Installazione di un impianto fotovoltaico su spazi comuni, se non troppo “invasivo”, non necessita dell'autorizzazione dell'assemblea

23 Febbraio 2023

Per la prima volta - a quanto consta - la Cassazione interviene su una fattispecie relativa all'applicazione dell'art. 1122-bis c.c., introdotto dalla l. n. 220/2012 (riforma della normativa condominiale), e volto a regolamentare l'installazione, da parte del singolo, di impianti fotovoltaici (definiti “impianti non centralizzati di produzione di energia da fonti rinnovabili”). La suddetta norma, con una disciplina molto articolata, consente l'installazione di tali impianti, oltre che sulle parti di proprietà individuale, “sul lastrico solare e su ogni altra idonea superficie comune”, ma, qualora l'iniziativa del condomino renda necessarie “modificazioni delle parti comuni”, stabilisce che l'interessato ne dia comunicazione all'amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. In tal caso, l'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 5, c.c., “adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio”. In questo quadro normativo, i giudici di legittimità chiariscono i limiti dei poteri del massimo organo gestorio coinvolto in tale iniziativa e in quali ipotesi il condomino può sindacare le decisioni adottate al riguardo.
Massima

L'installazione, su una superficie comune, di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di un'unità immobiliare, ai sensi dell'art. 1122-bis c.c., che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, può essere eseguita dal singolo condomino senza alcuna preventiva autorizzazione dell'assemblea; ne consegue che, all'eventuale parere contrario all'installazione di un tale impianto espresso dall'assemblea, deve attribuirsi soltanto il valore di mero riconoscimento dell'esistenza di concrete pretese, da parte degli altri condomini, rispetto all'utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante, con riferimento al quale non sussiste, però, l'interesse ad agire per l'impugnazione della deliberazione ai sensi dell'art. 1137 c.c.

Il caso

La causa, posta di recente all'esame del Supremo Collegio, traeva origina da un'impugnazione ex art. 1137 c.c., proposta da un condomino nei confronti di una delibera assembleare, con cui si era espresso “voto contrario” all'approvazione del suo progetto di installazione di dodici pannelli fotovoltaici - per inciso, finalizzati a convertire le radiazioni solari in energia elettrica - su una parte comune dell'edificio.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda, sul rilievo fondante che il deliberato oggetto di impugnativa da parte attorea consisteva nella mancata prestazione del consenso, da parte dell'assemblea condominiale, alla richiesta di autorizzazione per l'installazione di pannelli fotovoltaici sulla copertura comune condominiale, sicché un eventuale annullamento della delibera non avrebbe prodotto alcun effetto positivo per il condomino impugnante.

La Corte d'Appello, confermando la decisione di prime cure, aveva aggiunto che, nel caso di specie, l'assemblea non aveva vietato al condomino di effettuare l'installazione, ma si era limitata ad esprimere, alla luce dell'art. 1122-bis c.c., un parere contrario al progetto de quo - segnatamente per il pregiudizio al pari uso della parte comune - invitando l'interessato a predisporre un progetto alternativo.

Ad avviso del giudice distrettuale, ai sensi dell'art. 1122-bis c.c., neppure risultava alcuna necessità di modificare le parti comuni, né quindi sussisteva la facoltà per l'assemblea di prescrivere specifiche modalità esecutive, sicché la delibera impugnata risultava “contraddistinta da caratteri di superfluità o comunque da valenza consultiva e non decisoria” e, quindi, non si rinveniva alcun interesse ad agire in capo all'originario attore.

Quest'ultimo, soccombente in entrambi i gradi di merito, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare, in primo luogo, se il condomino, nel contestare all'assemblea - mediante l'impugnazione ex art. 1137 c.c., facendo valere anche i vizi della delibera inerenti al quorum costitutivo, alla mancata indicazione dei millesimi degli intervenuti ed alla verbalizzazione dell'allontanamento di alcuni partecipanti - di aver esercitato un potere non riconosciutele per legge (nella specie, deliberare se autorizzare o meno l'installazione di un impianto fotovoltaico), fosse titolare di interesse, attuale e concreto ad agire, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., per la declaratoria di nullità o di annullabilità della medesima delibera.

Si trattava di verificare, altresì, la violazione dell'art. 1122-bis, comma 3, c.c., atteso che, dal dato testuale della norma, emergeva che l'interessato aveva diritto di procedere all'installazione dell'impianto fotovoltaico su parti comuni condominiali, ma che, in tale evenienza, ne doveva dare comunicazione all'amministratore, non prevedendo, in alcun modo, che l'assemblea potesse esprimere parere contrario rispetto all'installazione.

