Comunione legale dei beni: oggetto

Alberto Figone
13 Ottobre 2020

La comunione dei beni rappresenta il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di una convenzione matrimoniale che vi deroghi. Detto regime venne introdotto dalla riforma del 1975, per realizzare il principio di uguaglianza tra i coniugi, nella prospettiva di una redistribuzione del reddito all'interno del nucleo familiare.
Inquadramento

La comunione dei beni rappresenta il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di una convenzione matrimoniale, che vi deroghi. Essa è regolata, in modo assai analitico, dagli artt. 177 - 197 c.c.. Come è noto, detto regime venne introdotto dalla riforma del 1975, per realizzare il principio di uguaglianza (non solo morale, ma anche materiale) tra i coniugi, nella prospettiva di una stretta solidarietà tra i componenti della famiglia; il tutto con la finalità di una redistribuzione del reddito (almeno di quello prodotto dai coniugi) all'interno di essa. Si sottolineava così pure la valorizzazione del lavoro domestico, quale linea di tendenza unificante della riforma medesima. Col tempo sono emerse notevoli criticità verso il regime della comunione legale, proprio perché molto rigido, tanto che da più parti si è proposto il ritorno alla separazione dei beni quale regime patrimoniale legale, tenuto conto che ormai molte coppie già preferiscono convenzionalmente optare per essa. Sta di fatto che a tutt'oggi la comunione legale non solo continua a rappresentare il regime patrimoniale legale della coppia coniugata, ma pure di quella unita civilmente, come dispone l'art. 1, comma 13, l. n. 76/2016. Ma vi è di più: la medesima legge, all'art. 1, comma 53, attribuisce la facoltà ai conviventi di fatto (di sesso diverso, ovvero uguale) di concludere contratti di convivenza, con i quali assoggettare pattiziamente il regime degli acquisti a quello della comunione legale.

All'interno della comunione legale occorre distinguere tra comunione immediata (lett. a), d) dell'art. 177 c.c.) e de residuo (lett. b), c)), Nella prima l'acquisto della comproprietà è insito nello stesso atto o fatto giuridico con il quale uno degli sposi (o uniti civili) diviene proprietario del bene; nella seconda, invece, l'effetto traslativo è differito al momento dello scioglimento della comunione medesima.

Natura giuridica

La comunione legale diverge dalla comunione ordinaria di cui agli artt. 1100 ss. c.c.. Essa infatti:

a) opera ex lege solo tra due persone legate da vincolo coniugale, ovvero da un'unione civile fra persone dello stesso sesso, senza che sia possibile l'accesso a terzi, e altrettanto deve dirsi quando due conviventi decidano di aderire ad essa;

b) rappresenta un regime patrimoniale, ed è quindi destinata a disciplinare gli acquisti futuri;

c) ha ad oggetto non singoli beni, ma l'intero patrimonio, nei suoi elementi attivi e passivi;

d) è una comunione senza quote, nella quale ciascuno dei coniugi è proprietario per intero di tutti i beni ivi ricompresi, in via solidale con l'altro, tanto è vero che non può disporre della “quota” virtuale (Corte cost. 17 marzo 1988, n. 311; Cass., S.U., 1 luglio 1997, n. 5895; Cass. 26 luglio 2010, n. 17532).

Proprio la natura di comunione senza quote della comunione legale comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo di essi, di uno o più beni in comunione abbia ad oggetto la “res” nella sua interezza e non per la metà o per una quota (per tutte Cass. 24 gennaio 2019, n. 2047).

La disciplina della comunione ordinaria ha tuttavia natura supplettiva ed integrativa rispetto a quella speciale della comunione ordinaria.

La comunione legale non è una comunione universale, in quanto di essa non fanno parte tutti i beni dei coniugi, ma solo quelli previsti dal legislatore. Va all'uopo premesso che si tratta di comunione di acquisti, ossia di beni di cui i coniugi o le persone civilmente unite acquisiscono la titolarità dopo la costituzione del vincolo. Sono esclusi invece i beni già in proprietà di ciascuno in un momento anteriore, salvo che le parti non optino per una comunione convenzionale.

