Liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale: criteri tabellari romani e milanesi e valutazione delle circostanze del caso concreto
31 Luglio 2024
Il danno da perdita del rapporto parentale: inquadramento generale Tra le varie tipologie di danno non patrimoniale, rientrano i c.dd. “danni parentali”, ossia le lesioni di quel bene giuridico fondamentale ed inviolabile dato dall'integrità dei rapporti famigliari, tutelato da fonti sovranazionali (art. 8 della CEDU, art. 7 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE) nonché dalla Costituzione (artt. 2, 29 e 30 Cost.). Nell'ambito dei danni parentali, l'evoluzione giurisprudenziale e dottrinale ha portato a delineare due particolari fattispecie, le quali presentano fra loro ontologiche differenze che si riverberano sulla valutazione e sulla quantificazione del danno. In particolare, queste sono:
Stante l'attuale stato dell'arte il primo di questi danni, oggetto del presente approfondimento, è definibile come un danno non patrimoniale risarcibile iure proprio ai congiunti superstiti del de cuius quando la morte di questi sia stata cagionata di un illecito del terzo (si pensi alle vittime di reato, ma altresì alle vittime di sinistri stradali, di malpractice medica, etc.). Il pregiudizio, alla luce del revirement della giurisprudenza di legittimità che è tornata a distinguere il danno alla persona in due diverse componenti (Cass. Civ., sez. III, 27 marzo 2018, n. 7513) – con fondamentali conseguenze sulle modalità di quantificazione del danno – è risarcibile sotto un duplice profilo (Cass. Civ. sez. III, 18 aprile 2023, n. 10335):
Tutti i parenti della vittima sono legittimati attivi per la richiesta risarcitoria, ma, in base al grado di parentela, vi sono alcuni riflessi sui profili probatori. Fermo restando che l'onere della prova incombe sul danneggiato, il danno in esame è spesso definito “presuntivo” (ma non in re ipsa, v. Cass. Civ., sez. III, 30 agosto 2022 n. 25541), in quanto non è – a differenza del danno derivante dalla lesione dell'integrità psicofisica – accertabile con metodi scientifici, cosicché si deve ricorrere ad una presunzione iuris tantum ex art. 2727 c.c. di esistenza del pregiudizio, almeno in riferimento ai parenti più prossimi. La giurisprudenza più recente (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2024, n. 5769), sul punto, sembrerebbe distinguere, tuttavia, in base alla tipologia del legame parentale e alle componenti dapprima richiamate:
Così, se del caso, sarà il danneggiante convenuto a dover offrire la controprova, rappresentando situazioni di astio o odio o indifferenza tra de cuius e parente istante per il risarcimento o, ad ogni modo, altri elementi probatori che possano portare a dedurre una minore se non assente effettività del legame affettivo leso. Il danno da perdita del rapporto parentale non è a prioriescluso nel caso di assenza di vincolo di sangue (si pensi ai casi di famiglie di fatto), ma non è sufficiente l'allegazione di una coabitazione, in quanto si rende necessario allegare l'esistenza di un legame affettivo dalla quale dedurre la sussistenza di un danno non patrimoniale (Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2023, n. 31867). Nell'accertamento della sussistenza e nella valutazione del danno assume rilevanza altresì la convivenza. In particolar modo, si sono susseguiti negli anni due diversi orientamenti:
Inoltre, come è irrilevante l'assenza della convivenza, tale risulta essere altresì, nell'opinione della più recente giurisprudenza di legittimità, la distanza geografica tra i due soggetti, la quale al più potrà essere considerata ai fini della quantificazione del danno (v. Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2022, n. 22397). In ultimo, ulteriore aspetto di particolare interesse concerne la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale al soggetto di tenera età o al concepito. Infatti, sul punto la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2022, n. 12987; Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2023, n. 13540) tende all'esclusione della liquidazione del pregiudizio in questi casi, argomentando che:
