Giustizia riparativa: i programmi

Fabio Fiorentin
12 Novembre 2024

La disciplina dei programmi di giustizia riparativa si conforma ai principi europei ed internazionali che regolano la materia (art. 53 d.lgs. n. 150/2022). Con tale previsione si introduce una “clausola aperta” che consentirà, anche in futuro, di assicurare la costante armonizzazione della normativa interna con le fonti di produzione di livello extranazionale ed europeo.

I programmi di giustizia riparativa

I programmi devono essere svolti da almeno due mediatori, così da meglio assicurare la terzietà, indipendenza e imparzialità della procedura e minimizzare i rischi di vittimizzazione secondaria.

Il contenuto dei programmi comprende tre modalità principali:

  • la mediazione tra la persona indicata come l'autore dell'offesa e la vittima del reato (o la vittima di un reato diverso da quello per cui si procede), anche estesa ai gruppi parentali;
  • il dialogo riparativo (c.d. restorative dialogue), diretto o indiretto, tra la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima;
  • ogni altro programma dialogico guidato dai mediatori, svolto nell'interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell'offesa.

    

L'accesso ai programmi di giustizia riparativa è gratuito e ispirato al rispetto della dignità di ogni persona (art. 43 d.lgs. n. 150/2022). Pur nella prospettiva di favore nei confronti dell'accesso ai percorsi riparativi (c.d. “principio di accessibilità”), che non incontra alcuna preclusione in base al reato commesso, il legislatore ha stabilito alcuni limiti alla possibilità di attivare un programma di giustizia riparativa.

Un primo limite generale è costituito dall'accertata sussistenza di un “concreto pericolo”

per l'incolumità dei partecipanti derivante dallo svolgimento del programma di giustizia riparativa, valutato sulla base del prudente apprezzamento dell'autorità giudiziaria.

Un limite specifico – riferito alla fase delle indagini preliminari e alla fase del giudizio di merito – è, invece, rappresentato dall'esigenza che il percorso riparativo non pregiudichi l'“accertamento dei fatti”.

    

L'accesso alla giustizia riparativa può avvenire di ufficio (l'autorità giudiziaria competente a seconda della fase del procedimento può, infatti, avviare anche d'ufficio le parti ad un percorso di giustizia riparativa in tutti i casi in cui il magistrato valuti che l'effettuazione di un programma di giustizia riparativa «possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede [corsivo dell'A.] e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti» (art. 129-bis c.p.p.); ovvero su istanza di parte. In questo caso, è necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, che valuta – alla luce dei parametri sopra indicati – l'utilità e idoneità del programma e provvede con ordinanza (il giudice) o con decreto (il P.M.). Nel caso di reato perseguibile a querela soggetta a remissione e in seguito all'emissione dell'avviso di cui al 415-bis c.p.p., il giudice può disporre l'invio, in esito alla valutazione di cui sopra, su richiesta dell'imputato, sospendendo il procedimento per massimo 180 giorni. Con riguardo al potere del giudice di disporre l'avvio dei programmi di giustizia riparativa, previsto dall'art. 129-bis, comma 1, introdotto dal d.lgs. n. 150/2022, la Cassazione ha affermato che esso si configura quale potere discrezionale, che riflette valutazioni che attengono al reato, ai rapporti tra l'indagato e la vittima, all'idoneità del percorso riparativo a risolvere le questioni che hanno condotto alla commissione

