Sospensione del processo

Rosaria Giordano
02 Maggio 2016

La sospensione del processo è una fase dello stesso nella quale non possono essere compiuti atti del giudizio a pena di nullità degli stessi. La sospensione c.d. propria, regolata dall'art. 295 c.p.c., per il quale il giudice sospende il processo quando egli stesso o altro giudice deve decidere una questione dalla quale dipende la definizione dello stesso, si realizza quando sussiste un rapporto di pregiudizialità giuridica tra cause sul piano del diritto sostanziale.
Inquadramento

La sospensione del processo è una fase dello stesso nella quale non possono essere compiuti atti del giudizio a pena di nullità degli stessi (PICARDI, 174).

La sospensione c.d. propria, regolata dall'

art. 295 c.p.c.

, per il quale il giudice sospende il processo quando egli stesso o altro giudice deve decidere una questione dalla quale dipende la definizione dello stesso, si realizza quando sussiste un rapporto di pregiudizialità giuridica tra cause sul piano del diritto sostanziale.

Sussiste invece la sospensione impropria allorché l'arresto del processo è solo apparente, in quanto in realtà il giudizio prosegue in una sede speciale determinata dalla necessità di decidere una questione appartenente alla esclusiva competenza di un giudice diverso (LIEBMAN): ciò avviene quando, ad esempio, il processo è sospeso per effetto della proposizione di una questione di legittimità costituzionale o pregiudiziale comunitaria ovvero, altresì, a seguito della proposizione dell'istanza di ricusazione del giudice adito.

Presupposti della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c.

L'incidenza negativa della sospensione del processo sulla durata dello stesso (cfr.

Cass. civ.,

sez. I, 15 novembre 2010, n.

23055

) è la ragione principale della tesi restrittiva, affermata soprattutto nella giurisprudenza di legittimità più recente, in ordine ai presupposti per l'operare della sospensione necessaria del processo. In particolare, è stato chiarito che l'

art. 295 c.p.c.

, nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione "dipenda" dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva consequenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente con l'obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni, per l'esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, bensì ad un collegamento per cui l'altro giudizio (civile, penale o amministrativo), oltre ad investire una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale pregiudichi in tutto o in parte l'esito della causa da sospendere, deve essere pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti (Cass. civ., n. 25272/2010). In altri termini la sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell'

art. 295 c.p.c.

, quando la decisione del medesimo «dipenda» dall'esito di altra causa, e cioè quando la pronuncia da prendersi in detta altra causa abbia portata pregiudiziale in senso stretto, ossia portata vincolante, con effetto di giudicato, all'interno della causa pregiudicata, con la conseguenza che la nozione di pregiudizialità ricorre solo quando una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo o comunque elemento della fattispecie di un'altra situazione sostanziale, sicché occorre garantire uniformità di giudicati, perché la decisione del processo principale è idonea a definire in tutto o in parte il tema dibattuto (

Cass. civ.,

sez. III, 28 novembre 2009,

n. 27426

).

È quindi confermata l'impostazione della stessa dottrina dominante la quale osserva che ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria se due cause civili sono avvinte da un nesso di «pregiudizialità – dipendenza» (MENCHINI).

Peraltro, ai fini della sospensione necessaria del processo, non è configurabile un rapporto di pregiudizialità necessaria tra cause pendenti fra soggetti diversi, in quanto la parte rimasta estranea ad uno di essi può sempre eccepire l'inopponibilità, nei propri confronti, della relativa decisione (v., tra le altre,

Cass. civ.,

sez. lav., 18 marzo 2009,

n. 6554

). Si è evidenziato, peraltro, che la decisione di una causa potrebbe spiegare comunque effetti riflessi nei confronti delle parti, parzialmente diverse, di un altro giudizio, effetti idonei a giustificare una sospensione del processo (GIUSSANI).

Occorre tener presente, sotto un distinto profilo, che ai fini dell'operare del meccanismo della sospensione del processo è necessario che la causa pregiudicante e quella pregiudicata pendano di fronte a diversi uffici giudiziari, operando qualora invece le stesse pendano dinanzi allo stesso ufficio giudiziario il distinto meccanismo della riunione (

Cass. civ.,

sez. III, 11 ottobre 2006,

n. 21727

).

Le due controversie devono pendere, inoltre, nello stesso grado di giudizio. Si è affermato, a riguardo, che quando tra due giudizi esista rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato la sospensione del giudizio pregiudicato può essere disposto soltanto ai sensi dell'

art. 337, secondo comma, c.p.c.

