Sospensione del processo di impugnazione

Sergio Matteini Chiari
29 Luglio 2020

Ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il processo deve (sospensione necessaria) essere sospeso in ogni caso in cui il giudice adito o un altro giudice debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipenda la decisione della causa. La sospensione facoltativa è disciplinata dall'art. 337 c.p.c.
Inquadramento

Ai sensi dell'art. 295 c.p.c., il processo deve (sospensione necessaria) essere sospeso in ogni caso in cui il giudice adito o un altro giudice debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipenda la decisione della causa.

La sospensione facoltativa è disciplinata dall'art. 337 c.p.c.

Entrambe le citate disposizioni sono applicabili in fase di gravame.

Sospensioni «improprie» sono disciplinate da altri articoli del codice di rito e da leggi speciali.

Casi di sospensione necessaria del giudizio civile sono previste, al ricorrere di determinate condizioni, in ipotesi di pendenza di giudizio penale.

Rinvio

Sul tema della sospensione del processo in genere, si fa rinvio a Rosaria Giordano, Sospensione del processo, in www.ilprocessocivile.it.

Sospensione necessaria del giudizio (art. 295 c.p.c.). Presupposti e finalità

i) Ai sensi dell'art. 295 c.p.c., applicabile anche in fase di gravame, il processo deve essere sospeso in ogni caso in cui il giudice adito o un altro giudice debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipenda la decisione della causa.

ii) L'operatività dell'istituto in esame presuppone che tra due cause diverse (quando si tratti della stessa causa diviene, invece, operativo l'istituto della litispendenza), pendenti dinanzi allo stesso giudice o a due giudici diversi, esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, atteso che la finalità dell'istituto è quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati (ex multis, Cass. civ., sez. lav., 16 marzo 2016, n. 5229; Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2019, n. 12999).

È, in altri termini, richiesto un nesso di pregiudizialità sostanziale, ossia una relazione tra rapporti giuridici sostanziali distinti ed autonomi, dedotti in via autonoma in due diversi giudizi, uno dei quali (pregiudiziale) integra la fattispecie dell'altro (dipendente) in modo tale che la decisione sul primo rapporto si riflette necessariamente, condizionandola, sulla decisione del secondo (Cass. civ., sez. II, 25 giugno 2010, n. 15353; Cass. civ., sez. VI, ord. 6 novembre 2015, n. 22784).

Non rilevano, invece, le questioni pregiudiziali in senso meramente logico, che possono, invece, rilevare ai sensi dell'art. 337.

iii) La sospensione del processo presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le due cause di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche attuale, nel senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora pendente, non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragione d'essere, e traducendosi anzi in un inutile intralcio all'esercizio della giurisdizione (v. Cass. civ., sez. lav. 19 ottobre 2012, n. 18026, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2015, n. 22878 e Cass. civ., sez. VI, ord. 21 ottobre 2019, n. 26716, secondo le quali qualora venga censurata in sede di legittimità una sentenza per non essere stato il giudizio sospeso in presenza di altra causa pregiudiziale, il ricorrente ha l'onere di dimostrare che quest'altra causa è tuttora pendente e che verosimilmente resterà tale anche nel momento in cui il ricorso verrà accolto).

iv) Le due controversie devono pendere, inoltre, nello stesso grado di giudizio (Cass. civ., sez. VI, ord. 20 gennaio 2015, n. 798 e, da ultimo, Cass. civ., sez. VI, ord. 9 luglio 2018, n. 17936).

v) È, altresì, necessario che la causa pregiudicante e quella pregiudicata pendano di fronte ad uffici giudiziari diversi, operando altrimenti il distinto istituto della riunione di cui all'art. 274 (ex multis, Cass. civ., sez. VI, ord. 23 luglio 2010, n. 17468; Cass. civ., sez. VI, ord. 18 giugno 2018, n. 15981).

vi) Ai fini della sospensione in esame, non è configurabile un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause pendenti fra soggetti diversi, in quanto la parte rimasta estranea ad uno di essi può sempre eccepire l'inopponibilità, nei propri confronti, della relativa decisione (Cass. civ., sez. VI, ord. 18 giugno 2018, n. 12996).

vii) La sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente ad una sola di più domande cumulate nello stesso processo non è idonea, di per sé, a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le dette domande (Cass. civ., sez. VI, ord. 27 novembre 2018, n. 30738).

viii) La sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. è applicabile anche al processo tributario in presenza delle condizioni indicate sopra, sub ii) (Cass. civ., sez. VI, ord. 20 settembre 2017, n. 21765, con cui è stata cassata con rinvio una decisione della Commissione tributaria regionale che non aveva disposto la sospensione).

