Diritti particolari del socio nella s.r.l.

Davide Mascagni
27 Gennaio 2016

Il terzo comma dell'art. 2468 c.c. prevede la possibilità che l'atto costitutivo attribuisca a singoli soci di società a responsabilità limitata "particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili". La previsione rappresenta un'eccezione alla spettanza dei diritti sociali in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta nella società (art. 2468 comma 2 c.c.). Essa trova adeguata collocazione nell'ambito dell'autonomia concessa dalla riforma del diritto societario di configurare, con l'atto costitutivo, i profili di rilevanza di ciascun socio nell'organizzazione dell'esercizio dell'attività d'impresa.
Inquadramento

Il terzo comma dell'articolo 2468 c.c. prevede la possibilità che l'atto costitutivo attribuisca a singoli soci di società a responsabilità limitata "particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili".

La previsione rappresenta un'eccezione alla spettanza dei diritti sociali in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta nella società (art. 2468 comma 2 c.c.). Essa trova adeguata collocazione nell'ambito dell'autonomia concessa dalla riforma del diritto societario di configurare, con l'atto costitutivo, i profili di rilevanza di ciascun socio nell'organizzazione dell'esercizio dell'attività d'impresa. Esprime, in altri termini, lo spiccato rilievo personalistico caratterizzante il tipo sociale a responsabilità limitata e realizza la valorizzazione della persona del socio e del ruolo del singolo nell'organizzazione della società (G. Zanarone, Il ruolo del tipo societario dopo la riforma, in Abbadessa, Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, I, 2006, 88).

Le regole di tutela avverso la modificazione o la soppressione dei diritti in commento (artt. 2468 comma 4 e 2473 comma 1 c.c.), applicabili - quanto alla previsione dell'unanimità dei consensi - anche alle ipotesi d'introduzione successiva alla costituzione della società di tali prerogative, testimoniano di come la previsione di cui all'art. 2468 comma 3 c.c. sia connotata, però, anche da un non trascurabile rilievo organizzativo (A. Daccò, I diritti particolari del socio nelle s.r.l., in Abbadessa, Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, III, 2006, 396).

Apparirebbe fuorviante, per molti aspetti, qualificare i particolari diritti dei soci alla stregua di diritti idonei a soddisfare interessi meramente individuali. Essi garantirebbero, al contrario, il soddisfacimento di aspirazioni di gruppo e d'istanze comuni a tutti i consociati. Il riconoscimento, a favore di solo alcuni tra i soci, di particolari diritti patrimoniali o amministrativi, concorrerebbe, in altre parole, a stabilite le regole di funzionamento e di organizzazione dell'ente. Tale attribuzione risulterebbe idonea a realizzare, accanto a quello individuale, un interesse di tipo sociale.

La concessione di particolari diritti patrimoniali o amministrativi contribuirebbe, in sintesi, a delineare gli assetti organizzativi della società. La premessa appare doverosa e di ciò occorre tener conto al fine d'integrare la disciplina di legge, colmando in via interpretativa alcune delle lacune poste all'attenzione degli operatori del diritto.

Diritti amministrativi

Tra i particolari diritti amministrativi attribuibili ai soci rientrano quelle facoltà propriamente gestorie che caratterizzano l'amministrazione dell'ente (con eccezione delle ipotesi in ogni caso rimesse alla competenza dell'organo amministrativo ex art. 2475 c. 5 c.c.).

In tale ambito, tra le ipotesi più frequentemente oggetto di valutazione, risulterebbe ammissibile la rimessione al socio dell'emanazione di specifiche direttive vincolanti, seguite dall'assunzione della decisione formale e dalla successiva esecuzione della medesima da parte dell'organo amministrativo (adempimento da ritenersi irrifiutabile per l'organo gestorio, salvo che la predetta attività esponga gli amministratori a responsabilità), ovvero di semplici pareri, non vincolanti ma comunque idonei, se ingiustamente disattesi dagli amministratori, a fondare eventuali successive azioni di responsabilità, ovvero la loro revoca per giusta causa. Potrebbe essere previsto, con un'attività idonea ad integrare ex post quella del management, che il singolo sia chiamato ad approvare specifici progetti gestori o atti di amministrazione intrapresi dai manager. In via estensiva, però, potrebbe ritenersi delegabile al socio ogni prerogativa direttamente o indirettamente riguardante l'amministrazione della società (L. A. Bianchi e A. Feller, Articolo 2468 – Quote di partecipazione, in L. A. Bianchi, Società a responsabilità limitata, in P. Marchetti, L. A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari (diretto da), Commentario alla riforma delle società, Milano, 2008, 324).