,

sicché ove il giudice abbia provveduto ai sensi dell'

art. 295 c.p.c.

, il relativo provvedimento, a prescindere da ogni accertamento circa la sussistenza del rapporto di pregiudizialità, è illegittimo e va annullato, ferma restando la possibilità, da parte del giudice di merito dinanzi al quale il giudizio andrà riassunto, di un nuovo e motivato provvedimento di sospensione ai sensi dell'

art. 337, comma

2

, c.p.c.

(

Cass. civ.,

sez. VI, 20 gennaio

2015

, n. 798

).

CASISTICA

La pendenza di una lite sulla validità dell'accordo giustificativo della separazione consensuale tra coniugi pregiudica, in senso tecnico giuridico, l'esito del giudizio, contemporaneamente pendente, di cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, e ne comporta la sospensione ex art. 295, perché l'eventuale annullamento di quell'accordo determinerebbe il venir meno, con effetto ex tunc, di un presupposto indispensabile della pronuncia di divorzio (Cass. civ., sez. VI, 9 dicembre 2014, n. 25861 in Giustiziacivile.com, con nota di IANNI) .

Pendenza di una lite sulla validità dell'accordo giustificativo della separazione consensuale

Tra il giudizio promosso dall'affittuario del fondo rustico per l'accertamento del proprio diritto di riscatto in seguito al trasferimento oneroso della proprietà del fondo ed il giudizio instaurato dal terzo acquirente per ottenere il rilascio del fondo sussiste il presupposto per la sospensione necessaria del processo pregiudicato se la domanda di rilascio è fondata su fatti successivi al sorgere del diritto di riscatto e va escluso se i fatti, sui quali si basa la domanda stessa, sono anteriori (

Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2004, n. 21870

) .

Giudizio promosso dall'affittuario del fondo rustico per l'accertamento del proprio diritto di riscatto in seguito al trasferimento oneroso della proprietà del fondo ed il giudizio instaurato dal terzo acquirente per ottenere il rilascio del fondo

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la domanda di restituzione del canone pagato in eccedenza, a causa di aggiornamenti ISTAT applicati in misura superiore a quelli previsti per legge, deve essere sospeso

ex

art. 295 c.p.c.

per la contemporanea pendenza del giudizio relativo alla determinazione del canone dovuto, in quanto lo stesso si pone come pregiudiziale rispetto al giudizio monitorio per la restituzione dell'eccedenza (

Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2001, n. 13443

).

Giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la domanda di restituzione del canone pagato in eccedenza

Forma e regime del provvedimento di sospensione

Il provvedimento mediante il quale viene disposta la sospensione del processo assume forma di ordinanza: avverso la stessa, per quanto espressamente disposto dall'

art. 42 c.p.c.

, è proponibile regolamento di competenza

di fronte alla Corte di Cassazione. Pertanto, il provvedimento di sospensione del processo emesso ai sensi dell'

art. 295 c.p.c.

, pur avendo forma di ordinanza, non è revocabile dal giudice che lo ha pronunciato, poiché tale revocabilità configgerebbe, anche in virtù della regola generale di cui all'

art. 177 c.p.c.

, con la previsione dell'impugnabilità del provvedimento predetto a mezzo regolamento necessario di competenza. La S.C. ha precisato che ne consegue che, ove le parti, anziché proporre il regolamento nel termine di cui all'

art. 47 c.p.c.

, abbiano presentato istanza per la revoca dell'ordinanza di sospensione al giudice che lo aveva emanato, e questi abbia emesso un provvedimento meramente confermativo di quello precedente, la mancata impugnazione della prima ordinanza rende inammissibile quella del secondo provvedimento, dovendosi, in caso contrario, ritenere attribuita alle parti un'inammissibile facoltà di aggirare, con la proposizione della richiesta di cui all'

art. 297 c.p.c.

seguita da rigetto, il termine perentorio di trenta giorni stabilito dal precedente art. 47 per la proposizione del regolamento necessario di competenza, unico mezzo di impugnazione dell'ordinanza di sospensione (cfr.

Cass. civ.,

sez. lav., 26 agosto 2009,

n. 18685

).

