicato il comma 2: se, in caso di regolarità delle notificazioni, non è presente e le condizioni per procedere in assenza, ai sensi dell'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3, (v. supra e) non risultano soddisfatte, il giudice sospende, con ordinanza, il processo e ordina le ricerche dell'imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione. L'ordinanza di sospensione contiene gli avvisi di cui all'art. 420-quater, comma 4, lett. b), c) e d), (v. infra) mentre non si applicano le ulteriori disposizioni di cui all'art. 420-quater, nonché gli artt. i 420-quinquies e 420-sexies (v. infra).

Durante la sospensione del processo, se vi è richiesta di parte, si acquisiscono, con le modalità stabilite per il dibattimento, le prove non rinviabili (comma 3).

Il comma 4 stabilisce, infine, che, anche nell'udienza camerale non partecipata di cui all'art. 598-bis, accertata la regolarità della notificazione, si applica la disposizione del comma 2 quando nei confronti dell'imputato non appellante le condizioni per procedere in assenza, ai sensi dell'art. 420-bis commi 1, 2 e 3, non risultano soddisfatte.

La sentenza di non doversi procedere «per mancata conoscenza della pendenza del processo»

a) Lal. 28 aprile 2014 n. 67 aveva stabilito, con l'art. 420-quater c.p.p., che l'assenza dell'imputato e l'insussistenza di casi di impedimento a comparire e delle condizioni per procedersi in assenza davano il via al subprocedimento che poteva condurre alla sospensione del processo nei confronti dell'imputato irreperibile.

Il giudice era tenuto, a rinviare l'udienza e a disporre che l'avviso fosse notificato all'imputato «personalmente» ad opera della polizia giudiziaria.

L'esperienza di questi anni ha mostrato che il più delle volte il tentativo di notificazione a mani proprie aveva esito negativo.

Il processo veniva, dunque, sospeso a meno che il giudice non ritenesse di dover pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129.

L'ordinanza di sospensione veniva trasmessa (art. 143-bis disp. att.), unitamente all'avviso di udienza, alla sezione di polizia giudiziaria per l'inserimento nel CED correlato alla necessità di ulteriori ricerche.

Alle nuove ricerche e all'eventuale revoca dell'ordinanza di sospensione era dedicato l'art.420-quinquies.

La revoca dell'ordinanza di sospensione era prevista:

  • nel caso in cui le ricerche avessero avuto esito positivo;
  • nel caso in cui l'imputato avesse, nel frattempo, nominato un difensore di fiducia;
  • in ogni altro caso in cui vi fosse a prova certa che l'imputato era a conoscenza del procedimento avviato nei suoi confronti;
  • nel caso in cui si dovesse pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129.

Con la revoca veniva rimesso in moto il processo.

b) Con la l. 27 settembre 2021, n. 134, il Parlamento ha delegato il Governo a:

  • prevedere la pronuncia nei confronti dell'imputato di sentenza inappellabile di non doversi procedere in mancanza delle condizioni per procedere in assenza;
  • prevedere che si continuino comunque idonee ricerche dell'imputato, fino alla scadenza del doppio dei termini di prescrizione (n.d.a.: del reato o del più grave dei reati per cui si procede) stabiliti dall'art. 157 c.p., per (reperirlo e) renderlo edotto

i) della sentenza pronunciata,

ii) del fatto che il processo viene riaperto e

iii) dell'obbligo di eleggere o dichiarare un domicilio ai fini delle notificazioni;

  • prevedere che, durante le ricerche, si assumano, su richiesta di parte, osservando le forme previste per il dibattimento, le prove non rinviabili;
  • prevedere che, una volta rintracciato l'imputato, ne sia data notizia tempestiva all'autorità giudiziaria perché revochi la sentenza di non doversi procedere e fissi l'udienza per la prosecuzione del processo, con notificazione all'imputato nel domicilio dichiarato o eletto;
  • prevedere che, nel giudizio di primo grado, non si tenga conto, ai fini della prescrizione del reato, del periodo di tempo intercorso tra la definizione del procedimento con sentenza di non doversi procedere e il momento in cui l'imputato è stato rintracciato, salva, in ogni caso, l'estinzione del reato nel caso in cui sia superato il doppio dei termini di cui sopra si è detto;
  • prevedere opportune deroghe, in assenza dei presupposti della dichiarazione di latitanza, per il caso di imputato nei cui confronti sia stata emessa ordinanza di custodia cautelare.

c) Veniamo ora agli interventi del legislatore delegato.

1) La disciplina della sospensione del processo scompare. Il legislatore delegato (art. 23, comma 1, lett. e), del d.lgs. 150) disciplina, con l'art. 420-quater c.p.p., la pronuncia di sentenza di non doversi procedere «per mancata conoscenza della pendenza del processo» da parte dell'imputato non presente «fuori dei casi previsti dagli artt. 420-bis e 420-ter» in cui è consentito procedere in assenza (comma 1).

I commi successivi predeterminano il contenuto della sentenza (commi 2, 3, 4 e 5) e le ipotesi di irrevocabilità della stessa (commi 6 e 7).

Quanto al contenuto, oltre agli elementi comuni anche ad altre sentenze (intestazione, generalità dell'imputato e delle altre parti private; imputazione, dispositivo, data e sottoscrizione del giudice), la sentenza di non doversi procedere deve contenere:

