Ordine di esibizioneFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 210
21 Marzo 2016
Inquadramento IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE All'ordine di esibizione sono specificamente dedicati alcuni articoli del codice di procedura civile: gli artt. 210 – 212 e, tramite rinvio, il precedente art. 118 c.p.c.. Questo mezzo di prova può essere definito come l'ordine emesso dal giudice, su richiesta della parte interessata e rivolto alla controparte o ad un terzo, con il quale si dispone che il destinatario esibisca – affinché venga se necessario acquisito al processo – un documento o altra cosa nel possesso del destinatario dell'ordine stesso. Si tratta di un mezzo istruttorio che si colloca a metà strada fra le prove precostituite e le prove costituende in quanto, da un lato, si pone come strumento di acquisizione al processo della prova precostituita per eccellenza, quale i documenti (l'utilizzo relativo ad altre «cose» è del tutto sporadico); dall'altro, tuttavia, l'ingresso del documento nel processo non avviene su base volontaria, bensì a seguito di un subprocedimento istruttorio governato dall'impulso di parte ma disciplinato dal giudice. L'effetto probatorio che ne deriva, conseguentemente, attiene al valore del documento che costituisce oggetto dello specifico ordine di esibizione (scrittura della controparte, documento contrattuale, atto unilaterale ricognitivo, ecc.) ma al pari delle altre prove costituende richiede una istanza di parte, da formularsi entro lo spirare delle barriere preclusive e, soprattutto, il suo effettivo esperimento richiede la preventiva valutazione di ammissibilità e rilevanza da parte del giudice (vd. anche la voce AMMISSIONE DELLE PROVE). L'ordine di esibizione, spesso invocato dalle parti anche in situazioni prive dei presupposti che ne legittimano l'effettivo impiego, si pone su una linea di confine dibattuta e particolarmente rilevante fra diritto alla prova e disponibilità delle prove, principio quest'ultimo per cui di regola «salvi i casi previsti dalla legge» (cfr. art. 115 c.p.c.) il giudice civile deve decidere iuxta alligata et probata partium.
Presupposti di ammissione
La deroga (parziale) che l'ordine di esibizione comporta rispetto al principio di disponibilità delle prove, nonché il rinvio al precedente art. 118 c.p.c. operato dall' art. 210 c.p.c. , spiega perché questo mezzo istruttorio richieda alcuni stringenti presupposti di ammissione:
Sotto il primo profilo si è rilevato che la richiesta di parte costituisce requisito indispensabile per l'emanazione dell'ordine di esibizione anche nel rito del lavoro, ove pure è presente una norma come l' art. 421 c.p.c. , configurante poteri istruttori officiosi ( Cass. civ., 20 giugno 2011, n. 13533; conforme Cass. civ., 27 luglio 2015, n. 15699).
La richiesta di parte non può essere avanzata per la prima volta in appello, essendo sottoposta agli stessi limiti di ammissibilità previsti dall' art. 345, comma 3 c.p.c. , con riferimento alla produzione documentale, con la conseguenza che essa «non è ammissibile in relazione a documenti la cui esibizione non sia stata richiesta nel giudizio di primo grado» ( Cass. civ., 24 gennaio 2014, n. 1484). Interessante è la decisione resa da Cass. civ., 22 ottobre 2013, n. 1462, che ammette l'istanza di esibizione in appello nei confronti della controparte, relativamente a documentazione che questa aveva prodotto in primo grado e poi ritirato, non trattandosi di nuove prove e purché si tratti di documenti su cui la parte fonda il proprio gravame.
Quanto agli ulteriori presupposti, si deve innanzitutto far riferimento all' art. 94 disp. att. c.p.c., secondo cui «la istanza di esibizione di un documento o di una cosa in possesso di una parte o di un terzo deve contenere la specifica indicazione del documento o della cosa e, quando è necessario, l'offerta della prova che la parte o il terzo li possiede».