Il rimedio del regolamento di competenza non è ammesso anche avverso il provvedimento di sospensione c.d. impropria del processo (v., di recente,

Cass. civ.,

sez. VI, 26 febbraio

2015,

n. 3915

, con riguardo al provvedimento di cui all'

art. 48 c.p.c.

).

Effetti della sospensione

L'art. 298 c.p.c. stabilisce, innanzitutto, al comma 1, che, mentre il processo è sospeso, non possono essere compiuti atti del procedimento (MENCHINI), che, invero, entra in uno stato di quiescenza che potrà venire meno soltanto a seguito della tempestiva riassunzione dello stesso a seguito della cessazione della causa di sospensione necessaria (di regola determinata dal passaggio in giudicato della decisione sulla controversia c.d. pregiudicante).

Pertanto, gli atti processuali compiuti eventualmente durante la sospensione del processo sono radicalmente nulli e non producono alcun effetto, meno che mai quello di determinare uno spostamento del termine per la riassunzione del processo, decorrente ineludibilmente dalla conoscenza della cessazione della causa di sospensione (

Cass. civ.,

Sez. U.,

23 dicembre 2004,

n. 23836

).

La regola generale, secondo la quale durante la stasi processuale determinata dalla sospensione del giudizio non possono essere compiuti atti processuali, comporta non soltanto la nullità degli stessi ma altresì quella sentenza pronunciata nel corso di detta sospensione (

Cass. civ.,

sez. II, 4 marzo 2004, n. 4427

).

Il comma 2 dello stesso

art. 298 c.p.c.

dispone che la sospensione interrompe anche i termini in corso, che ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto disposto a seguito dell'istanza di riassunzione del processo.

ATTI CHE POSSONO COMPIERSI NONOSTANTE LA SOSPENSIONE: CASISTICA

La procura ad un nuovo difensore è validamente rilasciata anche durante la sospensione del processo, atteso che il divieto posto dall'art. 298 c.p.c. concerne gli atti che comportano uno sviluppo del giudizio e non anche quelli diretti alla riattivazione del processo o ad assicurare la difesa della parte (Cass. civ., sez. lav., 20 marzo 1999, n. 2618).

Procura ad un nuovo difensore

La sospensione del processo non impedisce la proposizione del regolamento di giurisdizione, tenuto conto che tale sospensione non esclude la pendenza della causa, e che il divieto di compiere atti processuali, nel periodo della sospensione, riguarda gli atti che integrino sviluppo del giudizio sospeso, non la promozione di un'autonoma fase del processo, rivolta alla verifica del potere giurisdizionale del giudice adito (Cass. civ., Sez. Un., 28 maggio 2015 n. 11131).

Regolamento di giurisdizione

È opinione comune, in dottrina come in giurisprudenza, che l'art. 48, comma 2, secondo cui nel periodo di sospensione del processo determinato dalla proposizione del regolamento di competenza il giudice può autorizzare il compimento degli atti che ritiene urgenti, debba trovare applicazione in via di interpretazione sistematica, stante l'eadem ratio, anche in tutte le altre ipotesi di sospensione del processo.

In dottrina si è evidenziato, a riguardo, che l'urgenza deve essere valutata rispetto all'atto, nel senso che il giudice deve verificare tale requisito sia riguardo all'eventualità che l'atto, pur necessario ed utile per la decisione sul merito, non possa essere più compiuto dopo la riattivazione del processo, sia in relazione al fatto che lo stesso atto, pur potendo essere compiuto, non possa produrre quegli effetti o quelle utilità per il cui conseguimento la parte ha richiesto di porre in essere lo stesso (CIPRIANI).

Nell'individuare nel senso descritto il novero degli atti urgenti che sono ammessi nonostante la sospensione del processo, escludendo peraltro i provvedimenti cautelari, la dottrina si discosta, tuttavia, specie in quest'ultimo senso, dalla giurisprudenza di legittimità dominante la quale è incline ad annoverare anche detti provvedimenti tra quelli che possono essere compiuti ex art. 48, comma 2.

La S.C., infatti, affermato il principio per il quale durante la sospensione del processo, il divieto di cui all'

art. 298 c.p.c.

non impedisce l'emanazione di provvedimenti d'urgenza tendenti ad assicurare provvisoriamente gli effetti della successiva decisione di merito, ha ritenuto ammissibile la richiesta

ex

art. 700 c.p.c.

di reintegrazione nel posto di lavoro nonostante la sospensione per pregiudizialità penale del giudizio promosso dal lavoratore per accertare la illegittimità del licenziamento (

Cass. 14 giugno 1990, n. 5779

, in Riv. giur. lav., 1991, II, 571).

