Allontanamento del minoreFonte: Cod. Civ. Articolo 403
13 Giugno 2022
Inquadramento normativo
L'ordinamento appresta a tutela del minore, qualora sia necessario intervenire d'urgenza a salvaguardia della sua salute e incolumità, lo strumento dell'allontanamento. L'art. 403 c.c. in particolare stabilisce che nel caso in cui il minore sia moralmente o materialmente abbandonato o esposto, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psicofisica e vi è dunque emergenza di provvedere, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. Si tratta di un intervento dell'autorità pubblica che assicura la protezione dei minori anche quando un provvedimento giudiziale, sia pur tempestivo, non sia sufficientemente rapido. Trova pertanto applicazione solo nelle ipotesi di urgente necessità. I principi fondamentali
Principio fondamentale in tema di tutela del minore è che lo stesso cresca e sia educato nell'ambito della propria famiglia. Tale principio prende le sue origini innanzitutto dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989 (ratificata con l. 176/1991) che stabilisce il diritto del fanciullo:
Nell'ordinamento italiano questi fondamentali principi sono poi trasposti:
Peraltro per il caso in cui lo stesso si trovi in una situazione pregiudizievole sono previsti interventi che possono portare a limitazioni (art. 333 c.c.) o addirittura alla decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 330 c.c.) con conseguente allontanamento del minore dal nucleo familiare ad opera di un provvedimento disposto dall'autorità giudiziaria. In funzione residuale, quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata la condizione di assoluta urgenza e di grave rischio per il minore che richieda un intervento immediato di protezione, si può ricorrere allo strumento di cui all'art. 403 c.c. Tale norma, in altri termini, mira ad assicurare una forte e tempestiva tutela ai minorenni in condizioni di abbandono nei casi di estrema necessità e urgenza.
Le modifiche del 2022
La disposizione in oggetto è stata radicalmente trasformata dalla Legge 206/2021, in tema riforma ed efficienza del processo civile. Detto provvedimento com'è noto, accanto alla delega al Governo per la riforma del processo civile, ha introdotto una serie di modifiche alla legislazione vigente, applicabili ai procedimenti instaurati a decorrere dai sei mesi dalla sua entrata in vigore e pertanto da giugno 2022: tra queste si inserisce la riforma dell'art. 403 c.c.. Si tratta in particolare in relazione alla norma in oggetto di modifiche processuali che, finalizzate a offrire maggiore certezza sui tempi e sulla corretta applicazione del potere conferito alle autorità di pubblica sicurezza, consentono un più tempestivo controllo giudiziale sull'operato dei soggetti amministrativi che hanno disposto l'allontanamento d'urgenza, in osservanza del più generale principio di cui all'art. 13 Cost.
Il d.lgs. 149/2022
Quest'assetto normativo ha subito lievi modifiche in seguito all'emanazione del d.lgs 149/2022 in vista dell'istituzione del “Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie” (TPMF). In particolare, nel testo l'espressione Tribunale per i minorenni è stata sostituita con l'espressione Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie (TPMF) che sarà istituito nel 2024. Tale nuovo testo sarà in vigore solo dal 2024. Chi interviene ad allontanare il minore? Ai sensi dell'art. 403 c.c. incaricata di intervenire è la “pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia”. Non è ben chiaro a quali soggetti si riferisca la norma , ma sulla scia della prassi e di alcuni provvedimenti giurisprudenziali si ritiene che legittimati all'intervento siano gli assistenti sociali o appartenenti ad organi/enti deputati alla protezione dei minori, ma anche l'autorità amministrativa in senso lato ossia Comune, Questore, Prefetto e ASL e nel caso di resistenze anche la forza pubblica. Abbandono morale e materiale
La norma prevede che la misura dell'allontanamento possa essere adottata quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato, oppure si trova esposto a grave pregiudizio e pericolo nell'ambiente familiare in cui vive. Presupposto fondamentale, introdotto dal Legislatore sulla scorta delle indicazioni giurisprudenziali, è che vi sia l'urgenza di provvedere. In tali casi la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, preleva il minore dall'ambiente in cui si trova e lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. Chiaro è richiamo alla disciplina dell'adozione secondo cui un provvedimento talmente drastico come la dichiarazione di adottabilità del minore, che comporta la rescissione del legame genitore-figlio, può essere emanato solamente in presenza di una accertata e irreparabile situazione di abbandono, individuata dall'art. 8 della l. 184/1983 nella privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori e parenti tenuti a provvedervi. La disposizione precedente la l. 206/2021 prevedeva invece oltre alla situazione di abbandono morale e materiale che il minore si trovasse a vivere in locali insalubri o pericolosi, oppure che fosse cresciuto da persone incapaci di provvedere alla sua educazione per negligenza, immoralità, ignoranza o anche per altri motivi.