La giurisprudenza prevalente, inoltre, interpreta in modo piuttosto restrittivo tali requisiti, affermando ad esempio che «non può essere ordinata l'esibizione in giudizio di un documento di una parte o di un terzo, allorquando l'interessato può di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in causa» ( Cass. civ., 06 ottobre 2005, n. 19475con riferimento a documenti già analizzati dal consulente privato della stessa parte); che non può essere ordinata l'esibizione di cartelle cliniche relative ad un defunto, allo scopo di provarne la dedotta incapacità di intendere e volere al momento di una donazione da parte degli eredi, potendo gli interessati acquisirne copia di propria iniziativa, ai sensi dell' art. 9 d.l g s . 30 giugno 2003, n. 196 , senza alcuna indispensabilità, pertanto, dell'esercizio del potere del giudice ( Cass. civ., 11 giugno 2013, n. 14656). Si è altresì ritenuto che, in caso di contratto soggetto a forma scritta «ad substantiam», l'avvenuta consegna spontanea del documento da una parte all'altra prima della causa preclude alla prima di ottenere in giudizio l'ordine di esibizione exart. 210 c.p.c. , come pure la prova testimoniale, non ricorrendo una perita incolpevole del documento ai sensi dell' art. 2724 n. 3 c.c. in relazione a quanto previsto dall' art. 2725 c.c. ( Cass. civ., 23 dicembre 2011, n. 28639).
La specificità, inoltre, presuppone la effettiva esistenza del documento ed il suo possesso in capo allo specifico destinatario della richiesta, nonché la indicazione del suo contenuto, al fine di poterne apprezzare la rilevanza ed escluderne la natura puramente esplorativa (cfr. Cass. civ., 8 settembre 2003, n. 13072e Cass. civ., sez. lav., 20 dicembre 2007, n. 26943). Disciplina e sindacato del provvedimento del giudice
L'ordine di esibizione viene emesso con ordinanza istruttoria, normalmente in sede di decisione sulle richieste di prova delle parti, così come previsto dall' art. 183, comma 7 c.p.c., ma non è da escludere un possibile frazionamento delle relative decisioni (ad esempio, prima la prova testimoniale o per interpello, quindi l'ordine di esibizione già tempestivamente richiesto, eventualmente in via pregiudiziale rispetto alla CTU, secondo un ragionato ed efficace «calendario del processo» disciplinato dall' art. 81-bis disp. att. c.p.c.al fine di propiziare una «ragionevole durata» del processo secondo scansioni logico-giuridiche preordinate).
Si tratta di un provvedimento che, al pari delle ordinanze istruttorie in genere, è sempre modificabile e revocabile (fino a che non sia stato eseguito) in base alla generale disposizione di cui all' art. 177 c.p.c. e, quando emesso dal giudice monocratico, non è reclamabile al collegio, né ai sensi dell' art. 178 c.p.c. oggi vigente, né ovviamente ai sensi dell' art. 669- terdeciesc.p.c. , con ciò cogliendosi – come si vedrà – una ulteriore differenza rispetto al sequestro giudiziario probatorio.
L'ordinanza deve fissare il tempo, il luogo ed il modo dell'esibizione.
Quanto al termine, si tratta di un lasso temporale ordinatorio che può essere prorogato su richiesta di parte ma solo prima della sua scadenza (vd. artt. 152 co. 2 e 154 c.p.c. ).
Quanto al luogo ed alle modalità con cui può essere disposta l'esibizione, la prassi conosce sia l'esibizione nel corso di un'apposita udienza oppure mediante deposito in cancelleria ed inserimento nel fascicolo d'ufficio (non si ritiene corretto l'inserimento nel fascicolo di parte in quanto anche quando riguardi un documento non si è di fronte ad una produzione spontanea bensì all'esito di un sub procedimento disposto dal giudice che, una volta esperito, non rientra più nella disponibilità della parte originariamente istante, ad esempio attraverso il «ritiro del fascicolo»: in questo si coglie il carattere «intermedio» di questo mezzo di prova). Si ritiene che dell'adempimento (o meno) dell'ordine si debba dare atto nel verbale dell'udienza fissata ad hoc od in quella immediatamente successiva alla scadenza che era stata prevista per il deposito in cancelleria.