La questione sinora esaminata, i.e. quella relativa alla possibilità di annoverare tra gli atti urgenti richiamati dal capoverso dell'

art. 48 c.p.c.

i provvedimenti cautelari appare comunque ormai normativamente risolta in senso affermativo a seguito dell'introduzione, mediante la

l. 26 novembre 1990 n. 353

delle norme sul procedimento cautelare uniforme, potendosi tale soluzione, invero, argomentare dal disposto dell'

art. 669-

quater

c.p.c.

in tema di competenza a conoscere del ricorso cautelare in corso di causa proposto durante la sospensione del processo (LUISO II, 230 ss.).

Riassunzione del processo

Nell'ipotesi in cui, come avviene di regola, mediante l'ordinanza che dispone la sospensione del processo il giudice non abbia anche fissato l'udienza per la prosecuzione dello stesso, la parte interessata, al fine evitare l'estinzione del giudizio dovrà riassumerlo entro il termine di tre mesi (come rideterminato dalla

l. 18 giugno 2009 n. 69

rispetto al termine precedentemente previsto a tal fine di sei mesi) dalla cessazione della causa di sospensione, individuata dal primo comma della norma in esame, per la pregiudizialità penale nel venir meno della causa di sospensione

ex

art. 3 c.p.p.

e, nelle altre ipotesi, dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide la controversia civile o amministrativa ai sensi dell'

art. 295 c.p.c.

(v.

Cass. civ.,

sez. VI, 17 febbraio 2014, n. 3701

).

Il termine per la riassunzione del processo sospeso decorre, per la parte estranea alla causa pregiudiziale, dalla data in cui la stessa abbia avuto conoscenza legale, mediante comunicazione, notificazione o dichiarazione, della cessazione della causa di sospensione (cfr., tra le altre,

Cass. civ.,

sez. lav., 3 ottobre 2008,

n. 24599

e, di recente, con riguardo alla pregiudizialità penale,

Cass. civ.,

Sez. Un.,

28 aprile 2015, n. 8572

).

L'istanza di riassunzione deve essere proposta mediante ricorso al giudice istruttore della causa o, in mancanza, al Presidente del Tribunale e, quindi, il ricorso, con il decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato dall'istante alle altre parti nel termine indicato dal giudice.

Sebbene il terzo comma della disposizione in commento disponga testualmente che l'istanza di riassunzione si propone con “ricorso” è consolidata in giurisprudenza la tesi per la quale al fine della valida riassunzione del processo sospeso, non è influente che la parte istante vi abbia provveduto, anziché con comparsa o ricorso al giudice per la fissazione dell'udienza di prosecuzione, con citazione della parte ad udienza fissa, la quale possiede tutti i requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo previsto nell'

art. 297 c.p.c.

, consistente nel compimento di un atto di parte prima che sia trascorso il termine perentorio entro il quale va promossa la prosecuzione del giudizio, che può essere perseguito anche attraverso un atto di citazione che sia notificato alla controparte prima della scadenza del termine medesimo (

Cass. civ.,

sez. II,

6 febbraio 2013, n. 2830

).

Il ricorso volto alla riassunzione del processo sospeso non deve contenere necessariamente tutte le domande già proposte in tale processo, essendo sufficiente che venga richiamato l'atto introduttivo senza che ciò comporti alcuna presunzione di abbandono delle domande non specificamente riproposte (

Cass. civ.,

sez. II, 19 novembre 2004, n. 21903

).

L'istanza va proposta al giudice istruttore del procedimento sospeso ovvero, in mancanza, ad es. nell'ipotesi in cui tale giudice non faccia più parte del medesimo ufficio giudiziario al Presidente del Tribunale. La S.C. ha chiarito, comunque sia, che se l'istanza per la prosecuzione di un processo, sospeso in istruttoria per pregiudizialità, è rivolta al Presidente del tribunale, anziché all'istruttore, e quegli, nel fissare l'udienza, nomini un altro giudice istruttore, pur se in mancanza dei presupposti di cui agli

art. 174 c.p.c.

e

art.

79 disp. att. c.p.c.

, né la riassunzione, né il procedimento sono nulli, perché tra organi del medesimo ufficio non sussiste una questione di competenza esterna e perché la violazione della predette norme non incide sulla costituzione del giudice (

Cass. civ.,

sez. III, 2 marzo 1998, n. 2264

).