  • l'indicazione dell'esito delle notifiche e delle ricerche effettuate (comma 2, lett. d);
  • l'indicazione della data fino alla quale dovranno continuare le ricerche per il rintraccio (comma 2, lett. d);
  • l'ordine alla polizia giudiziaria di ricercare la persona fino a quando per tutti i reati oggetto di imputazione non sia superato il termine previsto dall'art. 159, ultimo comma, c.p. [che prevede, a seguito dell'intervento ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. i), n. 1, del d.lgs. 150, che, quando è pronunciata la sentenza di non doversi procedere cui all'art. 420-quater, il corso della prescrizione del reato è sospeso sino al momento in cui è rintracciata la persona, ma comunque non oltre il doppio dei termini di prescrizione di cui all'art. 157 c.p.] e, di notificargli personalmente, nel caso in cui sia rintracciata, la sentenza (comma 3);
  • l'avvertimento alla persona rintracciata che il processo a suo carico sarà riaperto davanti alla stessa autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza di non doversi procedere (comma 4, lett. a);
  • l'avviso, quando la persona non è destinataria di un provvedimento applicativo di arresti domiciliari o custodia in carcere per i fatti per cui si procede, che l'udienza per la prosecuzione del processo è fissata i) il primo giorno non festivo del successivo mese di settembre, se la persona è stata rintracciata nel primo semestre dell'anno; ii) il primo giorno non festivo del mese di febbraio dell'anno successivo, se la persona è stata rintracciata nel secondo semestre dell'anno; (comma 4, lett. b). Da ciò l'introduzione dell'art. 132-ter disp. att. c.p.p. (ad opera a dall'art. 41, comma 1, lett. p), del d.lgs. 150) che onera i dirigenti degli uffici giudicanti di adottare i provvedimenti organizzativi necessari ad assicurare la celebrazione di udienze destinate alla riapertura dei procedimenti definiti con sentenza resa ai sensi dell'art. 420-quater (nonché alla celebrazione dei processi nei quali è stata pronunciata l'ordinanza di cui all'art. 598-ter, comma 2), il primo giorno non festivo del mese di febbraio e il primo giorno non festivo del mese di settembre di ogni anno;
  • l'indicazione del luogo in cui l'udienza si terrà (comma 4, lett. c);
  • l'avviso che, qualora la persona rintracciata non compaia e non ricorra alcuno dei casi di impedimento a comparire cui all'art. 420-ter, si procederà in sua assenza e sarà rappresentata in udienza dal difensore (comma 4, lett. d).

Alla sentenza di non doversi procedere si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 (che disciplina la sottoscrizione della sentenza) e 3 (che stabilisce che la sentenza è nulla, oltre che nel caso previsto dall'art. 125, comma 3, se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice) dell'art. d.lgs. 31dicembre 1992, n. 546 (comma 5).

Il decorso del termine di cui al comma 3 senza che la persona nei cui confronti è stata emessa la sentenza sia stata rintracciata determina:

  • l'irrevocabilità della sentenza (comma 6);
  • la perdita di efficacia, in deroga a quanto disposto dall'art. 300, delle misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere (comma 7);
  • la cessazione degli effetti, in deroga a quanto disposto dagli artt. 262, 317 e 323, dei provvedimenti che hanno disposto il sequestro probatorio, il sequestro conservativo e il sequestro preventivo (comma 7).

In altre parole, la pronuncia di cui all'art. 420-quater definisce il procedimento ma se non è divenuta irrevocabile non perdono efficacia, in deroga a quanto disposto dall'art. 300, i provvedimenti applicativi delle misure cautelari degli arresti domiciliari e della custodia in carcere e permangono gli effetti, in deroga a quanto disposto dagli artt. 262, 317 e 323, dei provvedimenti che hanno disposto sequestri probatori, conservativi o preventivi.

Ciò autorizza l'affermazione che i provvedimenti applicativi delle altre misure cautelari personali, anche custodiali (artt. 285-bis e 286), perdono efficacia con la pronuncia della sentenza di non doversi procedere. Si dovrebbero applicare, in altre parole, i commi 1 («le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, […] è pronunciata sentenza di non luogo a procedere […]») e 5 («Qualora l'imputato […] nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive» quando ricorrono le esigenze cautelari previste dall'art. 274, comma 1, lett. b) e c), dell'art. 300.

Il destinatario della sentenza di non doversi procedere non è più imputato.

Ai sensi del rinnovato (dall'art. 41, comma 1, lett. u), n. 1, del d.lgs. 150) art. 143-bis disp. att. il giudice deve disporre che la sentenza di cui all'art. 420-quater sia trasmessa alla locale sezione di polizia giudiziaria, per l'inserimento nel Centro elaborazione dati, di cui all'art. 8 della l. 1° aprile 1981, n. 121.

Si aprono le ricerche del prosciolto la cui durata è - come si è detto - fissata dal comma 3 dell'art. 420-quater (il doppio dei termini stabiliti dall'art. 157 c.p. ai fini della prescrizione del reato).

Gli scopi delle ricerche sono chiari: rintracciare il prosciolto (non all'infinito ma nei tempi previsti dalla legge), revocare la sentenza di non doversi procedere, procedere alla riapertura del processo.

2) Mentre le ricerche sono in corso è prevista la possibilità di assumere atti urgenti.

La disciplina è contenuta nell'art. 420-quinquies c.p.p., come modificato dall'art. 23, comma 1, lett. f), del d.lgs. 150.

Il giudice che ha pronunciato la sentenza assume, a richiesta di parte, le prove non rinviabili nelle forme di cui all'art. 401 (disciplina operativa dell'incidente probatorio), dando avviso del giorno, dell'ora e del luogo stabiliti per il compimento dell'atto urgente almeno 24 ore prima al pubblico ministero, alla persona offesa dal reato e ai difensori già nominati nel procedimento (comma 1).

Mentre le ricerche sono in corso lo stesso giudice è competente a provvedere sulle misure cautelari (se è corretto quanto sopra si è detto, le parole «misure cautelari» vanno riferite solo alla custodia in carcere e agli arresti domiciliari) e sui provvedimenti di sequestro fino alla perdita di efficacia prevista dal comma 7 dell'art. 420-quater (comma 2).

3) La sentenza di non doversi procedere è revocata se la persona è rintracciata (art. 420-sexies c.p.p., inserito dall'art. 23, comma 1, lett. f), del d.lgs. 150).

Alla persona rintracciata, la polizia giudiziaria (redigendo verbale delle attività svolte e degli avvisi dati):

  • notifica la sentenza;
  • dà avviso della riapertura del processo (comma 1);
  • dà avviso della data dell'udienza (ex art. 420-quater, comma 4, lett. b), nella quale è citata a comparire davanti all'autorità giudiziaria che ha emesso la sentenza (comma 1);
  • dà gli avvertimenti e l'invito previsti dall'art. 161 (segnatamente dai commi 01 e 1);
  • se è priva di difensore, le comunica il nominativo del difensore di ufficio nominato (art. 97, comma 4);
  • dà avviso che al difensore sarà notificato avviso della data di udienza individuata (comma 2).