In buona sostanza, ad avviso del ricorrente, l'assemblea, esprimendo parere contrario al suo progetto di installazione di un impianto fotovoltaico su uno spazio comune, aveva espresso “un diniego” illegittimo; nondimeno, il condomino si era convinto che, prima di poter legittimamente esercitare il proprio diritto e, quindi, disattendere una delibera assembleare e procedere all'installazione del manufatto, avesse la necessità di rimuovere l'ostacolo consistente nell'esistenza della delibera medesima.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tali doglianze (addirittura) inammissibili, in quanto denotavano “carenza di specifica riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata”.

Invero, per quel che qui interessa, l'art. 1122-bis c.c., introdotto dalla l. n. 220/2012 - rubricato “Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili” - prevede, al comma 2, che è “consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato.

Il successivo comma 3, inoltre, recita: “Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e, ai fini dell'installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali”.

Il comma 4 del medesimo art. 1122-bis c.c. precisa, infine, che non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative, restando inteso che l'installazione dell'impianto al servizio della singola unità immobiliare debba avvenire “nel rispetto della destinazione delle cose comuni, della tutela del diritto d'uso di ciascun condomino, del minor pregiudizio per le parti condominiali o individuali, della salvaguardia della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell'edificio”.

Pertanto, condizione normativa perché possano venire in rilievo le attribuzioni dell'assemblea in ordine all'installazione, da parte di un singolo condomino, di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, è che l'intervento renda “necessarie modificazioni delle parti comuni”, nel qual caso, similmente a quanto dispone l'art. 1122, comma 2, c.c., è stabilito che l'interessato ne dia comunicazione all'amministratore, il quale possa così riferirne in assemblea perché siano adottate le eventuali iniziative conservative volte a preservare l'integrità delle cose comuni.

Nel caso in esame, la Corte territoriale aveva dato per accertato che, al fine di realizzare il progetto di installazione di dodici pannelli fotovoltaici ad opera del condomino attore, non risultava alcuna necessità di modificare le parti comuni, né sussisteva, quindi, la possibilità per l'assemblea di prescrivere specifiche modalità esecutive; in tal senso, la stessa assemblea si sarebbe limitata, giacché sollecitata, ad esprimere un “parere” contrario al progetto in questione, ravvisandovi un pregiudizio al pari uso della parte comune.

Osservazioni

La fattispecie sottoposta allo scrutinio degli ermellini sollecita interessanti rilievi sul contenuto delle delibere, sui poteri dell'assemblea e sull'interesse ad agire in capo al condomino impugnante.

Le determinazioni prese dai condomini in assemblea sono considerate, a tutti gli effetti, come veri e propri atti negoziali, sicché l'interpretazione del contenuto delle delibere condominiali viene regolata secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 ss. c.c., ed il relativo compito è assegnato ai giudici del merito, costituendo tale valutazione apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità ove sorretto da congrua motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2006, n. 4501; Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2002, n. 12556).

Non si sono, quindi, condivise le critiche che il ricorrente aveva rivolto alla gravata sentenza, per quanto concerne l'esito interpretativo cui la stessa era pervenuta, nel senso di intendere la suddetta decisione - non come manifestazione di un “parere” avverso al progetto di installazione dell'impianto espresso dai condomini, in assemblea, quanto piuttosto - come formale frapposizione di un diniego ostativo all'iniziativa del richiedente.

In realtà, l'istallazione, su una superficie comune, di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di un'unità immobiliare, che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali può essere apportata dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, senza richiedere alcuna preventiva autorizzazione dell'assemblea (salvo che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini nell'interesse comune, mediante esercizio dell'autonomia privata, v., ad esempio, Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1997, n. 4509).

All'eventuale autorizzazione all'installazione di un tale impianto concessa dall'assemblea, oppure al parere contrario espresso dalla stessa, può, pertanto, attribuirsi soltanto il valore di “mero riconoscimento dell'inesistenza, o, viceversa, dell'esistenza, di un interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto all'utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante” (così Cass. civ., sez. II, 20 febbraio 1997, n. 1554).

In quest'ordine di concetti, il condomino, il quale intenda procedere all'istallazione su una superficie comune di un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinato al servizio di un'unità immobiliare, che non renda necessaria la modificazione delle parti condominiali, non ha alcun interesse ad agire per l'impugnazione della deliberazione dell'assemblea, che abbia espresso un parere contrario all'intervento, non generando la stessa alcun concreto pregiudizio ai suoi diritti, tale da legittimare la pretesa ad un diverso contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare.

Nel caso concreto, si registrava un'azione di impugnazione di deliberazione dell'assemblea, ai sensi dell'art. 1137 c.c., la quale aveva espresso “voto contrario” ad approvare un progetto di installazione di dodici pannelli fotovoltaici su parte comune, comunicato dal condomino.

D'altronde, in tema di impugnazione della deliberazione dell'assemblea condominiale, costituisce ius receptum che l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l'invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna (argomentando da Cass. civ., sez. I, 19 febbraio 2018, n. 3946, e Cass. civ., sez. I, 10 novembre 2005, n. 21831).