Gli acquisti

L'art. 177 lett. a) c.c. prevede che costituiscano oggetto di comunione immediata gli acquisti compiuti dai coniugi (oggi anche dalle parti civilmente unite), insieme o separatamente, durante il matrimonio (o l'unione civile), salvo che si tratti di beni personali. L'acquisto in favore della comunione è automatico ed opera anche se di essa non si faccia menzione nell'atto di trasferimento. Con il termine «acquisti» si intendono innanzitutto quelli a titolo derivativo, in forza di atto traslativo di natura onerosa (compravendita, permuta). Ciò a prescindere dal fatto che alla stipula abbia partecipato uno solo dei coniugi, ovvero che questi utilizzi per l'acquisto denaro esclusivamente proprio, piuttosto che gli apporti delle parti siano differenti. Le esigenze solidaristiche proprie del regime di comunione legale escludono, di regola, ogni accertamento sulla provenienza delle risorse impiegate, al fine di inferire la proprietà esclusiva in capo ad uno solo dei coniugi (o civilmente uniti), ovvero una comproprietà per quote differenziate.

Rientrano altresì nella comunione legale i beni acquistati a titolo originario (es. per occupazione, accessione ed usucapione). Al riguardo, proprio con riferimento all'usucapione, si ritiene doversi fare riferimento allo stato personale dell'acquirente, al momento del relativo maturare, essendo irrilevante che il tempo occorrente per l'acquisto sia decorso anche quando questi non era ancora in regime di comunione legale (Cass. 1 ottobre 2009, n. 21078).

La giurisprudenza esprime un orientamento consolidato in ordine all'accessione, allorquando un immobile, venga costruito, durante la comunione legale, su un terreno di proprietà esclusiva di uno dei coniugi. Si ritiene che il principio di cui all'art. 934 c.c. prevalga sul regime patrimoniale e che dunque l'immobile segua il regime del suolo, senza cadere in comunione, fatte salve ragioni creditorie dell'altra parte, ove abbia contribuito alla realizzazione dell'opera (Cass. 4 novembre 2019, n. 28258; Cass. 3 aprile 2008, n. 8662; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2354).

Anche i beni acquisiti per sorte costituiscono oggetto di comunione immediata (es. un premio alla lotteria, una vincita ad altro gioco), salvo che dimostri che rappresentino proventi di un'attività dell'ingegno (es. il premio ad un quiz), al pari dei beni immateriali, quali il diritto d'autore; opererà in questo caso il regime della comunione de residuo.

Oggetto dell'acquisto in comunione legale può essere anche un diritto reale differente dalla proprietà (usufrutto, uso, abitazione, superficie; cfr. Cass. 28 dicembre 2018, n. 33546).

.

Diritti di credito e titoli societari

Controversa è l'estensione della comunione legale anche all'acquisto dei diritti di credito, Nell'esperienza concreta, il problema si è posto in primo luogo per i crediti nascenti da un contratto preliminare d'acquisto stipulato separatamente dal coniuge, per le vendite obbligatorie e le assegnazioni di alloggi di cooperativa. L'orientamento prevalente propende per una risposta negativa (Cass. 15 gennaio 2009, n. 799; Cass. 18 febbraio 1999, n. 1363; in diversa prospettiva Cass. 9 ottobre 2007, n. 21098). Si esclude così la legittimazione del coniuge del promissario acquirente ad agire ex art. 2932 c.c.per ottenere sentenza che tenga luogo del contratto non concluso (Cass. 9 settembre 2019, n. 22458; Cass. 24 gennaio 2008, n. 1548), e le medesime argomentazioni riguardano gli effetti della sentenza costitutiva, emessa dopo la separazione personale (Cass. 3 giugno 2016, n.11504). Ove invece il bene in comunione legale sia stato oggetto di un preliminare, sottoscritto da uno solo dei coniugi, nel giudizio promosso dal promissario acquirente, il coniuge pretermesso è legittimato passivo, stante l'incidenza dell'emananda sentenza sul patrimonio comune (Cass. 8 gennaio 2007, n. 88). Nello stesso senso si è precisato che, in tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie a contributo statale, il momento determinativo dell'acquisto della titolarità dell'immobile da parte del singolo socio (onde stabilire se il bene ricada, o meno, in comunione legale) è quello del trasferimento della stipula del contratto traslativo del diritto dominicale (Cass. 30 maggio 2018, n. 13570).