Il verbale e la relazione di notifica della sentenza sono trasmessi «senza ritardo» al giudice (comma 3) per consentirgli di emettere il decreto di revoca della sentenza e, salvo quanto previsto al comma 6, di dare avviso al pubblico ministero, al difensore dell'imputato e alle altre parti della data dell'udienza, avviso da comunicarsi o notificarsi almeno venti giorni prima (comma 4).

Il comma 6 stabilisce che, quando la sentenza è revocata nei confronti di un imputato che, all'atto della sua pronuncia, era destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari o della custodia in carcere per i fatti per cui si procede, il giudice fissa l'udienza e dispone che l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza sia notificato anche all'imputato.

Nell'udienza il giudice procede alla verifica della regolare costituzione delle parti e, salva l'applicazione degli artt. 420 e 420-ter (impedimento a comparire), procede sempre ai sensi dell'art. 420-bis, comma 1, lett. a) (comma 5); in altre parole se non è presente il giudice procede in sua assenza poiché «è stato citato a comparire a mezzo di notificazione dell'atto in mani proprie».

Nel caso di cui al comma 6, invece, all'udienza il giudice procede alla verifica della regolare costituzione delle parti e si applicano gli artt. 420, 420-bis e 420-ter.

Rimedi successivi

a) Il Parlamento ha chiesto al Governo di ampliare la possibilità di rimedi successivi a favore dell'imputato e del condannato giudicato in assenza senza avere avuto effettiva conoscenza della celebrazione del processo, armonizzando la normativa processuale nazionale con quanto previsto dall'art. 9 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 («Diritto a un nuovo processo. Gli Stati membri assicurano che, laddove gli indagati o imputati non siano stati presenti al processo e non siano state soddisfatte le condizioni di cui all'art. 8, § 2 [«2.Gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell'indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest'ultimo, a condizione che: a) l'indagato o imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione; oppure b) l'indagato o imputato, informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall'indagato o imputato oppure dallo Stato.»], questi abbiano il diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l'esame di nuove prove, e possa condurre alla riforma della decisione originaria. In tale contesto, gli Stati membri assicurano che tali indagati o imputati abbiano il diritto di presenziare, di partecipare in modo efficace, in conformità delle procedure previste dal diritto nazionale e di esercitare i diritti della difesa.»).

b) Vediamo i rimedi approntati dal Governo.

1) Il primo intervento del legislatore delegato riguarda la restituzione nel termine per impugnare.

L'art. 175 c.p.p. è stato modificato (dall'art. 11, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150) mediante l'inserimento dei commi 2.1 e 8-bis e la modificazione del comma 2-bis.

Il comma 2.1 stabilisce che l'imputato giudicato in assenza (oltre ai casi, già previsti nel comma 1, di caso fortuito e forza maggiore, che valgono anche per l'imputato presente) può essere restituito nel termine per proporre impugnazione se:

  • ne fa richiesta;
  • non vi ha volontariamente rinunciato,
  • fornisce la prova, nei casi previsti dall'art. 420-bis, commi 2 [il giudice ha proceduto in sua assenza perché ha ritenuto provato che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all'udienza sia stata determinata da una scelta volontaria e consapevole] e 3 [il giudice ha proceduto in sua assenza perché è stato dichiarato latitante o si è in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo]:

i) di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e

ii) di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa.

Ai sensi del comma 2-bis anche questa richiesta, oltre a quella indicata al comma 2, è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento, termine che, in caso di estradizione dall'estero, decorre dalla consegna del condannato.

L'art. 88, comma 1, del d.lgs. 150 ha introdotto una disposizione transitoria, stabilendo che, nei procedimenti che hanno ad oggetto reati commessi prima del 1° gennaio 2020, nei qualisia disposta la restituzione nel termine prevista dal comma 2.1 dell'art. 175, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la scadenza dei termini per impugnare di cui all'art. 585 e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

Il comma 8-bis stabilisce che in tal caso, se la richiesta è accolta e l'imputato è restituito nel termine per impugnare, non si tiene conto, ai fini della improcedibilità di cui all'art. 344-bis (per mancata definizione del giudizio di appello o del giudizio di cassazione entro i termini previsti), del tempo intercorso tra il novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall'art. 544, come eventualmente prorogato ai sensi dell'art. 154 disp. att. [le diverse decorrenze sono indicate nelle Prime riflessioni sulla riforma: impugnazioni in generale in questa rivista] e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.

L'art. 89, comma 3, del d.lgs. 150 prevede, infine, che le disposizioni dell'art. 175, come modificato dal d.lgs. medesimo, si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. (ad oggi il 30 dicembre 2022, ai sensi dell'art. 99-bis del d.lgs., aggiunto dall'art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162).

2) Rimedi sono previsti anche per il giudizio di appello e il giudizio di cassazione.

Si è detto sopra dell'art. 598-ter c.p.p. (se ne era parlato in Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: l'appello).

Si tratta ora di ricordare gli interventi effettuati sull'art. 604 e sui collegati artt. 603 e 623.

All'art. 604, che disciplina le questioni di nullità nel giudizio di appello, il legislatore delegato (con l'art. 34, comma 1, lett. l), n. 1 e 2, del d.lgs. 150) ha sostituito il comma 5-bis e aggiunto i commi 5-ter e 5-quater [l'art. 89, comma 1, del d.lgs. prevede che, salvo quanto previsto dai commi 2 (caso in cui, prima dell'entrata in vigore del d.lgs., nell'udienza preliminare o nel giudizio di primo grado è stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater, comma 2, nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del d.lgs. e l'imputato non è stato ancora rintracciato) e 3 (applicazione per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. delle disposizioni degli artt. 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, nonché 175 come modificato dal d.lgs.), quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. (ad oggi 30 dicembre 2022), è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e di attuazione del medesimo «in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato.»].

Il comma 5-bis stabilisce che il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza di primo grado (e disporre la trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità) qualora si sia proceduto in assenza dell'imputato nonostante la dichiarazione di assenza fosse avvenuta in mancanza dei presupposti previsti dall'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3.