Segue. Forma del provvedimento di sospensione e sua irrevocabilità

Il provvedimento che dispone la sospensione del processo assume, di norma, la forma dell'ordinanza, ma non è revocabile dal giudice che lo ha emesso poiché tale revocabilità confliggerebbe con la previsione della sua impugnabilità mediante regolamento necessario di competenza (Cass. civ., sez. VI, ord. 25 agosto 2015, n. 17129).

L'eventuale provvedimento di revoca provoca la nullità dei successivi atti del procedimento e della sentenza emessa a definizione di esso (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2005, n. 6479).

Segue. Regolamento di competenza

i) I provvedimenti che dichiarano la sospensione ex art. 295 c.p.c. possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza ai sensi dell'art. 42 c.p.c. Tale norma è di stretta interpretazione e la sua portata non può essere estesa fino a ritenere detto rimedio esperibile avverso i provvedimenti che neghino la sospensione (Cass. civ., sez. VI, ord. 6 novembre 2015, n. 22784; Cass. civ., sez. VI, ord. 7 marzo 2017, n. 5645; Cass. civ., sez. VI, ord. 18 aprile 2019, n. 10957) oppure avverso il diverso provvedimento che sia meramente confermativo di una precedente sospensione non tempestivamente impugnata (Cass. civ., sez. VI, 19 luglio 2013, n. 17747), oppure – trattandosi di questioni che non rilevano sotto il profilo della competenza - avverso il provvedimento che rigetta l'istanza di autorizzazione ad astenersi o che nega la sospensione eventualmente invocata dalle parti, anche se in forza di pretesi motivi di astensione obbligatoria (Cass. civ., sez. VI, ord. 26 aprile 2019, n. 11331), oppure, più in genere, avverso un provvedimento che disponga la sospensione cd. «impropria» (ad es., quella disposta ex art. 48 - v., per un'applicazione, Cass. civ., sez. VI, ord. 26 febbraio 2015, n. 3915).

È stato, peraltro, ritenuto impugnabile con istanza di regolamento per competenza il provvedimento di sospensione del processo adottato ex art. 52, a seguito di ricusazione del giudice (Cass. civ., sez. I, ord. 25 maggio 2005, n. 11010).

ii) Il ricorso per regolamento di competenza nei confronti di un'ordinanza di sospensione deve contenere le ragioni sulle quali si fonda, ossia deve indicare, in forma specifica, le tesi giuridiche che lo sostengono e le argomentazioni in base alle quali si ritenga di censurare la pronuncia; ma, per la peculiarità dell'oggetto di questa, è sufficiente che le ragioni di contestazione della disposta sospensione siano comunque evincibili dal contesto del ricorso, anche mediante l'indicazione della carenza di motivazione - o di valida motivazione - sui presupposti in diritto o con generico richiamo all'errata applicazione dell'art. 295 (Cass. civ., sez. VI, ord. 16 marzo 2018, n. 6620).

iii) Il sindacato della Corte di cassazione è limitato al riscontro della sussistenza del presupposto della sospensione necessaria, in guisa tale da verificare se, nella situazione in cui il giudice di merito ha dichiarato la sospensione del giudizio, quest'ultimo dovesse o meno essere sospeso, in applicazione dell'art. 295, per effetto della pendenza di una controversia pregiudiziale (Cass. civ., sez. I, ord. 14 gennaio 2005, n. 687).

Sospensione facoltativa. Art. 337 c.p.c.

L'art. 337, comma 2, c.p.c. dispone che, «quando l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata».

Ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dalla disposizione citata, è necessario che vi sia un rapporto di dipendenza tra i due giudizi, tale per cui la definizione della lite pregiudicata deve attendere il giudizio sull'elemento di connessione tra le situazioni giuridiche controverse collegate; con maggiore specificità, l'istituto trova applicazione allorché gli effetti dichiarativi o costitutivi della sentenza invocata siano pregiudiziali all'oggetto del processo nel quale si fanno valere, e presuppone, pertanto, la necessità di due decisioni: una nella controversia che costituisce l'indispensabile antecedente logico e giuridico della decisione dell'altra o nella quale viene decisa una questione fondamentale comune alla seconda lite, e l'altra nel secondo processo (che viene sospeso), nel quale si dibattono questioni conseguenziali o domande più ampie (in termini, Cass. civ., sez. VI, ord. 11 giugno 2012, n. 9478 e, nello stesso senso, ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 19 giugno 2012, n. 10027; Cass. civ., sez. VI, ord. 29 maggio 2019, n. 14738; per un'applicazione, v. Cass. civ., sez. lav., 21 febbraio 2017, n. 4442).

Salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica, quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato può essere disposta soltanto ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. sicché, ove il giudice abbia provveduto ex art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è illegittimo e deve essere, dunque, annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione in base al menzionato art. 337, comma 2c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, ord. 18 marzo 2014, n. 6207 e, da ultimo, Cass. civ., sez. VI, ord. 9 luglio 2018, n. 17936; Cass. civ., sez. lav., ord. 4 gennaio 2019, n. 80; v. anche Cass. civ., Sez. Un., 30 novembre 2012, n. 21348, secondo cui nei casi esaminati la sospensione è possibile ex art. 337 c.p.c. pur se la sentenza di primo grado, la cui autorità sia stata invocata, sia stata emessa dal giudice amministrativo, conseguendone la possibilità che l'istanza di regolamento di competenza sia convertita in ricorso per regolamento di giurisdizione e rimessa per la decisione alle S.U.).

CASISTICA

In tema di sospensione del processo, qualora penda in sede di legittimità il giudizio sulla risoluzione di un contratto di locazione e, contemporaneamente, penda in primo grado un altro giudizio sulla nullità e sostituzione ex lege del medesimo contratto, quest'ultimo giudizio non è soggetto alla sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in attesa che si formi il giudicato sulla risoluzione, bensì alla sospensione facoltativa ex art. 337 c.p.c., che il giudice può disporre ove ritenga di non poggiarsi sull'autorità della sentenza impugnata.

Qualora esista tra due giudizi un evidente rapporto di pregiudizialità (nella specie fra giudizio di risoluzione del contratto di locazione e giudizio sulla domanda di riscatto ai sensi dell'art. 39 legge n. 392/1978), la pendenza del giudizio pregiudicante in appello impone l'adozione del provvedimento di sospensione ai sensi dell'art.337, comma 2, c.p.c.

Cass. civ., sez. VI, ord. 9 gennaio 2013, n. 375

Cass. civ., sez. VI, ord. 19 marzo 2012, n. 4347

Segue. Regolamento di competenza

In applicazione analogica di quanto previsto dall'art. 42 c.p.c. per le ordinanze di sospensione necessaria, il provvedimento di sospensione facoltativa è impugnabile con regolamento di competenza (Cass. civ., sez. VI, 12 luglio 2018, n. 18494; Cass. civ., sez. VI, ord. 24 maggio 2019, n. 14337).

Il sindacato esercitabile al riguardo dalla S.C. è limitato alla verifica dell'esistenza dei presupposti giuridici in base ai quali il giudice di merito si è avvalso del potere discrezionale di sospensione, nonché della presenza di una motivazione non meramente apparente in ordine al suo esercizio (Cass. civ., sez. VI, ord. 25 novembre 2010, n. 23977; Cass. civ., sez. VI, ord. 30 luglio 2015, n. 16142; Cass. civ., sez. VI, ord. 6 maggio 2019, n. 11829 e sentenze citate infra la precedente parentesi).

Sospensione ai sensi dell'art. 279, comma 4, c.p.c.