Tra queste, fattispecie che ha suscitato non irrilevante dibattito è quella dell'attribuzione al socio di un diritto di voto più che proporzionale rispetto alla partecipazione sociale detenuta per quelle decisioni rilevanti per l'organizzazione amministrativa dell'ente.

Da un parte si è ritenuta l'inderogabilità della previsione di cui all'art. 2479 comma 5 c.c.. Dall'altra, si è sostenuto che la previsione speciale di cui all'art. 2468 comma 3 c.c., di per sé idonea a derogare alla normale spettanza proporzionale dei diritti sociali ai soci, potesse riferirsi anche al diritto di voto (G. Zanarone, Della società a responsabilità limitata, tomo I, Art. 2468 – Quote di partecipazione, in P. Schlesinger (fondato e già diretto da) e F. D. Busnelli (continuato da), Il Codice Civile - Commentario, Milano, 2010, 528).

Tale ultima posizione, che ripropone quanto già ritenuto ammissibile nelle società di persone, pare rafforzata dalla possibilità di emettere, nella s.p.a., azioni a voto plurimo. Alla luce della tendenza all'arretramento dei vincoli all'autonomia contrattuale espressa anche in tema di società azionarie dal legislatore, la facoltà d'incidere più che proporzionalmente rispetto alla partecipazione detenuta nelle decisioni assembleari a rilevanza gestoria dovrebbe ritenersi con minor incertezza lecita. Tanto presupposto, occorrerebbe chiedersi se tale diritto possa riguardare tutte le decisioni a rilievo amministrativo rimesse ai soci o se ve ne siano di idonee a rappresentare un baluardo ineludibile della competenza proporzionale dell'assemblea. Vengono in rilievo, in proposito, quelle decisioni riservate "in ogni caso" alla competenza dei soci dall'art. 2479 comma 2 c.c.

Tali deliberazioni, secondo una prudente ricostruzione, avrebbero ad oggetto decisioni gestorie d'interesse c.d. primordiale per la società, idonee ad incidere sui profili di rischio connessi alla partecipazione all'attività d'impresa e pertanto non potrebbero essere sottratte né direttamente né indirettamente alla competenza proporzionale di tutti i soci (P. Abbadessa, La voice dei soci nella gestione della s.r.l., in RDS, II, 2012, pag. 190 e M. Cian, Le competenze decisorie dei soci, in M. Cian - G. Giannelli - F. Guerrera - M. Notari - G. Palmieri, Le decisioni dei soci. Le modificazioni dell'atto costitutivo, in C. Ibba e G. Marasà (diretto da), Trattato delle società a responsabilità limitata, IV, Padova, 2009, 14).

Indipendentemente dalla posizione di maggiore o minor rigore adottata sul punto, una considerazione autonoma merita la facoltà di nomina, se prevista nell'atto costitutivo, degli amministratori. L'ipotesi ha indotto gli autori che maggiormente si sono occupati della questione ad una riflessione particolare.

Rispetto alla previsione di cui all'art. 2479 comma 2 c.c. potrebbe considerarsi con rilievo di predominanza il disposto di cui all'art. 2475 comma 1 c.c., per cui l'amministrazione sarebbe affidata ad uno o più soci nominati con decisione presa ai sensi dell'art. 2479, “salvo diversa previsione dell'atto costitutivo”. Alla luce di tale valutazione, si ritiene legittima l'attribuzione statutaria a solo uno o alcuni fra i soci di un particolare diritto avente ad oggetto l'esercizio della carica amministrativa (anche a tempo indeterminato). Potrebbe considerarsi ammissibile, ancora, l'attribuzione al singolo di un particolare diritto avente ad oggetto la nomina di uno o più amministratori (ovvero anche dell'intero organo amministrativo) (O. Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in G. Cottino (diretto da), Trattato di diritto commerciale, vol. V, tomo 1, Padova, 2007, 134).