Altra è invece la questione in relazione ai titoli di credito, che incorporano un'obbligazione, ma che rappresentano una res a tutti gli effetti, con conseguente applicabilità delle comunione legale (Cass. 9 ottobre 2007, n. 21098; Cass. 15 giugno 2012, n. 9845). Le medesime considerazioni valgono per i titoli azionari e le quote di società a responsabilità limitata, oggetto di comunione immediata, posto che l'aspetto patrimoniale del titolo prevale rispetto ai diritti e doveri connessi allo status di socio (Cass. 18 settembre 2014, n.19689; Cass. 2 febbraio 2009, n. 2569; Cass. 9 ottobre 2007, n. 21098); ciò a prescindere dalla legittimazione all'esercizio dei poteri sociali nei rapporti con la società stessa (Cass. 23 settembre 1997, n. 9355). Diverso è il regime delle quote di società di persone, proprio in considerazione della responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali propria di esse. Si ritiene così che le stesse possano rappresentare oggetto di comunione de residuo (Cass. 20 marzo 2013, n. 6876). Anche i titoli di partecipazione ad una società cooperativa possono fare parte della comunione immediata, se il socio sia estraneo all'attività che ne costituisce l'oggetto sociale (Cass. 5 agosto 2011, n. 17061).

Aziende cogestite

Cadono in comunione diretta anche le aziende, se gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio (o l'unione civile). La formulazione dell'art. 177 lett. d) c.c. non è delle più felici. Come è noto, ai sensi dell'art. 2555 c.c., l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività d'impresa. Dunque, ad essere gestita non sarà l'azienda, ma l'impresa che opera con quell'azienda. Se l'azienda è di uno solo dei coniugi (o delle parti civilmente unite), prima della costituzione del vincolo, ma è gestita da entrambi, in base all'art. 177 comma 2 c.c., la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi. Se si tratta invece di azienda esercitata da uno solo e costituita dopo il matrimonio (o unione civile), i beni strumentali, come pure gli incrementi dell'impresa, saranno oggetto di comunione legale, ove esistenti al momento dello scioglimento (art. 178 c.c.). Si tratta in tutti i casi di fattispecie che hanno trovato un modesto riscontro nella giurisprudenza, secondo cui dalla comproprietà di un'azienda non può comunque ritenersi la sussistenza di una società di fatto fra i coniugi (Trib. Roma 16 settembre 1999; Trib. Catania 21 gennaio 1983)

Proventi dell'attività separata e frutti dei beni personali

Durante il matrimonio, o l'unione civile, le parti sono libere di disporre dei loro redditi, che possono derivare dall'esercizio di attività lavorativa, piuttosto che dalla messa a frutto di beni personali (mobili o immobili). Ciò salvo l'obbligo di contribuire in modo adeguato ai bisogni della famiglia e di eventuali figli. I redditi in questione cadono in comunione legale (differita) solo al momento in cui la stessa si scioglie, per una delle ipotesi previste espressamente dall'art. 191 c.c., se e in quanto ancora esistenti nel patrimonio del suo titolare (art. 177 lett. b),c) c.c.) (Cass. 15 gennaio 2018, n. 773; Cass. 7 marzo 2017, n. 5652 circa i proventi dell'attività del coniuge, già consumati per fini personali). La soluzione rappresenta un bilanciamento tra due esigenze contrapposte: da un lato, garantire a ciascuno dei componenti della famiglia la libertà negoziale, ma dall'altro, realizzare il principio solidaristico proprio della regime patrimoniale legale (sull''argomento si veda E. Ravot, Comunione de residuo, in IlFamiliarista.it). In giurisprudenza, cfr. Cass. 19 gennaio 2018, n, 1429, che ha escluso dalla comunione “de residuo” gli interessi su buoni postali di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, in corso di maturazione al tempo della separazione personale.

