Il punto sul mantenimento dei figli maggiorenni

19 Marzo 2025

Negli ultimi anni, si è registrato un progressivo mutamento della giurisprudenza di legittimità in ordine al riparto dell’onere della prova sulle condizioni che giustificano la sussistenza in capo al genitore dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni: quali sono i "nuovi" presupposti richiesti dalla Cassazione?

Premessa

Negli ultimi anni si è assistito al fenomeno del prolungamento della durata del dovere genitoriale di mantenimento del figlio maggiorenne dipeso da molti fattori sociali, familiari ed economici (mutamento dei rapporti genitori-figli e migliorate condizioni familiari, dissolvimento delle coppie, allungamento dei percorsi di studio, crisi del mercato del lavoro e disoccupazione giovanile).

Tenuto conto della nuova realtà sociale, la più recente giurisprudenza della S.C. in tema di riconoscimento dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente ha evidenziato che il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che questo obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2024, n. 5177).

L'autosufficienza del figlio maggiorenne: onere della prova

Secondo l'impostazione tradizionale della giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2021, n. 40283; Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2021, n. 27904; Cass civ., sez. I, 17 febbraio 2021, n. 4219; Cass. civ., sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 21752) l'obbligo del genitore di provvedere al mantenimento del figlio non viene meno automaticamente con il raggiungimento della maggiore età di quest'ultimo, ma perdura finché il genitore onerato non provi che il figlio ha conseguito l'autosufficienza economica intesa come possesso di un'idonea capacità di inserirsi nel mondo del lavoro o come costruzione di un proprio nucleo familiare, ovvero che lo stesso si rifiuti ingiustificatamente di cogliere le occasioni ordinarie per raggiungere la propria indipendenza (c.d. colpevole inerzia).

Negli ultimi due anni, tuttavia, si è affermato nella giurisprudenza di legittimità un diverso orientamento secondo il quale l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente.

Ai fini dell'accoglimento della domanda, così come del permanere dell'obbligo a fronte dell'istanza di revoca dello stesso da parte del genitore, è pertanto onere del figlio provare non solo la mancanza di indipendenza economica - che è la precondizione del diritto preteso - ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro (cfr.  Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2023, n. 26875).

Questa conclusione è stata ritenuta pienamente coerente con il principio di prossimità o vicinanza della prova, in base al quale la ripartizione dell'onere probatorio deve tenere conto, oltre che della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi o impeditivi del diritto, anche del principio riconducibile all'art. 24 Cost., e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2023, n. 17947).

I giudici di legittimità hanno, altresì, chiarito che la prova sarà tanto più lieve per il figlio, quanto più prossima sia la sua età a quella di un recente maggiorenne: invero, da un lato, qualora sia stato emesso dal giudice il provvedimento di mantenimento del figlio minorenne a carico del genitore non convivente, esso resta ultrattivo di per sé, sino ad un eventuale diverso provvedimento del giudice; e, dall'altro lato, qualora sussista una domanda di revoca da parte del genitore obbligato, l'onere della prova risulterà particolarmente agevole per il figlio in prossimità della maggiore età appena compiuta ed anche per gli immediati anni a seguire, quando il soggetto abbia intrapreso un percorso di studi, già questo integrando la prova presuntiva del compimento del giusto sforzo per meglio avanzare verso l'ingresso nel mondo adulto (cfr.  Cass. civ., sez. I, 16 settembre 2024, n. 24731; Cass. civ., sez. I, 15 marzo 2024, n. 7015; Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2023, n. 26875).

Di converso, la prova del diritto all'assegno di mantenimento sarà più gravosa man mano che l'età del figlio aumenti, sino a configurare il c.d. "figlio adulto". In tali ipotesi, in ragione del principio dell'autoresponsabilità, si valuterà, caso per caso, se il figlio maggiorenne possa ancora pretendere di essere mantenuto, anche con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate e all'impegno realmente profuso nella ricerca, prima, di una idonea qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2024, n. 5177; Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2024, n. 2252).

L'onere della prova a carico del figlio adulto

Già da tempo la S.C. ha evidenziato che i principi della funzione educativa del mantenimento e dell'autoresponsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l'estensione dell'obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un'occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel "figlio adulto" l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata (cfr. Cass. civ., sez. I, 8 giugno 2023, n. 16327; Cass. civ., sez. I, 10 gennaio 2023, n. 358).