Brevemente dettagliati i limiti per materia dell'esercizio collegiale del particolare diritto da parte del socio suo titolare, occorre precisare come tale prerogativa potrebbe estendersi dal semplice concorso più che proporzionale – ma non determinante – nella formazione della volontà sociale, fino all'intervento individualmente risolutivo ai fini dell'assunzione della decisione. Tale ultima facoltà potrebbe essere variamente declinata. Potrebbe ammettersi un'incidenza determinante comunque da assoggettarsi al concorso partecipativo – minoritario – di tutti i soci. Potrebbe ugualmente ammettersi l'attribuzione al singolo del potere di decidere indipendentemente dal concorso volontaristico degli altri, in questo caso anche al di fuori dell'ambito collegiale, rimettendo unicamente agli amministratori l'esecuzione dell'atto. Potrebbe, ancora, ammettersi che il singolo sia chiamato ad approvare intervenute decisioni dei soci. Potrebbe, infine, ritenersi lecito rimettere al socio l'emanazione di specifiche direttive vincolanti, da eseguirsi mediante assunzione della decisione formale assembleare da parte dei soci.

Diritti patrimoniali

Con riguardo ai diritti di natura patrimoniale, tendenzialmente provvisti di una più ridotta portata applicativa e sistematica, si ritengono lecite clausole che attribuiscano a singoli soci una speciale quota degli utili netti di bilancio, anche indipendentemente da una decisione di ripartizione (V. De Stasio, Art. 2468 – Quote di partecipazione, in P. Benazzo, S. Patriarca (a cura di), Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 142 e M. Maugeri, Quali diritti particolari per il socio di società a responsabilità limitata?, in Riv. Soc., 2004, 1499), ovvero che garantiscano agli stessi una particolare maggiorazione rispetto agli utili distribuiti in misura proporzionale a tutti i soci, fermo in ogni caso il limite del divieto del patto leonino di cui all'art. 2265 c.c. (A. Santus - G. De Marchi, Sui “particolari diritti” del socio nella nuova s.r.l., in Riv. Not., 2004, pag. 85). Si è discusso, in proposito, se l'esistenza nell'atto costitutivo di una simile previsione di ripartizione del diritto agli utili sia idonea ad alterare il diritto (ordinariamente proporzionale) di partecipazione dei soci all'eventuale operazione di aumento del capitale in linea gratuita.

Nonostante l'operazione presenti profili di tangenza con quella della distribuzione degli utili ai soci, se non altro per l'analoga provenienza di parte delle risorse utilizzate, si è ritenuto che, operando in tal modo, l'equilibrio tra i soci verrebbe alterato in misura eccessiva e, pertanto, la clausola non potrebbe considerarsi de plano lecita. Ritenendo di poter considerare l'"utile" - in una nozione quanto più possibile ampia - quale saldo attivo dell'attività d'impresa, si reputano ammissibili clausole che conferiscano al singolo il diritto ad una ripartizione preferenziale del residuo attivo della liquidazione, ovvero ad una distribuzione finale in natura.

Maggiormente discussa, seppur ritenuta ammissibile dagli autori che più approfonditamente si sono occupati della questione, è la previsione di un particolare diritto di postergazione nella partecipazione alle perdite (sul punto si registra anche il favore della prassi, sintetizzato dalla Massima n. 40 della Commissione società del Consiglio notarile di Milano, per cui“l'art. 2482-quater c.c. - ove si dispone che "in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci" - regola gli effetti della deliberazione di riduzione del capitale per perdite nella s.r.l., ma non impedisce che, a monte, l'atto costitutivo preveda per uno o più soci una diversa incidenza delle perdite sulla propria partecipazione sociale, analogamente a quanto dispone l'art. 2348 c.c. per la s.p.a.
 Il rispetto del divieto del patto leonino impone in tal caso che la riduzione del capitale per perdite, dopo aver causato l'annullamento delle altre partecipazioni, comporti anche la riduzione e, se del caso, l'annullamento, della partecipazione del socio postergato nelle perdite)”.