Il procedimento
I commi introdotti dalla l. 206/2021 prevedono, una volta adottato il provvedimento un procedimento caratterizzato da tempi precisi e stringenti, che devono essere rispettati pena la perdita di efficacia dell'allontanamento. Si tratta infatti di atti che incidono su diritti di rango costituzionale tra cui il diritto alla famiglia (artt. 30 Cost), alla difesa (artt. 24 Cost) e al giusto processo (artt. 111 Cost). La pubblica autorità deve pertanto innanzitutto informare oralmente il P.M. presso il Tribunale per i Minorenni (dal 2024 il TPMF), nella cui circoscrizione il minore ha la residenza abituale. Successivamente:
All'udienza di comparizione, il giudice relatore interroga liberamente le parti, può assumere informazioni, e ascoltare il minore, anche eventualmente con l'ausilio di un esperto. Entro 15 giorni dall'udienza, il T.M. (dal 2024 il TPMF), in composizione collegiale, pronuncia decreto con cui conferma, modifica o revoca il decreto di convalida e adotta ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore. Pubblico ministero, esercenti la responsabilità genitoriale e curatore speciale del minore, una volta che è stato loro comunicato il decreto, possono entro 10 giorni proporre reclamo ai sensi dell'art. 739 c.p.c. alla Corte d'appello, che si deve pronunciare entro 60 giorni. Il minore, allontanato dall'ambiente familiare, viene portato in un “luogo sicuro” che può essere anche una comunità familiare. In questi casi si applicano le disposizioni in tema di affidamento familiare. Peraltro la legge stessa precisa che il collocamento in una comunità familiare deve essere considerato come un'ipotesi residuale, alla quale ricorrere solo se non sono disponibili soluzioni alternative. La ratio delle modifiche
Numerose sono le problematiche sorte in una materia come questa che coinvolge interessi personalissimi e di primaria importanza quale il bene del minore e l'unità familiare e utilizza uno strumento che, essendo d'urgenza, è caratterizzato dall'avere poche garanzie. Da più parti si richiedeva pertanto un intervento che fornisse maggiore tutela dei diritti costituzionali. I provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 403 c.c. necessitano infatti di essere valutati rapidamente dall'autorità giudiziaria in quanto possono tradursi in misure di protezione che, seppure emesse a tutela del minore, sono astrattamente idonee a produrre forti limitazioni in danno dei genitori o delle persone esercenti la responsabilità genitoriale, perché provocano l'allontanamento del minore dal luogo di abituale residenza. La posizione della giurisprudenza
L'allontanamento forzato dei minori dalla famiglia è un'extrema ratio, per tale motivo andrebbe eseguito solamente dopo aver espletato tutti i tentativi per evitarlo. In tal senso si è espressa di recente anche la corte di Cassazione che in un caso in cui una bambina era stata allontanata dalla madre accusata di ostacolare il rapporto tra il figlio e il padre (quale genitore alienante nell'ambito della c.d. Sindrome da alienazione parentale) ha chiarito che “l'uso di una certa forza fisica diretta a sottrarre il minore dal luogo ove risiede con il genitore, per collocarlo in una casa-famiglia, … non appare misura conforme ai principi dello Stato di diritto e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare. La modalità inoltre, si sottolinea pone seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore (Cass. 9691/2022, S.A. Galluzzo, Non è legittimo il richiamo alla sindrome da alienazione parentale, in IUS Famiglie, aprile 2022). Alla luce inoltre della citata riforma che ha introdotto la necessità del presupposto dell'urgenza per l'applicazione della misura si evidenzia come l'orientamento giurisprudenziale, da ritenersi consolidato, ha precisato che “il provvedimento ex art.403 c.c. è legittimo solo se adottato in fase precontenziosa e per ragioni di emergenza e se la pubblica autorità l'ha tempestivamente comunicato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni per le iniziative di competenza” (Cass. 20928/2015). Nella specie la Corte di Cassazione configurava la responsabilità del Comune ai sensi dell'art. 2049 c.c. con obbligo dello stesso di risarcire il danno cagionato ai genitori per lesione del diritto all'integrità ed alla serenità del nucleo familiare, in quanto il Sindaco aveva disposto l'allontanamento di una minore dalla casa familiare sulla base di una segnalazione (poi rivelatasi infondata) degli addetti ai servizi sociali, che avevano sollecitato l'immediata adozione del provvedimento, senza avvertire la necessità di ulteriori e più approfondite indagini da parte dei competenti organi giudiziari. In quell'occasione la Corte ha sottolineato "il carattere gravemente colposo delle condotte commissive ed omissive degli assistenti sociali, determinanti l'allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare in assenza di ragioni tali da giustificare un simile provvedimento". Nel merito
