In Gazzetta Ufficiale il “Decreto Carceri” (d.l. 4 luglio 2024, n. 92)

Lorenzo Cattelan
08 Luglio 2024

Il 4 luglio 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il d.l. n. 92 (c.d. “Decreto carceri”) che, sui presupposti di “straordinaria necessità ed urgenza”, introduce delle misure in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia.

Il contesto di emanazione del “Decreto Carceri”

È tristemente noto, ormai, il tragico record dei suicidi in carcere che sta caratterizzando il 2024, nel corso del quale 50 persone detenute si sono tolte la vita. Si tratta peraltro di un numero inferiore a quello relativo agli atti e ai tentativi di autolesionismo commessi in carcere senza esito mortale, molto più soggetti ad essere classificati come incidenti e, dunque, ad essere sottostimati. Quello della cifra oscura è, d'altronde, un problema che da sempre affligge la misurazione dell'estensione del suicidio in carcere. Pur non mancando gesti autolesionistici simulati o manipolatori dettati dalla volontà di ottenere benefici, questi dati allarmanti testimoniano in modo evidente la sofferenza e il malessere che pervade i nostri istituti penitenziari, spesso caratterizzati da un elevato affollamento e da difficili condizioni di vita, al punto da essere stato rimarcato, in ambito criminologico, un vero e proprio carattere “suicidogeno” del carcere (I. Merzagora Betsos, Polimeni).

Ciò è frutto di quel mutamento che ha visto il suicidio traslare da una prospettiva tradizionalmente clinica, secondo cui esso sarebbe da ascrivere unicamente a patologie mentali del soggetto, a una di impronta sociale, in cui il suicidio sarebbe invece correlato anche all'influenza dell'ambiente sociale di appartenenza. In questi termini, il ruolo del contesto carcerario nella scelta di compiere tali gesti estremi richiede una strategia che contempli un approccio preventivo di tipo globale, il quale, pur non escludendo la possibile rilevanza di disturbi psichici, consideri anche i fattori situazionali che possono incidere sul rischio suicidario.

Le difficoltà del carcere si riverberano necessariamente anche sugli operatori penitenziari ed in particolare sugli appartenenti al corpo di Polizia penitenziaria (quasi quotidianamente si registrano episodi di violenza e aggressione a loro danno), cui è demandato il compito di «gestire le ricadute della principale contraddizione che attraversa le nostre società», che «pretende il contenimento e la segregazione di quella parte della collettività che ha infranto, con il diritto penale, le regole riconosciute della convivenza» (Maculan, Vianello, Ronconi).

In questo contesto, il “Decreto Carceri” voluto dal Ministro Nordio intende farsi carico della sofferenza del circuito penitenziario, proponendo delle misure che hanno il dichiarato obiettivo di umanizzare la pena e di porre un rimedio al sovraffollamento carcerario.

Di seguito verrà fornita una prima lettura delle innovazioni inserite nel nuovo decreto n. 92/2024, seguendo l'impostazione dell'impianto normativo stesso.

Il testo si compone di quindici articoli. Le prime quattro disposizioni si preoccupano di fornire la base normativa per autorizzare l'assunzione di nuovo personale all'interno degli istituti di pena, alcuni dei quali si trovano in drammatiche condizioni di sofferenza d'organico. In particolare si prevede l'assunzione di:

  • 1.000 unità di agenti del Corpo di polizia penitenziaria (art. 1),
  • 20 dirigenti penitenziari mediante lo scorrimento della graduatoria del concorso indetto con d.m. 5 maggio 2020, ultimando così il reclutamento di tutti gli idonei della richiamata graduatoria (art. 2);
  • funzionari e ispettori del Corpo di polizia penitenziaria mediante lo scorrimento delle graduatorie di cui al d.m. 5 luglio 2023 e al d.m. 20 dicembre 2023, nel limite delle dotazioni organiche e delle facoltà assunzionali (art. 3).

    

L'art. 4, invece, interviene in materia di formazione degli agenti di polizia penitenziaria, innalzando il periodo minimo di durata del corso di formazione iniziale e ribadendo la necessità di una formazione aggiuntiva e specializzata per coloro che vengono assegnati agli istituti penali per minorenni.