La considerazione della espressa ammissibilità di un'analoga categoria di azioni nella s.p.a., dunque, induce a ritenere l'ipotesi lecita, seppur il potenziale contrasto di un siffatto diritto con la previsione di cui all'art. 2482-quater c.c. rende necessaria una redazione particolarmente scrupolosa della relativa clausola dell'atto costitutivo. Ancora, si ritiene possibile annoverare nella categoria dei diritti particolari di natura patrimoniale tutte quelle speciali prerogative tipizzate in materia di s.p.a. con riferimento alle azioni di risparmio e correlate. Potrebbe ammettersi, tra le ipotesi oggetto di particolare attenzione nella prassi, un diritto alla distribuzione di utili rinvenienti dai risultati di uno specifico ramo aziendale (con necessità, in quest'ipotesi, di prevedere adeguati accorgimenti di bilancio al fine di evidenziare separatamente i risultati operativi rinvenienti dai diversi rami aziendali).

In evidenza: Diritti particolari dei soci nella s.r.l. (art. 2468, comma 3, c.c.) - Massima n. 39 della Commissione Società del Consiglio notarile di Milano

I "particolari diritti" che l'atto costitutivo di s.r.l. può attribuire a singoli soci, ai sensi dell'art. 2468, comma 3° c.c., possono avere ad oggetto materie non strettamente "riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili", cui espressamente si riferisce la norma, bensì ulteriori "diritti diversi", dovendosi ritenere concessa all'autonomia negoziale, al pari di quanto dispone l'art. 2348 c.c. per la s.p.a., la facoltà di "liberamente determinare il contenuto" delle partecipazioni sociali, "nei limiti imposti dalla legge". Così, a titolo meramente esemplificativo, potrebbe ammettersi l'attribuzione al singolo di speciali prerogative aventi ad oggetto l'aumento o la riduzione del capitale, le regole di circolazione della partecipazione, il diritto di recesso, il particolare diritto di poter concedere o negare il gradimento in caso di trasferimento della partecipazione dei soci, la convocazione dell'assemblea.

Alcune questioni particolari: la rinuncia abdicativa e la trasferibilità dei particolari diritti dei soci

Una questione meritevole di attenzione è quella dell'ammissibilità e degli effetti della rinuncia (abdicativa) alla speciale competenza patrimoniale o amministrativa da parte del titolare del diritto (atto unilaterale attraverso il quale, se ritenuto ammissibile, il titolare del diritto realizzerebbe l'abdicazione della prerogativa ad esso spettante, determinandone così la “consumazione”).

Una valutazione ragionata del tema non può prescindere dalla qualificazione giuridica delle situazioni soggettive di cuiall'art. 2468 comma 3 c.c. La posizione giuridica soggettiva a valenza organizzativa e non solo individuale e personalistica dei particolari diritti dei soci induce a ritenere che tale rinuncia non possa essere efficacemente perfezionata. L'estinzione dei diritti di cui all'articolo 2468 dovrebbe ricomprendersi nelle ipotesi di modifica degli stessi. La rinunzia comporterebbe, pertanto, una modifica (estintiva) del diritto particolare, la quale dovrebbe seguire le regole di cui all'art. 2468 comma 4 c.c. (A. Santus - G. De Marchi, Sui “particolari diritti” del socio nella nuova s.r.l., in Riv. Not., 2004, 95). In difetto di un'apposita previsione statutaria, pertanto, un'eventuale rinuncia abdicativa dovrebbe considerarsi inefficace nei confronti della società.

Al fine di permettere la rinuncia al diritto per dichiarazione unilaterale del titolare potrebbero ipotizzarsi, allora, due diverse soluzioni operative:

  • una previsione statutaria diretta a consentire la rinuncia tramite manifestazione di volontà abdicativa unilaterale quale ulteriore diritto particolare di rinunzia al diritto originariamente attribuito;
  • contemplare la rinuncia nell'atto costitutivo, sin dall'introduzione del diritto particolare, quale specifica ipotesi di estinzione della posizione giuridica privilegiata.

