Note su un recente caso di conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria
03 Marzo 2025
Massima L'assoggettamento alla procedura di Amministrazione straordinaria di una società in liquidazione giudiziale non può che essere asservito alle finalità di un miglior recupero dell'equilibrio della società “madre” in Amministrazione straordinaria agevolando il raggiungimento degli obiettivi di quest'ultima, in termini di risultati e di una riduzione dei tempi di conseguimento di questi, non potendo di per sé essere determinante per legittimare la sussistenza della procedura di Amministrazione straordinaria in capo alla “madre” ovvero l'esecuzione del suo programma di risanamento, atteso che la stessa procedura di Amministrazione straordinaria deve presentare ex se la condizione della recuperabilità dei complessi produttivi Il caso Le società Alfa S.r.l. e Beta S.r.l. fanno parte del “gruppo Omega”, noto a livello mondiale per la produzione e vendita di lingerie di alta gamma. La capogruppo è la società Gamma Ltd. con sede legale a Londra e dipendenze a Bologna, la quale detiene il marchio “Omega” e diverse partecipazioni sociali, tra cui quelle nelle predette società. Per quanto qui interessa, Beta produceva capi esclusivamente in base a un “Framework Manufacturing Agreement” sottoscritto con la controllante la quale gestiva le vendite tramite alcune società, tra cui la medesima Alfa S.r.l.; quest’ultima non era esclusivista per il mercato italiano. Le vendite, infatti, erano gestite anche da ulteriori rivenditori, inclusa la stessa Gamma. Nel novembre 2023 la High Court of Justice di Londra avviava la liquidation, una procedura assimilabile alla nostra liquidazione giudiziale, della Gamma. Poco dopo, precisamente il 26 gennaio 2024, anche il Tribunale di Bologna dichiarava l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti della suddetta società. Successivamente, il 1° febbraio 2024 era dichiarata l’insolvenza nei confronti della Beta e l’11 aprile 2024 il Tribunale di Bologna dichiarava l’apertura della liquidazione giudiziale della società Alfa. A dimostrazione di come la crisi coinvolgesse diverse società del gruppo, in data 10 maggio 2024 il suddetto Tribunale dichiarava aperta l’amministrazione straordinaria di Beta. I commissari straordinari di quest’ultima società presentavano, quindi, due ricorsi al Tribunale di Bologna per sentir dichiarare la conversione in amministrazione straordinaria della liquidazione giudiziale di Alfa e Gamma. Depositavano una relazione sia i curatori di Alfa S.r.l. e Gamma Ltd., sia i commissari straordinari di Beta S.r.l. in amministrazione straordinaria. Venivano, inoltre, depositati una nota informativa non autorizzata da parte dei Joint Liquidator di Gamma in liquidation, il parere del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (“MIMIT”) e istanze da parte delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori delle società coinvolte. Il Tribunale di Bologna rigettava i ricorsi con due decreti del 10 settembre 2024. Le questioni Le questioni problematiche poste al Tribunale di Bologna riguardano:
La conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria (“AS”) è regolata dall'art. 84 del d.lgs. 270/1999 (c.d. “legge Prodi bis”) il quale consente la conversione laddove la liquidazione giudiziale sia stata dichiarata prima dell'apertura dell'AS della procedura madre e ricorrano i presupposti di cui all'art. 81 (L'art. 80 della legge Prodi bis definisce procedura madre quella «di una impresa che ha i requisiti previsti dagli articoli 2 e 27, facente parte di un gruppo» e che non necessariamente coincide con la capogruppo). In particolare, è necessario che le imprese presentino i) «concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, nei modi indicati dall'articolo 27»; ovvero ii) «quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura» (art. 81 comma 2). Le «concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico», ai sensi dell'art. 27 della legge Prodi bis, possono consistere nella cessione dei complessi aziendali, di contratti o di diritti sulla base di un programma di prosecuzione dell'attività d'impresa di durata non superiore ad un anno (c.d. “programma di cessione dei complessi aziendali”); ovvero nella ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa sulla base di un programma di risanamento che abbia una durata massima di due anni (c.d. “programma di ristrutturazione”). La gestione unitaria dell'insolvenza, invece, si