Perché il processo sia azzerato è necessario, peraltro, che la questione di nullità sia sollevata nell'atto di appello. La nullità è altrimenti sanata (le sanatorie generali delle nullità sono previste dall'art. 183).

In ogni caso – così si chiude il comma - «la nullità non può essere rilevata o eccepita se risulta che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo ed era nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata».

Il divieto, nel caso anzidetto, di rilevare o eccepire la nullità strappa un sorriso; forse era più semplice dire che in tal caso non si verifica alcuna nullità.

Il comma 5-ter prevede, poi, che, fuori dai casi previsti dal comma 5-bis e ferma restando la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato è sempre restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto:

  • se prova (in tutti i casi di assenza) che, per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, si è trovato nell'assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa,
  • se prova, nei sopra indicati casi di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 420-bis, di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto.

Collegata è la nuova lettera b-bis) inserita (con l'art. 35, comma 1, lett. b), n. 2, del d.lgs. 150) nel comma 1 dell'art. 623 c.p.p. dedicato all'annullamento con rinvio della Corte di cassazione (che dovrebbe seguire il medesimo regime transitorio di cui si è detto con riferimento all'art. 604).

La nuova disposizione prevede che, se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall'art. 604, comma 5-bis (dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti), la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice del grado e della fase in cui si è verificata la nullità o, nei casi previsti dall'art. 604, comma 5-ter (dichiarazione di assenza correttamente dichiarata alla quale fa seguito la dimostrazione da parte dell'imputato che una reale conoscenza del procedimento penale non c'era stata), al giudice del grado e della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l'imputato è decaduto, salvo risulti che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo e nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata

Infine, il comma 5-quater dell'art. 604 c.p.p. stabilisce – - come già si è avuto modo di dire - che, in presenza di tali prove, la sentenza va annullata (con trasmissione degli atti al giudice della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l'imputato è decaduto) a meno che l'imputato chieda di patteggiare (art. 444) oppure, in caso di contravvenzione, richieda l'oblazione (art. 141 disp. att. e artt. 162 e 162-bis c.p.) al fine di giungere all'estinzione del reato o formuli esclusivamente istanza (ecco il collegamento con l'art. 603) di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

In questi casi è lo stesso giudice di appello a provvedere e, qualora decida di rigettare l'istanza, la stessa non può essere riproposta. E si procede oltre nel giudizio di appello. Resta da stabilire se l'imputato, vistasi rigettare una delle istanze, possa proporne una delle altre due. Una risposta che abbia un minimo di fondamento passa dal significato che si deve attribuire all'avverbio “esclusivamente” collegato alla sola richiesta di rinnovazione.

D'altro canto, sarebbe contrario all'economia del processo, non accogliere fondate richieste di patteggiamento o di oblazione solo perché la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale che le ha precedute è stata rigettata.

Venendo, infine, all'art. 603 c.p.p., il legislatore delegato (art. 34, comma 1, lett. i), n. 2, del d.lgs. 150) ha inserito il comma 3-ter (anche questa disposizione dovrebbe seguire il medesimo regime transitorio di cui si è detto in relazione all'art. 604) per prevedere che la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale deve essere disposta anche quando l'imputato ne fa richiesta ai sensi dell'art. 604, commi 5-ter e 5-quater.

Ma se nel giudizio di primo grado si è proceduto in assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 (dichiarazione di latitanza o, comunque, volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo.), la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta ai sensi dell'art. 190-bis, che prevede che l'esame sia ammesso:

  • solo quando riguarda un testimone o una delle persone imputate in un processo connesso indicate nell'art. 210 che abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati acquisiti a norma dell'art. 238,
  • solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono sulla base di specifiche esigenze e
  • quando si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis c.p.p., nonché per uno dei reati previsti dagli artt. 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater c.p., anche se relativi al materiale pornografico di cui all'art. 600-quater.1, 609-quinquies e 609-octies c.p., se l'esame riguarda un testimone minore degli anni diciotto e, in ogni caso, quando l'esame testimoniale richiesto riguarda una persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità (art. 90-quater).

3) Altri rimedi sono rappresentati dalla revisione europea (art. 628-bis) e dalla rescissione del giudicato (art. 629-bis) di cui si è trattato in Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: ricorso per cassazione e impugnazioni straordinarie).

Obblighi informativi

a) Il Parlamento ha delegato il Governo a prevedere che, nella citazione a giudizio, l'imputato sia avvisato che, non comparendo, sarà egualmente giudicato in assenza e che, nel provvedimento di esecuzione, sia contenuto l'avviso al condannato che, ove si sia proceduto in sua assenza senza che egli abbia avuto conoscenza del processo, lo stesso potrà esercitare i diritti previsti dalla delega.

b) Il legislatore delegato è intervenuto.

1) Anzi tutto sull'art. 419 c.p.p. (con l'art. 23, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150).

In particolare, per quanto rileva in relazione al tema affrontato, ha, nel comma 1, precisato che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare deve contenere l'avvertimento all'imputato che, qualora non compaia, si applicheranno le disposizioni di cui agli artt. 420-bis, 420-ter, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies (il comma 7 prevede che le disposizioni del comma 1 sono previste a pena di nullità).

Per completezza va detto che il legislatore delegato ha, inoltre, inserito nell'art. 419 il comma 3-bis che impone che con l'avviso imputato e persona offesa dal reato siano informati che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

Infine, con riguardo alla rinuncia all'udienza preliminare, si è, nel comma 5, precisato che, se la dichiarazione è presentata a mezzo di procuratore speciale, si osservano le modalità del deposito telematico di cui all'art. 111-bis, commi 1 e 2. Le disposizioni transitorie sono previste dall'art. 87 del d.lgs. 150 il cui comma 4 stabilisce che, sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 (da adottarsi entro il 31 dicembre 2023), ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi (per quanto qui interessa), nel testo vigente al momento dell'entrata in vigore del d.lgs. (ad oggi, 30 dicembre 2022), le disposizioni di cui agli artt. 110, 111, comma 1, e 419, comma 5, primo periodo.

