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L’ascolto del minore e le sue dichiarazioni non possono costituire l’unico elemento di decisione del giudice

17 Marzo 2025

L'ascolto del minore può costituire l'elemento esclusivo in base al quale valutare e stabilire il suo superiore interesse in un quadro complesso di rapporti familiari altamente conflittuali?

Massima

L'ascolto del minore e le dichiarazioni rese dallo stesso, anche quando ricorrano elementi tali da ritenere che siano espresse con maturità e consapevolezza, non possono costituire l'esclusivo elemento in base al quale valutare il suo superiore interesse e assumere una decisione, in un quadro di rapporti familiari altamente conflittuali e nell'ambito dei quali siano stati accertati comportamenti apertamente ostativi, ostruzionistici e manipolativi da parte di un genitore volti a limitare in modo sostanziale l'esercizio della bigenitorialità dell'altro.

Il caso

La questione riguarda la collocazione privilegiata della figlia minorenne a seguito dell'interruzione della convivenza more uxorio intercorsa tra i genitori.

Giunta al termine tale convivenza, a seguito del ricorso ex art. 337-bis c.c. proposto dal padre, il Tribunale di Napoli affida la figlia a entrambi i genitori con residenza privilegiata presso la madre e disciplina il diritto-dovere del padre, con residenza in altra città, di frequentare la figlia e contribuire indirettamente al suo mantenimento.

Successivamente, il padre propone un ricorso ai sensi dell'art. 709-ter c.p.c., evidenziando l'inosservanza da parte della madre di quanto disposto dal Tribunale di prime cure sulla regolazione dei rapporti tra la figlia e il padre, sottolineando i comportamenti ostruzionistici della madre. Il Collegio si pronuncia ammonendo quest'ultima all'attenta osservanza di quanto già disposto.

Segue un ulteriore ricorso  ex art. 709 c.p.c. del padre in cui manifesta la permanente condotta ostacolante della madre verso il rapporto padre-figlia, aggravata dal sopraggiungere dell'emergenza sanitaria da Covid-19 e chiede la sospensione della madre dalla responsabilità genitoriale nonchè la collocazione della figlia presso di sè.

Il Tribunale dispone così l'espletamento della CTU, che evidenzia gravi carenze genitoriali della madre; viene così accolta la richiesta del padre e la figlia collocata presso di lui, con affido esclusivo allo stesso.

A seguito di ciò, la madre propone reclamo presso la Corte d'appello di Napoli che, sulla scorta dell'ascolto della figlia minorenne, rivede la decisione del Tribunale, ricollocando in via privilegiata la figlia presso l'abitazione della madre, stabilendo l'affido della figlia ai Servizi Sociali e disciplinando il diritto di visita del padre e i suoi obblighi di mantenimento.

Il padre propone ricorso in cassazione. Tale ricorso verrà accolto e qui di seguito si approfondirà il percorso logico-giuridico che ha portato la Suprema Corte ad allinearsi alla decisione assunta in primo grado.

La questione

L'ascolto del minore può costituire l'elemento esclusivo in base al quale valutare e stabilire il suo superiore interesse in un quadro complesso di rapporti familiari altamente conflittuali?

Le soluzioni giuridiche

Nel caso in questione, il Tribunale, espletata la CTU, evidenzia le gravi carenze genitoriali della madre nel garantire l'accesso dell'altro genitore alla vita della figlia, nonché l'attività manipolatoria posta ai danni della bambina tramite condotte escludenti e pregiudizievoli per la stessa, ritenendo, inoltre, che le criticità di altro tipo rilevate anche a carico del padre potessero essere superate da una quotidianità tra i due che si rendeva necessaria.

Il Tribunale dispone così la collocazione della figlia minore presso il domicilio paterno, in altra città, con affido esclusivo della minore al padre, articolando un calendario di visita congruo tra la minorenne e la madre e disponendo a carico della madre un contributo mensile per il mantenimento della figlia, oltre la metà delle spese straordinarie.

Il Tribunale nomina anche il curatore speciale della minorenne e sollecitato i genitori all'avvio di un percorso psicoterapeutico e di sostegno alla genitorialità e disponendo pure un percorso di psicoterapia per la minorenne.

A seguito dell’osservazione sull'andamento della collocazione della figlia presso il padre e svolta l'ulteriore attività istruttoria, il Tribunale valuta che siano presenti valide ragioni per ritenere maggiormente idonea all’interesse della ragazzina la sua collocazione presso il padre, rafforzando l’affido in suo favore e stabilendo per il super esclusivo.

A fronte di tali disposizioni, la madre propone reclamo che la Corte d'Appello di Napoli accoglie senza mutare le valutazioni compiute dal Tribunale in relazione alla complessa vicenda familiare, alle condotte attribuite ai due genitori e, in particolare, alle attività ostacolanti e manipolatorie della madre e dispone il rientro della figlia presso la madre dopo aver ascoltato la minorenne che esprime il desiderio motivato di rientrare nella sua città d'origine, pur non lamentando alcuna situazione pregiudizievole verso il padre.

