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ilFamiliarista

Adozione del figlio del partner perfezionata all’estero e criteri fondanti la relazione affettiva ed effettiva tra adottante e adottato

20 Gennaio 2025

La sentenza di adozione del figlio del partner, perfezionata all’estero dall’adottante in possesso di cittadinanza straniera e italiana, produce automaticamente effetti nell’ordinamento italiano, senza bisogno di alcun intervento giurisdizionale.

Massima

La stabilità dell'ambiente familiare che sia anche ampiamente positivo per l'adottato, l'assenza del genitore biologico - decaduto dalla responsabilità genitoriale - e la funzione vicaria assolta dal “genitore sociale” che sia anche partner dell'altro genitore biologico del minore, unitamente al tempo trascorso insieme, alla percezione quale proprio genitore a tutti gli effetti che il minore abbia dell'adulto, alla qualità dei legami ed alla effettività degli stessi, sono indicatori che rispondono ai criteri di conformità all'ordine pubblico internazionale, sicché - in presenza di essi - il provvedimento di adozione perfezionato all'estero produce automaticamente effetti nell'ordinamento italiano ai sensi dell'art. 41, comma 1, l. 218/1995, senza bisogno di alcun intervento giurisdizionale, con conseguente legittimazione dell'adottante a richiedere la trascrizione nei registri dello stato civile del comune AIRE competente.

Il caso

L'adottante, nato e residente all'estero ed in Paese extra UE ed in possesso di doppia cittadinanza italiana e straniera, è sposato con il genitore biologico del minore, in favore del quale è stato emesso il provvedimento adottivo nel Paese extra UE di residenza.

L'adottante ha formulato al Tribunale per i minorenni competente per territorio domanda di riconoscimento in Italia della sentenza straniera di adozione ai sensi dell'art. 36, comma 4, l. 183/1984.

La questione

Può il Tribunale italiano pronunciarsi sul riconoscimento di una sentenza emessa dal competente Giudice straniero nei confronti di un cittadino in possesso di doppia cittadinanza (italiana e straniera) che sia divenuto genitore adottivo del figlio minorenne del coniuge, secondo la cornice normativa inquadrabile, nel diritto interno, nell'art. 44 lett. b), l. 184/1983?

Le soluzioni giuridiche

Nel nostro ordinamento è possibile riconoscere gli effetti dei provvedimenti esteri di adozione di persone di minore età ai sensi dell'art. 41, l. 31 maggio 1995, n. 218, norma generale rispetto alla Legge 4 maggio 1983, n. 184.

La sentenza n. 76 del 2016 della Corte Costituzionale ha osservato che l'art. 41 l. 218/1995 prevede due procedimenti alternativi tra loro, dal momento che al comma 1 stabilisce, quale regola di carattere generale, un riconoscimento “automatico” dei provvedimenti stranieri in materia di adozione, attraverso il rinvio agli artt. 64, 65 e 66 della medesima legge, relativi, rispettivamente, alle sentenze straniere, ai provvedimenti stranieri e ai provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione mentre il comma 2 opera un riferimento agli articolo 35 e 36 della legge n. 184/1983 con conseguente vaglio del Tribunale per i Minorenni competente. In tale ultima ipotesi, la norma è volta a prevedere la presenza del requisito necessario del soggiorno continuativo per almeno due anni all'estero dell'adottante - cittadino italiano - e ciò al fine di impedire l'elusione della normativa nazionale in materia di adozione, recandosi all'estero.

Sebbene in passato l'Autorità Giudiziaria italiana abbia fatto ricorso all'art. 36, comma 4 l. adoz. (si veda, ad esempio, Trib. Minorenni Firenze, 08 marzo 2017, Pres. Laera, est. Lupo), in questo caso, il Tribunale per i Minorenni intende discostarsi da questo inquadramento giuridico, poiché ritiene rispettati i requisiti formali e procedurali, ai sensi dell'art. 64, lett. a, b, c della l. 218/1995. La sentenza pronunciata all'estero è, inoltre, passata in giudicato, non è contraria ad altra sentenza pronunciata dal giudice italiano né pende un processo avanti al Giudice italiano per il medesimo oggetto (art. 64, lett. d, e, f).

