I soci di una società estinta non possono emettere una nota di variazione IVA

Fabio Gallio
10 Ottobre 2024

L'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito agli effetti di natura tributaria dell'estinzione di una società capitali, con particolare riferimento alle note di variazione IVA.

Premessa

Con la Risoluzione del 19 settembre 2024, n.47/E, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che i soci di una società, dopo l'avvenuta liquidazione di quest'ultima, non hanno la possibilità di emettere note di variazione IVA in diminuzione ex art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 633/1972.

Pertanto, secondo tale interpretazione, nel caso in cui una società abbia emesso una fattura e la stessa si sia estinta prima di avere emesso una nota di variazione in diminuzione, la facoltà di emettere tale documento non si trasferisce ai soci. In questo modo, il diritto di credito verso l'Erario per la restituzione dell'IVA assolta si estingue insieme alla società che è stata cancellata dal Registro delle imprese.

Prima di procedere ad esaminare i contenuti di tale documento interpretativo, si ritiene opportuno soffermarsi brevemente sulla normativa IVA di riferimento.

La normativa

Le note di variazione dell'Iva sono disciplinate dall'art. 26 del d.P.R del 26 ottobre 1972, n. 633. Secondo quanto previsto dal comma 2, di tale articolo, se un'operazione per la quale è stata emessa fattura, successivamente alla sua registrazione, viene meno in tutto o in parte, o diminuisce l'imponibile o l'IVA relativa, il cedente del bene o il prestatore del servizio può effettuare una variazione in diminuzione dell'IVA (con emissione di nota credito) precedentemente fatturata e portare in detrazione la diminuzione ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. 633/1972. L'acquirente che abbia già registrato la fattura originale deve registrare la corrispondente variazione in aumento (Cfr. Circolare Min. Finanze 9.8.1975 n. 27/501706).

Si rileva, però, che, in base all'ultimo periodo aggiunto al predetto art. 26, comma 5 del Decreto IVA dall'articolo 18, comma 1, lettera c), del d.l. n. 73/2021 (c.d. “Decreto Sostegni-bis), l' obbligo di registrare la nota di variazione emessa dal creditore «non si applica nel caso di procedure concorsuali di cui al comma 3-bis, lettera a)». Il curatore o commissario che riceve la nota di variazione, pertanto, non è tenuto ad annotare la corrispondente variazione in aumento nel registro di cui all'articolo 23 o all'articolo 24 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cfr. Circolare Agenzia Entrate 29.12.2021 n. 20, paragrafo 4.). Ciò implica che, in tal caso, la procedura non è tenuta al versamento dell'imposta, che resta a carico dell'Erario (Cfr. circolare n. 12/E dell'8 aprile 2016, paragrafo 13.1).

Le principali fattispecie che consentono l'emissione delle note di variazione in diminuzione sono le seguenti:

  • dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili;
  • mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose;
  • applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente;
  • rettifica di inesattezze della fatturazione;
  • risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento di una delle due parti; tipicamente, il mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente.

ll successivo comma 3 dell'art. 26 sopra richiamato stabilisce che la disposizione di cui al comma 2 non possa essere applicata decorso un anno dall'effettuazione dell'operazione, "qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti”

L'art. 26  è stato oggetto di alcune modifiche sostanziali introdotte dall'art. 18 del d.l. 73 del 25 maggio 2021 (c.d. “Decreto Sostegni-bis), convertito con modificazione dalla legge n. 106 del 23 luglio 2021, riguardanti la disciplina delle variazioni in diminuzione dell'imponibile IVA o dell'imposta dovuta disponendo che, in caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali, non si debba più attendere la conclusione delle stesse.

Nella fattispecie, tali modifiche riguardano il momento a partire dal quale è possibile emettere una nota di accredito, qualora le procedure concorsuali, gli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati ai sensi dell'art.182-bis l. fall., i piani attestati ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. pubblicati nel registro delle imprese, siano avviati dal 26 maggio 2021.