Beni personali

L'art. 179 c.c. individua quelli che sono i beni personali, che compongono il patrimonio individuale e come tali sono definitivamente esclusi dal regime di comunione a vario titolo. Si tratta di un'elencazione ritenuta non tassativa, il cui esame permette di meglio individuare, a contrariis, i beni oggetto della comunione legale, tanto immediata, quanto de residuo.

A) Beni preesistenti alla costituzione del vincolo

Come già anticipato, sono esclusi dalla comunione legale, i beni di cui i coniugi, o le parti dell'unione civile, erano titolari prima di contrarre il vincolo. La comunione legale riguarda infatti solo gli «acquisti» effettuati in un momento successivo. Più propriamente, l'anteriorità dovrebbe essere peraltro valutata rispetto all'instaurazione del regime di comunione legale, che potrebbe non essere contestuale alla costituzione del vincolo, avendo inizialmente la coppia optato per la separazione dei beni. Lo stesso regime vale per i diritti reali diversi dalla proprietà.

B) Donazioni e successioni

L'esclusione dalla comunione dei beni oggetto di donazione o successione si giustifica in forza della gratuità del relativo acquisto da parte del beneficiario, che esclude di per sè qualsiasi contributo da parte dell'altro. Il legislatore nel contempo ha inteso valorizzare la particolare importanza che, per il disponente, assume la persona del beneficiario nelle donazioni o nei lasciti successori (a titolo sia universale che particolare). Rilevano non solo le donazioni dirette, ma pure quelle indirette, allorquando, come assai frequentemente accade, un coniuge riceve in denaro la somma necessaria per l'acquisto di un bene già predeterminato dal donante (es. la casa da destinare ad abitazione comune) (Cass. 10 ottobre 2014, n. 21494; Cass. 12 settembre 2008, n. 23545; Cass. 14 dicembre 2000, n. 15778); non sono dunque necessarie le formalità di cui alla lett. f) del comma 1 dell'art. 179 c.c., né quella di cui al comma 2 (Cass. 5 giugno 2013, n. 14197). Ad ogni buon conto, il disponente potrebbe stabilire diversamente e pertanto attribuire il bene ad entrambi i coniugi, eventualmente anche per quote differenziate (ed in questo il bene sarebbe assoggettato al regime della comunione ordinaria).

C) Beni di uso strettamente personale

I beni in questione non cadono in comunione legale, a prescindere dalla provenienza dei mezzi economici utilizzati per il relativo acquisto; ciò che rileva è infatti la destinazione di fatto e, dunque, il soddisfacimento delle esigenze di vita di uno solo dei coniugi o delle parti civilmente unite. Si ritiene che siano beni “strettamente” personali quelli in immediata relazione con i gusti, gli interessi e gli hobby della persona fisica (abbigliamento, calzature, ecc.) (App. Milano 24 maggio 1991; Cass. 9 novembre 2000, n. 14575). In questo senso anche un bene immobile potrebbe avere rilevanza: si pensi ad un piccolo studio comprato da colui che ivi si dedica alla pittura. Anche gioielli, orologi e pellicce possono considerarsi beni personali, salvo che non si inquadrino come un investimento familiare; a tal fine soccorrerà anche il criterio del valore intrinseco del bene (Corte conti, S.U., 30 luglio 1988, n. 590/A).

D) Beni destinati all'esercizio di una professione

Sono personali i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione. Come per i beni di uso strettamente personale, la ratio è quella di tutelare la sfera individuale del coniuge (o unito civile). Occorre peraltro anche che l'acquisto sia compiuto separatamente per una particolare destinazione, altrimenti il bene cadrebbe in comunione legale. L'impiego per l'uso personale o per la professione, stabilito in un momento successivo all'acquisto medesimo, non potrebbe rappresentare titolo giustificativo per mutare la titolarità del bene comune, occorrendo all'uopo anche il consenso dell'altro. La volontà dell'acquirente di destinare il bene all'uso esclusivo può risultare da dichiarazioni o fatti concludenti, come pure da presunzioni; non dovrebbe rilevare tuttavia una dichiarazione cui non facesse seguito un comportamento conforme. Si ritiene che il termine "professione" debba essere utilizzato in senso lato, così da ricomprendere i mezzi utilizzati nell'attività lavorativa, a prescindere dalle caratteristiche della stessa (manuale o intellettuale, esercitata in maniera autonoma o subordinata, in via esclusiva o meno). Diverso è, invece, il regime dei beni acquistati per l'esercizio di attività d'impresa, per i quali opera il già esaminato art. 178 c.c.. I beni di natura personale possono essere tanto mobili, registrati o meno, quanto immobili, e in quest'ultimo caso l'esclusione dalla comunione legale sarà operativa a condizione che venga rispettata la forma di cui all'art. 179, comma 2, c.c. su cui si tornerà.

