Si possono ora prendere in esame le modifiche riguardanti la disciplina dell'udienza preliminare (artt. 416 – 433 c.p.p.), con l'esclusione, naturalmente delle disposizioni già esaminate (artt. da 419 a 420-sexies c.p.p.).
Non senza prima aver ricordato che è stato ampliato il catalogo dei reati a citazione diretta davanti al Tribunale monocratico (v. art. 550, come modificato dall'art. 32, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.
1) Nell'art. 416 c.p.p.è stato abrogato (art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150) il comma 2-bis che prevedeva che la richiesta di rinvio a giudizio, qualora si procedesse per i reati di cui agli artt. 589, secondo comma (omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e 589-bis (omicidio colposo stradale) c.p. doveva essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. Una disposizione, a dir poco, eccentrica se sol si considera che per nessun altro reato il legislatore aveva (e ha) mai sentito la necessità di prevedere termini acceleratori, la cui inosservanza non comportava conseguenze processuali. La previsione utilizzava, inoltre, un linguaggio ‘‘improprio”, posto che la «chiusura delle indagini preliminari» si realizza con il deposito della richiesta di rinvio a giudizio. E così interpretata la disposizione non aveva senso.
2) L'art. 421 c.p.p., dedicato alla discussione nell'udienza preliminare è stato ampiamente rimaneggiato dall'art. 23, comma 1, lett. g).
Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice non dichiara aperta la discussione ma, se rileva una violazione dell'art. 417, comma 1, lett. b), sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l'imputazione. Qualora il pubblico ministero non provveda, il giudice, sentite le parti, dichiara anche d'ufficio la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero (comma 1).
Il nuovo comma 1-bis prevede, poi, che l'imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza e contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice sospende il processo,rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza.
Solo a quel punto (primo periodo del comma 2) il giudice, se non dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, dichiara aperta la discussione.
3) L'art. 23, comma 1, lett. h), del d.lgs. 150 ha aggiunto un secondo periodo al comma 2 dell'art. 422 c.p.p. per prevedere che il giudice dell'udienza preliminare deve (quando una particolare disposizione di legge lo prevede: v. ad es. artt. 45-bis e 146-bis, commi 1 e 1-bis disp. att.) o può (quando le parti vi consentono) disporre che l'esame si svolga a distanza (modalità e garanzie della partecipazione a distanza sono previste dall'art. 133-ter, introdotto dall'art. 8, comma 1, del d.lgs. anzidetto).
4) Soppressa la contestazione dell'imputazione modificata (la cui disciplina è confluita – come si è visto - nel comma 1-bis dell'art. 421), l'art. 23, comma 1, lett. i), del d.lgs. ha previsto e disciplinato, con i nuovi commi 1-bis e 1-ter dell'art. 423 c.p.p., una nuova importante fase dell'udienza preliminare, quella dedicata al controllo dell'imputazione.
a) La delega al Governo era articolata in due punti:
- prevedere che, in caso di violazione della disposizione dell'art. 417, comma 1, lett. b) (che impone l'enunciazione, in forma chiara e precisa, dell'imputazione, vale a dire «del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge») il giudice dell'udienza preliminare, sentite le parti, quando il pubblico ministero non provvede alla riformulazione dell'imputazione, dichiari, anche d'ufficio, la nullità e restituisca gli atti;
- prevedere che, al fine di consentire che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, nonché i relativi articoli di legge, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice dell'udienza preliminare, sentite le parti, ove il pubblico ministero non provveda alle necessarie modifiche, restituisca, anche d'ufficio, gli atti al medesimo.
In altre parole, all'imputazione oscura e imprecisa, se il pubblico ministero, a ciò sollecitato in udienza, non la riformula, consegue la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio. All'imputazione chiara e precisa ma da modificare qualora il fatto risulti diverso da come è descritto, consegue la restituzione degli atti al pubblico ministero qualora il medesimo non provveda in udienza alla modificazione ai sensi dell'art. 423.
b) Il legislatore delegato ha - come si è detto – tradotto la direttiva nei nuovi commi 1-bis e 1-ter.
Il comma 1-bis stabilisce che il giudice dell'udienza preliminare, se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell'imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni.
Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dell'udienza preliminare dispone con ordinanza, anche d'ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero.