del fatto. Pertanto – così afferma la Corte - il giudice può non avvalersi di tale prerogativa e neppure è tenuto a motivare la sua scelta, senza che in tal modo integri alcuna nullità, speciale, non essendo prevista dalla nuova disposizione, o di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e facoltà elencati all'art. 178, lett. c), c.p.p. (Cass. pen., sez. VI, 9 maggio 2023, n. 25367 – dep. 13 giugno 2023). La Cassazione ha ribadito tale orientamento con la sentenza emessa dalla Sezione 2 il 14.02.2024, n. 8794, che riafferma la non impugnabilità dell'ordinanza che nega l'accesso alla giustizia riparativa, pronunciata dal giudice ai sensi dell'art.129-bis c.p.p. Tale indirizzo si richiama, in primo luogo, al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e all'assenza di una disposizione espressa che preveda l'impugnabilità di tale provvedimento. Neppure ipotizzabile – osservano i supremi giudici - il ricorso ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., in quanto non si verte in materia di libertà personale (Cass. pen., 9 maggio 2023, n. 25367). Sul piano sistematico, la Suprema Corte rileva che i princìpi e le garanzie processuali previste nel processo penale non possono essere estesi alla giustizia riparativa, alla luce della ravvisata natura non giurisdizionale delle procedure restorative, disciplinato da regole non mutuabili da quelle del processo penale, che talora risultano incompatibili con queste ultime.

Con riferimento all'autorità giudiziaria competente è importante precisare che l'art. 45-ter disp. att. c.p.p. individua il giudice competente ai fini dell'accesso alla giustizia riparativa, prevedendo che, a seguito dell'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio i provvedimenti concernenti l'invio al Centro per la giustizia riparativa siano adottati dal GIP fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al giudice a norma dell'articolo 553, comma 1, c.p.p. Così, ad esempio, posta la competenza del G.i.p. ex art. 554 c.p.p. in materia di prove urgenti e di provvedimenti sulle misure cautelari, anche a seguito dell'esercizio dell'azione penale, fin tanto che il fascicolo non sia ancora stato trasmesso al giudice competente per l'udienza predibattimentale, la competenza a decidere sull'accesso alla giustizia riparativa spetterà allo stesso G.i.p. Dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti a norma dell'art. 590 c.p.p., provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, invece, la competenza è del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

L'accesso ai programmi di giustizia riparativa può avvenire:

  • in ogni stato e grado del procedimento;
  • nella fase di esecuzione della pena e della misura di sicurezza;
  • dopo l'esecuzione delle stesse;
  • all'esito di una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, per difetto della condizione di procedibilità, anche ai sensi dell'art. 344-bis c.p.p., o per intervenuta estinzione del reato.

   

Per i reati procedibili a querela è prevista la possibilità di accesso ai programmi anche prima della proposizione della querela stessa, rendendo, in tal modo, possibile lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa prima e a prescindere dall'eventuale instaurazione di un procedimento penale, confermando così, una volta di più, la tendenziale autonomia del procedimento riparativo da quello penale.

Particolarmente ampia è la platea dei soggetti che possono partecipare ai programmi di giustizia riparativa:

  • la vittima del reato;
  • la persona indicata come autore dell'offesa;
  • altri soggetti appartenenti alla comunità, quali familiari, persone di supporto segnalate dalla vittima del reato e dalla persona indicata come autore dell'offesa;
  • enti ed associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, rappresentanti o delegati di Stato, Regioni, enti locali o di altri enti pubblici, autorità di pubblica sicurezza, servizi sociali;
  • «chiunque altro vi abbia interesse» (art. 45 d.lgs. n. 150/2022).

   

La giustizia riparativa può, quindi, coinvolgere soggetti che, pur non appartenenti alla “comunità” di riferimento, sono portatori di uno specifico interesse al programma di giustizia riparativa (a es. perché trovatisi in passato nella medesima condizione della vittima o associazioni ed enti portatori di istanze a tutela dei valori coinvolti nella vicenda penale).

Nel caso di programmi di giustizia riparativa che coinvolgano, a qualsiasi titolo, persone minori di età, la disciplina del d.lgs. n. 150/2022 si applica in quanto compatibile e in modo adeguato alla personalità e alle esigenze del minorenne, tenuto in considerazione il suo superiore interesse, conformemente a quanto stabilisce l'art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con la l. 27 maggio 1991, n. 176. Nella convergente prospettiva di tutela della specificità minorile, si prevede, inoltre, che ai programmi che coinvolgono i minori vengano assegnati mediatori dotati di specifiche attitudini, avuto riguardo alla loro formazione e alle competenze acquisite dagli stessi (art. 46 d.lgs. n. 150/2022).