Nel rapporto fra il giudizio di impugnazione di una sentenza che ha dichiarato la giurisdizione e quello che sia proseguito davanti al giudice che l'ha pronunciata, o dinanzi al quale la causa sia stata rimessa ai sensi dell'art. 353 c.p.c., l'unica possibilità di sospensione di quest'ultimo giudizio é quella su richiesta concorde delle parti, ai sensi dell'art. 279, comma, c.p.c. restando escluse sia la sospensione ex art. 295 c.p.c. che quella ex art. 337, comma 2, c.p.c. senza che sia possibile un'applicazione analogica dell'art. 367, trattandosi di un unico giudizio la cui decisione di merito è condizionata al riconoscimento della giurisdizione da parte delle S.U. (Cass. civ., sez. VI, ord. 22 gennaio 2019, n. 1581).

Identica soluzione è stata accolta, per le stesse ragioni, con riguardo al rapporto fra il giudizio di impugnazione di una sentenza parziale e quello che sia proseguito davanti al giudice che ha pronunciato detta sentenza o al giudice dichiarato competente (Cass. civ., sez. VI, ord. 24 marzo 2015, n. 5894).

Segue. Regolamento di competenza

Si ritiene che l'ordinanza che dispone la sospensione del processo in attesa della pronuncia di appello sulla sentenza non definitiva, ai sensi dell'art. 279, comma 4, c.p.c. sia impugnabile con istanza di regolamento di competenza, in analogia con il provvedimento di sospensione di cui all'art. 337, comma 2, c.p.c. attesa l'identità della situazione di pregiudizialità logica contemplata dalle due norme (Cass. civ., sez. VI, ord. 2 marzo 2012, n. 3338).

Sospensione del giudizio di legittimità in pendenza del giudizio di revocazione. Inapplicabilità dell'art. 295 c.p.c.

Ai sensi dell'art. 398, comma 4, c.p.c. la proposizione della revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento relativo, se frattanto introdotto. Tuttavia, il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la relativa domanda.

È stato recentemente precisato che l'effetto sospensivo decorre soltanto dalla comunicazione del relativo provvedimento, non avendo la proposizione dell'istanza di parte alcun immediato effetto sospensivo sebbene condizionato al provvedimento positivo del giudice (Cass. civ., Sez. Un., 30 agosto 2019, n. 21874).

La sospensione del procedimento di legittimità, in pendenza del giudizio di revocazione, non può essere disposta ai sensi dell'art. 295 c.p.c., non ricorrendone i presupposti, dato che la sospensione necessaria del processo, quando non sia imposta da una specifica disposizione di legge, presuppone l'esistenza di una relazione sia di pregiudizialità logica (nel senso che la definizione di una controversia rappresenti un momento ineliminabile del processo logico relativo alla decisione della causa dipendente) sia di pregiudizialità giuridica (nel senso che la controversia pregiudiziale sia diretta alla formazione di un giudicato che, in difetto di coordinamento tra i due procedimenti, possa porsi in conflitto con la decisione adottata nell'altro giudizio), e dato che nel giudizio di revocazione la fase rescindente ha per oggetto l'accertamento del denunciato vizio della sentenza impugnata e non l'esistenza o il contenuto del rapporto giuridico in ordine al quale la sentenza stessa abbia giudicato, mentre solo l'eventuale fase rescissoria viene a rinnovare il giudizio su tali punti (Cass. civ., sez. lav., 2 agosto 2018, n. 20469).

È stato, peraltro, anche affermato che il giudizio di legittimità, in cui sia denunciato, quale vizio di motivazione, l'omesso esame del medesimo fatto azionato quale errore percettivo ex art. 395, comma 1 n. 4, c.p.c. deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 c.p.c., all'esito della cassazione con rinvio della sentenza d'appello d'inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria, pur non ricorrendo una pregiudizialità in senso tecnico, ma solo logico, atteso che sussiste, in caso di sua prosecuzione, il rischio, di regola neutralizzato con l'art. 398, comma 4, c.p.c. di una possibile elisione dell'accertamento in fatto richiesto al giudice della revocazione in sede di rinvio, per cui deve adottarsi una soluzione interpretativa idonea ad evitare un vulnus all'effettività del diritto di difesa ed a coniugare l'esigenza di un processo giusto con quella di un processo efficiente (Cass. civ., sez. V, 18 marzo 2016, n. 5398; v. anche, per un caso di esercizio del potere di sospensione discrezionale ex art. 337 c.p.c., Cass. civ., sez. VI, ord. 23 ottobre 2015, n. 21664, relativa al rapporto tra un processo di accertamento giudiziale di paternità e un giudizio revocatorio sul giudicato intervenuto in un precedente procedimento di disconoscimento di paternità).

