Riassunzione della causa
05 Dicembre 2017
Inquadramento
L'istituto della riassunzione della causa trova applicazione nel processo civile all'esito delle cosiddette vicende anomale del processo. Con tale espressione si definiscono quelle vicende che nel corso del processo comportano l'impossibilità, temporanea o definitiva, che lo stesso pervenga al suo esito normale, vale a dire una pronuncia del giudice in rito o sul merito della controversia. Si fa riferimento alle ipotesi di sospensione, interruzione ed estinzione del processo. La sospensione del processo com'è noto può dipendere da cause assai diverse tra loro: proposizione di regolamento di giurisdizione; proposizione di regolamento di competenza necessario o facoltativo; remissione della causa alla Corte costituzionale; remissione della causa alla Corte di giustizia dell'Unione europea; sospensione concordata tra le parti del processo; sospensione necessaria per pregiudizialità; sospensione facoltativa per pregiudizialità. L'interruzione del processo attiene ad eventi che riguardano le parti quali: la morte della persona fisica costituita nel giudizio; l'estinzione della persona giuridica; la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo legale rappresentante; la cessazione della suddetta rappresentanza; la morte, la radiazione o la sospensione dall'albo professionale del difensore della parte costituita. Si fa riferimento all'istituto della riassunzione del processo anche in relazione alle conseguenze dell'inattività delle parti, onde evitare l'estinzione del giudizio, così come di riassunzione si parla anche innanzi al giudice del rinvio indicato dalla Corte di cassazione e nel processo esecutivo e in quelli speciali per convalida di sfratto e nel rito del lavoro. Si è ritenuto che l'atto di riassunzione, pur potendo consistere in una comparsa, in un ricorso o in atto di citazione deve in ogni caso contenere gli elementi soggettivi e oggettivi necessari per riattivare il processo di cui all'art. 125 disp. att. c.p.c. (Cass. civ., 24 febbraio 2004, n. 3623); che nell'ipotesi di sospensione del processo sull'accordo delle parti, la parte interessata alla riassunzione è tenuta soltanto al deposito della relativa istanza entro il termine perentorio previsto per evitare l'estinzione del giudizio (Cass. civ., 9 marzo 2017, n. 6015); che per la riattivazione del giudizio di cassazione sospeso in pendenza di quello di revocazione avverso la medesima sentenza impugnata non è necessaria l'istanza di riassunzione poiché il giudizio di cassazione è dominato dall'impulso di ufficio (Cass. civ., 20 febbraio 2015, n. 3362); che l'istanza di riassunzione proposta prima della cessazione della causa di sospensione determina nullità di tutti gli atti successivi del processo (Cass. civ., 14 febbraio 2013, n. 3718; Cass. civ., Sez. Un., 23 dicembre 2004, n. 23836); che nell'ipotesi di interruzione del processo a seguito di un provvedimento di sospensione del procuratore dall'esercizio della professione, per la prosecuzione del processo, una volta terminato il periodo di sospensione, non è necessaria una nuova procura alle liti, né una nuova costituzione in giudizio, essendo sufficiente che il procuratore, già regolarmente costituito, riprenda a svolgere le proprie funzioni in base alla precedente procura ed alla già esperita costituzione, entrambe divenute nuovamente valide ed efficaci in seguito alla cessazione della sospensione (Cass. civ., 10 dicembre 2010, n. 24997); che quando nell'atto di riassunzione dopo declinatoria di competenza o nell'atto di costituzione del convenuto in riassunzione viene richiamata dal difensore la procura rilasciatagli nell'atto di costituzione davanti al giudice a quo (oppure la procura rilasciata con atto separato in quel giudizio ed ivi prodotta) e non venga prodotto in originale o in copia (se l'originale trovasi nel fascicolo d'ufficio del giudice a quo, che la cancelleria ha l'obbligo di acquisire ai sensi dell'art. 126 disp. att. c.p.c.) l'atto contenente la procura o la procura stessa, il giudice della riassunzione è tenuto, ove rilevi tale mancata produzione e, quindi, il difetto della costituzione, a formulare l'invito a regolarizzare la costituzione, non potendo considerare quest'ultima invalida e, quindi, contumace la parte in difetto di invito e di ottemperanza ad esso (Cass. civ., 9 maggio 2011, n. 10123). Il provvedimento
Si è ritenuto che nell'ipotesi in cui il giudice abbia respinto l'istanza di riassunzione del processo sia ammissibile il regolamento necessario di competenza onde rimuovere lo stato di anomala quiescenza del processo che si porrebbe in contrasto con il principio della sua ragionevole durata (Cass. civ., ord., 13 dicembre 2013, n. 27958); che il codice di rito non prevede che alla parte che ha presentato l'istanza di riassunzione sia comunicato il relativo provvedimento e che pertanto gravi sul ricorrente l'onere di informazione di verificazione dell'avvenuto adempimento onde provvedere alla tempestiva notificazione (Cass. civ., 8 luglio 2005, n. 14371; Cass. civ., 16 novembre 2012, n. 20213); con riferimento alla decorrenza del termine per la riassunzione si è affermato che essa coincide con la conoscenza legale del provvedimento finale, conseguita per effetto di un'attività svolta nel processo, della quale la parte sia destinataria o che essa stessa ponga in essere, che sia dunque normativamente idonea a determinare di per sé detta conoscenza, o tale, comunque, da farla considerare acquisita con effetti esterni rilevanti sul piano processuale (Cass. civ., ord. 10 agosto 2017, n. 19936).