Il consenso

La libera adesione delle parti ai programmi di giustizia riparativa è un principio cardine della riforma. L'art. 48 d.lgs. n. 150/2022 stabilisce che il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa è personale (quindi, in linea di principio, non può essere espresso tramite rappresentanti, se non nei casi di minore, interdetto o soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno), libero (dunque scevro da vincoli o costrizioni), consapevole (cioè manifestato nella piena coscienza di tutti gli aspetti del percorso riparativo che verrà intrapreso), informato ed espresso in forma scritta (formalità opportuna anche nell'ottica della consapevolizzazione del soggetto). Si noti che la disciplina esige la “volontarietà” del consenso, ma non la “spontaneità” del medesimo.

Una volta manifestato, il consenso è sempre revocabile anche “per fatti concludenti” (dunque senza osservare la forma scritta, necessaria, invece, per il consenso alla partecipazione ai programmi). Il consenso viene prestato nel corso dei primi contatti dal mediatore designato, alla presenza anche del difensore della vittima del reato o della persona indicata come autore dell'offesa, se questi lo richiedono (art. 54 d.lgs.150/2022).

Diritti e garanzie per mediatori e partecipanti ai programmi di giustizia riparativa

L'accesso e la partecipazione ai programmi di giustizia riparativa sono assistiti da una serie articolata di diritti e garanzie (artt. 47-52 d.lgs. n. 150/2022), così da costituire un vero e proprio statuto dei diritti e delle garanzie di coloro che vi prendono parte.

Si prevede, infatti, che la persona indicata come l'autore dell'offesa e la vittima del reato debbano essere informate senza ritardo, da parte dell'autorità giudiziaria, nonché da altri operatori che a qualsiasi titolo sono in contatto con i medesimi soggetti, in ogni stato e grado del procedimento penale o all'inizio dell'esecuzione della pena detentiva o della misura di sicurezza, sulla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e relativamente ai servizi disponibili (diritto di informazione). Analoga informativa è destinata a chi esercita la responsabilità genitoriale, al tutore, all'amministratore di sostegno, al curatore speciale nonché al difensore della vittima del reato e della persona indicata come l'autore dell'offesa, ove nominato.

Le informazioni devono essere fornite ai destinatari in una lingua ad essi comprensibile e in modo adeguato all'età e alle capacità degli stessi. L'obiettivo è quello di consentire a tutti i potenziali interessati di esprimere, eventualmente, il loro consenso personale, libero, informato e consapevole ai fini dell'accesso ai programmi riparativi.

Tra i diritti assicurati all'autore, alla vittima e agli altri partecipanti, particolare rilievo assume, nell'odierna realtà multietnica, quello relativo all'assistenza linguistica gratuita per le persone alloglotte (art. 49 d.lgs. n. 150/2022).

Viene, inoltre, prevista la garanzia della riservatezza, che deve essere osservata, anzitutto, dai mediatori e dal personale dei Centri per la giustizia riparativa (ma che vincola, altresì, i partecipanti ai programmi) e che si estende a tutte le attività e agli atti compiuti, alle dichiarazioni rese dai partecipanti e alle informazioni acquisite per ragione o nel corso dei programmi di giustizia riparativa, che non possono in alcun modo essere divulgate. L'unica deroga possibile all'obbligo di riservatezza riguarda i casi in cui vi sia il consenso dei partecipanti alla rivelazione; quelli in cui il mediatore ritenga la divulgazione assolutamente necessaria per evitare la commissione di imminenti o gravi reati; ovvero qualora le dichiarazioni integrino di per sé reato (es. nel caso di calunnia o minaccia aggravata).