Pregiudiziale amministrativa

Ai fini della sospensione necessaria del processo civile ai sensi dell'art. 295 c.p.c., la pregiudizialità di una controversia amministrativa è configurabile solo laddove entrambi i giudizi pendano tra le stesse parti ed il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva e non anche qualora innanzi allo stesso sia impugnato un provvedimento incidente su interessi legittimi, potendo, in quest'ultima ipotesi, il giudice ordinario disapplicare il provvedimento amministrativo (Cass. civ., Sez. Un., 24 maggio 2013, n. 12901; Cass. civ., sez. VI, ord. 23 gennaio 2018, n. 1607; Cass. civ., sez. VI, ord. 3 agosto 2018, n. 20491).

È stato, invece, ritenuto che, in tema di sanzioni conseguenti alla violazione di atti amministrativi, il relativo giudizio di opposizione non deve essere sospeso in conseguenza della pendenza, davanti al giudice amministrativo, dell'impugnazione dell'atto presupposto, ove il vizio asseritamente invalidante l'ordinanza ingiunzione concerna tale atto del suo procedimento formativo, ben potendo il giudice dell'opposizione decidere con efficacia di giudicato anche le questioni di legittimità dell'atto presupposto, ovvero disapplicarlo (Cass. civ., sez. II, 10 aprile 2018, n. 8796).

Sospensione ex lege. Querela di falso. Artt. 225 e 355 c.p.c.

Sia nella prima fase del giudizio, sia nelle fasi di gravame (va precisato che nel giudizio di cassazione la querela di falso è proponibile limitatamente ad atti del relativo procedimento oppure a documenti producibili ex art. 372 c.p.c. – v., da ultimo, Cass. civ. sez. III, ord. 29 gennaio 2019, n. 2343), qualora venga proposta in via incidentale querela di falso, il giudice adito, qualora ritenga il documento impugnato rilevante per la decisione, deve sospendere il giudizio sulla causa di merito, ai sensi dell'art. 225 c.p.c. o dell'art. 355 c.p.c.

Intervenuta la decisione sull'incidente, il giudizio sulla causa di merito deve riprendere, ma, se la sentenza sul falso viene impugnata, il giudice ha la facoltà di disporre la sospensione di quel giudizio ex art. 337, comma 2, c.p.c. atteso che tra il processo di falso e la causa di merito rilevante ai fini della sospensione sussiste un rapporto di pregiudizialità, riconosciuto dal legislatore nella forma tipica della pregiudizialità-dipendenza (Cass. civ., sez. VI, ord. 16 maggio 2017, n. 12035).

Segue. Regolamento di competenza

Nell'attualità (contra, in precedenza, Cass. civ., sez. I, 27 settembre 2002, n. 14062), viene ritenuto ammissibile il regolamento di competenza avverso l'ordinanza di sospensione del processo per proposizione di querela di falso, con le seguenti precisazioni: nell'ipotesi di sospensione del processo ordinata in applicazione di specifiche disposizioni di legge, diverse dall'art. 295 c.p.c., pur se riconducibili all'area della sospensione necessaria, quale è il caso di cui all'art. 355 c.p.c., allorché sia proposta querela di falso nel giudizio di appello ed il giudice ritenga il documento impugnato rilevante per la decisione della causa, il controllo di legittimità, in sede di regolamento necessario di competenza, va limitato alla verifica che la sospensione sia stata disposta in conformità dello schema legale di riferimento e senza che la norma che la giustifica sia stata abusivamente invocata (Cass. civ., sez. VI, ord. 7 giugno 2013, n. 14497).