Il comma 1-ter prevede, a sua volta, che nei casi di modifica dell'imputazione ai sensi dei commi 1 e 1-bis si applica la già esaminata disposizione di cui all'art. 421, comma 1-bis. In altre parole, l'imputazione modificata è inserita nel verbale dell'udienza ed è contestata all'imputato se presente in aula, anche mediante collegamento a distanza. In caso contrario, il giudice dell'udienza preliminare sospende il processo, rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (l'inosservanza di questa previsione dovrebbe dar vita a nullità di ordine generale (art. 178, comma 1, lett. c) a regime intermedio (art. 180).
Analoga disciplina è prevista per il dibattimento dall'art. 520, comma 1, come modificato dal d.lgs. 150. Sono superate, pertanto, le ingiustificate diversità di disciplina da più parti segnalate.
Si ampliano, dunque, scenari promettenti (già aperti da Cass. S.U. 20 dicembre 2007, n. 5307/08, p.m. in proc. Battistella, che ha definito abnorme, quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indeterminatezza dell'imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla, ritenendo, invece, rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell'udienza preliminare ad integrare l'atto imputativo senza che quest'ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell'azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d'indagine, restituendogli gli atti in base all'applicazione analogica dell'art. 521, comma 2) su uno dei compiti fondamentali del giudice perché il processo sia correttamente incardinato: il controllo del capo d'imputazione.
L'imputazione, che dà forma giuridica al fatto, deve essere “chiara” e “precisa” (art. 417, comma 1, lett. b), nonché determinata; solo un'imputazione che abbia questi caratteri circoscrive il potere – dovere di giudicare e spiega all'imputato da cosa deve difendersi.
Alla chiarezza e alla precisionedell'imputazione è vincolato il pubblico ministero e deve aspirare il giudice dell'udienza preliminare, se del caso sollecitando il pubblico ministero ad intervenire sull'imputazione tutte le volte in cui essa non sia chiara e precisa in ogni sua componente.
Ciò per impedire che l'imputazione, o anche solo parte di essa, debba essere cercata negli atti (dal giudice o dall'imputato) e possa poi ritenersi contestata “in fatto”, come troppo spesso accade.
Solo un'imputazione essenziale, nella necessaria completezza, concorre all'attuazione dei principi costituzionali. Un'imputazione oscura, criptica, vaga, generica o anche ridondante, troppo particolareggiata, infarcita, ad esempio, di dati storici non necessari per identificare il fatto o di elementi di prova, complicata ecc. può produrre effetti pregiudizievoli se il giudice dell'udienza preliminare non interviene subito ad invitare il pubblico ministero a provvedere. La chiarezza, la precisione e la determinatezza del capo di imputazione sono l'ineludibile presupposto per un contraddittorio effettivo ed efficace.
Sul punto possono venire in rilievo molte considerazioni. Ad es. l'inopportunità dei capi di imputazione cumulativi, nei quali viene data un'unitaria descrizione dei fatti in concreto contestati, tuttavia con l'indicazione numerica di più norme incriminatrici, nella prospettiva, implicita o dichiarata, del concorso formale o materiale o della continuazione. Scelta descrittiva che produce solo effetti negativi sul seguito, sia in termini di individuazione della porzione di condotta attribuibile alla singola fattispecie incriminatrice (essenziale nei casi di parziale prescrizione o assoluzione ed anche per le implicazioni sulla pena), sia sulla corretta qualificazione dei fatti (anche ai fini della determinazione preventiva dei tempi di prescrizione e della procedibilità), sia sulla redazione del dispositivo. Una redazione autonoma (un capo di imputazione per reato) consentirebbe tra l'altro di cogliere con immediatezza l'effettiva adeguatezza delle singole imputazioni nel contesto complessivo del fatto o dei fatti che in concreto sono ascritti all'imputato. Particolare attenzione deve sempre essere prestata all'individuazione del tempus commissi delicti, in particolare con riferimento ai reati permanenti, a quelli abituali, a quelli a consumazione prolungata e, in generale, a quelli in cui i momenti di perfezione e di consumazione del reato non coincidono.
La giurisprudenza si è già impegnata - come si è detto - sul terreno dell'imputazione mancante o generica, fonte – la prima – di inevitabile nullità assoluta, all'origine – la seconda – di un preventivo dialogo virtuoso tra g.u.p. e p.m. finalizzato a specificarla.
Ma la chiarezza e la precisione che la legge impone al pubblico ministero nella redazione dell'imputazione aprono scenari più vasti che meritano soluzioni drastiche come quella adottata.
Il giudice dell'udienza preliminare ne esce rafforzato e con un'immagine consona all'importanza della funzione, soprattutto se saprà effettuare con rigore e autorevolezza la verifica della “corrispondenza” del fatto e delle circostanze aggravanti contestate a quanto risulta dagli atti dell'indagine.
