Crisi d'impresa
IlFallimentarista

Irragionevole durata della procedura e vantaggi compensativi per i creditori

La Redazione
20 Marzo 2025

La Corte di legittimità cassa con rinvio una pronuncia della Corte d’appello di Venezia secondo cui il protrarsi della procedura, facendo acquistare alla massa attiva ulteriore liquidità, avrebbe fatto conseguire ai creditori vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell'indennizzo altrimenti dovuto.

Gli eredi di alcuni dipendenti di una società fallita hanno promosso un ricorso, nei confronti del Ministero della Giustizia, avverso un decreto della Corte d'Appello di Venezia che aveva rigettato la loro domanda di equa riparazione per irragionevole durata di un procedimento fallimentare. La Corte territoriale aveva applicato l'art. 2, comma 2-septies, l. n. 89/2001, introdotto dalla l. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), secondo il quale «Si presume parimenti insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell'indennizzo altrimenti dovuto». Secondo la Corte d'appello, proprio il protrarsi della procedura causato dall'esperimento (vittorioso) di numerose azioni revocatorie aveva fatto acquistare alla massa attiva ulteriore liquidità, permettendo ai creditori (e agli eredi di questi, odierni ricorrenti) di ottenere l'integrale soddisfacimento del proprio credito, e dunque quei «vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell'indennizzo altrimenti dovuto» menzionati dalla norma richiamata.

La Corte di cassazione accoglie il primo motivo di ricorso richiamando la propria giurisprudenza (Cass. 30 luglio 2024, n. 21402) secondo cui «la presunzione di assenza di danno necessita di applicazione rigorosa, in quanto disposizione eccezionale rispetto al diritto alla compensazione del pregiudizio da irragionevole durata. La comparazione e, di seguito, la compensazione tra durata e vantaggio è possibile, pertanto, in quanto il protrarsi del giudizio abbia risposto ad un effettivo interesse della parte che poi ha agito in equa riparazione, nel senso che l'allungamento dei tempi di durata sia stato da lei percepito come destinato a produrre conseguenze a lei favorevoli - nella fattispecie, di natura patrimoniale - e sia stato da lei ritenuto, perciò, utile».

Con specifico riferimento alle procedure concorsuali, la Corte richiama Cass. n. 35319/2022: «Appare, allora, evidente che il protrarsi della tempistica di effettivo soddisfacimento dei crediti insinuati al passivo fallimentare - considerata anche la marcata impermeabilità di tale tempistica rispetto ad un eventuale ruolo attivo dei creditori (rilevando, invece, l'assenza di tale ruolo in altre ipotesi: Cass. Sez. 6 - 1, Sentenza n. 23630 del 17/10/2013 - Rv. 627995 - 01) - in alcun modo può essere intesa come forma di vantaggio per creditori medesimi, che invece vedono dannosamente differito il momento del soddisfacimento del loro diritto al riparto fallimentare, con conseguente perdita dei vantaggi personali conseguibili da una sollecita risposta del servizio giustizia (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10412 del 06/05/2009 - Rv. 608004 - 01)».

Conclude la Corte, con riferimento al caso di specie: «L'affermazione, per vero meramente assertiva, secondo la quale il protrarsi della procedura avrebbe consentito la realizzazione di un attivo utilizzato per saldare i crediti vantati dagli istanti, non s'avvede che lo scopo della procedura è proprio quello di permettere ai creditori (e, in primo luogo, di quelli privilegiati) di conseguire la soddisfazione dei rispettivi diritti, nel rispetto della par condicio e delle priorità stabilite dalla legge. Il conseguimento di un tal scopo non può reputarsi, di norma, vantaggio patrimoniale ulteriore e diverso, effetto della non ragionevole durata di essa. Una tale soddisfazione, infatti, deve giungere nel rispetto della durata ragionevole della procedura e il protrarsi di essa oltre una tale soglia, salvo prova contraria, procura patema d'animo indennizzabile».

In conclusione, deve escludersi che il "vantaggio patrimoniale eguale o maggiore” di cui all'art. 2, comma 2-septies, l. n. 89/2001 – che in via d'eccezione consente l'allungamento della procedura oltre il tempo ragionevole – possa corrispondere all'aumento dell'attivo, così divenuto capiente al fine di soddisfare i creditori che si dolgono dell'irragionevole durata, anche laddove sia accertato il legame tra l'allungamento dei tempi e  l'acquisto di ulteriore attività.

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