Quando l'ordine riguardi una parte contumace od un terzo, il provvedimento deve fissare il termine entro il quale lo stesso va notificato al destinatario. La notifica spetta alla parte richiedente ed il mancato ottemperamento implica una implicita rinuncia, salva possibilità di rimessione in termini qualora la parte non abbia potuto notificare tempestivamente per un motivo ad essa non imputabile (cfr. art. 153 , comma 2 c.p.c. ). La notifica al terzo è funzionale a consentirgli, qualora ne abbia motivo, la possibilità di intervenire nel giudizio, purchè prima della scadenza del termine contenuto nell'ordinanza, al fine di far constatare la propria opposizione all'esibizione. Inoltre, se l'esibizione comporta una spesa, questa deve essere anticipata dalla parte richiedente.
Discusso è il carattere puramente discrezionale del provvedimento del giudice e la sua sindacabilità. In linea tendenziale si può rilevare come l'orientamento un tempo maggioritario sul carattere discrezionale ed insindacabile dell'ordine di esibizione, come pure del suo rigetto, sia oggi sempre più soppiantato dall'indirizzo che richiede al giudice una congrua, seppur sintetica, motivazione in vista della sua possibile censurabilità quando riguardi la dimostrazione di un fatto decisivo per la controversia (tesi quest'ultima che appare preferibile). Orientamenti a confronto
Le conseguenze in caso di inadempimento
L'ordine di esibizione non è coercibile da parte del giudice. Ci si deve tuttavia chiedere se, in caso di inadempimento all'ordine della parte o del terzo, non vi siano altre conseguenze che comunque rilevano sul piano probatorio e, quindi, sulla stessa decisione della causa.
Sovviene al riguardo il disposto dell' art. 116, comma 2 c.p.c., che consente di apprezzare il comportamento processuale delle parti, desumendone argomenti di prova a carico della parte renitente all'ordine del giudice: «l'ordine di esibizione di documenti non è suscettibile di esecuzione coattiva, né per iniziativa del giudice, non esistendo nel c.p.c. disposizioni analoghe a quelle del codice di procedura penale circa il potere di ricercare documenti e cose pertinenti al reato, né ad iniziativa della parte interessata, non costituendo quell'ordinanza titolo esecutivo e non potendo essere quindi attuata con gli strumenti di cui all' art. 605 seg. c.p.c. ; il rifiuto dell'esibizione può, pertanto, costituire esclusivamente un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116 comma 2 c.p.c. » (Cass. civ., 10 dicembre 2003, n. 18833).
Non può essere considerato giusto motivo di diniego il fatto che la parte abbia distrutto la documentazione nel corso del processo seppur prima della formale emanazione dell'ordine: «nel caso in cui, nel corso di un giudizio civile, venga formulata istanza di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c. , la parte nei cui confronti tale istanza è formulata è tenuta – in ossequio al dovere di lealtà e probità processuale exart. 88 c.p.c. e alla stregua del principio di acquisizione della prova – a conservare la relativa documentazione fino a quando il giudice non abbia definitivamente e negativamente provveduto sulla stessa, sicchè, ove la documentazione venga distrutta dopo la presentazione dell'istanza e durante il tempo di attesa per la formazione della decisione definitiva sulla stessa, la mancata conservazione è suscettibile di essere valutata come argomento di prova exart. 116 c.p.c. » (Cass. civ. sez. lav., 22 dicembre 2014, n. 27231; in precedenza anche Cass. civ., 19 novembre 1994, n. 9839).Che accade se l'ordine viene adempiuto, ma in ritardo rispetto alla scadenza del termine fissato dal giudice con la propria ordinanza?