La liquidazione: ricostruzione della recente evoluzione giurisprudenziale La liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, sotto il profilo non patrimoniale – essendo configurabile anche un profilo di carattere patrimoniale, dato dalla perdita dell'apporto economico che un soggetto forniva alla propria famiglia – è necessariamente effettuato in via equitativa. In particolar modo, si può ricorrere o ad una valutazione equitativa pura ex art. 1226 c.c. o ai criteri tabellari che, per il danno in questione, sono esclusivamente di origine giudiziale stante l'inesistenza di tabelle normative. In relazione alla valutazione equitativa pura, invero, la giurisprudenza di legittimità è ferma nell'affermare che il ricorso ad essa è ammissibile solo là dove ricorrano circostanze eccezionali e peculiari, di cui deve essere fornita un'analitica motivazione (v. Cass. civ., sez. VI, 31 dicembre 2022, n. 36297). Conseguentemente, il giudice dovrà preferire la determinazione del quantum debeatur tramite le tabelle giudiziali. Sul punto si rende necessario un breve excursus relativo al più recente sviluppo della giurisprudenza di legittimità sul tema. Prima del 2021, vi era la coesistenza (rectius: concorrenza) di due differenti sistemi tabellari: quello predisposto dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano e quello predisposto dal Tribunale di Roma. In particolare, la tabella milanese, fino all'edizione 2021, si strutturava in tre colonne:
Nel testo che accompagnava la tabella si leggeva che – fermo restando l'obbligo di allegazione e prova da parte del danneggiato, in quanto il danno non è in re ipsa, pur potendosi ricorrere alle presunzioni – nell'ambito di questa forbice, il giudice avrebbe dovuto determinare l'importo risarcitorio, motivando specificamente, tenendo conto delle circostanze del caso di specie che sono tipizzabili in: sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, nell'età del de cuius e del congiunto superstite. Inoltre, si specificava che la tabella era applicabile ai soli reati di carattere colposo laddove, nel caso di reati dolosi, spettava al giudice valutare le peculiarità del caso concreto potendo altresì addivenire ad una valutazione superiore al tetto massimo previsto. Tuttavia, la Suprema Corte, con sentenza Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2021, n. 10579, ha affermato che, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concretoe l'uniformità del giudizio in casi analoghi – secondo quanto già affermato nella sentenza c.d. “Amatucci” (v. Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408) –, il danno da perdita del rapporto parentale dovesse essere liquidato secondo una tabella basata su di un sistema a punti, che prevedesse, oltre all'adozione di tale criterio, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità nonché l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, necessariamente, l'età della vittima primaria e della vittima secondaria, il grado di parentela, la convivenza, con indicazione dei rispettivi punteggi, salva la possibilità di applicare correttivi sull'importo finale al fine di tenere conto delle peculiarità del caso concreto. Così, la Corte dichiarava l'inidoneità della tabella milanese, in quanto non basata su un sistema a punto, tanto da atteggiarsi come mera perimetrazione della più generale clausola di valutazione equitativa, inadeguata, di conseguenza, a perseguire gli obiettivi di uniformità e prevedibilità delle decisioni. Il modello delineato dalla Corte era, invece, sovrapponibile alla tabella romana (v. Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2021, n. 26300). La Tabella Romana La tabella romana ricorre ad un sistema a punti. Questi sono attribuiti sulla scorta di determinati criteri, e il risultato così ottenuto viene moltiplicato per il valore base del punto. L'ultima edizione della tabella è stata pubblicata nel novembre del 2023 - la quale ha sostituito la precedente edizione del 2019 - e presenta alcune novità, che non mutano la struttura della tabella, ma integrano dei profili di miglioramento. Tali novità sono date dalla maggiorazione del valore del punto base (ad oggi pari a euro 11.356,15), nell'affinamento del sistema di attribuzione dei punti per l'età, sia di vittima primaria che secondaria, nonché una specificazione circa l'assenza di convivenza tra le due. I criteri per l'attribuzione dei punti sono i seguenti:
La tabella romana, tuttavia, è stata oggetto di alcune critiche, in questo modo riassumibili:
La Tabella Milanese All'indomani di Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2021, 10579, che sanciva l'inidoneità della tabella milanese per il danno da perdita del rapporto parentale, il Tribunale di Milano (v. Trib. Milano, sez. X, 7 luglio 2021, n. 5947) emanava una sentenza illustrativa di una sorta di “regime transitorio” da applicarsi nelle more della predisposizione di una nuova tabella conforme ai principi di diritto enunciati dai giudici di legittimità, la quale è stata licenziata in data 29 giugno 2022. Questa tabella si presenta non come una “nuova” tabella, ma come una integrazione della precedente con il sistema a punti per somma. Il valore del punto base, infatti, è stato individuato dividendo per 100 il valore massimale previsto dalla precedente versione delle tabelle, il quale era già stato determinato tramite l'analisi di precedenti della giurisprudenza di merito: in altri termini, i valori minimi e massimi ivi riportati era già frutto dell'estrazione dai precedenti, come richiesto dalla Corte di cassazione. Si mantiene, altresì, la distinzione tra le categorie di parenti prima richiamate, specificando che la ratio si deve rinvenire nel fatto che per i fratelli e i nipoti, da ciò che emerge dal monitoraggio effettuato dall'Osservatorio, manca la presunzione di danno morale ed in forza di ciò si giustifica il minore importo risarcitorio e il minore punteggio attribuito. In tal modo, il valore del punto è pari ad euro 3.365,00 per i parenti di primo grado, il coniuge e assimilati, mentre è pari ad euro 1.461,20 per i parenti di secondo grado. Ad ogni modo, è fatta salva la possibilità, valutate le circostanze del caso concreto, di risarcire il danno da perdita del rapporto parentale anche nei confronti di altri legami affettivi non tabellati. Onde evitare di liquidare l'importo massimo solo nel caso di perdita parentale più grave, è stato elaborato il sistema del “cap” (soglia non superabile), cosicché – anche al fine di considerare che l'importo massimo anche nei precedenti giurisprudenziali non era liquidato solo e soltanto in tale caso – i punti astrattamente attribuibili dalle due tabelle non sono solo 100, ma, rispettivamente, 118 e 116, così da permettere di pervenire in più ipotesi al punteggio massimo e quindi all'importo massimo che, per le due categorie, rimaneva, rispettivamente, pari ad euro 336.500,00 e 146.120,00 (questi valori, con le tabelle milanesi edizione 2024, sono stati aumentati, rispettivamente, ad euro 391.103,18 e ad euro 169.830,60). Si specifica, ad ogni modo, che è sempre salva l'eccezionalità del caso concreto qualora comporti la necessità di liquidare importi maggiori della soglia massima. I criteri per l'attribuzione del punteggio, inoltre, non differiscono rispetto a quelli già previsti come criteri orientativi nella precedente versione delle tabelle che, come menzionato, prevedevano già una modulazione del quantum damni basata su fattori quali l'età delle vittime, la convivenza, l'esistenza di parenti superstiti nel nucleo familiare primario, nonché l'essenza del singolo rapporto parentale perduto. Rileva segnalare come la tabella, per ogni criterio, sottolinea che il punteggio attribuito è riferito al danno non patrimoniale, da una parte, “presumibile” – evidenziando, ancora, la natura presuntiva del danno in esame; dall'altra, comprensivo sia della componente morale (nella tabella, “sofferenza interiore”) che di quella dinamico-relazionale, così richiamando i più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Per la prima categoria di parenti (genitore, figlio, coniuge non separato, parte dell'unione civile e convivente di fatto), l'attribuzione dei punti per i vari criteri è la seguente:
Per la seconda categoria di parenti (fratelli e nipoti), l'attribuzione dei punti per i vari criteri è la seguente:
