Esclusione per giusta causa del socio di s.r.l.

Daniele Fico
26 Giugno 2023

Il contributo indaga la portata dell'art. 2473-bis c.c., che disciplina l'esclusione per giusta causa del socio dalle società a responsabilità limitata, esaminando una particolare fattispecie in cui il socio è una s.r.l.

Una società a responsabilità limitata (Alfa) ha tra i propri soci un'altra s.r.l. (Beta): si chiede se, a seguito del mutamento della compagine societaria di quest'ultima, si possa procedere all'esclusione della società-socia Beta da Alfa.

L'art. 2473-bis c.c. consente ai soci di prevedere nell'atto costitutivo “specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio”, chiara espressione del carattere personale di tale modello societario, dove la figura del socio rappresenta il prius logico giuridico.

La giusta causa presuppone la violazione di obblighi idonea a minare l'affectio societatis e a rendere incompatibile la permanenza del socio nella società, incidendo sullo svolgimento regolare del rapporto sociale. Le fattispecie di esclusione devono quindi avere attinenza con la persona del socio ed il loro verificarsi deve generare un pregiudizio per l'efficiente svolgimento dell'attività della società. In tale ottica, è stato osservato che, come nelle società personali, anche per le s.r.l. deve trattarsi di cause riconducibili al duplice genere dell'inadempimento ai doveri sociali e della sopravvenuta impossibilità del loro adempimento.

A ben vedere, la richiesta contenuta nel suddetto art. 2473-bis c.c. comporta, da un lato, che, in assenza di una espressa manifestazione di volontà negoziale da parte dei soci, l'opzione per il tipo società a responsabilità limitata non permetterà alla società di avvalersi della esclusione in presenza di comportamento inadempiente o non corretto del socio; dall'altro, che i soci non devono limitarsi ad inserire nell'atto costitutivo previsioni generiche di estromissione dovendo, al contrario, specificare il contenuto delle relative clausole. Una causa di estromissione generica, infatti, pare inammissibile, non soltanto alla luce dell'interpretazione letterale del già citato art. 2473-bis c.c., ma anche sulla base della considerazione che la previsione di un diritto assoluto di esclusione potrebbe favorire abusi, attribuendo alla maggioranza uno strumento di sopraffazione.

In termini generali, le clausole statutarie di esclusione possono ricondursi essenzialmente alle seguenti due tipologie:

- clausole soggettive, inerenti allo status personale del socio rappresentate dalla sopravvenuta incapacità legale derivante dallainterdizione, inabilitazione, fallimentoo condanna penale;

- clausole oggettive, attinenti invece ad inadempimenti del socio alleobbligazioni legali e contrattuali (diversi dagli obblighi di conferimento, il cui inadempimento costituisce una causa legale di esclusione ex art. 2466 c.c.), come, ad esempio, la violazione del divieto di concorrenza, la violazione del dovere di correttezza e buona fede del socio durante il controllo ex art. 2476 c.c., l'assenza ingiustificata a decisioni assembleari essenziali, come l'approvazione del bilancio.

In mancanza, pertanto, di una specifica clausola statutaria non è consentita l'esclusione del socio dalla s.r.l. Nel caso di specie, comunque, si ritiene non ammissibile una clausola che prevede l'esclusione del socio persona giuridica per modifiche della compagine sociale in quanto non derivanti da inadempimenti legati ad obblighi legali e contrattuali.

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