Il vincolo di riservatezza dura fino alla conclusione del programma con la definizione del procedimento penale con sentenza o decreto penale irrevocabili. Successivamente, la pubblicazione delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite è ammessa con il consenso dell'interessato e nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali. Con gli stessi limiti vige, altresì, la garanzia della inutilizzabilità, nel procedimento penale e nella fase di esecuzione della pena, delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del programma (il divieto di utilizzabilità non opera, tuttavia, per i contenuti della relazione conclusiva di cui all'articolo 57 d.lgs. n. 150/2022). In tal modo, si vuole tutelare, per un verso, l'attendibilità dell'accertamento dei fatti e, per l'altro, la posizione dell'imputato o condannato, escludendo in radice possibili conseguenze sfavorevoli legate alla partecipazione di questi al programma di giustizia riparativa.

Alcune peculiari garanzie circondano la figura del mediatore: questi non può essere obbligato a deporre davanti all'autorità giudiziaria né a rendere dichiarazioni davanti ad altra autorità sugli atti compiuti, sui contenuti dell'attività svolta, nonché sulle dichiarazioni rese dai partecipanti e sulle informazioni apprese per ragione o nel corso del programma di giustizia riparativa, salvo che vi sia il consenso dei partecipanti alla rivelazione o il mediatore ritenga questa assolutamente necessaria per evitare la commissione di imminenti o gravi reati ovvero quando le dichiarazioni integrino di per sé reato. Al mediatore si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 200 c.p.p. in materia di tutela del segreto professionale. È vietato, inoltre, procedere al sequestro, presso i mediatori e nei luoghi in cui si svolge il programma di giustizia riparativa, di carte o documenti relativi all'oggetto del programma, salvo che gli stessi costituiscano corpo del reato ed è parimenti vietata l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni nei luoghi in cui si svolge il programma di giustizia riparativa e di conversazioni o comunicazioni dei mediatori che abbiano ad oggetto fatti conosciuti per ragione o nel corso del medesimo programma.

A tutela della confidenzialità delle dichiarazioni rese nel corso dei programmi di giustizia riparativa viene introdotto il generale divieto di utilizzare, a fini probatori, i risultati dei sequestri e delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni illegittimamente eseguiti, salvo che gli stessi costituiscano corpo di reato oppure, nel caso di intercettazioni, abbiano ad oggetto fatti sui quali i mediatori abbiano deposto o che gli stessi abbiano in altro modo divulgato (art. 52 d.lgs. n. 150/2022).

Il mediatore, infine, non ha l'obbligo di denuncia in relazione ai reati dei quali abbia avuto notizia in ragione o nel corso del programma di giustizia riparativa, eccettuate le ipotesi già esaminate (consenso dei partecipanti, rivelazione ritenuta indispensabile dal mediatore per evitare la commissione di imminenti o gravi reati; dichiarazioni integranti di per sé reato).

L'esecuzione dei programmi di giustizia riparativa

La procedura di svolgimento dei programmi prevede:

  • un primo incontro, preceduto da uno o più contatti con i mediatori e da colloqui preliminari tra il mediatore e ciascuno dei partecipanti. L'autore e la vittima possono chiedere che a tali contatti preliminari siano presenti i difensori, i quali possono intervenire (art. 54 d.lgs. n. 150/2022). Si tratta di una fase di preparazione, nel corso della quale i mediatori forniranno ai possibili partecipanti le informazioni necessarie, verificheranno la fattibilità dei programmi e provvederanno alla raccolta del consenso scritto delle parti. Quest'ultimo è un passaggio essenziale, tenuto conto che il soggetto, a mente del già richiamato art. 129-bis c.p.p., può essere inviato al Centro per la giustizia riparativa anche di ufficio dall'autorità giudiziaria, talché è opportuno che la libera determinazione del consenso sia ulteriormente verificata nell'imminenza dell'avvio del programma;
  • incontri successivi ai colloqui preliminari, che avvengono – al fine di assicurare la genuinità e spontaneità dell'apporto di ciascuno dei partecipanti allo svolgimento del programma – senza la presenza dei difensori, nei quali si sviluppa il programma. Gli incontri si devono svolgere in spazi e luoghi adeguati ed idonei ad assicurare riservatezza e indipendenza e i mediatori devono assicurare il trattamento rispettoso, non discriminatorio ed equiprossimo dei partecipanti, garantendo tempi di svolgimento adeguati alle necessità del caso. Nel corso dello svolgimento del programma, l'autorità giudiziaria può aprire un canale di comunicazione con i mediatori, richiedendo periodici aggiornamenti sullo stato e sui tempi del programma riparativo. Si tratta di uno strumento che potrà rivelarsi molto utile anche per la gestione delle tempistiche del procedimento penale qualora esso si svolga in parallelo con il percorso riparativo. La partecipazione personale degli interessati a tutte le fasi del programma è favorita dalla previsione che essi possono fruire dell'assistenza di persone di supporto, anche in relazione alla loro capacità;
  • la conclusione del programma, che può prevedere un esito riparativo;
  • la valutazione finale dell'autorità giudiziaria.

   

L'esito riparativo può essere, a sua volta, simbolico o materiale (art. 56 d.lgs. n. 150/2022). Il primo può comprendere dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi; il secondo può consistere nel risarcimento del danno, in restituzioni, nell'adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori. Si tratta, in entrambi i casi, di un'elencazione meramente descrittiva e non esaustiva delle forme che può assumere l'esito riparativo. I mediatori dovranno farsi carico del fornire l'assistenza alle parti per l'esecuzione degli accordi relativi all'esito simbolico, laddove i difensori della persona indicata come l'autore dell'offesa e della vittima del reato hanno facoltà di assistere i partecipanti nella definizione degli accordi relativi al solo esito materiale, in cui l'apporto del professionista può risultare prezioso, implicando profili di natura tecnico-giuridica (art. 56 d.lgs. n. 150/2022).

La valutazione finale dell'autorità giudiziaria

Conclusosi il programma, i mediatori trasmettono all'autorità giudiziaria procedente una relazione finale, il cui contenuto include necessariamente la descrizione delle attività svolte e dell'esito riparativo raggiunto, mentre ulteriori informazioni integrative sono trasmesse soltanto su richiesta dei partecipanti e con il loro consenso (art. 57 d.lgs. n. 150/2022). Analoghe comunicazioni sono indirizzate all'autorità giudiziaria procedente nel caso di mancata effettuazione del programma, di interruzione dello stesso o di mancato raggiungimento di un esito riparativo.

L'autorità giudiziaria è dunque chiamata alla valutazione finale per le determinazioni di competenza e, ai fini di cui all'art. 133 c.p. Non potranno in nessun caso aversi effetti sfavorevoli per l'autore dell'offesa in relazione alla mancata effettuazione del programma, all'interruzione dello stesso o al mancato raggiungimento di un esito riparativo. L'esito positivo avrà, invece, effetti

favorevoli per l'imputato o condannato qualora si raggiunga effettivamente un esito riparativo.

L'esito riparativo sarà, dunque, rilevante nelle seguenti ipotesi:

  • in sede di cognizione, poiché influirà sulla possibilità di sospensione condizionale della pena (art. 163 c.p.);
  • in relazione all'esito positivo della messa alla prova;
  • sulla determinazione della pena ai sensi dell'art.133 c.p., con possibile applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma 1, n. 6, c.p.;
  • ai fini della remissione tacita della querela (art. 152 c.p.);
  • in fase esecutiva della pena, l'esito riparativo sarà valutato ai fini della concessione dei benefici penitenziari e della declaratoria di estinzione della pena all'esito dell'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 l. n. 354/1975), ovvero della modifica in melius o della revoca della misura di sicurezza eventualmente applicata.

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