riferisce all'opportunità che il gruppo sia gestito unitariamente (sulla definizione di gruppo cfr. l'art. 80 della legge Prodi bis la quale presenta diverse similitudini con l'art. 2, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 14/2019 e s.m.i. (codice della crisi) e l'art. 2, comma 1, n. 13 del reg. 848/2015/UE); ciò è opportuno quando è in bonis e a maggior ragione quando attraversa uno stato di crisi. Si noti che la conversione riguarda le sole entità insolventi, ma ciò non vuol dire che non possa avere riflessi anche sulle società in bonis che appartengono al gruppo. Ai sensi dell'art. 84 comma 1 della legge Prodi bis, legittimato attivo a chiedere la conversione è «chiunque vi abbia interesse»; nondimeno il Tribunale può provvedere anche d'ufficio. L'art. 82 della legge Prodi bis prevede che il Tribunale nel cui circondario ha la sede principale l'impresa insolvente sia competente a verificare l'accertamento dei presupposti per la conversione. Dopo il deposito dell'istanza il curatore e il commissario straordinario devono depositare una relazione sulla sussistenza dei presupposti per la conversione e ogni interessato, ad esempio i creditori e lo stesso imprenditore insolvente, può presentare delle osservazioni. Dopodiché, il Tribunale può dichiarare con decreto motivato la conversione ovvero rigettare la richiesta. Laddove la liquidazione giudiziale sia convertita, l'art. 85 stabilisce che alla procedura convertita siano preposti gli stessi organi della procedura madre, salva l'integrazione del comitato di sorveglianza. La ratio è assicurare l'unitarietà della gestione poiché, da un lato, il commissario straordinario può essere chiamato a gestire l'impresa che fa parte del gruppo. Dall'altro, il commissario deve redigere una relazione sulla sussistenza dei presupposti ex art. 27 legge Prodi bis, prima di redigere il programma di risanamento o di liquidazione, e la presenza di un unico commissario facilita tale adempimento. Le soluzioni fornite dal Tribunale di Bologna Preliminarmente, i magistrati bolognesi ribadiscono la competenza del tribunale che ha dichiarato la liquidazione giudiziale a decidere sulla conversione della procedura in amministrazione straordinaria (cfr. Trib. Roma, 7 giugno 2007). Riguardo all'esistenza dei presupposti per la conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria, i giudici evidenziano che la conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria debba essere funzionale ad agevolare il «conseguimento degli obiettivi della procedura madre» di Beta in termini di risultati, di riduzione dei tempi di raggiungimento e, in continuità con un orientamento giurisprudenziale di merito (Trib. Bari, 15 luglio 2004), presuppone «collegamenti di natura economica o produttiva correnti tra le singole imprese sottoposte alla procedura». Tuttavia, la procedura madre deve comunque «presentare ex se la condizione della recuperabilità dei complessi produttivi». In altri termini, devono già esserci i presupposti del risanamento e la conversione della liquidazione giudiziale può solo agevolare il recupero dei complessi produttivi. È vero che il risanamento può anche avvenire disponendo degli asset di altre imprese appartenenti al gruppo, ma esso «non deve mai sfociare in valutazioni non ancorate a elementi fattuali e, come tali, potenzialmente foriere di suoi ingiustificati ampliamenti a discapito degli interessi dei creditori preesistenti delle singole imprese del gruppo». Il Tribunale, quindi, accoglie le osservazioni dei curatori di Alfa e Gamma i quali erano contrari alla conversione della liquidazione giudiziale poiché ritenevano che non giovasse alla procedura madre. I magistrati precisano che la ricorrente Beta non ha allegato, né tantomeno dimostrato, gli elementi fattuali da cui si desumerebbe che la conversione della liquidazione giudiziale di Alfa agevoli il risanamento di Beta. Alfa, peraltro, non ha un'esclusiva nella distribuzione dei prodotti del gruppo e, come rilevato anche dalla curatela della società stessa, non si comprende come la conversione della liquidazione giudiziale di tale ultima società possa agevolare la procedura madre. Né la conversione può essere un rimedio alla mancata proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria (“CIGS”) per i lavoratori delle società del gruppo Omega poiché la conversione e la CIGS sono istituti con finalità diverse ed esistono altri rimedi per tutelare le esigenze dei lavoratori. Riguardo alla