Sospensione ex art. 296 c.p.c.

Ai sensi dell'art. 296 c.p.c., applicabile anche in fase di appello in forza del richiamo operato dall'art. 359 c.p.c., il giudice, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi (ad es., sospensione disposta a seguito di una q.l.c. sollevata in altro giudizio), può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, fissando l'udienza per la prosecuzione del processo medesimo.

Cessazione della causa di sospensione. Termine per la riassunzione del processo

Il termine per la riassunzione del processo a seguito della cessazione della causa di sospensione costituita dall'esistenza di una controversia pregiudiziale decorre solo in forza di una conoscenza legale del provvedimento finale, conseguita per effetto di un'attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, che sia dunque normativamente idonea a determinare di per sé detta conoscenza, o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano processuale (Cass. civ., sez. I, 10 agosto 2017, n. 19936; v. anche Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2013, n. 4987, secondo cui la cassazione con rinvio al primo giudice della sentenza di appello che aveva dichiarato estinto il giudizio pregiudicante non determina l'evento presupposto dall'art. 297 c.p.c. per la decorrenza del termine di riassunzione del processo sospeso, non comportando il passaggio in giudicato della pronuncia che definisce la medesima controversia pregiudicante).

Laddove il giudizio di riferimento sia quello di cassazione, sospeso in pendenza di quello di revocazione avverso la medesima sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360 c.p.c., non si ritiene necessaria l'istanza di riassunzione, in quanto il giudizio di cassazione è dominato dall'impulso ex officio, il cui concreto esercizio può essere sollecitato dalla parte interessata anche con una mera segnalazione informale della cessazione della causa di sospensione, senza necessità di osservare i termini stabiliti dalla legge per il diverso caso della riassunzione del processo sospeso (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2015, n. 3362).

Questione pregiudiziale comunitaria o costituzionale

Laddove venga ritenuta rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale con rimessione alla Consulta oppure qualora venga disposto rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea per averne pronuncia in via pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 del TFUE su una questione pregiudiziale, i relativi giudizi devono essere sospesi sino all'esito dei giudizi «incidentali» (nel primo caso, in forza dell'art. 23 l. n. 87/1953; nel secondo caso, ai sensi degli artt.295 o 337 c.p.c.).

La sospensione del processo è prevista anche in applicazione di specifiche disposizioni normative comunitarie, ad es. l'art. 16 del Regolamento CE n. 1 del 2003 (v. Cass. civ., sez. VI, ord. 25 maggio 2016, n. 10880).

Pregiudizialità internazionale

Sia nel caso di litispendenza internazionale, sia nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, l'art. 7, commi 1 e 3l. n. 218/1995 prevede ipotesi eccezionali di sospensione facoltativa del processo pendente innanzi al giudice italiano, qualora si ritenga che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l'ordinamento italiano.

È ammessa impugnazione del provvedimento di sospensione con regolamento cd. improprio di competenza (Cass. civ., Sez. Un., 22 dicembre 2017, n. 30877).

Il sindacato in sede di legittimità deve essere circoscritto al controllo sulla completezza, correttezza e logicità delle argomentazioni in essa utilizzate, senza poter investire l'opportunità della scelta (Cass. civ., sez. VI, ord. 13 giugno 2014, n. 13567).

Sospensione del processo ex art. 332, comma 1, c.p.c.

Il codice di rito pone regole mirate a dare realizzazione all'esigenza di garantire l'unitarietà del processo di impugnazione e di ad evitare la moltiplicazione dei processi di impugnazione in relazione ad un unico provvedimento impugnato.

Qualora si tratti di cause scindibili, l'art. 332, comma 1,c.p.c.dispone, per il caso in cui l'impugnazione sia proposta soltanto da alcuna delle parti o nei confronti soltanto di alcune di esse, che il giudice debba ordinarne la notificazione alle parti in confronto delle quali l'impugnazione non sia preclusa o esclusa, fissando termine entro il quale la notificazione dell'atto deve essere effettuata e, ove necessario, l'udienza di comparizione. In difetto della notificazione, il processo rimane sospeso finché non siano decorsi i termini per impugnare previsti dagli artt. 325 e 327, comma1 c.p.c.