Anche la giurisprudenza di merito si è soffermata sulla necessità dell'urgenza ai fini dell'applicazione della misura di cui all'art. 403 c.c. precisando che un provvedimento amministrativo come quello in oggetto che va ad incidere su diritti di rango costituzionale (art. 30) in tanto può ritenersi consentito e compatibile con i principi del giusto processo (art. 111 comma 2, Cost.) in quanto l'efficacia di cui è dotato nel limitare la responsabilità genitoriale sia mantenuta in uno spazio temporale di assoluta urgenza, corrispondente ai “tempi tecnici” che occorrono per portare l'autorità giudiziaria a conoscenza dei fatti e consentire alla stessa di assumere con immediatezza le decisioni del caso (Trib. Min. Torino 22 gennaio 2015). Nello stesso senso si è recentemente affermato che tra i presupposti introdotti dalla legge 206/2021 per la misura dell'allontanamento dei minori da parte della Pubblica Autorità vi è, oltre all'abbandono ed al pericolo, l'emergenza di provvedere, circostanza negativa improvvisa che può comportare conseguenze gravi se non gestita immediatamente (Trib. Min. Emilia Romagna 17 aprile 2023). Se il primo requisito ai fini dell'applicazione della misura è l'urgenza, fondamentale è che ci sia anche un'adeguata motivazione che sorregga il provvedimento amministrativo con cui i servizi sociali, in via provvisoria e urgente, prelevano dall'abitazione familiare un minore. In assenza di tale motivazione infatti un simile provvedimento non può essere confermato dal Tribunale per i Minorenni (dal 2024 il TPMF), ma anzi deve essere revocato, con conseguente ordine di ricollocamento immediato del minore stesso nel proprio ambito familiare (Trib. min Bologna 13 gennaio 2011 n. 18). È inoltre importante che alla base del provvedimento con cui il P.M. presso il Tribunale, in forza dell'art. 403 c.c., dispone, in via provvisoria ed urgente, il suo affidamento al servizio sociale del comune di residenza, vi sia una situazione pregiudizievole in atto e non soltanto il timore, anche plausibile, di un pericolo futuro (Trib. Min. Roma 04 novembre 1994). La giurisprudenza ha sottolineato il rapporto tra la disposizione in oggetto e la legge sull'adozione precisando come l'art. 403 c.c. attiene ad interventi urgenti da assumere nella fase anteriore all'affidamento familiare, e va coordinato con l' art. 9 l. 184/1983, il quale impone ai pubblici ufficiali, agli incaricati di pubblico servizio ed, in genere, al personale che venga a conoscenza di situazioni di pregiudizio per il minore di segnalare tali situazioni al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni (dal 2024 il TPMF), a cui spetta il compito di procedere alle relative indagini. Le due norme pertanto non sono in conflitto ma vanno lette in maniera coordinata (Cass. 20928/2015; Cass. 22909/2010).
La giurisprudenza europea
La materia va interpretata anche sulla base dei principi della Corte europea dei diritti dell'uomo secondo la quale il ricorso alla coercizione nei rapporti tra figlio e genitori non può che essere limitato: è necessario infatti tenere in considerazione gli interessi, i diritti, le libertà dei soggetti coinvolti e soprattutto l'interesse superiore del minore e i diritti che gli riconosce l'art. 8 della Convenzione. In base a tale norma che tutela l'individuo dalle ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri gli Stati sono obbligati a rispettare la vita familiare dei cittadini. La Corte è in proposito più volte intervenuta statuendo che ogni ingerenza e ogni intervento invasivo che altera irreversibilmente il rapporto genitore figlio è irrispettoso della libertà prevista nell'art. 8 della Convenzione, (CEDU, Reslová c. Repubblica Ceca, 18 luglio 2006, ricorso n. 7550/04; CEDU, 27 novembre 1992, Olsson. c. Svezia, n.2). L'allontanamento di un figlio, si sottolinea, può essere considerato una misura proporzionata e necessaria solamente se è idoneo ad assicurare la salute e la tutela dei diritti del minore (Covezzi e Morsellic. Italia , 9 maggio 2003, ric. 52763/99). È sempre, si precisa, necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari” in relazione al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (CEDU, 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia, ric. 76171). In tal senso un'interruzione prolungata dei contatti tra genitori e figli o anche incontri troppo lontani l'uno dall'altro rischiano di compromettere ogni seria possibilità di aiutare gli interessati a superare le difficoltà della vita familiare. Casistica
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