La contrarietà alla legge dell'impugnata deliberazione discenderebbe qui soltanto dalla constatazione che l'assemblea aveva deciso di denegare l'installazione dell'impianto per la produzione di energia da fonte rinnovabile destinata al servizio dell'unità immobiliare dei ricorrenti, opponendosi alla concreta utilizzazione del bene comune che vogliano farne i singol i partecipanti, così adottando un provvedimento non previsto dalla legge o dal regolamento, ove la volontà collettiva non fosse giustificata dalla tutela delle esigenze conservative dei diritti inerenti alle parti condominiali.

Tuttavia, un siffatto diniego di autorizzazione non è stato colto dalla Corte territoriale nel testo della delibera impugnata, essendo la stessa apparsa - con interpretazione plausibile, preferita rispetta alle altre pur possibili - come “una mera manifestazione maggioritaria dell'interesse contrario di altri condomini all'installazione dell'impianto”.

Per completezza, va osservato che, in questa fattispecie, la comunicazione all'amministratore da parte del soggetto interessato, il quale deve indicare “il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi”, è molto più dettagliata di quella che compare nel comma 2 dell'art. 1122 c.c., dove, nel caso di opere eseguite all'interno dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva, il condomino è tenuto soltanto a dare “preventiva notizia all'amministratore” medesimo, e ciò al chiaro fine di far adottare all'assemblea tutte le decisioni del caso.

Peraltro, non trattandosi di “opere”, ma di impianti, qualora non si verificassero le interferenze di cui sopra - limitate alle “modificazioni” alle parti comuni, da intendersi rilevanti e non concernenti, ad esempio, il mero passaggio di un filo - la relativa iniziativa non sembra nemmeno soggetta alla “preventiva” notizia all'amministratore.

Puntualmente e ritualmente convocata dal medesimo amministratore, l'assemblea può, poi, prescrivere, con l'elevata maggioranza di cui al comma 5 dell'art. 1136 c.c. - ossia il quorum delle innovazioni (“maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi dell'edificio”) - al fine di contemperare i contrapposti interessi, “adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio” (è soprattutto l'aspetto estetico quello che interessa il posizionamento di tali manufatti, ma va adeguatamente valutato anche se la struttura possa sopportare il peso degli stessi).

Con particolare riguardo agli impianti fotovoltaici destinati al servizio di singole unità, la stessa assemblea “provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto”; quindi, si contempla la possibilità che vi sia una pluralità di soggetti e si ponga questione di ripartire gli spazi in comune in relazione al numero degli impianti, e si impone il rispetto delle disposizioni regolamentari disciplinanti sul punto, salvo rifarsi ad una consuetudine vigente al riguardo (peraltro, l'inciso “a richiesta”, farebbe pensare ad una facoltà, nel senso che, se nessuno degli interessati si attiva, il singolo possa intraprendere la relativa iniziativa, a meno che l'uso promiscuo sia impossibile e allora va pensata l'ipotesi di un eventuale uso indiretto).

A scopo eminentemente cautelativo, l'assemblea, con la maggioranza qualificata di cui sopra, “può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali”; salva quest'ultima ipotesi relativa ad un provvedimento ad hoc da parte del supremo organo gestorio, le iniziative dell'amministratore e, a seguire, dell'assemblea, non sembrano, però, condizioni di legittimità dell'installazione ad opera del singolo, nel senso che, se l'amministratore non convoca l'assemblea o se questa non adotta alcuna decisione, il condomino può procedere lo stesso alla relativa esecuzione.

Riferimenti

Bosso, Concessione del tetto a imprese per realizzare impianti solari fotovoltaici: scelta tra locazione e diritto di superficie, in Arch. loc. e cond., 2019, 145;

Gallucci, Nulla la delibera che vieta al condomino l'installazione di pannelli fotovoltaici sul tetto, in Immob. & proprietà, 2015, 145;

Basso, Impianti fotovoltaici residenziali in regime di comunione e condominio: profili giuridici e civilistici, in Diritto.it, 2011;

Del Torre, Pannelli fotovoltaici e decoro architettonico, in Arch. loc. e cond., 2011, 144;

Nasini, Locazione (o costituzione del diritto di superficie) a favore di condomini o terzi avente ad oggetto beni comuni per realizzare interventi fotovoltaici: delibere, maggioranze e limiti, in Arch. loc. e cond., 2011, 147;

Cuffaro, Installazione di impianti fotovoltaici e condominii, in Arch. loc. e cond., 2010, 233;

Mazzaro, L'installazione dei pannelli fotovoltaici in condominio: risparmio energetico e tariffa incentivante, in Il Civilista, 2008, fasc. 12, 73;

Bordolli, L'installazione degli impianti fotovoltaici nel condominio, in Immob. & proprietà, 2008, 148.

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