In altri termini, in presenza di cause scindibili, la sentenza di primo grado, pur essendo unica, ha, in realtà, deciso su una pluralità di distinti rapporti giuridici, sicché, laddove l'impugnazione sia stata proposta soltanto da (o nei confronti di) una o alcune parti, il giudice del gravame è tenuto ad ordinare, ai sensi dell'art. 332 c.p.c., la notificazione dell'impugnazione, in funzione di litis denuntiatio (ex multis, Cass. civ., sez. I, 21 marzo 2016, n. 5508), anche alle parti nei cui confronti l'impugnazione non è preclusa (per decorrenza dei termini) o esclusa (per intervenuta acquiescenza), per consentire loro di proporre eventualmente appello incidentale e mantenere unitario il giudizio di impugnazione.

La mancata ottemperanza all'ordine di notificazione impartito dal giudice non produce l'inammissibilità dell'impugnazione, bensì soltanto la sospensione del processo fino a che non siano scaduti i termini previsti dagli artt. 325 e 327 c.p.c. per i soggetti che non l'abbiano ricevuta (Cass. civ., sez. VI, ord. 18 aprile 2017, n. 9773).

La ratio della diversità di tale «sanzione» da quella prevista per il caso di cause inscindibili o tra loro dipendenti (inammissibilità – art. 331) trae ragione dal fatto che nel caso delle cause scindibili l'ordine del giudice è finalizzato unicamente ad assicurare il simultaneus processus e non il rispetto del contraddittorio.

Qualora il giudice di appello abbia omesso, in cause scindibili, di disporre la notificazione dell'impugnazione nei confronti di alcuna delle parti del giudizio di primo grado, non si produce alcuna sospensione del giudizio, ma la sentenza emessa può essere cassata dalla S.C., peraltro solo se, al momento in cui la medesima è chiamata a decidere, non siano ancora decorsi, per la parte pretermessa, i termini per l'appello, mentre, in caso contrario, la violazione resta priva di effetti (v. Cass. civ., sez. lav., 15 aprile 2013, n. 9080 e Cass. civ., sez. II, 26 febbraio 2014, n. 4571).

Sospensione del processo civile per pregiudizialità penale

Per ciò che attiene al rapporto tra l'azione penale e l'azione civile, nell'ordinamento processuale vigente il criterio guida è quello della separatezza dei due giudizi.

L'art. 75, comma 3, c.p.p. prevede due deroghe a tale principio.

L'effetto sospensivo (sospensione necessaria) del processo civile in ragione della pendenza di un processo penale è prevista in due sole ipotesi: nel caso in cui l'azione civile venga promossa in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale e nel caso in cui l'azione civile sia iniziata dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado, sempre che vi sia identità delle materie oggetto dei due giudizi (Cass. civ., sez. I, ord. 28 gennaio 2005, n. 1812; Cass. civ., sez. III, ord. 10 marzo 2006, n. 5224).

Esclusivamente in tali casi si verifica, infatti, una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile, non potendosi pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto (Cass. civ., sez. VI, ord. 1 ottobre 2013, n. 22463; Cass. civ., sez. VI, ord. 17 novembre 2015, n. 23516).

La sospensione, pertanto, non opera nelle ipotesi in cui il danneggiato agisca in sede civile per il ristoro di danni che, pur causati da un medesimo fatto illecito, siano di specie diversa da quella fatta valere mediante la costituzione di p.c. nel processo penale (ad es.: danno morale e danno biologico nel primo caso e danno patrimoniale nel secondo)(Cass. civ., sez. III, ord. 10 marzo 2006, n. 5224).

Sospensione necessaria si potrà avere anche nei casi in cui tra processo penale e processo civile intercorra il rapporto di pregiudizialità previsto dall'art. 295 c.p.c. oppure se sospensione di identica natura sia prevista da un'altra specifica norma oppure, in base a quanto dispongono gli artt. 295 c.p.c, 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., nell'ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile (Cass. civ., sez. III, ord. 29 aprile 2009, n. 10054; Cass. civ., sez. VI, ord. 16 marzo 2017, n. 6834).