La notificazione
In generale va ricordato che:
È stata ritenuta valida la notificazione del ricorso per riassunzione del processo interrotto per morte di una parte effettuata dalla parte non colpita dall'evento individualmente nei confronti dei chiamati all'eredità, sul presupposto che l'effettivo destinatario rivestisse la qualità di successore del defunto (Cass. civ., 29 marzo 2017, n. 8051); che la notifica eseguita presso il procuratore cui sia stato revocato il mandato e sostituito da un altro è inesistente - come tale insuscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 291 c.p.c. - una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale della sostituzione (Cass. civ., 19 gennaio 2016, n. 759); tuttavia, detta estinzione non potrà essere dichiarata ove la parte riassumente si sia adeguatamente e tempestivamente attivata nel richiedere al giudice i necessari adempimenti nei termini assentiti per il completamento del subprocedimento notificatorio nei casi di obiettiva difficoltà nell'individuazione del soggetto passivamente legittimato alla prosecuzione del giudizio o di altri oggettivi ostacoli di natura processuale, ad essa parte non imputabili, che risultino indispensabili per la corretta e definitiva individuazione di tale soggetto (Cass. civ., 27 gennaio 2011, n. 1900).
È stato affermato che costituiscono elementi essenziali dell'atto di riassunzione il riferimento esplicito alla precedente fase processuale e la manifesta volontà di riattivare il giudizio attraverso il ricongiungimento delle due fasi in un unico processo; la mancanza di uno o più dei requisiti di cui all'art. 125 c.p.c. non provoca la nullità dell'atto, non comminata da alcuna disposizione di legge, salvo che non determini il mancato raggiungimento dello scopo dell'atto di riassunzione (Cass. civ., 31 gennaio 2017, n. 2491; Cass. civ., 1 ottobre 2009, n. 21071); che in tema di riassunzione del giudizio interrotto a seguito della morte di una delle parti, la nullità dell'atto di riassunzione conseguente alla violazione dell'art. 125 disp. att. c.p.c., per l'omessa indicazione dell'oggetto della domanda e delle ragioni della stessa, nonché del richiamo all'atto introduttivo del giudizio, può essere sanata mediante la costituzione in giudizio di tutti - e non solo di alcuni - dei coeredi del defunto (Cass. civ., 14 aprile 2015, n. 7465); che la notificazione dell'atto di riassunzione del giudizio alla parte personalmente anziché al suo difensore costituito, come prescritto dall'art. 170, comma 1, c.p.c. e dall'art. 125, comma 3, disp. att. c.p.c., impedisce la valida instaurazione del rapporto processuale, salvo che il destinatario della notifica si costituisca, verificandosi in tale ultima ipotesi la sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo cui l'atto era diretto, ai sensi dell'art. 156, comma 3, c.p.c., anche quando la costituzione avvenga al solo scopo di far valere tale vizio (Cass. civ., 29 gennaio 2015, n. 1676); che in caso di litisconsorzio facoltativo e, quindi, di cause scindibili, la nullità, la tardività o l'assoluta mancanza dell'atto di riassunzione del processo nei confronti di alcuni coobbligati non si estende ai rapporti processuali relativi agli altri, nei cui riguardi la riassunzione sia stata validamente e tempestivamente eseguita, estinguendosi il giudizio, in applicazione del principio previsto dall'art. 1306 c.c., esclusivamente con riferimento ai primi, nei cui confronti la conseguente declaratoria di estinzione ha natura di sentenza definitiva (Cass. civ., 8 luglio 2014, n. 15539); che durante la sospensione del processo, secondo l'art. 298, comma 1, c.p.c., non possono essere compiuti atti del procedimento, con la conseguenza che è inefficace, in quanto funzionalmente inidonea a provocare la riattivazione del processo, nonché causa di nullità per derivazione di tutti gli eventuali atti successivi, l'istanza di riassunzione proposta prima della cessazione della causa di sospensione, ovvero prima del passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito la controversia pregiudiziale, senza che rilevi, al fine del superamento di detta sanzione, il sopravvenuto venir meno della medesima causa (Cass. civ., 14 febbraio 2013, n. 3718); che la mancata riassunzione del giudizio di primo grado, interrotto per morte di una delle parti, nei confronti di tutti gli eredi di essa, indipendentemente dalla loro successione nel rapporto sostanziale controverso o dalla scindibilità di questo, non determina l'estinzione del processo, né la riduzione dell'oggetto di esso per la corrispondente quota, bensì la necessità, a pena di nullità dell'intero giudizio, dell'integrazione del contraddittorio (Cass. civ., 12 settembre 2011, n. 18645; Cass. civ., 28 novembre 2008, n. 28409).