Altrettanto rilevante, in difetto di apposita previsione dell'atto costitutivo, è la sorte del diritto in caso di alienazione della partecipazione del socio beneficiario della particolare prerogativa patrimoniale o amministrativa.

Al fine di prendere posizione al riguardo, occorre distinguere due diverse ipotesi:

  • quella della cessione parziale della partecipazione;
  • quella dell'integrale trasferimento della quota.

Nel primo caso, la non trascurabile valenza personalistica dei diritti in commento e l'indipendenza degli stessi dalla misura della partecipazione del socio beneficiario, inducono a ritenere che tali prerogative permangano per intero a favore del socio alienante.

Anche nella seconda ipotesi, per le stesse ragioni, può ritenersi prevalente la soluzione della intrasmissibilità dei particolari diritti patrimoniali o amministrativi unitamente alla partecipazione sociale. Conseguentemente, la cessione totale della partecipazione del socio beneficiato determinerebbe l'estinzione automatica del diritto.

In difetto di idonea previsione dell'atto costitutivo, la società che volesse mantenere inalterato il diritto particolare in capo al nuovo socio dovrebbe, allora, procedere ad una nuova deliberazione assembleare, soggetta alle regole di cui all'articolo 2468 c.c., con la quale attribuire il particolare diritto a favore del nuovo socio. Alternativamente, sia in caso di cessione parziale che di integrale trasmissione della partecipazione, si ritiene da parte degli interpreti ammissibile, con minor incertezza quanto ai diritti di natura patrimoniale e pur con le dovute cautele nella formulazione della clausola dell'atto costitutivo, prevedere sin dal momento dell'originaria attribuzione la trasferibilità del diritto al terzo acquirente.

In evidenza: Massima I.I.26 del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie - Diritti particolari ex art. 2468, comma 3, cc nel caso di usufrutto o pegno delle partecipazioni

"Gli eventuali diritti particolari attribuiti dallo statuto a singoli soci ex art. 2468, III comma cod. civ., non sono in linea di principio incorporati nella partecipazione, e quindi trasferibili con essa, nè possono spettare ad un non socio.

Si ritiene pertanto che in caso di usufrutto o pegno, in tutto o in parte, di una partecipazione societaria detti diritti continuino ad essere attribuiti in via esclusiva al socio. A detta fattispecie non è dunque applicabile la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 2352 cod. civ.."

(Segue): Il dovere di esercizio dei particolari diritti dei soci

Il tema della doverosità dell'esercizio dei particolari diritti dei soci di s.r.l. risulta particolarmente interessante e spesso non esaustivamente affrontato. Esso si pone con maggior evidenza laddove un comportamento inattivo sia idoneo a provocare un danno alla società e, dunque, specialmente con riguardo ai diritti di natura amministrativa. In questo ambito, è possibile ritenere che l'esercizio dei particolari diritti dei soci sia attività doverosa da parte del beneficiario (R. Santagata, I diritti particolari dei soci, in A. A. Dolmetta – G. Presti (a cura di), S.r.l., Commentario, Milano, 2011, 294-295).

E' evidente come l'inerzia nell'esercizio di tali diritti potrebbe determinare, in via di principio, uno stallo nella gestione e conseguenze pregiudizievoli per la società (si pensi, quando deferita al socio, alla mancata nomina degli amministratori, ovvero alla mancata decisione in ordine ad operazioni particolarmente profittevoli per la società rimesse alla sua autonoma competenza). Conseguenze analogamente pregiudizievoli potrebbe produrre un esercizio non tempestivo del diritto. Il tempestivo e puntuale esercizio del particolare diritto amministrativo garantito al socio ai sensi dell'art. 2468 c.c., oltre a trovare giustificazione nel rilievo organizzativo delle situazioni soggettive in parola, rientrerebbe nei generali obblighi di esecuzione del contratto sociale secondo buona fede. La violazione dei doveri di correttezza e buona fede, determinata dal mancato esercizio delle speciali competenze attribuite al socio, quando idonea a produrre un danno per la società, suggerirebbe di ipotizzare specifici rimedi volti a tutelare l'efficienza della gestione e l'interesse generale all'efficace perseguimento dell'oggetto sociale.