gestione dell'insolvenza transfrontaliera, il Tribunale ritiene che la conversione non potrebbe facilitare il rapporto con i liquidatori di Gamma poiché tale risultato può derivare solo dalla firma di un insolvency protocol che però non è stato ancora sottoscritto tra le società italiane e quella di diritto inglese facenti parte del gruppo. In base alla documentazione versata in atti, infatti, le parti devono ancora definire molti aspetti della bozza di protocollo, tra cui la spinosa «problematica relativa alla valorizzazione degli asset e alla suddivisione di quanto sarà realizzato in sede di procedimento competitivo congiunto tra le procedure». La conversione della liquidazione giudiziale di una società del gruppo in AS non potrebbe di per sé determinare l'indispensabile collegamento economico-produttivo tra controllata e società madre e agevolare le interlocuzioni con i liquidatori inglesi come invece potrebbe accadere con un protocollo. «Non è ammesso dall'ordinamento che sia accolta la conversione di una Liquidazione giudiziale in Amministrazione straordinaria al fine di coordinare le società del Gruppo nel dialogo con gli organi della procedura inglese … con l'obiettivo di semplificare e accelerare la procedura di adozione ed esecuzione del Protocollo oggi ancora in discussione». Ad avviso del Tribunale, quindi, non sussistono i presupposti per la conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria. I magistrati, infine, ricordano che il rigetto della richiesta di conversione non ne preclude la riproposizione, laddove ne ricorrano i presupposti, e che se fosse disposta la suddetta conversione, essa finirebbe per favorire in maniera ingiusta e inammissibile i creditori della procedura madre a discapito di quelli di Alfa e Gamma (Cfr. Cass. n. 11519/1996, Trib. Bari, 15 luglio 2004 e Corte di giustizia CE, 1 dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade, ECLI:EU:C:1998:579, par. 45; Corte di giustizia CE, 17 giugno 1999, causa C-295/97, Piaggio, ECLI:EU:C:1999:313, par. 43). Osservazioni conclusive Appaiono condivisibili – secondo chi scrive - le conclusioni dei giudici laddove negano la conversione della liquidazione giudiziale in amministrazione straordinaria poiché, ripercorrendo l'iter argomentativo del Tribunale, si evince che mancavano i presupposti per la conversione della liquidazione giudiziale. Le società facenti parte del gruppo Omega, infatti, presentavano dei collegamenti economico-produttivi tutto sommato blandi e la gestione unitaria dell'insolvenza non agevolerebbe il risanamento della procedura madre e del gruppo (Cfr. Daccò, sub art. 84, in Castagnola-Sacchi (a cura di), La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2003, 443). Non vi sarebbe alcun beneficio per la salvaguardia dei posti di lavoro, il miglioramento delle vendite dei prodotti del gruppo e i rapporti con la procedura inglese. I decreti commentati ammettono chiaramente che la gestione dell'insolvenza di gruppo possa avvenire disponendo degli asset delle controllate ovvero prevedendo dei sacrifici all'impresa figlia nell'interesse della procedura madre e, di riflesso, del gruppo. Tale affermazione, da un lato, richiama il concetto di vantaggi compensativi; dall'altro, però, richiede che sussista e sia dimostrata l'opportunità della gestione unitaria dell'insolvenza. In difetto di tale prova, la conversione è inammissibile poiché altrimenti si finirebbe per agevolare del tutto ingiustificatamente i creditori della società madre a discapito di quelli della società in liquidazione giudiziale. In altre parole, il Tribunale è chiamato ad operare un bilanciamento di interessi tra quelli dei creditori della società madre e della società figlia, nonché tra quest'ultimi e gli altri stakeholders del gruppo. La motivazione dei decreti, dunque, lascia perplessi nella parte in cui sembrerebbe ammettere la conversione laddove essa semplicemente agevoli il raggiungimento degli obiettivi della procedura madre, ma non quando sia necessaria a tal fine. Questa affermazione appare in contrasto con il ragionamento dei magistrati nella parte in cui ritengono che la conversione sia possibile a fronte di un effettivo e comprovato recupero della continuità aziendale da parte della procedura madre. Siffatto ragionamento, inoltre, rischia di introdurre una disparità di trattamento ed è paradossale perché sembrerebbe ammettere un sacrificio in capo ai creditori della società in liquidazione giudiziale e a vantaggio di quelli