2) Il legislatore delegato è, poi, intervenuto sull'art. 656 (con l'art. 38, comma 1, lett. a).

In particolare, sul comma 5 in cui, premesso che l'ordine di esecuzione della pena e il decreto di sospensione emessi dal pubblico ministero sono notificati al condannato e al difensore con l'avviso della facoltà di presentare istanza di concessione di una delle misure alternative alla detenzione specificamente indicate e con l'avviso che, se non presentata o inammissibile, l'esecuzione della pena avrà corso immediato, si è aggiunto che, con l'avviso, il condannato è altresì informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa (avviso contenuto anche nell'ordine di esecuzione ai sensi del modificato comma 3) e che, se il processo si è svolto in sua assenza, può, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza, chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato.

Disposizioni transitorie

Se ne è già parlato con riguardo a singole disposizioni inserite, sostituite o modificate

Può essere utile ricapitolare quanto previsto dall'art. 89 d.lgs. 150/2022.

Il comma 1 prevede, anzi tutto, che, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, se, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. (ad oggi il 30 dicembre 2022), è stata già pronunciata ordinanza, in qualsiasi stato e grado del processo, con la quale si è disposto procedersi in assenza dell'imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e le disposizioni di attuazione del medesimo in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato.

Nei procedimenti anzidetti continua, inoltre, ad applicarsi la disposizione dell'art. 159, primo comma, n. 3-bis, c.p. nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del d.lgs., vale a dire sospensione della prescrizione in caso di sospensione del procedimento penale ai sensi dell'art. 420-quater (comma 4) e, se hanno ad oggetto reati commessi dopo il 19 settembre 2021, nel caso di sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell'art. 159, primo comma, n. 3-bis, c.p., si applica la disposizione dell'ultimo comma di detto articolo, come modificata dal d.lgs. (quando è pronunciata la sentenza di cui all'art. 420-quater il corso della prescrizione rimane sospeso sino al momento in cui è rintracciata la persona nei cui confronti è stata pronunciata, ma in ogni caso non può essere superato il doppio dei termini di prescrizione di cui all'art. 157)(comma 5).

I commi 2 e 3, fatti salvi dal comma 1, stabiliscono che:

  • se, prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 150 (30 dicembre 2022), nell'udienza preliminare o nel giudizio di primo grado è stata disposta la sospensione del processo ex art. 420-quater, comma 2, nel testo previgente, e l'imputato non è stato ancora rintracciato, il giudice, anziché disporre nuove ricerche ai sensi del previgente art. 420-quinquies, provvede ai sensi dell'art. 420-quater e si applicano gli artt. 420-quinquies e 420-sexies, come modificati dal d.lgs. 150 (comma 2; a tali procedimenti si applica il sopra indicato comma 5);
  • le disposizioni degli artt. 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022). Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell'art. 175, come modificato dal d.lgs., che hanno introdotto il diritto ad una impugnazione tardiva (comma 3).
Udienza preliminare

Si possono ora prendere in esame le modifiche riguardanti la disciplina dell'udienza preliminare (artt. 416 – 433 c.p.p.), con l'esclusione, naturalmente delle disposizioni già esaminate (artt. da 419 a 420-sexies c.p.p.).

Non senza prima aver ricordato che è stato ampliato il catalogo dei reati a citazione diretta davanti al Tribunale monocratico (v. art. 550, come modificato dall'art. 32, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.

1) Nell'art. 416 c.p.p.è stato abrogato (art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150) il comma 2-bis che prevedeva che la richiesta di rinvio a giudizio, qualora si procedesse per i reati di cui agli artt. 589, secondo comma (omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e 589-bis (omicidio colposo stradale) c.p. doveva essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. Una disposizione, a dir poco, eccentrica se sol si considera che per nessun altro reato il legislatore aveva (e ha) mai sentito la necessità di prevedere termini acceleratori, la cui inosservanza non comportava conseguenze processuali. La previsione utilizzava, inoltre, un linguaggio ‘‘improprio”, posto che la «chiusura delle indagini preliminari» si realizza con il deposito della richiesta di rinvio a giudizio. E così interpretata la disposizione non aveva senso.

2) L'art. 421 c.p.p., dedicato alla discussione nell'udienza preliminare è stato ampiamente rimaneggiato dall'art. 23, comma 1, lett. g).

Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice non dichiara aperta la discussione ma, se rileva una violazione dell'art. 417, comma 1, lett. b), sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l'imputazione. Qualora il pubblico ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero (comma 1).

Il nuovo comma 1-bis prevede, poi, che l'imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice sospende il processo,rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza.

Solo a quel punto (primo periodo del comma 2) il giudice, se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, dichiara aperta la discussione.

3) L'art. 23, comma 1, lett. h), del d.lgs. 150 ha aggiunto un secondo periodo al comma 2 dell'art. 422 c.p.p. per prevedere che il giudice dell'udienza preliminare deve (quando una particolare disposizione di legge lo prevede: v. ad es. artt. 45-bis e 146-bis, commi 1 e 1-bis disp. att.) o può (quando le parti vi consentono) disporre che l'esame si svolga a distanza (modalità e garanzie della partecipazione a distanza sono previste dall'art. 133-ter, introdotto dall'art. 8, comma 1, del d.lgs. anzidetto).

4) Soppressa la contestazione dell'imputazione modificata (la cui disciplina è confluita – come si è visto - nel comma 1-bis dell'art. 421), l'art. 23, comma 1, lett. i), del d.lgs. ha previsto e disciplinato, con i nuovi commi 1-bis e 1-ter dell'art. 423 c.p.p., una nuova importante fase dell'udienza preliminare, quella dedicata al controllo dell'imputazione.

a) La delega al Governo era articolata in due punti:

  • prevedere che, in caso di violazione della disposizione dell'art. 417, comma 1, lett. b) (che impone l'enunciazione, in forma chiara e precisa, dell'imputazione, vale a dire «del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge») il giudice dell'udienza preliminare, sentite le parti, quando il pubblico ministero non provvede alla riformulazione dell'imputazione, dichiari, anche d'ufficio, la nullità e restituisca gli atti;
  • prevedere che, al fine di consentire che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, nonché i relativi articoli di legge, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice dell'udienza preliminare, sentite le parti, ove il pubblico ministero non provveda alle necessarie modifiche, restituisca, anche d'ufficio, gli atti al medesimo.