E’ stato, in particolare, evidenziato che ad un dato momento «è esigibile l'utile attivazione del figlio nella ricerca comunque di un lavoro, al fine di assicurarsi il sostentamento autonomo, nelle more dell'attesa per il reperimento di un impiego più aderente alle proprie soggettive aspirazioni, attesa che non si giustifica più resti inerte ed improduttiva; non potendo egli, di converso, pretendere che a qualsiasi lavoro si adatti soltanto, in vece sua, il genitore, anche per offrirgli il mantenimento sine die» (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2023, n. 26875).

Per tali ragioni, il figlio maggiorenne è tenuto ad attivarsi per cercare un lavoro anche quando conviva con un genitore che abbia particolari esigenze di cura, potendo tale necessità unicamente giustificare, dopo la maggiore età, meri ritardi nel conseguire la propria autonomia economico-lavorativa, ma mai costituire, nel figlio adulto ragione della completa elisione dei doveri verso se stesso, anche in vista della propria vita futura (cfr. Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2023, n. 26875).

Ad avviso dei giudici di legittimità, qualora il figlio, nonostante sia maggiorenne, non riesca a trovare un'occupazione stabile che lo renda economicamente autosufficiente, non dovrebbe dipendere dall'obbligo di mantenimento del genitore, ma dovrebbe piuttosto avvalersi degli strumenti sociali per garantire il sostegno al reddito (cfr. Cass. civ., sez. I, 6 maggio 2024, n. 12123; Cass. civ., sez. I, 7 ottobre 2022, n. 29264), determinando così che l'obbligazione alimentare all'interno della famiglia dovrebbe essere attivata solo per soddisfare le esigenze più essenziali di vita della persona bisognosa (cfr. Cass. civ., sez. I, 28 ottobre 2024, n. 27818).

È stato, altresì, sottolineato che se il riconoscimento del diritto al mantenimento dipende dal fatto che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro, la presenza di una patologia (a meno che la stessa non integri la condizione di grave handicap, che comporterebbe automaticamente l'obbligo di mantenimento; Cass. civ., sez. I, 29 luglio 2021, n. 21819) influisce sul diritto al mantenimento se e nella misura in cui incide sulle capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa (Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2024, n. 5177; Cass. civ., sez. I, 31 luglio 2023, n.23133).

Lo studente universitario fuori sede

Ad avviso del più recente orientamento giurisprudenziale, permane la legittimazione del genitore a richiedere l'assegno di mantenimento per un figlio maggiorenne non autosufficiente anche se il figlio si allontana per motivi di studio, purché la casa genitoriale rimanga un punto di riferimento stabile in cui il figlio torna regolarmente e sempre che il genitore anzidetto sia quello che, pur in assenza di coabitazione abituale o prevalente, provveda materialmente alle esigenze del figlio, anticipando ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio (cfr. Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2024, n. 30179).

Non assume, dunque, rilevanza dirimente il dato temporale della permanenza del figlio presso l'abitazione del genitore già collocatario (Cass. civ., sez. I, 8 luglio 2022, n.21749; Cass. civ., sez. I, 31 dicembre 2020, n. 29977) e ciò in quanto una frequentazione solo saltuaria della casa da parte del figlio non è incompatibile con la persistenza di un più intenso legame di comunanza di vita con uno solo dei genitori, tale che sia quest'ultimo a restare la figura di riferimento per il corrente sostentamento del figlio e a provvedere materialmente alle sue esigenze.

È, dunque, fondamentale che il genitore fornisca la prova di offrire stabile supporto finanziario per le necessità del figlio, anticipando le spese per il suo mantenimento presso il luogo di studio, anche in assenza di convivenza abituale.