In tutti i suddetti casi – si tratta di orientamento consolidato –, la sospensione opera a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile (artt. 651, 652, 654 c.p.p.). sicché per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale (ex multis, Cass. civ., sez. VI, ord. 23 marzo 2015, n. 5804; Cass. civ., sez. VI, ord. 16 marzo 2017, n. 6834).

Ulteriore, ovvia, condizione per l'operatività dell'istituto è la contemporanea pendenza dei due processi, civile e penale e, quindi, dell'avvenuto esercizio dell'azione penale da parte del P.M. nei modi previsti dall'art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione o la richiesta di rinvio a giudizio, nessun rilievo assumendo la mera presentazione di una denuncia e della conseguente apertura di indagini preliminari(Cass. civ., sez. VI, ord. 13 gennaio 2015, n. 313; Cass. civ., sez. VI, ord. 14 maggio 2018, n. 11688).

La sospensione dovrà permanere fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta ad impugnazione.

Segue. Non operatività della sospensione

In evidenza

Sul tema dei limiti della sospensione necessaria del procedimento civile, con riferimento specifico all'ipotesi di proposizione dell'azione civile dopo la pronuncia della sentenza penale di primo grado, le Sezioni Unite Civili hanno enunciato recentemente il seguente principio di diritto: In tema di rapporto tra giudizio penale e giudizio civile, i casi di sospensione necessaria previsti dall'art. 75, comma 3, c.p.p., che rispondono a finalità diverse da quelle di preservare l'uniformità dei giudicati e richiedono che la sentenza che definisca il processo penale influente sia destinata a produrre in quello civile il vincolo rispettivamente previsto dagli artt. 651, 651-bis, 652 e 654 c.p.p., vanno interpretati restrittivamente di modo che la sospensione non si applica qualora il danneggiato proponga azione di danno nei confronti del danneggiante e dell'impresa assicuratrice della responsabilità civile (coobbligata al risarcimento – n.d.r.) dopo la pronuncia di primo grado nel processo penale nel quale il danneggiante sia imputato (Cass. civ., Sez. Un., 21 maggio 2019, n. 13661).

La sospensione del processo civile non opera in alcune ipotesi che, se pure genericamente enunciate («salve le eccezioni previste dalla legge») nell'ultima parte del 3° comma dell'art. 75, risultano tassativamente determinate e si riferiscono a casi in cui vengono in considerazione eventi non imputabili alla parte.

Il riferimento è ai casi seguenti: a) laddove il processo penale venga sospeso per incapacità mentale «reversibile» dell'imputato (art. 71 c.p.p.) o, in forza della sentenza della Consulta 22 ottobre 1996, n. 354, qualora incapacità fisica permanente dell'imputato non gli permetta di partecipare al processo ed egli non consenta che lo stesso si svolga in sua assenza; b) laddovela scelta di iniziare l'azione in sede civile sia conseguenza dell'esclusione della p.c. dal processo penale ex artt. 80 e 81 c.p.p. oppure della mancata accettazione del rito abbreviato (art. 441, comma, c.p.p.) o dell'accordo delle parti circa l'applicazione della pena su richiesta, ipotesi questa che non consente al giudice di decidere sulla domanda (444, 2° comma, c.p.p.); c) laddove, infine, l'azione è stata iniziata in sede civile dopo che nel processo penale, ove vi era stata la costituzione di p.c., il giudice abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta oblazione.

Segue. Violazioni amministrative. Connessione obiettiva con un reato

In tema di sanzioni amministrative, allorché il giudice civile, ai sensi dell'art. 24 l. n. 689/1981, rilevi la connessione obiettiva per pregiudizialità della violazione amministrativa con l'accertamento dell'esistenza di un reato, non sussistono i presupposti per la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c., dovendo egli limitarsi a trasmettere gli atti al giudice competente a decidere del reato, il quale è altresì competente a decidere sulla predetta violazione (Cass. civ., sez. VI, ord. 3 aprile 2012, n. 5289; Cass. civ., sez. VI, ord. 6 marzo 2018, n. 5341).

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