E) Risarcimento del danno e pensione

Non cadono in comunione legale i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, come pure la pensione liquidata a seguito della perdita, totale o parziale, della capacità lavorativa. La ragione è evidente: non si tratta di «acquisti», ma di forme di reintegrazione del patrimonio, personale e patrimoniale, di cui il soggetto beneficiava prima di un atto illecito o di un evento invalidante (Cass. 10 giugno 2004, n. 11002).

F) Acquisti per surrogazione

L'esclusione dalla comunione vale anche per i beni acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali o col loro scambio, purché ciò tanto sia dichiarato nell'atto di acquisto. La previsione è quanto mai importante: senza di essa, infatti, i beni personali si ridurrebbero a ben poca cosa, in quanto cadrebbe automaticamente in comunione ogni acquisto, anche se effettuato con denaro personale. L'ordinamento intende allora preservare la libertà di iniziativa degli sposi o degli uniti civili, consentendo loro di modificare la composizione del patrimonio personale, mantenendone inalterata la consistenza economica. L'art. 179, comma 1, lett. f) c.c. richiede una dichiarazione proveniente dal coniuge acquirente, la cui natura (sostanziale o probatoria) come pure la forma ed il destinatario non sono individuati. Se da un lato si ritiene sempre necessaria detta dichiarazione, per la quale non è peraltro prevista una forma particolare, dall'altro, si afferma invece che essa non sarebbe dovuta quando sia chiaro ed obiettivamente certo il carattere, come pure la provenienza, del corrispettivo impiegato. A questo secondo indirizzo aderisce la prevalente giurisprudenza (Cass. 24 settembre 2004, n. 19250; Cass. 20 gennaio 2006, n. 1197,ma v. altresì Cass. 24 ottobre 2018, n. 26981).

Acquisto di immobili o mobili registrati

Particolari formalità sono necessarie per realizzare un acquisto personale di beni immobili o mobili registrati, da destinare ad uso strettamente personale o all'esercizio di attività professionale, come pure se compiuto con impiego di risorse economiche personali. L'art. 179 comma 2 c.c.richiede infatti una dichiarazione di esclusione dalla comunione, realizzata dal coniuge (oggi anche dalla parte civilmente unita) acquirente, contenuta nell'atto di trasferimento «se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge» (dichiarazione che, se pur con connotati diversi è già presente nell'esaminata lett. f) del comma 1). La disciplina si differenzia da quella di cui al comma 1 lett. f) in ragione delle diverse regole di circolazione dei beni mobili e immobili, del formalismo che caratterizza gli atti relativi a questi ultimi. Si tratta di una fattispecie a formazione progressiva, alla quale devono concorrere tanto la sussistenza dei presupposti di cui alle lett, c), d), e) dell'art. 179 comma 1 c.c., quanto la dichiarazione del coniuge non acquirente (Cass. 12 marzo 2019, n. 7027) Inizialmente si riteneva che la dichiarazione di quest'ultimo avesse natura negoziale. Si affermava così la legittimità del rifiuto del coacquisto, allorquando la dichiarazione presupponesse la volontà di non voler beneficiare dell'acquisto operato dall'altro, secondo il brocardo latino per cui nemo locupletari potest invitus (Cass. 2 giugno 1989, n. 2688). L'orientamento è successivamente mutato e si è affermata la natura ricognitiva di quella dichiarazione di quanto dedotto dall'acquirente in ordine alla natura personale dell'acquisto se ed in quanto essa esista effettivamente (Cass. 14 novembre 2018, n. 29342); ciò stante l'inderogabilità del regime di comunione legale, se non a fronte della stipula di una convenzione matrimoniale (Cass. 27 febbraio 2003, n. 2954). In oggi si è più volte precisato che detta dichiarazione ha portata confessoria: l'azione di accertamento negativo in ordine alla natura personale del bene acquistato (per difetto dei presupposti di legge) potrà essere esperita da colui che ebbe a renderla, solo nelle ipotesi di cui all'art. 2732 c.c.. Si richiede dunque la prova di un errore di fatto (circa la provenienza della provvista utilizzata dall'altra parte per l'acquisto), ovvero della violenza (ossia della minaccia di un male ingiusto), subita (Cass. 17 luglio 2012, n. 12197).