In altre parole, all'imputazione oscura e imprecisa, se il pubblico ministero, a ciò sollecitato in udienza, non la riformula, consegue la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio. All'imputazione chiara e precisa ma da modificare qualora il fatto risulti diverso da come è descritto, consegue la restituzione degli atti al pubblico ministero qualora il medesimo non provveda in udienza alla modificazione ai sensi dell'art. 423.

b) Il legislatore delegato ha - come si è detto – tradotto la direttiva nei nuovi commi 1-bis e 1-ter.

Il comma 1-bis stabilisce che il giudice dell'udienza preliminare, se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell'imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni.

Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dell'udienza preliminare dispone con ordinanza, anche d'ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero.

Il comma 1-ter prevede, a sua volta, che nei casi di modifica dell'imputazione ai sensi dei commi 1 e 1-bis si applica la già esaminata disposizione di cui all'art. 421, comma 1-bis. In altre parole, l'imputazione modificata è inserita nel verbale dell'udienza ed è contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice dell'udienza preliminare sospende il processo, rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (l'inosservanza di questa previsione dovrebbe dar vita a nullità di ordine generale (art. 178, comma 1, lett. c) a regime intermedio (art. 180).

Analoga disciplina è prevista per il dibattimento dall'art. 520, comma 1, come modificato dal d.lgs. 150. Sono superate, pertanto, le ingiustificate diversità di disciplina da più parti segnalate.

Si ampliano, dunque, scenari promettenti (già aperti da Cass. S.U. 20 dicembre 2007, n. 5307/08, p.m. in proc. Battistella, che ha definito abnorme, quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indeterminatezza dell'imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla, ritenendo, invece, rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell'udienza preliminare ad integrare l'atto imputativo senza che quest'ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell'azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d'indagine, restituendogli gli atti in base all'applicazione analogica dell'art. 521, comma 2) su uno dei compiti fondamentali del giudice perché il processo sia correttamente incardinato: il controllo del capo d'imputazione.

L'imputazione, che dà forma giuridica al fatto, deve essere “chiara” e “precisa” (art. 417, comma 1, lett. b), nonché determinata; solo un'imputazione che abbia questi caratteri circoscrive il potere – dovere di giudicare e spiega all'imputato da cosa deve difendersi.

Alla chiarezza e alla precisionedell'imputazione è vincolato il pubblico ministero e deve aspirare il giudice dell'udienza preliminare, se del caso sollecitando il pubblico ministero ad intervenire sull'imputazione tutte le volte in cui essa non sia chiara e precisa in ogni sua componente.

Ciò per impedire che l'imputazione, o anche solo parte di essa, debba essere cercata negli atti (dal giudice o dall'imputato) e possa poi ritenersi contestata “in fatto”, come troppo spesso accade.

Solo un'imputazione essenziale, nella necessaria completezza, concorre all'attuazione dei principi costituzionali. Un'imputazione oscura, criptica, vaga, generica o anche ridondante, troppo particolareggiata, infarcita, ad esempio, di dati storici non necessari per identificare il fatto o di elementi di prova, complicata ecc. può produrre effetti pregiudizievoli se il giudice dell'udienza preliminare non interviene subito ad invitare il pubblico ministero a provvedere. La chiarezza, la precisione e la determinatezza del capo di imputazione sono l'ineludibile presupposto per un contraddittorio effettivo ed efficace.

Sul punto possono venire in rilievo molte considerazioni. Ad es. l'inopportunità dei capi di imputazione cumulativi, nei quali viene data un'unitaria descrizione dei fatti in concreto contestati, tuttavia con l'indicazione numerica di più norme incriminatrici, nella prospettiva, implicita o dichiarata, del concorso formale o materiale o della continuazione. Scelta descrittiva che produce solo effetti negativi sul seguito, sia in termini di individuazione della porzione di condotta attribuibile alla singola fattispecie incriminatrice (essenziale nei casi di parziale prescrizione o assoluzione ed anche per le implicazioni sulla pena), sia sulla corretta qualificazione dei fatti (anche ai fini della determinazione preventiva dei tempi di prescrizione e della procedibilità), sia sulla redazione del dispositivo. Una redazione autonoma (un capo di imputazione per reato) consentirebbe tra l'altro di cogliere con immediatezza l'effettiva adeguatezza delle singole imputazioni nel contesto complessivo del fatto o dei fatti che in concreto sono ascritti all'imputato. Particolare attenzione deve sempre essere prestata all'individuazione del tempus commissi delicti, in particolare con riferimento ai reati permanenti, a quelli abituali, a quelli a consumazione prolungata e, in generale, a quelli in cui i momenti di perfezione e di consumazione del reato non coincidono.

La giurisprudenza si è già impegnata - come si è detto - sul terreno dell'imputazione mancante o generica, fonte – la prima – di inevitabile nullità assoluta, all'origine – la seconda – di un preventivo dialogo virtuoso tra g.u.p. e p.m. finalizzato a specificarla.

Ma la chiarezza e la precisione che la legge impone al pubblico ministero nella redazione dell'imputazione aprono scenari più vasti che meritano soluzioni drastiche come quella adottata.

Il giudice dell'udienza preliminare ne esce rafforzato e con un'immagine consona all'importanza della funzione, soprattutto se saprà effettuare con rigore e autorevolezza la verifica della “corrispondenza” del fatto e delle circostanze aggravanti contestate a quanto risulta dagli atti dell'indagine.

5) Sull'art. 424 c.p.p., che indica gli epiloghi dell'udienza preliminare, sono sufficienti brevi considerazioni

L'art. 24-bis, introdotto dall'art. 4 del d.lgs. 150 ha previsto, nel comma 1, che la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione «prima della conclusione dell'udienza preliminare» e, nel comma 6, che la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento;

L'art. 33, comma 1, lett. f), del d.lgs. 150 ha inserito nell'art. 585 c.p.p. il comma 1-bis che stabilisce che i termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza.