della procedura madre laddove la conversione agevoli il risanamento della procedura madre, ma non nel caso in cui sia a ciò necessaria. Questa conclusione, infine, appare ingiustificata e illogica poiché contrasta con la volontà del legislatore di ammettere la conversione della liquidazione giudiziale di una società e il sacrificio dei suoi creditori a fronte del risanamento della procedura madre. La ratio della conversione della liquidazione giudiziale in AS è la gestione unitaria dell'insolvenza di gruppo, ma il legislatore non ha riconosciuto un «interesse generale di gruppo» (Daccò, sub art. 80, in Castagnola-Sacchi (a cura di), La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2003, 421 ss.; Nigro, I gruppi nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza: notazioni generali, in Vattermoli (a cura di), I Gruppi nel Codice della crisi, Pisa, 2020, 17 ss.; Vattermoli, Le amministrazioni delle grandi imprese insolventi: prospettive de jure condendo, in Vattermoli (a cura di), Le amministrazioni straordinarie delle grandi imprese insolventi, Pisa, 2024, 209 ss.). In primo luogo, la legge Prodi bis utilizza la parola «procedura» e ciò induce a ritenere che non abbia voluto valorizzare gli interessi di tutte le imprese del gruppo, altrimenti avrebbe usato il termine al plurale. In secondo luogo, l'estensione dell'AS si basa sull'esistenza di una procedura madre che assume un ruolo centrale il che contrasta con la presunta valorizzazione dell'interesse di gruppo. Infine, si consideri che le masse attive e passive delle entità coinvolte rimangono distinte. È indiscutibile che il coordinamento abbia evidenti vantaggi poiché consente, ad esempio, di attribuire la competenza a conoscere della procedura a un unico Tribunale, di avere un unico organo gestore delle procedure e di predisporre un piano di riorganizzazione unico. D'altronde, considerando i rapporti infragruppo non avrebbe senso ignorare le specificità di tale fenomeno poiché le vicende dell'impresa madre o di quella figlia finiscono inevitabilmente per riverberarsi sull'intero gruppo. Tuttavia, i legislatori europeo ed italiano non hanno mai inteso superare l'autonomia delle singole entità componenti il gruppo. Le conclusioni del Tribunale appaiono condivisibili anche riguardo ai profili di insolvenza transfrontaliera. A livello sovranazionale, le differenze tra gli ordinamenti implicano forme di coordinamento rispettose delle peculiarità nazionali tra cui si annoverano gli insolvency protocols con i quali le parti intendono cooperare per coordinare le procedure aventi elementi di connessione (Vattermoli, Gli insolvency protocols nelle operazioni di ristrutturazione del gruppo di imprese in crisi, in Dir. della banca e del mercato finanziario, 2019, I, 15 ss.). Affinché si possa sottoscrivere un protocollo è necessario, innanzitutto, che la legislazione nazionale lo consenta e che esso non danneggi nessun creditore (c.d. “no creditors worse off test”). I soggetti che possono sottoscrivere gli insolvency protocols sono le autorità giurisdizionali, i soggetti incaricati di gestire la procedura, i rappresentanti dei creditori, nonché gli stessi amministratori della società insolvente laddove ricorra l'ipotesi di debtor in possession. I magistrati bolognesi evidenziano che i commissari straordinari non avrebbero argomentato nulla in relazione alle criticità derivanti dall'esistenza della procedura inglese. In ogni caso, anche laddove fossa disposta la conversione della liquidazione giudiziale di Gamma, continuerebbe ad esistere la liquidation di diritto inglese sostanzialmente vanificando il vantaggio della conversione. Le procedure italiana e straniera, infatti, non hanno sottoscritto un protocollo e quand'anche ne sottoscrivessero uno «la conversione sarebbe inutiliter data in quanto … le linee guida da seguire sarebbero quelle consacrate dal Protocollo» (Trib. Bologna, 10 settembre 2024). In conclusione, sebbene i decreti del Tribunale appaiano severi verso le tesi degli istanti, essi sono condivisibili laddove i) ritengono che la conversione della liquidazione giudiziale non possa essere lo strumento per coordinare le procedure concorsuali italiana e straniera; ii) richiedono un effettivo vantaggio dalla gestione unitaria dell'insolvenza e una rigorosa dimostrazione dei presupposti per la conversione della liquidazione giudiziale. Nel caso in esame, infatti, la conversione sembrerebbe inutile a causa della severità della crisi del gruppo. |