5) Sull'art. 424 c.p.p., che indica gli epiloghi dell'udienza preliminare, sono sufficienti brevi considerazioni
L'art. 24-bis, introdotto dall'art. 4 del d.lgs. 150 ha previsto, nel comma 1, che la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione «prima della conclusione dell'udienza preliminare» e, nel comma 6, che la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento;
L'art. 33, comma 1, lett. f), del d.lgs. 150 ha inserito nell'art. 585 c.p.p. il comma 1-bis che stabilisce che i termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza.
6) Il nuovo comma 3 dell'art. 425 c.p.p., come modificato dal d.lgs. 150, ha introdotto una nuova regola decisoria (la sentenza di non luogo a procedere va pronunciata «anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»), ribadendola per l'archiviazione nell'art. 408, comma 1 (il pubblico ministero deve presentare al giudice per le indagini preliminari richiesta di archiviazione «quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»), così superando la preesistente asimmetria tra la regola di giudizio prevista dall'art. 425 e quella indicata per l'archiviazione nell'art. 125 disp. att., e per l'udienza predibattimentale a seguito di citazione diretta a giudizio nell'art. 554-ter, comma 1 («Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna»).
Resta ferma la disposizione secondo cui la sentenza di non luogo a procedere non può essere pronunciata (e l'archiviazione non può essere richiesta) qualora ad essa consegua l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.
La nuova regola va coniugata con le funzioni di controllo attribuite al giudice per le indagini preliminari e al giudice dell'udienza preliminare dal d.lgs. 150 (si vedano, in particolare, gli artt. 335-ter e 335-quater in tema di iscrizione nel registro delle notizie di reato, il già citato art. 408, comma 1, l'art. 414, comma 1, sulla riapertura delle indagini, gli artt. 415-bis, comma 5-quater, e 415-ter in tema di avviso di conclusione delle indagini preliminari ed esercizio dell'azione penale, l'art. 423, commi 1-bis e 1-ter, sul controllo dell'imputazione).
La nuova regola di giudizio è una prognosi probatoria, strutturata sulla colpevolezza. Il giudice dell'udienza preliminare deve interpretare lo spirito di questa previsione e agire di conseguenza. La formula evoca quel “dubbio ragionevole” al di là del quale si situa, secondo l'art. 533, comma 1, l'affermazione che l'imputato è colpevole e la condanna dello stesso.
Oggi le sentenze di non luogo a procedere sono rarità nelle aule giudiziarie. E a ciò contribuisce anche il fatto che il decreto che dispone il giudizio non deve essere motivato, essendo sufficiente la “indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono” (in concreto mancante o incompleta nella maggior parte dei casi).
Sono più di venti anni che il legislatore cerca di trovare la formula efficace per evitare che dall'udienza preliminare approdino al giudizio processi destinati a concludersi con epilogo assolutorio o, più in generale, di proscioglimento.
Ora potrebbe esserci una svolta. Non c'è più spazio perché prove insufficienti o contraddittorie possano determinare l'approdo al giudizio. Come non c'è più spazio per l'abusata formula secondo cui possibili integrazioni dibattimentali potrebbero trasformarle in prove sufficienti e logicamente coerenti.
Il pubblico ministero dovrà fare i conti con il principio di completezza delle indagini se il suo interesse, il suo obiettivo è quello che il processo non si fermi.
Indagini incomplete potrebbero essere sinonimo di insufficienza delle prove, insufficienza da valutare in quel momento, nel momento dell'epilogo dell'udienza preliminare, e sulla base degli atti depositati.
E forse è arrivato il momento per dire che siamo in presenza di una diagnosi (gli elementi acquisiti non sono sufficienti o idonei per arrivare a una condanna) più che, od oltre che, di una prognosi (previsione che gli elementi acquisiti non si riveleranno sufficienti per giungere ad una sentenza di condanna).
I primi commenti sono negativi, pessimistici o perplessi.
Vi è solo da sperare che la mutata formula sortisca l'effetto voluto dal legislatore.
L'adempimento della nuova regola, tuttavia, non potrà essere immediatamente controllato perché - come si è detto - il decreto che dispone il giudizio resta atto per il quale non è richiesta motivazione. Solo un giudice consapevole, rigoroso, autorevole sarà capace di non scegliere la strada (per lui) meno faticosa, che resta quella del rinvio a giudizio.