Casistica

Natura della comunione legale

La disciplina della comunione legale fra i coniugi non è riconducibile a quella della comunione ordinaria. Essa dà luogo ad una comunione solidale. I coniugi, pertanto, sono titolari di un diritto sui beni della comunione. In virtù di ciò il singolo coniuge non è titolare di una quota sui beni facenti parte della comunione e, conseguentemente, non può disporne (Corte cost. 17 marzo 1988, n. 311).

Sussiste un'ipotesi di litisconsorzio necessario nell'ipotesi in cui nel corso di un procedimento avente ad oggetto una costruzione da demolire risulta la stessa appartenere a entrambi i coniugi perché coniugati in regime di comunione legale dei beni. I coniugi, anche se partecipi di una comunione "senza quote" ed indipendentemente da chi sia stato autore della costruzione, devono partecipare al giudizio, dovendosi la stessa individuare anche con riferimento alla comunione di cui agli art. 177 e ss. c.c., nell'esigenza di pervenire ad una decisione che sia ad entrambi opponibile (Cass., sez. II, 26 luglio 2010, n. 17532).

Acquisti a titolo originario

In vigenza del regime patrimoniale della comunione legale, gli acquisti di beni immobili per usucapione, effettuati da uno solo dei coniugi durante il matrimonio, entrano a far parte della comunione stessa, non distinguendo l'art. 177, comma 1, lett. a)

c.c.tra gli acquisti a titolo originario e quelli a titolo derivativo (Cass., sez. III, 1 ottobre 2009, n. 21078).

l principio generale dell'accessione posto dall'art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista "ipso iure" al momento dell'incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l'acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un'apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l'art. 177, comma 1, c.c. hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all'onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell'onere della prova di avere fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese a tal fine.(Cass. sez. I. 4 novembre 2019, n. 28528; conf. Cass., sez, I, 4 febbraio 2005, n. 2354).

Diritti di credito

Il credito per l'indennizzo, dovuto ai sensi dell'art. 936 c.c., dal proprietario del suolo per opere fatte dal terzo con materiali propri, non costituisce un acquisto che cade in comunione legale ai sensi dell'art. 177, lett. a) c.c., dovendo escludersi che la comunione degli acquisti provenienti da attività separata possa comprendere tutti indistintamente i diritti di credito in quanto, posto che l'atto deve avere ad oggetto l'acquisizione di un "bene" ai sensi degli artt. 810,812e 813 c.c., restano esclusi i meri diritti di credito che non abbiano una componente patrimoniale suscettibile di acquisire un valore di scambio (Cass., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 799).

La comunione legale fra i coniugi, di cui all'art. 177 c. c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà della res o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all'acquisizione di una res, non sono suscettibili di cadere in comunione, con la conseguenza che, nel caso di contratto preliminare di vendita stipulato da uno solo dei coniugi, l'altro coniuge non può vantare alcun diritto, non essendo neppure legittimato a proporre la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c.(Cass. sez.II, 24 gennaio 2008, n. 1548).

La comunione legale fra i coniugi, di cui all'art. 177 c.c., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l'effettivo trasferimento della proprietà della "res" o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all'acquisizione di una "res", non sono suscettibili di cadere in comunione (Cass., sez. II, 9 settembre 2019, n. 22458).