Sospensione del processo civile per «pregiudizialità penale»

L'

art. 35 della legge 26 novembre 1990 n. 353

, al fine di coordinare il disposto dell'

art. 295 c.p.c.

con le modifiche introdotte al codice di procedura penale nel 1988, ha abolito la necessaria pregiudizialità del processo penale rispetto a quello civile di danno, eliminando il richiamo all'

art. 3 c.p.p.

contenuto nella prima parte della norma che si commenta.

Pertanto, nel sistema novellato, ferma la sospensione del processo civile per la pendenza del processo penale nella fattispecie di cui all'

art. 75, comma

3

, c.p.p.

nelle ipotesi in cui la decisione emessa in sede penale possa effettivamente esplicare effetti nel giudizio civile (cfr.

Cass. civ. 11 ottobre 2002, n. 14566

), si avrà inoltre sospensione necessaria del giudizio civile ove lo stesso sia concretamente «pregiudicato» dal processo penale pendente secondo quanto previsto dall'art. 295 c.p.c. A quest'ultimo riguardo, la S.C. ha anche di recente osservato, infatti, che in materia di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono gli

art. 295 c.p.c.

, 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.c., nell'ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile, sicché per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale (

Cass. civ.,

sez. VI, 23 marzo 2015, n. 5804

).

Rispetto all'ambito operativo della sospensione per la pendenza del processo penale ai sensi dell'

art. 75, comma

3

, c.p.p.

,

si è innanzitutto precisato che la circostanza che il danneggiato si sia costituito parte civile nel processo penale e inizi, o abbia già iniziato, una azione di risarcimento danni contro altro danneggiante estraneo al giudizio penale (per non esservi stato evocato nemmeno come responsabile civile), riguardo agli stessi fatti oggetto del processo penale, non consente alcuna sospensione del processo civile, perché essa non è prevista nell'

art. 75 c.p.p.

, che esaurisce in quella del terzo comma la ipotesi di sospensione del processo civile per i danni e le restituzioni per pretesa pregiudizialità del processo penale (cfr., tra le altre,

Cass. civ.,

sez. III, 13 marzo 2009,

n. 6185

).

Di non trascurabile rilevanza, considerato che tale principio appare suscettibile di applicazione in numerose controversie soggettivamente cumulate quali sono ad es. quelle in tema di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, è l'affermazione dell'assunto, nella recente giurisprudenza di legittimità, per il quale la sospensione necessaria del processo civile disposta per il caso in cui il danneggiato abbia prima esercitato l'azione civile in sede penale con la costituzione di parte civile e, quindi, abbia esercitato l'azione civile in sede civile, non trova applicazione allorquando l'azione in sede civile sia stata esercitata non solo contro l'imputato, ma anche contro altri coobbligati, tanto se il cumulo soggettivo così realizzato dia luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, quanto se dia luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo altresì irrilevante che alcuno o tutti fra i coobbligati fossero stati citati nel processo penale come responsabili civili (

Cass. civ.,

sez. III, 26 gennaio 2009,

n. 1862

).

Riferimenti

BOVE, Sospensione del processo e tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 1989, 977;

CHIARLONI, Il provvedimento di sospensione necessaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1963, 368;

CIPRIANI, Sospensione del processo (dir. proc. civ.), in E.G., XXX, 1993, 11;

ID., Atti urgenti e provvedimenti cautelari durante la sospensione del processo, in Foro it., 1978, I, 1412;

GIUSSANI, Sospensione del processo, D. CIV., XVIII, Torino 1988, 503;

LIEBMAN, Sulla sospensione propria ed impropria del processo civile, in Riv. dir. proc., 1958, 153;

LUISO, Diritto processuale civile, II, Milano 2013;

MENCHINI, Sospensione del processo civile (processo civile di cognizione), in EdD, XLIII, Milano, 1990, 1;

MICHELI, Sospensione, interruzione ed estinzione del processo, in Riv. dir. proc., 1942, I, 13;

RECCHIONI, Pregiudizialità processuale e dipendenza sostanziale nella cognizione civile, Padova 1999;

SALVIONI, Forma e natura del provvedimento di sospensione del processo di cognizione e mezzi per la sua impugnazione,

in Giur. it., 2001, 512

;

ZUMPANO

, Rapporti tra processo civile e processo penale, Torino 2000.

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