Le convivenze more uxorio e il diritto agli alimenti
29 Febbraio 2024
Per conviventi si intende “due persone maggiorenni, uniti stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile”. Tale definizione è stata introdotta dalla Legge Cirinnà (l. 76/2016), la quale ha altresì indicato una serie di requisiti che le coppie conviventi devono possedere per poter essere riconosciute giuridicamente come tali e godere di rispettivi diritti e doveri. La convivenza di fatto non scatta in automatico se due persone maggiorenni e unite da legami affettivi decidono di vivere insieme, bensì è necessario che la coppia si impegni a formalizzare e ufficializzare la loro unione. Tale formalizzazione implica la sottoscrizione di una dichiarazione presso l'Anagrafe di residenza delle parti, con la quale i conviventi devono dichiarare davanti all'Ufficiale dell'Anagrafe di costituire una coppia di fatto e di coabitare nella stessa casa, ottenendo in tal modo il medesimo certificato di residenza e stato di famiglia. Per converso invece le coppie di fatto non registrate dovranno accettare la minor tutela a loro riconosciuta da parte della giurisprudenza. Tra i molteplici diritti e doveri riconosciuti ai soli conviventi registrati, la Legge Cirinnà ha incluso i conviventi tra i soggetti elencati tassativamente all'art. 433 c.c. ossia tra coloro obbligati a prestare gli alimenti ai propri familiari che si trovino in grave difficoltà economiche. L'art. 65 l. 76/2016 ha infatti previsto la possibilità per l'ex convivente, in caso di cessazione della convivenza, di richiedere all'altro la corresponsione degli alimenti. Il richiedente, tuttavia, potrà beneficiare degli alimenti solo qualora dimostri di trovarsi in un effettivo stato di bisogno tale per cui non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, né di far fronte alle proprie necessità primarie quali, ad esempio, quella abitativa, alimentare e/o sanitaria. Dunque, un mero squilibrio reddituale e patrimoniale tra ex conviventi, non fa sorgere tale diritto in capo all'ex partner meno abbiente. Il diritto agli alimenti viene in ogni caso riconosciuto per un periodo proporzionale alla durata della convivenza, al bisogno di chi lo chiede e alle condizioni di chi lo deve somministrare. Il dovere del convivente di corrispondere gli alimenti all'ex partner presenta inoltre un carattere residuale. Occorre, infatti, precisare che il convivente è tenuto a prestare gli alimenti solo con precedenza rispetto ai fratelli e sorelle. Ciò sta a significare che qualora vi siano altri familiari, l'ex convivente sarà obbligato a versare gli alimenti all'ex partner solo se quest'ultimo non sia riuscito ad ottenerli dagli altri soggetti indicati all'art. 433 c.c. Ciò in virtù del principio di diritto per cui il familiare di grado successivo deve adempiere all'erogazione degli alimenti solo se il familiare di grado precedente non è presente o non è nelle condizioni di farlo. Di conseguenza, solo nel caso in cui il coniuge, i figli, anche se adottivi, i genitori, gli ascendenti adottanti, i generi e nuore, al suocero e alla suocera, se presenti non siano nelle condizioni di fornire gli alimenti al richiedente, se ne dovrà far carico l'ex convivente. Nel caso di specie, a fronte del quadro normativo appena descritto, è dunque pacifico che, sebbene non venga specificato nel quesito se si tratti di una convivenza more uxorio registrata o meno, il compagno non sarà tenuto in ogni caso a corrispondere nulla a titolo di alimenti alla sua ex compagna autosufficiente economicamente, salvo che le parti non abbiano stipulato un c.d. contratto di convivenza. La Legge Cirinnà, tra le varie novità introdotte, ha infatti riconosciuto la possibilità per i soli conviventi registrati di regolare i loro rapporti patrimoniali mediante la sottoscrizione di c.d. contratti di convivenza. In tali contratti, le parti, a prescindere degli alimenti, possono prevedere la corresponsione, in favore del contraente più debole e in caso di cessazione della convivenza, di un vero e proprio contributo al mantenimento stabilendone modalità di versamento, importo e durata. |