Per gli istituti iniziati precedentemente, permangono le precedenti interpretazioni normative (Per una completa disanima dell'evoluzione normativa che si cercherà di riassumere in questa sede, si rinvia a Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e Fondazione Nazionale dei commercialisti, Variazioni in diminuzione dell'IVA negli istituti disciplinati dal codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, documento di ricerca del 22 maggio 2024).

Il quesito sottoposto all'Agenzia delle Entrate

Fatte queste premesse, è stato chiesto all'Agenzia delle Entrate, se i chiarimenti forniti in merito a variazioni in diminuzione IVA a seguito di operazioni di fusione e scissione, possano  valere anche nel caso di una liquidazione volontaria di una società.

Al riguardo è stato rammentato (cfr. Risposta interpello Agenzia Entrate 15.7.2024 n. 153) che, in presenza di operazioni societarie straordinarie (fusione, incorporazione), l'articolo 2504-bis del codice civile dispone che, «La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. [...]».

La disciplina fiscale, a sua volta, stabilisce all'articolo 172, comma 4, del TUIR - approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 - che, «Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7».

Al verificarsi delle condizioni innanzi citate, dunque, la società che subentra nelle posizioni soggettive della cedente/commissionaria acquisisce la facoltà di emettere la nota di variazione con riferimento alle operazioni effettuate originariamente dalla società incorporata. In tal senso la risoluzione n. 183 del 13 luglio 1995, ove è stato chiarito che, «Per le eventuali variazioni dell'imponibile o dell'imposta, inerenti a rapporti pregressi trasferiti alla società beneficiaria, la procedura di rettifica prevista dall'art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 dovrà essere posta in essere da quest'ultima società subentrata nei diritti e negli obblighi della società scissa».

Pertanto, per tali operazioni, si verifica il subentro nei rapporti concerne anche la ricezione della nota di variazione (se l'operazione straordinaria ha coinvolto il cessionario o committente).

Tali conclusioni, però, non valgono in caso di liquidazione volontaria per i seguenti motivi.

Alcune considerazioni

L'Agenzia delle Entrate, pur confermando quanto sancito dalla giurisprudenza in merito agli effetti successori della liquidazione, ritiene, però, che ci siano delle differenze.

Si ricorda, infatti, che la Suprema Corte ha ritenuto che l'estinzione della società, a seguito della cancellazione del Registro delle imprese, determini un fenomeno successorio in favore dei soci, i quali subentrerebbero nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società estinta ex art. 2495 c.c. (cfr. Cass., S.U. 12.3.2013 n. 6070).

La ratio della norma prima citata, d'altronde, palesemente risiede proprio in questo: nell'intento d'impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest'ultimo del suo diritto. Ma questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati.

Tant'è che  l'articolo 28, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, dispone che, «Ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzione e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese».

Dall'altro lato, è stato, però, sancito che la procedura liquidatoria ha una finalità del tutto differente rispetto alle altre operazioni straordinarie (cfr. Cass., S.U. 30.7.2021 n. 21970).

Per questo motivo, dopo la cancellazione dal registro delle imprese, non è possibile emettere una nota di credito da parte dei soci, in quanto le posizioni soggettive della società, in capo alla quale le medesime sono sorte, si estinguono per effetto della sua estinzione, sicché non ricadono nel fenomeno successorio di cui sopra.

Del resto, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate,  il recupero dell'imposta attraverso la nota di variazione ai sensi dell'articolo 26 in commento,  presuppone sempre "l'identità tra l'oggetto della fattura e della registrazione originaria, da un lato, e, dall'altro, l'oggetto della registrazione della variazione, in modo che esista corrispondenza tra i due atti contabili. In altri termini, si presuppone una variazione del rapporto giuridico tra i due soggetti originari dell'operazione imponibile: cedente e cessionario di un bene, committente e prestatore di un servizio"».  

In conclusione, una volta estinta la società, senza che sia stata ancora esercitata la facoltà di emissione della nota di variazione in diminuzione, non è consentito ai soci sostituirsi ad essa nella sua emissione per recuperare l'IVA relativa ad un credito non incassato.

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