Scuola pubblica o scuola privata? Se i genitori litigano, l’ultima parola spetta al magistrato
20 Settembre 2023
Scuola pubblica o scuola privata? Se i genitori litigano sui primi passi del figlioletto nel mondo dell'istruzione, allora è onere del magistrato prendere una decisione, avendo come unica stella polare il concreto interesse - morale e materiale - del minore. Scontro frontale tra due genitori - Tizia ed Caio - non coniugati: essi non riescono a prendere una decisione comune sulla scuola - pubblica o privata - da scegliere per il loro figlioletto. Palla ai giudici, allora, giudici che, sia in primo che in secondo grado, «autorizzano la frequentazione, da parte del minore, di una scuola primaria privata», come richiesto dal padre, mentre vengono respinte le obiezioni proposte dalla donna e mirate ad ottenere «l'iscrizione del figlioletto in una scuola pubblica». In particolare, i giudici di secondo grado hanno disatteso il reclamo svolto dalla madre, sottolineando che «la scuola privata è dotata di giardino; consente lo svolgimento di attività extracurriculari maggiori rispetto alla scuola pubblica; non è molto distante dall'abitazione del minore, essendo collocata in un piccolo centro urbano - incomprensibili, quindi, le allegazioni circa la diversità dell'ambiente sociale rispetto al quartiere di abitazione»; e aggiungendo poi che «la scelta di far frequentare alla altra figlia una scuola privata dimostra una generale non avversione della donna per tale tipo di scuola» e che «la retta è stata assunta integralmente dal padre». A fronte delle obiezioni sollevate in Cassazione da Tizia, i magistrati mettono in discussione la decisione emessa in Appello, poiché non focalizzata sul concreto interesse materiale e morale del minore. Il tema preso in esame riguarda la fattispecie del contrasto tra genitori, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, su una questione di particolare importanza che investe la persona del figlio minore, quale indubbiamente è quella che richiama la scelta delle modalità di svolgimento del suo percorso scolastico. A questo proposito, i magistrati ricordano che, Codice Civile alla mano, il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Proprio per questo, «nell'ipotesi di contrasto insorto tra i genitori su questione di particolare importanza per la persona del minore, decisione è rimessa al giudice, con disposizione applicabile anche ai figli nati fuori dal matrimonio». E il giudice, come soggetto super partes, è chiamato «espressamente, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non sono stati in grado di comporre i propri dissidi ideologico-culturali e le correlate convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative». Ma una tale decisione «non resta arbitraria ma deve essere assunta secondo un criterio stabilito dalla legge, quello dell'esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto, nel caso concreto in esame. Ciò significa che «la scelta del giudice deve essere indirizzata non facendo prevalere le personali convinzioni sull'interesse morale e materiale del minore, che va individuato considerando, innanzi tutto, l'età e le esigenze di sviluppo evolutivo affettivo, psico-fisico e formativo normalmente ad essa connesse, le capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, le esigenze specifiche dovute ad eventuali documentate circostanze fattuali individualizzanti proprie del bambino, il contesto familiare e sociale e quanto altro il giudice ritenga utile valorizzare motivatamente tra gli elementi relativi al minore acquisiti nella fase istruttoria». Passando dal quadro generale ai dettagli della vicenda in oggetto, i magistrati spiegano che «in un caso di iscrizione ad una scuola primaria e dell'infanzia – che costituisce il primo approdo alla scolarizzazione e a una più ampia socializzazione del minore e che ha visto contrapporre un istituto privato ad un istituto pubblico, collocati anche in zone urbane diverse – vi è la necessità di verificare non solo la potenziale offerta formativa, la adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l'assolvimento dell'onere di spesa da parte del genitore che propugna la scuola più onerosa, ma, innanzitutto, la rispondenza di ciò al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, considerata la sua mancanza di mobilità autonoma, posto che una distanza della scuola dall'abitazione, significativa per il minore, potrebbe indurre conseguenze confliggenti con il suo interesse morale e materiale, rispetto alle quali l'assolvimento dell'esborso economico da parte del padre non può costituire l'elemento dirimente». E ciò «sia in ordine alla possibilità del minore di avviare e incrementare rapporti sociali ed amicali di frequentazione extrascolastica con i compagni e di creare una propria sfera sociale, funzionale alla crescita psico-fisica ed alla maturazione richieste dall'età evolutiva, posto che tutti i potenziali amici necessiterebbero, comunque, della disponibilità di familiari o di addetti adulti per l'accompagnamento e gli spostamenti, sia in ragione della congruità dei tempi di percorrenza e dei mezzi da utilizzare per l'accesso alla scuola ed il rientro all'abitazione, rispetto all'età ed alle esigenze fisiologiche del minore». Tutte queste considerazioni dovranno essere valutate con attenzione dai giudici d'Appello, chiamati nuovamente a prendere in esame il contenzioso tra Tizia ed Caio sulla scelta della scuola a cui iscrivere il figlioletto.
Fonte: dirittoegiustizia.it |