I rimedi
Si è ritenuto che avverso l'ordinanza che rigetta l'istanza volta a far dichiarare l'estinzione del processo per decorrenza del termine di riassunzione non sia spendibile né il regolamento di competenza qualora la domanda sia finalizzata ad una rivalutazione della questione né il ricorso straordinario in Cassazione ai sensi dell'articolo 111 Cost., in difetto del carattere di definitività della pronuncia e che quindi il mezzo appropriato di impugnazione sia l'appello trattandosi nella specie di ordinanza avente natura sostanziale di sentenza definitiva del giudizio di cassazione (Cass. civ., ord., 21 dicembre 2006, n. 27098). Le conseguenze della mancata riassunzione
Si è ritenuto che sia onere della parte che eccepisce l'estinzione del giudizio per decorrenza del termine di riassunzione provare che il momento in cui la parte che ha proceduto alla tardiva riassunzione ha avuto conoscenza della cessazione della causa di sospensione (Cass. civ., 23 luglio 2012, n. 12790; Cass. civ., 3 ottobre 2008, n. 24599); che l'estinzione del processo per tardiva riassunzione deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua istanza o difesa nel medesimo grado di giudizio in cui si sono verificati i fatti che hanno dato luogo all'estinzione (Cass. 1 ottobre 2002, n. 14087); che tale eccezione non solo deve essere sollevata nella prima difesa successiva all'evento estintivo, ma deve costituire l'oggetto della prima tesi difensiva nell'ambito della prima difesa, atteso il tenore restrittivo del quarto comma dell'art. 307 c.p.c. (Cass. civ., 23 febbraio 2000, n. 2047; Cass. civ., 5 agosto 2010, n. 18248); che tuttavia l'eccezione è da intendersi sollevata "prima di ogni altra difesa", e quindi tempestivamente, anche se contestuale a difese inerenti al merito della causa poiché tale formulazione è conforme alla ratio di garantire il tempestivo e ordinato svolgimento del giudizio dopo l'evento interruttivo in quanto, malgrado la contestuale presenza di difese di merito, la richiesta di estinzione si pone come prioritaria in senso logico (Cass. civ., 16 marzo 2012, n. 4201); che avvenuta la translatio iudicii, davanti al giudice competente, con citazione in riassunzione notificata nel termine perentorio assegnato dal giudice dichiaratosi incompetente, la mancata iscrizione della causa a ruolo non determina l'estinzione del processo ex art. 307, comma 3, c.p.c., atteso che il giudizio, venendosi a trovare in una situazione di quiescenza ai sensi dei commi 1 e 2 della medesima disposizione, può essere nuovamente riassunto davanti al giudice già adito con la precedente riassunzione (Cass. civ., 2 febbraio 2016, n. 1950); che il termine concesso dal giudice per l'integrazione del contraddittorio nei casi previsti dall'art. 102 c.p.c. ha natura perentoria e non può essere né rinnovato, né prorogato ai sensi dell'art. 153 c.p.c., sicché, in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo emesso dal giudice ex artt. 291, comma 3, e 307, comma 3, c.p.c. comporta la contemporanea ed automatica estinzione del processo, anche in difetto di eccezione di parte, senza alcuna possibilità di riassunzione, trattandosi di un provvedimento che implica una pronuncia di mero rito ricognitiva dell'impossibilità di proseguire la causa in mancanza di una parte necessaria (Cass. civ., 14 aprile 2015, n. 7460); che la mancata riassunzione del giudizio di rinvio determina, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., l'estinzione dell'intero processo, con conseguente caducazione di tutte le attività espletate, salva la sola efficacia del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione, senza che assuma rilievo che l'eventuale sentenza d'appello, cassata, si sia limitata a definire in rito l'impugnazione della decisione di primo grado ovvero abbia rimesso la causa al primo giudice e, dunque, manchi un effetto sostitutivo rispetto a quest'ultima pronuncia, rispondendo tale disciplina ad una valutazione negativa del legislatore in ordine al disinteresse delle parti alla prosecuzione del procedimento (Cass. civ., 18 marzo 2014, n. 6188).
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