Le novità in punto di liberazione anticipata

Come chiarito dalla Corte costituzionale (sent. 14 gennaio, dep. 11 febbraio, 2021 n. 17), la liberazione anticipata è un istituto dell'ordinamento penitenziario che riguarda la «dimensione sostanziale del trattamento punitivo, poiché incide direttamente sulla durata della pena detentiva, e la riduce in misura rilevante, comportando un'anticipata scarcerazione del condannato ammesso ad avvalersene».

La liberazione anticipata, infatti, consente al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione di fruire di una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata.

Ebbene, il Decreto carceri pubblicato il 4 luglio 2024 interviene significativamente sul procedimento per il riconoscimento del beneficio, senza peraltro disporre un regime transitorio (creando quindi una serie di dubbi interpretativi di cui si darà conto nel proseguo della trattazione).

La nuova disciplina prevede che il pubblico ministero indichi espressamente nell'ordine di esecuzione della pena da espiare tutte le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata (cfr. nuovo comma 10-bis dell'art. 656 c.p.p.), al dichiarato fine di «rendere immediatamente percepibile al destinatario il termine finale della pena in caso di ottenimento di tutte le detrazioni o la pena che sarebbe invece da espiare senza le detrazioni». Nello stesso ordine di esecuzione deve essere dato avviso al condannato che le detrazioni non saranno concesse in caso di mancata partecipazione all'opera di rieducazione.

Inoltre, si prevede che all'ufficio del Pubblico Ministero che ha emesso il provvedimento di esecuzione venga data comunicazione della sola mancata concessione di tale beneficio o la sua revoca (con esclusione, pertanto, del provvedimento di riconoscimento della detrazione di pena). A differenza del regime previgente, quindi, il Magistrato di Sorveglianza potrà decidere senza attendere il parere del Pubblico Ministero.

Un'ulteriore novità è data dal cambio di paradigma per cui il Magistrato di Sorveglianza dovrà ora accertare d'ufficio la sussistenza dei presupposti necessari ai fini della concessione della liberazione anticipata in caso di presentazione di istanze d'accesso alle misure alternative alla detenzione (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare) o ad altri benefici (es. permessi premio o art. 21 ord. penit.) o nei novanta giorni antecedenti il termine per l'espiazione della pena, computando le detrazioni previste. Pertanto diviene solo residuale la possibilità per il condannato di presentare istanza di concessione della liberazione anticipata; circostanza, questa, che viene legata alla presenza di uno specifico interesse (es. calcolo del residuo pena al fine del trasferimento o, comunque, dell'esecuzione della misura alternativa all'estero ai sensi del d.lgs. n. 238/2016, art. 2) lett. e), attuativo della decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio) che deve essere indicato, a pena di inammissibilità, nell'istanza medesima.

A regime, i Magistrati di Sorveglianza vedranno così ridotta la frequenza con cui dovranno decidere su istanze di liberazione anticipata; nel concreto, le decisioni sulla concessione del beneficio verranno infatti concentrate in occasione della valutazione sull'eventuale ammissione alle misure alternative o a benefici premiali.

Di seguito si propone il confronto tra il testo normativo attuale e quello previgente.

Formulazione previgente

Formulazione post d.l. 92/2024

Art. 69-bis ord. penit. (Procedimento in materia di liberazione anticipata)

1. Sull'istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, che è comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'articolo 127 del codice di procedura penale.

2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico ministero e anche in assenza di esso.

3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore, l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio.

4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'articolo 30-bis.

Art. 69-bis (Procedimento in materia di liberazione anticipata)

1. In occasione di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai quali nel computo della misura della pena espiata è rilevante la liberazione anticipata ai sensi dell'articolo 54, comma 4, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni semestre precedente. L'istanza di cui al periodo precedente può essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni antecedente al maturare dei presupposti per l'accesso alle misure alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi, come individuato computando le detrazioni previste dall'articolo 54.

2. Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare del termine di conclusione della pena da espiare, come individuato computando le detrazioni previste dall'articolo 54, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che non sono già stati oggetto di valutazione ai sensi del comma 1 e del comma 3.