Quanto al requisito della conformità all'ordine pubblico (art. 64, lett. g), il Tribunale adito ha scelto la declinazione offerta dalle Sezioni Unite (Cass. sez. un., sent. 16601/2017; Cass., sez. un. 12193/2019; Cass., sez. un. 9006/2021) in tema di “ordine pubblico internazionale”. La Suprema Corte - considerata l'apertura dell'ordinamento interno al diritto sovranazionale ed il recepimento dei principi introdotti dalle convenzioni internazionali cui il nostro Paese ha aderito - fa riferimento anche ai valori giuridici condivisi dalla comunità internazionale ed alla tutela dei diritti fondamentali, al quale fa inevitabilmente riscontro un affievolimento dell'attenzione verso quei profili della disciplina interna che, pur previsti da norme imperative, non rispondono ai predetti canoni (Cass. civ., sez. un., sent. 12193/2019, Pres. Mammone, est. Mercolino, § 12.1)”.

In questo quadro, la valutazione in ordine alla contrarietà del provvedimento straniero comporta la verifica della compatibilità degli effetti che l'atto produce con rispetto ai principi fondanti l'autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 cost; art. 8 Cedu), nonché l'attenta valutazione del preminente interesse del minore anche in relazione al principio di non discriminazione, rivolto a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status di figlio.

La centralità dell'interesse superiore del minore e del diritto dello stesso ad una famiglia - oltre al fondamentale interesse alla continuità degli status familiari e, conseguentemente, al pieno riconoscimento in Italia di una situazione di fatto non solo legittimamente ammessa nel Paese di residenza della famiglia, ma anche evidentemente consolidata- produce l'effetto di considerare la sentenza di adozione perfezionata all'estero pienamente conforme all'ordine pubblico internazionale, per come interpretato dal prevalente e costante filone interpretativo giurisprudenziale menzionato.

In tale contesto devono essere valorizzati indicatori quali la stabilità e la positività dell'ambiente familiare per l'adottato, l'assenza del genitore biologico - decaduto dalla responsabilità genitoriale - e la funzione vicaria assolta dal “genitore sociale” che sia anche partner dell'altro genitore biologico del minore, unitamente al tempo trascorso insieme, alla percezione quale proprio genitore a tutti gli effetti che il minore abbia dell'adulto, alla qualità dei legami ed alla effettività degli stessi.

Osservazioni

Negli ultimi quarant'anni, in corrispondenza con la “de-istituzionalizzazione” della famiglia, non più solo fondata sul matrimonio, le prassi giurisprudenziali che - spesso e soprattutto nella tutela le relazioni familiari - hanno inseguito la norma, la cornice normativa inquadrabile, nel diritto interno, nell'art. 44 lett. b), l. 183/1984, anche grazie all'interpretazione offerta dai principi ricavabili dalla giurisprudenza della Corte EDU (e, in particolare, dall'art. 8 CEDU anche in combinato disposto con l'art. 14 CEDU) ha contribuito a rafforzare ulteriormente la funzione sociale dell'istituto dell'adozione e quindi della stessa genitorialità.

L'art. 8 CEDU , nella lettura offerta dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, non assegna infatti un diritto a costituire una famiglia, ma è volto a tutelare una famiglia, lato sensu intesa, già esistente. L'esistenza di una “vita familiareex art. 8 CEDU è una questione che va vagliata ed accertata in fatto e può comprendere altre relazioni familiari de facto, purché - oltre all'affetto generico - sussistano altri indici di stabilità, attuale o potenziale, quale potrebbe essere quello di una filiazione naturale o di una convivenza avutasi per un tempo significativo e poi cessata. Costituiscono indicatori a fini giuridici il tempo vissuto insieme dalla coppia; la natura e la qualità della relazione; in presenza di figli minori, il ruolo assunto dall'adulto nei confronti del bambino; la percezione che il bambino ha dell'adulto.

In considerazione di questi indicatori, la Corte EDU è giunta a statuire che, nonostante l'assenza di un rapporto giuridico di parentela, la genitorialità sociale possa rientrare nella nozione di vita familiare ai sensi dell'articolo 8 CEDU .

La Corte inoltre ha, in più occasioni, affermato che il rispetto della diritto alla vita familiare e personale contempla non solo il diritto dei genitori e dei figli - ma anche di altri soggetti uniti da relazioni familiari de facto - a mantenere stabili relazioni, soprattutto in caso di crisi della coppia, precisando al riguardo che occorre assicurare prevalenza al superiore interesse dei minori, anche a rischio di pregiudicare il diritto di uno dei genitori (si vedano: Marckx c. Belgium, CEDU 13 giugno 1979; Keegan c. Irlanda, CEDU 26 maggio 1994; X., Y. e Z. c. Regno Unito, CEDU, 22 aprile 1997).

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