La Corte stabilisce il collocamento privilegiato della ragazzina presso l'abitazione materna a Napoli e l'affido della medesima ai Servizi Sociali perchè gli stessi, ove persista il conflitto genitoriale, decidano di volta in volta sulle questioni relative all'istruzione, alla salute e all'educazione della minore, disciplinando il diritto di visita paterno e gli obblighi di mantenimento.

Contro tale decisone il padre propone ricorso in cassazione.

La Suprema Corte accoglie la prospettazione della difesa del padre, evidenziando come la Corte di merito, nel modificare radicalmente il regime dei rapporti personali genitori/figlia trasformando l'affidamento super esclusivo al padre in un affidamento congiunto con collocamento privilegiato presso la madre, incappi in un palese vizio logico, poiché manca un percorso logico argomentativo teso ad affermare che il quadro dei fatti non era più quello descritto dal primo giudice.

Si evidenzia come la Corte territoriale disattenda la CTU, incorrendo in una palese contraddittorietà e illogicità nella misura in cui, nel provvedimento impugnato, afferma di condividere le argomentazioni di cui al provvedimento in esame, che tuttavia non si ritiene altrettanto condivisibile quanto alla soluzione adottata senza però procedere ai necessari approfondimenti relativi a entrambi i genitori, al fine di adottare la misura ritenuta più idonea in punto di affidamento e collocazione della minorenne.

Invero, se è ormai consolidato dalla giurisprudenza di legittimità il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e a mantenere salde relazioni affettive con entrambi, è ancor più coriaceo il principio dell’interesse prevalente del figlio minore, in base alla valutazione del giudice dello stato dei fatti, in tutte le sue complesse sfumature.

Osservazioni

Anche la Corte Edu, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio minorenne, ha precisato che in tutte le decisioni che riguardano i minori il loro interesse superiore debba prevalere e che nelle cause in cui sono in gioco questioni di affidamento di minori e di restrizioni del diritto di visita, l’interesse del minore deve prevalere su qualsiasi altra considerazione.

La Corte EDU ha rimarcato che è necessario un rigoroso controllo sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età e uno dei due genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte EDU 23 marzo 2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D’Alconzo c/Italia; Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia), contestualmente rammentando che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinchè il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentano di giungere a tale risultato nella preliminare esigenza che le misure deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui (cfr. Corte EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c. Italia).

Essendo, dunque, questa la condivisa cornice giurisprudenziale nazionale e sovranazionale di riferimento, la Suprema Corte chiamata a pronunciarsi sul caso specifico qui in commento, evidenzia che la Corte distrettuale ha modificato il regime di collocazione, all’esito dell’ascolto della minorenne, dando seguito al suo desiderio di far ritorno alla sua città d’origine, pur a fronte del permanere della conflittualità tra i genitori, oltre che dell’incapacità degli stessi di giungere a una decisione condivisa sulla residenza della figlia, nonostante la sua prolungata collocazione presso il padre avesse dato esito positivo, senza che si fossero manifestate, di contro, condotte ostative alla regolare frequentazione materna.

Innanzitutto, va osservato che l’ascolto del minore, nel caso in esame, infradodicenne, e le dichiarazioni rese dallo stesso, anche quando ricorrano elementi tali da ritenere che siano espresse con maturità e consapevolezza, non possono costituire l’esclusivo elemento in base al quale valutare il suo superiore interesse e assumere la decisione richiesta, in seno a rapporti familiari altamente conflittuali nell’ambito dei quali siano stati accertati, come nel presente caso, comportamenti ostativi, ostruzionistici e manipolativi da parte di un genitore in danno dell’altro, risultati recessivi solo a seguito della differente collocazione del minore.

Risulta, pertanto, erronea l’identificazione del superiore interesse della minore con la volontà da questa espressa, ove – come nel caso di specie – la valutazione sia stata compiuta decontestualizzata da tutti gli altri fattori rilevanti che il giudice deve necessariamente prendere in considerazione, ai fini dell’adozione delle misure idonee a creare le condizioni necessarie per la piena realizzazione del diritto di visita del genitore pregiudicato, nel caso in cui si controverta del diritto del minore alla bigenitorialità fortemente ostacolata da continue condotte manipolative e ostruzionistiche di uno dei due genitori contro l’altro nell’ambito di un contesto familiare conflittuale.

La Corte d’appello non può, quindi, prescindere, nell’affermare la valutazione del superiore interesse della minore e nello statuire sulla modifica del suo collocamento, dal prendere in considerazione la perdurante accesa conflittualità tra i genitori, la volontà della madre di voler tenere saldo il rapporto preesistente di quotidianità con la figlia del quale, di fatto, sono state private con la decisione di primo grado, tenendo in considerazione che però tale rapporto era caratterizzato da costanti comportamenti escludenti la figura paterna e dell’importante risultato relativo alla realizzazione di un’effettiva bigenitorialità raggiunta a seguito dell’esecuzione del provvedimento di un primo grado di collocazione della figlia presso il padre.

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