Giustamente la giurisprudenza più recente preferisce una interpretazione «sostanzialistica» e favorevole al concreto esercizio del diritto alla prova, nel senso che una volta formulata tempestivamente l'istanza e quindi ammesso il mezzo istruttorio nel contraddittorio delle parti, la circostanza che il deposito della cosa o dei documenti avvenga in ritardo non impedisce di apprezzare il risultato probatorio che ne deriva, né ciò determina alcuna violazione del contraddittorio o del diritto di difesa (così Cass. civ., 26 maggio 2014, n. 11671).
L'incoercibilità dell'ordine di esibizione, il fatto che il terzo sia appunto estraneo alla causa e la tassatività delle pene pecuniarie previste dal codice di procedura civile, sono evidenti ostacoli a trarre conseguenze di qualche rilievo dall'eventuale rifiuto del terzo ad ottemperare all'ordine del giudice:
Un recente provvedimento di merito ha cercato di sopperire a tale assenza di conseguenze attraverso la «conversione» dell'ordine di esibizione inevaso in ispezione contabile:
«In caso di inottemperanza del terzo all'ordine di esibizione delle scritture contabili emesso exart. 2711 , comma 2 c.c. , il giudice non può trarre argomenti di prova dalla condotta omissiva, ma può esercitare il potere di ispezione previsto dall' art. 118 c.p.c. , anche avvalendosi di un consulente per l'accesso alla documentazione e il suo esame» ( Trib. Reggio Emilia, ord. 27 marzo 2014). Differenze con la richiesta di informazioni alla p.a. ed il sequestro probatorio
L'ordine di esibizione, come si è visto, rappresenta uno strumento di prova con il quale si opera una parziale deroga al principio dispositivo ed all'onere della prova di cui all' art. 2697 c.c. , in quanto la relativa istanza, stimolando un potere del giudice che resta discrezionale ma non arbitrario, consente l'acquisizione al processo di materiale probatorio che non è nella disponibilità del soggetto richiedente.
Posto in questi termini, parrebbe a prima vista che evidenti siano le analogie fra questo mezzo di prova e la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, anche per la vicinanza «topografica» dell'art. 213 c.p.c. alle norme dedicate all'ordine di esibizione. Ma così non è.
In primo luogo, la richiesta di informazioni può essere disposta dal giudice anche d'ufficio, senza necessità di un'apposita istanza di parte che, qualora proposta, costituisce una mera sollecitazione difensiva che può pertanto essere avanzata anche dopo che siano maturate eventuali decadenze istruttorie.
In secondo luogo l'incipit dell' art. 213 c.p.c.introduce una netta distinzione: «fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211» significa che la richiesta di informazioni alla P.A. prescinde dalla specifica individuazione di un documento o di una cosa da esibire, potendo le informazioni riguardare una pluralità di atti e documenti (ma anche i risultati di comportamenti) nella disponibilità di un soggetto pubblico; inoltre non richiede quella stringente indispensabilità a fini probatori che invece giustifica l'emanazione dell'ordine di esibizione (ad es. Cass. civ., 15 giugno 2010, n. 14446in tema di piani regolatori generali e regolamenti comunali edilizi).
Coglie tale differenza la recente Cass. civ., 24 gennaio 2014, n. 1484, secondo cui: «l'istanza di esibizione, ex art. 210 c.p.c., si distingue dalla richiesta di informazioni alla P.A., di cui all' art. 213 c.p.c. , sia per i presupposti, atteso che solo per la prima è richiesta l'indispensabilità dell'acquisizione del documento e l'iniziativa di parte, sia per la natura, pubblica o privata, del destinatario della richiesta, sia, infine, per l'oggetto in quanto, mentre la richiesta di ordine di esibizione è diretta ad acquisire uno o più specifici documenti, posseduti dall'altra parte o da un terzo, e il cui possesso l'istante dimostri di non essere riuscito diversamente ad acquisire, la richiesta exart. 213 c.p.c. ha per oggetto informazioni scritte relative ad atti e documenti propri della P.A. e, dunque, istituzionalmente in possesso di quest'ultima».