3. Il condannato può istanza di liberazione anticipata quando vi abbia uno specifico interesse, diverso da quelli di cui ai commi 1 e 2, che deve essere indicato, a pena di inammissibilità, nell'istanza medesima.

4. Il provvedimento che concede o nega il riconoscimento del beneficio è adottato dal magistrato di sorveglianza con ordinanza, in camera di consiglio senza la presenza delle parti, ed è comunicato o notificato senza ritardo ai soggetti indicati nell'articolo 127 del codice di procedura penale. Quando la competenza a decidere sull'istanza prevista dal comma 1 appartiene al tribunale di sorveglianza il presidente del tribunale trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la decisione sulla liberazione anticipata.

5. Avverso l'ordinanza di cui al comma 4 il difensore, l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'articolo 30-bis.

Dalla lettura della norma si evince l'assenza di un regime transitorio. Come dovranno comportarsi quindi gli uffici giudiziari interessati?

L'art. 656, comma 10-bis, c.p.p. è sicuramente norma processuale, come tale soggetta al principio tempus regit actum. Quid iuris degli ordini di esecuzione pena predisposti prima dell'entrata in vigore del Decreto carceri? Ebbene, questi provvedimenti non vengono travolti dalla portata della nuova norma e quindi le Procure non dovranno preoccuparsi di effettuare un aggiornamento massivo della residua pena da espiare negli ordini di carcerazione (peraltro già eseguiti o in attesa di esecuzione). Ma come si concilia questo assunto con la nuova normativa che impone all'organo di sorveglianza una valutazione d'ufficio sulla meritevolezza della liberazione anticipata se non altro entro il termine di novanta giorni antecedente al fine pena? A parere dello scrivente, adottare un doppio binario (differenziando la posizione di quanti iniziano a scontare la pena dopo il 4 luglio 2024) non è di certo la soluzione giuridicamente corretta. Ecco quindi che sarà compito degli Uffici di Sorveglianza effettuare un controllo sulla durata residua della pena da espiare e, se del caso, emettere un urgente provvedimento di scarcerazione a favore dei detenuti meritevoli che risultino aver maturato un numero di giorni di liberazione anticipata utili a raggiungere il fine pena.

La mancanza di un regime transitorio alla nuova disciplina graverà quindi sul lavoro degli Uffici Giudiziari ed in particolare sugli uffici di sorveglianza, già gravati da un'importante carenza d'organico e sforniti del supporto organizzativo introdotto con le risorse PNRR.

Tanto esposto, si valuta comunque positivamente il permanere della competenza in capo all'Autorità Giudiziaria, sebbene un'autorevole proposta di legge avrebbe voluto attribuire la decisione in ordine alla concessione della liberazione anticipata al direttore dell'istituto di pena [disegno di legge C. 552 Giachetti, recante "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione della liberazione anticipata, e disposizioni temporanee concernenti la sua applicazione"]. Evidentemente, sarebbe stata una scelta costituzionalmente fragile, in quanto derogatoria rispetto alla riserva di giurisdizione in materia di libertà personale.

Altri interventi in materia penitenziaria

Come noto, il sovraffollamento carcerario da fattore emergenziale si è trasformato in dato strutturale. Lo scorso 31 maggio 2024, a fronte di una capienza regolamentare di 51.241 posti, risultavano presenti 61.547 detenuti. Come ricordato, il clima di tensione all'interno degli istituti di pena è acuito dal drammatico dato dei suicidi (ben 50 dall'inizio dell'anno) e delle aggressioni a danno degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria (circa 1.800 dall'inizio dell'anno).

In questo contesto si inseriscono ulteriori novità apportate dal d.l. n. 92/2024.

In particolare, al fine di garantire la prosecuzione dei rapporti personali e familiari dei detenuti, il numero dei colloqui telefonici settimanali e mensili è equiparato a quello dei colloqui visivi (art. 6 Decreto carceri). Pertanto, la disciplina ora prevede che i detenuti e gli internati possano usufruire di sei colloqui al mese. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell'art. 4-bisord. penit. e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto, il numero di colloqui non può essere superiore a quattro al mese. Ai soggetti gravemente infermi, o quando il colloquio si svolge con prole di età inferiore a dieci anni ovvero quando ricorrano particolari circostanze, possono essere concessi colloqui anche fuori dei limiti richiamati. Sul punto, pare solo il caso di accennare alla pronuncia n. 85 del 2024 con cui la Corte costituzionale ha stabilito che se un detenuto è stato condannato per un reato compreso nell'elenco dell'art. 4-bis ord. penit., ma ha in concreto accesso a tutti i benefici penitenziari, è irragionevole sottoporlo a un regime più restrittivo rispetto a quello ordinario solo per quanto riguarda le telefonate con i propri figli minori [C. cost. sent. 16 aprile (dep. 13 maggio) 2024, n. 85].