Così come c'è da sperare in un mutamento di rotta del pubblico ministero che potrebbe così ragionare: se, sulla base degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari, che hanno nella completezza un fondamentale requisito (C. cost. n. 88/1991 e n. 115/2001), non sono stati raccolti sufficienti elementi a carico oppure affiora una plausibile razionale ipotesi alternativa (a maggior ragione se essa si profila attraverso l'adozione di meccanismi, come l'incidente probatorio, di anticipazione della prova), significa che non sono stati acquisiti elementi sufficienti perché l'indagato-imputato sia condannato (diagnosi) o, al limite, non sussiste una ragionevole previsione di condanna (prognosi). E non resta che richiedere l'archiviazione o il proscioglimento. E forse già il codice di rito ci aveva pensato nell'affermare (art. 358) che il pubblico ministero deve svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini; deve setacciare, in termini di completezza, le plausibili razionali ipotesi alternative che possono condurre ad epilogo diverso dall'esercizio dell'azione penale. D'altra parte, se il giudice deve vivere il processo “nel dubbio” sull'incompletezza o inesattezza dei dati informativi, mirando ad accrescere la conoscenza, consapevole dell'enorme portata dei valori coinvolti, perché non deve (può) farlo anche il pubblico ministero nella fase in cui dovrebbe emergere e vedersi la sua imparzialità.
7) Venendo all'art. 428 c.p.p.,che tratta dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, va rilevato che l'inappellabilità è stata estesa, dall'art. 23, comma 1, lett. m), del d.lgs. 150 anche ai delitti puniti con la multa o con pena alternativa. Il nuovo comma 3-quater stabilisce invero: «Sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa».
Identica modifica è stata apportata all'art. 593, comma 1, disposizione generale sull'appellabilità.
Il comma 3 dell'art. 428 prevede che sull'appello decide la Corte di appello in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 127. Il richiamo all'art. 127 non si riferisce ai commi 7 e 8 che disciplinano materia già regolata dall'art. 428, segnatamente il provvedimento conclusivo dell'udienza e l'eventuale ricorso contro di esso. Il rinvio all'art. 127 determina una precisa sequenza nel cui ambito se l'imputato chiede di essere sentito ed è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, si provvede (ai sensi comma, come modificato dall'art. 7, comma 1, lett. b), del d.lgs. 150) mediante collegamento a distanza, oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge (ad es. artt. 45-bis e 146-bis, commi 1 e 1-bis), quando l'interessato vi consente (modalità e garanzie sono previste nell'art. 133-ter). In caso contrario, l'interessato è sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo.
Sull'impugnazione contro la decisione della Corte di appello, la Corte di cassazione decide in camera di consiglio con le forme previste dall'art. 611 (comma 3-ter). Anche l'art. 611 c.p.p. è stato riscritto dal d.lgs. 150.
In sintesi, e per quanto qui interessa, la Corte provvede in camera di consiglio in deroga a quanto previsto dall'art. 127 e giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica (comma 1).
Il procuratore e i difensori possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi, tra i quali quello in esame, per i quali la legge prevede la trattazione con l'osservanza delle forme previste dall'art. 127 (comma 2-bis).
Le richieste sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la Corte dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione del procuratore e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento agli stessi, indicando che il ricorso sarà trattato in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 (comma 2-ter).
La Corte, se ritiene la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, può disporre anche d'ufficio la trattazione del ricorso in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore e dei difensori, dandone comunicazione ai medesimi mediante l'avviso di fissazione dell'udienza (comma 2-quater).
L'avviso di fissazione dell'udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell'udienza e i termini di cui ai commi 1 e 2-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica (comma 2-quinquies).
Infine, la Corte, se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l'avviso di fissazione della nuova udienza (comma 2-sexies).