6) Il nuovo comma 3 dell'art. 425 c.p.p., come modificato dal d.lgs. 150, ha introdotto una nuova regola decisoria (la sentenza di non luogo a procedere va pronunciata «anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»), ribadendola per l'archiviazione nell'art. 408, comma 1 (il pubblico ministero deve presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta di archiviazione «quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»), così superando la preesistente asimmetria tra la regola di giudizio prevista dall'art. 425 e quella indicata per l'archiviazione nell'art. 125 disp. att., e per l'udienza predibattimentale a seguito di citazione diretta a giudizio nell'art. 554-ter, comma 1 («Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna»).

Resta ferma la disposizione secondo cui la sentenza di non luogo a procedere non può essere pronunciata (e l'archiviazione non può essere richiesta) qualora ad essa consegua l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.

La nuova regola va coniugata con le funzioni di controllo attribuite al giudice per le indagini preliminari e al giudice dell'udienza preliminare dal d.lgs. 150 (si vedano, in particolare, gli artt. 335-ter e 335-quater in tema di iscrizione nel registro delle notizie di reato, il già citato art. 408, comma 1, l'art. 414, comma 1, sulla riapertura delle indagini, gli artt. 415-bis, comma 5-quater, e 415-ter in tema di avviso di conclusione delle indagini preliminari ed esercizio dell'azione penale, l'art. 423, commi 1-bis e 1-ter, sul controllo dell'imputazione).

La nuova regola di giudizio è una prognosi probatoria, strutturata sulla colpevolezza. Il giudice dell'udienza preliminare deve interpretare lo spirito di questa previsione e agire di conseguenza. La formula evoca quel “dubbio ragionevole” al di là del quale si situa, secondo l'art. 533, comma 1, l'affermazione che l'imputato è colpevole e la condanna dello stesso.

Oggi le sentenze di non luogo a procedere sono rarità nelle aule giudiziarie. E a ciò contribuisce anche il fatto che il decreto che dispone il giudizio non deve essere motivato, essendo sufficiente la “indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono” (in concreto mancante o incompleta nella maggior parte dei casi).

Sono più di venti anni che il legislatore cerca di trovare la formula efficace per evitare che dall'udienza preliminare approdino al giudizio processi destinati a concludersi con epilogo assolutorio o, più in generale, di proscioglimento.

Ora potrebbe esserci una svolta. Non c'è più spazio perché prove insufficienti o contraddittorie possano determinare l'approdo al giudizio. Come non c'è più spazio per l'abusata formula secondo cui possibili integrazioni dibattimentali potrebbero trasformarle in prove sufficienti e logicamente coerenti.

Il pubblico ministero dovrà fare i conti con il principio di completezza delle indagini se il suo interesse, il suo obiettivo è quello che il processo non si fermi.

Indagini incomplete potrebbero essere sinonimo di insufficienza delle prove, insufficienza da valutare in quel momento, nel momento dell'epilogo dell'udienza preliminare, e sulla base degli atti depositati.

E forse è arrivato il momento per dire che siamo in presenza di una diagnosi (gli elementi acquisiti non sono sufficienti o idonei per arrivare a una condanna) più che, od oltre che, di una prognosi (previsione che gli elementi acquisiti non si riveleranno sufficienti per giungere ad una sentenza di condanna).

I primi commenti sono negativi, pessimistici o perplessi.

Vi è solo da sperare che la mutata formula sortisca l'effetto voluto dal legislatore.

L'adempimento della nuova regola, tuttavia, non potrà essere immediatamente controllato perché - come si è detto - il decreto che dispone il giudizio resta atto per il quale non è richiesta motivazione. Solo un giudice consapevole, rigoroso, autorevole sarà capace di non scegliere la strada (per lui) meno faticosa, che resta quella del rinvio a giudizio.

Così come c'è da sperare in un mutamento di rotta del pubblico ministero che potrebbe così ragionare: se, sulla base degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari, che hanno nella completezza un fondamentale requisito (C. cost. n. 88/1991 e n. 115/2001), non sono stati raccolti sufficienti elementi a carico oppure affiora una plausibile razionale ipotesi alternativa (a maggior ragione se essa si profila attraverso l'adozione di meccanismi, come l'incidente probatorio, di anticipazione della prova), significa che non sono stati acquisiti elementi sufficienti perché l'indagato-imputato sia condannato (diagnosi) o, al limite, non sussiste una ragionevole previsione di condanna (prognosi). E non resta che richiedere l'archiviazione o il proscioglimento. E forse già il codice di rito ci aveva pensato nell'affermare (art. 358) che il pubblico ministero deve svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini; deve setacciare, in termini di completezza, le plausibili razionali ipotesi alternative che possono condurre ad epilogo diverso dall'esercizio dell'azione penale. D'altra parte, se il giudice deve vivere il processo “nel dubbio” sull'incompletezza o inesattezza dei dati informativi, mirando ad accrescere la conoscenza, consapevole dell'enorme portata dei valori coinvolti, perché non deve (può) farlo anche il pubblico ministero nella fase in cui dovrebbe emergere e vedersi la sua imparzialità.

7) Venendo all'art. 428 c.p.p.,che tratta dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, va rilevato che l'inappellabilità è stata estesa, dall'art. 23, comma 1, lett. m), del d.lgs. 150 anche ai delitti puniti con la multa o con pena alternativa. Il nuovo comma 3-quater stabilisce invero: «Sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa».

Identica modifica è stata apportata all'art. 593, comma 1, disposizione generale sull'appellabilità.

Il comma 3 dell'art. 428 prevede che sull'appello decide la Corte di appello in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127. Il richiamo all'art. 127 non si riferisce ai commi 7 e 8 che disciplinano materia già regolata dall'art. 428, segnatamente il provvedimento conclusivo dell'udienza e l'eventuale ricorso contro di esso. Il rinvio all'art. 127 determina una precisa sequenza nel cui ambito se l'imputato chiede di essere sentito ed è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, si provvede (ai sensi comma, come modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150) mediante collegamento a distanza, oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge (ad es. artt. 45-bis e 146-bis, commi 1 e 1-bis), quando l'interessato vi consente (modalità e garanzie sono previste nell'art. 133-ter). In caso contrario, l'interessato è sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo.