Con il Decreto carceri continua a permanere la previgente durata del colloquio telefonico (dieci minuti), nettamente inferiore rispetto alla durata del colloquio visivo (un'ora, salvo il ricorrere delle esigenze di cui all'art. 37, comma 10, reg. esec.).

Il successivo art. 7 d.l. n. 92/2024 si preoccupa invece di escludere i detenuti al regime di cui all'art. 41-bis ord. penit. dall'accesso ai programmi di giustizia riparativa.

Proseguendo, allo scopo di semplificare la procedura di accesso alle misure penali di comunità e agevolare un più efficace reinserimento delle persone detenute adulte, l'art. 8 prevede, a cura del DGMC, l'istituzione di un elenco delle strutture residenziali idonee all'accoglienza e al reinserimento sociale di coloro che hanno i requisiti per accedere alle misure extramurarie, ma che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al loro sostentamento. A tal proposito, pare solo il caso di evidenziare che l'inserimento di un detenuto in una determinata struttura extramuraria debba corrispondere ad un criterio di adeguatezza rispetto alla struttura personologica e alle esigenze trattamentali del condannato stesso. La creazione di un elenco delle strutture residenziali, cioè, non può scavalcare la necessità di individuare il contesto rieducativo più affine ai bisogni specifici del singolo detenuto. Ciò anche per rispettare la linea di intervento che ciascuna struttura rieducativa propone all'utenza.

L'introduzione del delitto di “Indebita destinazione di denaro o cose mobili”

Il d.l. n. 92/2024, pubblicato in G.U. a poche ore di distanza dall'approvazione alla Camera del disegno di legge sull'abrogazione dell'art. 323 c.p.(abuso d'ufficio), prevede l'introduzione dell'art. 314-bis c.p., a norma del quale «Fuori dei casi previsti dall'articolo 314, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».

In questi termini, almeno parte dello spazio occupato dall'abuso d'ufficio verrà coperto da altre incriminazioni, talvolta maggiormente sanzionate, le quali vedranno così espandere il loro campo d'azione: si pensi alla concussione (art. 317 c.p.), all'omissione di atti d'ufficio (art. 328 c.p.), al peculato per distrazione (art. 314 c.p.), alla turbata libertà delle gare e del procedimento di scelta del contraente (artt. 353 e 353-bis c.p.) e ora al nuovo delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili (art. 314-bis c.p.). Ad ogni modo, la riespansione delle citate norme preesistenti opererà solo per i fatti successivi all'abrogazione dell'abuso d'ufficio, dal momento che si tratta di norme strutturalmente eterogenee, sul piano della fattispecie astratta, rispetto a quella abrogata. Non si tratta, in sostanza, di un fenomeno di continuità normativa stricto sensu considerata (cfr. Cass. pen., sez. un., 26 febbraio 2009, n. 24468, Rizzoli).

In questa sede pare solo il caso di osservare che l'abrogazione dell'abuso d'ufficio rischia di infragilire il sistema penale creato per potenziare la lotta contro la corruzione, ai sensi dell'art. 19 della Convenzione di ONU di Merida del 2003. Inoltre, la Proposta di Direttiva del 2023 pone un vero e proprio obbligo di criminalizzazione in tema di abuso d'ufficio (art. 11). E ciò anche in base al carattere “transnazionale” del reato ex art. 323 c.p. [Gambardella]. Abrogando l'abuso d'ufficio si elimina il controllo di legalità del giudice penale sull'azione discrezionale della P.A.: in sostanza, al giudice penale sarà precluso di verificare se l'esercizio dei poteri pubblici sia stato volutamente indirizzato, al di fuori della legalità, a favorire o danneggiare qualcuno.