Come si è detto, il comma 3-quater dell'art. 428 dispone che «sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa». Il rimedio previsto è quello del ricorso per cassazione. Il procedimento è quello sopraindicato... Va osservato, peraltro, che l'azione penale per i suddetti reati [tra i delitti vanno ricordati l'omissione di atti d'ufficio (art. 328, comma 2, c.p.); la violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (art. 335 c.p.); l'astensione dagli incanti (art. 354 c.p.); l'omessa denuncia di reato da parte del cittadino (art. 364 c.p.); il rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.); l'evasione per colpa del custode (art. 387 c.p.); la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.); l'adulterazione o contraffazione in danno della pubblica salute di cose destinate al commercio, diverse dalle sostanze alimentari (art. 441 c.p.); l'omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (art. 451 c.p.); la frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.); maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.); la violazione degli obblighi di assistenza familiare (artt. 570, c. 1, e 570-bis c.p.); le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.); l'omissione di soccorso (art. 593 c.p.); la propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa (art. 604-bis, c. 1, lett. a), c.p.); la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616, c. 1, c.p.); la rivelazione del contenuto di corrispondenza (art. 618 c.p.); l'insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.)] è esercitata con citazione diretta a giudizio (art. 550). Non è, quindi, prevista udienza preliminare, a meno che il pubblico ministero., in presenza di più imputazioni alcune delle quali impongano che l'azione penale sia promossa con richiesta di rinvio a giudizio, proceda in tal senso (art. 551). L'epilogo dell'udienza preliminare con pronuncia della sentenza di non luogo a procedere determina in tal caso una diversificazione del mezzo di impugnazione: ricorso per cassazione per le imputazioni relative ai reati anzidetti; l'appello per tutte le altre. In tale evenienza è possibile, sussistendo tra le diverse imputazioni la connessione di cui all'art. 12, che il ricorso per cassazione si converta nell'appello (art. 580).
8) Quanto all'art. 429 c.p.p., il decreto che dispone il giudizio contiene ora anche l'avviso, all'imputato e alla persona offesa, della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa (v. art. 129-bis) (comma 1, lett. d-bis, lettera aggiunta dall'art. 23, comma 1, lett. n), n. 1, del d.lgs. 150).
Il decreto che dispone il giudizio contiene, inoltre, il dispositivo, con:
- l'indicazione del giudice competente per il giudizio(comma 1, lett. e);
- l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della prosecuzione del processo davanti al giudice del dibattimento (comma 1, lett. f), così riscritta dall'art. 23, comma 1, lett. n), n. 2. del d.lgs. 150), ricordando, inoltre, che l'art. 132, comma 1, disp. att. stabilisce che, quando il tribunale o la corte d'assise e (e per l'effetto del rinvio operato dall'art. 598, la corte di appello e la corte di assise di appello) sono divisi in sezioni, il decreto che dispone il giudizio deve indicare anche la sezione davanti alla quale le parti devono comparire.
Il comma 2-bis, inserito dalla l. 12 aprile 2019, n. 33, che si applicava ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore di detta legge (20 aprile 2019) e che prevedeva che il decreto che dispone il giudizio contenesse anche l'avviso che l'imputato poteva chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura o dalla notifica del provvedimento con il quale il giudice, che procedeva per delitto punito con la pena dell'ergastolo, aveva dato al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, è stato abrogato dall'art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.
Pure il comma 4 (che riguardava anche la persona offesa dal reato non presente alla lettura del provvedimento) è stato abrogato, in coordinamento con la nuova disciplina dell'assenza dell'imputato (artt. 420 ss.), dall'art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. 150.
Così come è stato abrogato, dall'art. 98, comma 1, lett. b), il comma 1 dell'art. 133 disp. att. che prevedeva la notificazione del decreto che dispone il giudizio anche alle altre parti private non presenti all'udienza preliminare.
Si ricordi, peraltro, che il difensore delle parti private diverse dall'imputato è loro domiciliatario ex lege (v. artt. 100, comma 5, e 154, comma 4).
È rimasto inalterato, invece, il comma 1-bis che prevede che il decreto sia comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza quando è emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità) e 320 c.p. (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e dell'art. 3 l. 9 dicembre 1941, n. 1383, che incrimina peculato, collusione e altri fatti commessi da militari della Guardia di Finanza.
La dichiarazione di assenza dell'imputato, la rappresentanza del difensore in caso di dichiarazione di assenza (art. 420-bis, comma 4) e la disposizione contenuta nel nuovo comma 2-ter dell'art. 420, secondo la quale è considerato presente ed è rappresentato dal difensore sia l'imputato che, dopo essere comparso, si sia allontanato dall'aula di udienza o che, presente ad una udienza, non sia comparso alle successive, sia l'imputato che abbia richiesto per iscritto, nel rispetto delle forme di legge, di essere ammesso ad un procedimento speciale o che sia rappresentato in udienza da un procuratore speciale nominato per la richiesta di un procedimento speciale, la previsione della pronuncia di sentenza di non luogo a procedere per mancata conoscenza del processo da parte dell'imputato (nuovo art. 420-quater) riducono in modo drastico le ipotesi di nullità del decreto che dispone il giudizio.