La richiesta di informazioni di cui all' art. 213 c.p.c. , proprio perché può essere disposta d'ufficio in deroga ai principi generali del processo civile, è limitata alla pubblica amministrazione e non può estendersi ai soggetti privati, rispetto ai quali è unicamente percorribile l'ordine di esibizione (Cass. civ., 8 agosto 2002, n. 12033; in precedenza anche Cass. civ., 14 marzo 1988, n. 2435; cfr. anche Cass. civ., 24 gennaio 1981, n. 551 che, ferma la natura pubblica del soggetto destinatario della richiesta, ammette la stessa anche con riguardo ad atti e documenti relativi all'attività privatistica dell'amministrazione).
Del pari l'ordine di esibizione di cui agli artt. 210 e ss. c.p.c. non può essere sovrapposto alla richiesta di sequestro giudiziario con finalità probatoria (c.d. sequestro probatorio) di cui all' art. 670 n. 2 c.p.c., relativamente a «libri, registri, documenti, modelli, campioni e ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto alla esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea».
Evidenti appaiono le differenze strutturali e la natura dei provvedimenti che fanno seguito alle due diverse istanze:
Esibizione di documenti e scritture contabili
Il tema dell'esibizione in giudizio di documenti o scritture contabili è quello che sovente dà luogo a problematiche interpretative particolarmente dibattute.
In primo luogo, anche rispetto a questa tematica, devono essere ribaditi i presupposti di accoglibilità dell'istanza di parte, nel senso che questa non potrà genericamente assumere una mera utilità probatoria conseguibile attraverso l'esibizione, né potrà semplicemente richiedere che il giudice ricerchi in propria vece la prova, attraverso l'esibizione di tutta la documentazione contabile relativa ad un certo periodo (siano essi anni od esercizi finanziari), ma dovrà anche in questo ambito individuare il o i documenti necessari alla prova e delinearne il contenuto al fine di poterne apprezzare il carattere potenzialmente decisivo.
Da questo punto di vista, pertanto, ben si comprende come sia stata giudicata inammissibile «per genericità» l'istanza di esibizione degli estratti conto bancari di soggetti mutuati, in quanto formulata con riferimento ad un certo periodo di tempo senza indicazione di date ed importi versati, palesando in tal modo la sua contrarietà all' art. 94 disp. att. c.p.c. ( Cass. civ., 23 agosto 2011, n. 17602) od, ancora, sia stata ritenuta correttamente respinta la richiesta di ordinare l'esibizione di tutti i documenti contabili relativi ad un certo esercizio finanziario ( Cass. civ., 8 settembre 1999, n. 9514) o dell'intera contabilità (Cass. civ., 13 giugno 1991, n. 67097).
Anche una norma come l' art. 2711 c.c., che pure letteralmente sembra consentire un eccezionale potere officioso di disporre l'esibizione di libri contabili al fine di consentirne l'estrazione delle registrazioni concernenti la controversia in corso o singole scritture, fatture documenti concernenti la controversia stessa, viene generalmente interpretata in senso restrittivo richiedendosi che «la parte onerata dalla proba abbia tempestivamente e con sufficiente analiticità allegato i fatti specifici da provare e, sempre tempestivamente, abbia almeno fondatamente allegato di non avere altro mezzo per dimostrarli» ( Cass. civ., 12 giugno 2012, n. 9522). Casistica
Riferimenti
AA.VV., Codice di procedura civile commentato (a cura P. CENDON) Giuffrè, 2012
R. GIORDANO, L'istruzione probatoria nel processo civile, Giuffrè, 2013
G. Grasselli, L 'istruzione probatorio nel processo civile, Cedam, 2015 Bussole di inquadramento |