Venendo all'analisi dell'art. 314-bis c.p., ci si avvede che il legislatore ha introdotto – nel titolo dedicato ai delitti contro la P.A. – un reato proprio che può essere commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nello svolgimento delle funzioni o del servizio.

Si tratta di reato plurioffensivo posto a tutela del buon andamento della P.A. e del patrimonio del terzo danneggiato dall'abuso del funzionario pubblico. La fattispecie descrive un reato di evento, il cui disvalore penale si realizza al momento della effettiva produzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale o di un danno ingiusto ad altri. È richiesta la c.d. doppia ingiustizia del danno, nel senso che ingiusta deve essere sia la condotta (in quanto connotata da violazione di legge), sia il vantaggio patrimoniale conseguito.

L'art. 314-bis c.p. si apre con una clausola di sussidiarietà espressa a favore dell'art. 314 c.p. (peculato), considerato reato più grave ed infatti punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.

Rispetto alla fattispecie di peculato, nell'art. 314-bis c.p. «il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui» non sono oggetto di appropriazione bensì di destinazione ad un uso diverso rispetto a quanto previsto da «specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità» (formulazione che richiama l'oramai abrogato art. 323 c.p.). Inoltre, quanto all'elemento soggettivo, la norma richiede il dolo intenzionale (e così di conseguenza si esclude la realizzazione del delitto in questione a titolo di dolo “eventuale” e “diretto”).

Tanto esposto, è evidente che l'imminente abrogazione dell'abuso d'ufficio porti con sé il rischio di creare una discontinuità e che l'introduzione dell'art. 314-bis c.p. valga solo per i cosiddetti “fatti futuri”, lasciando sul tappeto svariate sentenze, ex art. 673 c.p.p., di revoca di condanna definitiva imperniate sull'art. 323 c.p. (o di riapertura dei giudicati di condanna per rimodulare la pena inflitta in concorso con altri reati).

Modifiche al codice di procedura penale per l'efficienza del procedimento penale e la semplificazione in tema di misure alternative

Ulteriore innovazione del Decreto Carceri è contenuta nell'art. 10, ove si prevede l'aggiunta del comma 2-ter all'art. 412 c.p.p. al fine di assicurare l'effettività delle funzioni di impulso e coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo anche in relazione ai poteri di avocazione del procuratore generale presso la Corte d'appello.

Infine, è certamente positiva la semplificazione della procedura di applicazione delle misure alternative al carcere per le pene definitive inferiori ad un anno e sei mesi (art. 678 comma 1-ter c.p.p.). Così, la decisione del magistrato di sorveglianza non avrà bisogno della ratifica da parte del tribunale di sorveglianza territorialmente competente. In ordine alle pene detentive brevi, quindi, il collegio di sorveglianza sarà chiamato a pronunciarsi solo in caso di opposizione del condannato (rispetto alla decisione dell'organo monocratico) ovvero nell'ipotesi di mancata emanazione dell'ordinanza – da parte del magistrato di sorveglianza – nei termini prescritti.

Disposizioni in materia di procedimento esecutivo, di tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e modifiche al codice civile

Per quanto può interessare in questa sede, basti sapere che l'art. 12 d.l. n. 92/2024 ha differito il termine per l'entrata in vigore del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, al fine di permettere l'adozione degli interventi necessari per l'effettiva operatività del medesimo. Per l'effetto, il nuovo tribunale prenderà avvio – salvo ulteriori rinvii – il 17 ottobre 2025.

Infine, allo scopo di eliminare le incertezze interpretative in relazione alle procedure esecutive nei confronti degli Stati esteri, l'art. 11 d.l. n. 92/24 stabilisce che «non possono essere sottoposti a sequestro né pignorati il denaro, i titoli e gli altri valori che costituiscono riserve  valutarie di Stati esteri che le banche centrali o le autorità monetarie estere detengono o gestiscono per conto proprio o dello Stato a cui appartengono e che sono depositati presso la Banca d'Italia in appositi conti. Il sequestro e il pignoramento eseguiti sui beni di cui al primo periodo sono inefficaci e non sussiste l'obbligo di accantonamento da parte della Banca d'Italia».

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