Per quanto concerne, poi, le spese per la formazione universitaria (tasse di iscrizione e libri di testo) una parte della giurisprudenza ritiene che le stesse siano prevedibili e quantificabili in anticipo e che quindi non  possono essere qualificate come  spese straordinarie, poiché difettano dei requisiti di imponderabilità e imprevedibilità (cfr. Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2021, n. 34100; Trib. Savona, sez. I, 13 ottobre 2021, n. 746), mentre una diversa impostazione le riconduce alle spese straordinarie concernenti eventi ordinari non inclusi nel mantenimento (cfr. Cass. civ., sez. I, 18 marzo 2024, n. 7169; Cass. civ., sez. VI, 10 giugno 2016, n. 12013; Trib. Salerno, sez. I, 3 gennaio 2020; Trib. Roma, sez. I, 1° agosto 2019, n. 15955; Trib. Monza, 8 maggio 2019, n. 1053; Trib. Grosseto, 14 gennaio 2019, n. 19).

Le spese di alloggio per il figlio studente fuorisede vengono, invece, fatte pacificamente rientrare tra quelle straordinarie (cfr. Cass. civ., sez. I, 10 luglio 2023, n. 19532; Cass. civ., sez. I, 30 maggio 2023, n. 15125; Cass. civ., sez. I, 15 ottobre 2021, n. 28462).

Il figlio maggiorenne studente fuori corso

Ad avviso della giurisprudenza il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un'occupazione), costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole.

Ne consegue che gli ostacoli personali al raggiungimento dell'autosufficienza economico reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati all'interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d'iniziativa e d'impegno verso un obiettivo prescelto (cfr. Cass. civ., sez. I, 2 luglio 2021, n. 18785; Cass. civ., sez. VI., 5 marzo 2018, n. 5088; Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952).

In applicazione di tali principi, la S.C. di recente ha rigettato il ricorso di una madre e di suo figlio ultratrentenne contro l'ex marito che aveva ottenuto in giudizio la revoca dei suoi obblighi di mantenimento in quanto il figlio era iscritto all'università al settimo anno fuori corso, senza aver concluso neanche il percorso triennale di laurea (cfr. Cass. civ., sez. I, 9 dicembre 2024, n. 31564).

Lo svolgimento di attività retribuita con contratto a tempo determinato

La necessità di effettuare valutazioni rispondenti alla nuova realtà del mercato del lavoro ha portato già da alcuni anni la giurisprudenza a ritenere che l'autosufficienza economica del figlio deve ritenersi raggiunta in caso di svolgimento di una regolare attività lavorativa, sia pure con contratti a termine e guadagni contenuti (cfr. Cass. civ., sez. I, 26 maggio 2017, n. 13354).

Ciò in quanto lo svolgimento di un'attività retribuita, ancorché prestata in esecuzione di contratto di lavoro a tempo determinato, può costituire un elemento rappresentativo della capacità del figlio di procurarsi un'adeguata fonte di reddito, e quindi della raggiunta autosufficienza economica, fermo restando che non ogni attività lavorativa a tempo determinato è idonea a dimostrare il raggiungimento della menzionata autosufficienza economica, che può essere esclusa dalla breve durata del rapporto o dalla ridotta misura della retribuzione (cfr. Cass. civ., sez. I, 4 aprile 2024, n. 8892; Cass. civ., sez. I, 15 dicembre 2021, n. 40282).

In applicazione di tali principi la S.C. in una recente pronuncia ha escluso il permanere del diritto al mantenimento della figlia maggiorenne, laureata in storia dell'arte e insegnante nella materia con un reddito di circa quattromila euro annui in forza di collaborazioni saltuarie, evidenziando che la medesima ha iniziato a metter a frutto le proprie capacità professionali, così cominciando a conseguire i propri redditi da lavoro, anche se in attesa di una migliore e più sicura definizione del suo inserimento nel mondo del lavoro, ferma restando l'eventuale possibilità di un aiuto del padre, ove ne ricorrano i presupposti, per l'ottenimento di un assegno alimentare (cfr. Cass. civ., sez. I, 27 marzo 2024, n. 8240).

I giudici di legittimità hanno, inoltre, rimarcato che l'ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavorativa a rendimenti crescenti segna la fine dell'obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l'eventuale perdita dell'occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell'obbligo del genitore al mantenimento (cfr. Cass. civ., sez. I, 4 aprile 2024, n. 8892; Cass. civ., sez. VI, 22 luglio 2019, n. 19696; Cass. civ., sez. VI, 14 marzo 2017, n. 6509).

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