Mentre meno incertezze potrebbero individuarsi nella circostanza della previsione nell'atto costitutivo della modificabilità dei particolari diritti a maggioranza – potendo in questo caso i soci procedere ad una rimozione assembleare del particolare diritto (salvo l'applicabilità a tali ipotesi del diritto di recesso del socio titolare del diritto particolare) – più approfondite riflessioni potrebbero effettuarsi nelle ordinarie ipotesi di modifica all'unanimità delle particolari posizioni considerate. In quest'ultimo caso, in difetto di specifica previsione dell'atto costitutivo, la dottrina parrebbe divisa circa i rimedi adottabili a tutela degli altri soci e della società.

Il generale arretramento delle forme di tutela reale poste a protezione delle regole di diritto societario suggerisce di dubitare dell'ammissibilità, nelle ipotesi considerate, di rimedi a rilevanza reale, idonei cioè a garantire, nonostante l'inerzia del singolo, l'esercizio del diritto. Così, più difficilmente potrebbe ipotizzarsi l'esperibilità dell'actio interrogatoria di cui all'art. 481 c.c., con conseguente perdita del diritto da parte del socio che rimanga inerte oltre i termini fissati dal giudice. Allo stesso modo, potrebbero non ritenersi ammissibili quegli ulteriori rimedi diretti, in ottica di protezione perlopiù reale degli interessi dei soci, a configurare l'estinzione del particolare diritto non esercitato ovvero l'accrescimento del medesimo in favore dei soci.

Dovrebbe rigettarsi la possibilità per questi ultimi di chiedere l'intervento sostitutivo del tribunale analogamente a quanto previsto dall'art. 2482-bis, comma 4 c.c., ovvero di chiedere l'esecuzione giudiziale dell'obbligo di fare ai sensi dell'art. 2931 c.c.. Parrebbe più prudente, in difetto di ogni idonea previsione dell'atto costitutivo, ritenere esperibile a tutela dell'interesse dei soci, in conseguenza di eventuali danni subiti dalla società nelle circostanze delineate – il generale rimedio risarcitorio. A sostegno della tesi prospettata viene richiamata la previsione di cui all'art. 2479, comma 6, c.c. e l'impossibilità dei soci di evitare lo scioglimento della società imponendo agli altri l'esercizio del voto al fine del raggiungimento dei previsti quorum deliberativi nella decisione di nomina degli amministratori.

Allo stesso modo, vigente la regola legale della modifica all'unanimità, l'eventuale impossibilità dei soci di poter reagire sul piano reale dell'organizzazione all'inerzia del beneficiario delle speciali prerogative gestorie sembrerebbe condurre alla conclusione che quando il mancato esercizio del diritto particolare pregiudichi l'operatività della società, unica conseguenza sia lo scioglimento dell'ente per il sopravvenire della causa di impossibilità di conseguimento dell'oggetto sociale (ex art. 2484, comma 1, n. 2, c.c.) ovvero per decisione espressa dei soci ai sensi dell'art. 2484 comma 1 n. 6 c.c., purché i medesimi esprimano la necessaria maggioranza assembleare.

Una previsione delle circostanze che potrebbero arrecare pregiudizio alla società e l'indicazione dei rimedi all'uopo esperibili parrebbe allora auspicabile nella predisposizione dell'atto costitutivo (ferma restando la diretta responsabilità del singolo per i danni eventualmente cagionati).