Per entrambe le tipologie di parentela, la tabella prevede, in chiusura, una nota, nella quale si precisa che nei casi di rilevanti contrasti o di controversie giudiziarie tra le vittime, o ancora, nel caso di violenze o reati perpetrati dalla vittima secondaria a danno di quella primaria, l'ammontare risarcitorio riconosciuto in base alla tabella può essere diminuito o, addirittura, azzerato. Inoltre, nella relazione illustrativa, si specifica che l'importo massimo delle tabelle può invece essere superato nel caso di reato doloso, in quanto le tabelle si applicano solo alle ipotesi integranti responsabilità oggettiva e reati colposi. Una delle critiche mosse nei confronti della tabella meneghina è quella di essere strutturata in modo tale da lasciare uno spazio eccessivo ai criteri di carattere oggettivo, rispetto a quelli di carattere soggettivo, in modo tale che il primo influenzerebbe i dell'importo risarcitorio; si critica, ancora, l'impossibilità di modulare il punteggio attribuito, là dove sarebbe stato preferibile poter attribuire un punteggio intermedio tra quello previsto dalla tabella e zero. Ad ogni modo, i giudici di legittimità, con la pronuncia Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 2022, n. 37009, hanno affermato la conformità del nuovo modello milanese ai principi elaborati in materia di danno parentale cosicché, ad oggi, oltre che alle tabelle romane, si può fare applicazione altresì delle tabelle milanesi. In conclusione In conclusione, allo stato attuale della giurisprudenza di legittimità si può ricorrere, per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, tanto alle tabelle romane quanto a quelle milanesi. Partendo dal presupposto che mai potrà esservi un metodo tabellare tale da poter quantificare l’inquantificabile e lungi dal ritenere che la tabella milanese possa essere uno strumento per aggirare l’onere probatorio incombente sulla parte istante per il risarcimento - in quanto l’accertamento della sussistenza del danno è un prius logico rispetto alla quantificazione ed in quanto il corretto utilizzo di uno strumento a ciò deputato è sempre onere dell’operatore che vi ricorre -non si può non rilevare come essa sia, tra le due, quella che fornisce al giudice un maggior numero di indici – rilevati tramite una analitica disamina di numerosi precedenti di merito – per la valutazione del caso concreto e della peculiare ontologia del singolo rapporto parentale perduto. Ciò si riflette, in particolar modo, nella previsione di criteri per la valutazione, anche in fase di liquidazione, dell’intensità e della profondità del legame tra de cuius e congiunto laddove, invece, nella tabella romana, oltre che a confondere il piano del rapporto di parentela con quello dell’intensità del rapporto, è prevista meramente una diminuzione in caso di controprova, il che potrebbe portare, ancor più facilmente, ad aggirare l’onere probatorio inerente all’ontologia del singolo legame parentale. In tema di risarcimento del danno alla persona, infatti, non si può ritenere sufficiente accertare l’esistenza e l’intensità del rapporto parentale solo ai fini dell’an debeatur, ma tali elementi devono, necessariamente, essere valutati anche nella fase di quantificazione del pregiudizio e sembrerebbe che l’unica tabella che ciò permetta, al momento, sia quella milanese. La tabella romana, invero, parrebbe basarsi esclusivamente su parametri oggettivi tanto che, accertata la sussistenza del danno, l’importo risarcitorio sarebbe uguale sia in casi in cui tale legame fosse profondo ed intenso che in casi in cui tale legame fosse quasi nullo, laddove il danneggiante non riesca a fornire quella che, invero, risulta essere una difficile controprova. Senza voler in questa sede richiamare tutte le varie teorie circa il profilo funzionale del risarcimento del danno alla persona, appare sufficiente richiamare, a riguardo, i principi costituzionali di uguaglianza e di personalizzazione per comprendere come dalla concreta realtà familiare - e più in generale della persona - non si può prescindere anche nella fase di quantificazione del danno, dovendo in tal modo rifuggire da meccanismi i quali, in toto, si rivelano automatismi. |