Sull'impugnazione contro la decisione della Corte di appello, la Corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 611 (comma 3-ter). Anche l'art. 611 c.p.p. è stato riscritto dal d.lgs. 150.

In sintesi, e per quanto qui interessa, la Corte provvede in camera di consiglio in deroga a quanto previsto dall'art. 127 e giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica (comma 1).

Il procuratore e i difensori possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi, tra i quali quello in esame, per i quali la legge prevede la trattazione con l'osservanza delle forme previste dall'art. 127 (comma 2-bis).

Le richieste sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la Corte dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione del procuratore e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento agli stessi, indicando che il ricorso sarà trattato in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 (comma 2-ter).

La Corte, se ritiene la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, può disporre anche d'ufficio la trattazione del ricorso in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore e dei difensori, dandone comunicazione ai medesimi mediante l'avviso di fissazione dell'udienza (comma 2-quater).

L'avviso di fissazione dell'udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell'udienza e i termini di cui ai commi 1 e 2-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica (comma 2-quinquies).

Infine, la Corte, se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l'avviso di fissazione della nuova udienza (comma 2-sexies).

Come si è detto, il comma 3-quater dell'art. 428 dispone che «sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa». Il rimedio previsto è quello del ricorso per cassazione. Il procedimento è quello sopraindicato... Va osservato, peraltro, che l'azione penale per i suddetti reati [tra i delitti vanno ricordati l'omissione di atti d'ufficio (art. 328, comma 2, c.p.); la violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (art. 335 c.p.); l'astensione dagli incanti (art. 354 c.p.); l'omessa denuncia di reato da parte del cittadino (art. 364 c.p.); il rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.); l'evasione per colpa del custode (art. 387 c.p.); la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.); l'adulterazione o contraffazione in danno della pubblica salute di cose destinate al commercio, diverse dalle sostanze alimentari (art. 441 c.p.); l'omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (art. 451 c.p.); la frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.); maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.); la violazione degli obblighi di assistenza familiare (artt. 570, c. 1, e 570-bis c.p.); le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.); l'omissione di soccorso (art. 593 c.p.); la propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa (art. 604-bis, c. 1, lett. a), c.p.); la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616, c. 1, c.p.); la rivelazione del contenuto di corrispondenza (art. 618 c.p.); l'insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.)] è esercitata con citazione diretta a giudizio (art. 550). Non è, quindi, prevista udienza preliminare, a meno che il pubblico ministero., in presenza di più imputazioni alcune delle quali impongano che l'azione penale sia promossa con richiesta di rinvio a giudizio, proceda in tal senso (art. 551). L'epilogo dell'udienza preliminare con pronuncia della sentenza di non luogo a procedere determina in tal caso una diversificazione del mezzo di impugnazione: ricorso per cassazione per le imputazioni relative ai reati anzidetti; l'appello per tutte le altre. In tale evenienza è possibile, sussistendo tra le diverse imputazioni la connessione di cui all'art. 12, che il ricorso per cassazione si converta nell'appello (art. 580).

8) Quanto all'art. 429 c.p.p., il decreto che dispone il giudizio contiene ora anche l'avviso, all'imputato e alla persona offesa, della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa (v. art. 129-bis) (comma 1, lett. d-bis, lettera aggiunta dall'art. 23, comma 1, lett. n), n. 1, del d.lgs. 150).

Il decreto che dispone il giudizio contiene, inoltre, il dispositivo, con:

  • l'indicazione del giudice competente per il giudizio(comma 1, lett. e);
  • l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento (comma 1, lett. f), così riscritta dall'art. 23, comma 1, lett. n), n. 2. del d.lgs. 150), ricordando, inoltre, che l'art. 132, comma 1, disp. att. stabilisce che, quando il tribunale o la corte d'assise e (e per l'effetto del rinvio operato dall'art. 598, la corte di appello e la corte di assise di appello) sono divisi in sezioni, il decreto che dispone il giudizio deve indicare anche la sezione davanti alla quale le parti devono comparire.

Il comma 2-bis, inserito dalla l. 12 aprile 2019, n. 33, che si applicava ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore di detta legge (20 aprile 2019) e che prevedeva che il decreto che dispone il giudizio contenesse anche l'avviso che l'imputato poteva chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura o dalla notifica del provvedimento con il quale il giudice, che procedeva per delitto punito con la pena dell'ergastolo, aveva dato al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, è stato abrogato dall'art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.

Pure il comma 4 (che riguardava anche la persona offesa dal reato non presente alla lettura del provvedimento) è stato abrogato, in coordinamento con la nuova disciplina dell'assenza dell'imputato (artt. 420 ss.), dall'art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.

Così come è stato abrogato, dall'art. 98, comma 1, lett. b), il comma 1 dell'art. 133 disp. att. che prevedeva la notificazione del decreto che dispone il giudizio anche alle altre parti private non presenti all'udienza preliminare.

Si ricordi, peraltro, che il difensore delle parti private diverse dall'imputato è loro domiciliatario ex lege (v. artt. 100, comma 5, e 154, comma 4).

È rimasto inalterato, invece, il comma 1-bis che prevede che il decreto sia comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza quando è emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità) e 320 c.p. (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e dell'art. 3 l. 9 dicembre 1941, n. 1383, che incrimina peculato, collusione e altri fatti commessi da militari della Guardia di Finanza.

La dichiarazione di assenza dell'imputato, la rappresentanza del difensore in caso di dichiarazione di assenza (art. 420-bis, comma 4) e la disposizione contenuta nel nuovo comma 2-ter dell'art. 420, secondo la quale è considerato presente ed è rappresentato dal difensore sia l'imputato che, dopo essere comparso, si sia allontanato dall'aula di udienza o che, presente ad una udienza, non sia comparso alle successive, sia l'imputato che abbia richiesto per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che sia rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale, la previsione della pronuncia di sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza del processo da parte dell'imputato (nuovo art. 420-quater) riducono in modo drastico le ipotesi di nullità del decreto che dispone il giudizio.

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