La modifica dell'atto costitutivo conseguente all'estinzione dei particolari diritti dei soci

In evidenza: Diritti particolari dei soci nella s.r.l. (art. 2468, comma 3, c.c.) - Massima n. 39 della Commissione Società del Consiglio notarile di Milano

Qualora il trasferimento totale o parziale della partecipazione del socio cui sono stati attribuiti i particolari diritti comporti l'estinzione totale o parziale dei diritti medesimi, ovvero la variazione della loro misura, nonché qualora l'atto costitutivo disponga la successione dell'acquirente nei particolari diritti o in parte di essi, si deve ritenere legittima la clausola che attribuisce agli amministratori la facoltà di depositare presso il registro delle imprese, ai sensi dell'art. 2436, ultimo comma, c.c., il testo aggiornato dell'atto costitutivo o dello statuto, riportante le modificazioni derivanti dal trasferimento della partecipazione (ossia, a seconda dei casi, l'estinzione totale o parziale dei particolari diritti, la variazione della loro misura, la modificazione del nome del socio che ne è in tutto o in parte titolare, etc.), senza che sia all'uopo necessaria una deliberazione assembleare che prenda atto dell'intervenuta modificazione del testo dell'atto costitutivo.

Profili di responsabilità dei soci titolari di particolari diritti

Con speciale riferimento ai diritti di natura amministrativa attribuibili ai soci ai sensi dell'art. 2468 c.c., risulta particolarmente approfondita la previsione di cui all'art. 2476, comma 7, c.c., che sancisce una responsabilità per mala gestio del socio di società a responsabilità limitata titolare di prerogative idonee ad incidere sulla gestione della società. Il rapporto tra le due norme (artt. 2468 comma 3 e 2476 comma 7 c.c.) è evidenziato e studiato dalla dottrina.

Alla luce di tale approfondimento, può essere affermato come la richiamata disposizione in materia di responsabilità risulti applicabile al socio titolare di speciali competenze gestorie. In materia di responsabilità ai sensi dell'art. 2479, comma 7, c.c. del socio di s.r.l. titolare di particolari diritti amministrativi si è fra gli altri espresso il Tribunale di Milano con pronuncia del 2009 n. 81629 secondo la quale, inter alia, certamente rientrerebbe tra le ipotesi di responsabilità del socio sanzionate dal legislatore anche quella dell'esercizio di funzioni a rilevanza amministrativa garantite dall'atto costitutivo al singolo ai sensi dell'art. 2468 c.c. La norma non si applicherebbe, però, nel caso particolare in cui il socio sia beneficiario del particolare diritto di essere amministratore. In tale ultima evenienza, infatti, la regola applicabile sarebbe quella di cui all'art. 2476, comma 1, c.c.

Quanto all'art. 2476 comma 7 c.c., molto si è discusso circa la portata dell'avverbio “intenzionalmente”. Per alcuni autori, lo stesso starebbe ad indicare che il socio titolare del particolare diritto, al fine di essere ritenuto responsabile dell'eventuale danno provocato alla società, dovrebbe aver agito con l'intenzione (dolosa) di arrecare pregiudizio all'ente. Per altri, il requisito dell'intenzionalità sarebbe sempre verificabile ogniqualvolta l'azione posta in essere dal titolare del particolare diritto sia dallo stesso voluta (indipendentemente dalla conoscenza del pericolo di arrecare un danno alla società e dalla volizione dello stesso) (A. Picciau, Appunti in tema di amministrazione e rappresentanza., in F. Farina et al. (a cura di), La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, Milano, 2004, 273).

Più realisticamente, allora, una soluzione intermedia potrebbe lasciarsi preferire (G. Zanarone, Commento all'art. 2476 c.c., in P. Schlesinger (fondato da), Il codice civile commentato. Della società a responsabilità limitata, Milano, 2010, II, 1133 e N. Abriani, Commento all'art. 2476 c.c., in P. Benazzo e S. Patriarca (diretto da), Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 380). La previsione di responsabilità di cui all'art. 2476, comma 7, c.c. rileverebbe ogniqualvolta il socio sia in grado di prefigurare a sé stesso (pur non volendone necessariamente gli effetti) la potenzialità dannosa connessa al compimento di un atto posto in essere in esercizio di un particolare diritto a rilevanza amministrativa e, nonostante ciò, non desista dal compimento dell'azione.

Riferimenti

Normativi

  • Art. 2468 c.c.
  • Art. 2473 c.c
  • Art. 2476 c.c.

Prassi

  • Massima n. 39 della Commissione Società del Consiglio notarile di Milano
  • Massima I.I.26 del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie

Giurisprudenza

  • Tribunale Milano, sez. VIII, 09 luglio 2009 n. 81629
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