La comunione legale fra i coniugi può riguardare non soltanto i diritti reali, ma anche i diritti di credito, dovendosi ritenere fondata l'interpretazione dell'art. 177, comma 1, lett. a) c.c. secondo cui fra gli

«acquisti» ivi indicati, che entrano a far parte della comunione legale ove non espressamente esclusi, rientrano tutti gli «investimenti» compiuti da ciascun coniuge, «qualunque sia la natura del diritto che ne formi oggetto». Ne consegue che i titoli obbligazionari acquistati con i proventi della propria attività personale nel corso del matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione dei beni, in quanto forma di investimento che rappresenta un quid alii rispetto al «provento» impiegato, entrano a far parte della comunione legale immediata, ove non ricorra una delle eccezioni alla regola generale dell'art. 177 c.c., poste dall'art. 179 c.c.(Cass., sez. I, 9 ottobre 2007, n. 21098).

Titoli di credito, azioni e quote societarie

Anche i diritti di credito acquistati da ciascuno dei coniugi in costanza di regime legale ricadono nella comunione, allorquando si tratti di crediti aventi una componente patrimoniale suscettibile di acquisire un valore di scambio. Tra questi rientrano le quote di fondi comuni di investimento, ancorché acquisite con i proventi dell'attività di un solo coniuge (Cass., sez. I, 15 gennaio 2012, n. 9845).

Le azioni di una banca popolare cooperativa acquistate, in costanza di matrimonio, da uno dei coniugi ed allo stesso intestate entrano a far parte della comunione legale (Cass,, sez. I., 18 settembre 2014, n. 19689).

Non cadono in comunione immediata - restando assoggettati alla disciplina di cui all'art. 178 c.c. e cioè alla comunione de residuo - gli acquisti di quote di società di persone. Pertanto, poiché l'attivo della massa comune si arricchisce allo scioglimento della comunione legale, a questo momento, e non ad epoca successiva, va ancorata la stima del valore della partecipazione societaria (Cass., sez. I, 20 marzo 2013, n. 6876).

Donazioni

L'elargizione di una somma di denaro finalizzata all'acquisto di un immobile da parte del beneficiario si configura come donazione indiretta, con la conseguenza che, qualora il donatario sia coniugato in regime di comunione legale, il bene acquistato è escluso da detto regime, ai sensi dell'art. 179, lett. b), c.c.. Per la validità della donazione indiretta non è richiesta la forma dell'atto pubblico, ma è necessaria la prova dell'effettiva dazione del relativo importo al donatario o direttamente all'alienante (Cass., sez. I, 10 ottobre 2014, n. 21494)

Per la validità delle donazioni indirette, cioè di quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall'art. 782 c. c., non è richiesta la forma dell'atto pubblico, essendo sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l'art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall'art. 769 c.c., non richiama l'art. 782 c.c., che prescrive l'atto pubblico per la donazione (Cass. 5 giugno 2013, n. 14197).

Acquisti per surrogazione

In tema di regime della comunione legale fra i coniugi, la dichiarazione di cui è onerato il coniuge acquirente, prevista nell'art. 179, comma 1, lett. f) c.c. al fine di conseguire l'esclusione, dalla comunione, dei beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni strettamente personali o con il loro scambio, non è meramente facoltativa. Quanto poi al profilo per cui, allorché l'acquisto esclusivamente personale si indirizzi ad avere ad oggetto beni immobili o beni mobili registrati, il comma 2 dell'art. 179 c.c. fissi l'ulteriore requisito della necessaria partecipazione all'atto dell'altro coniuge, un tale trattamento differenziato si pone in relazione agli evidenti profili di particolare certezza che (nell'ottica del codice del 1942) debbono accompagnarsi alla circolazione di un tale tipo di beni; esigenze di certezza sottolineate dal particolare meccanismo di pubblicità per essi contemplato e rappresentato dalla trascrizione. Tale partecipazione all'atto dell'altro coniuge acquista i contenuti di un'adesione alla dichiarazione resa dal coniuge acquirente e di ricognizione del ricorso dei presupposti per l'operatività della natura meramente "personale" dell'acquisto. Ne emergono i tratti di una fattispecie complessa al cui perfezionamento concorrono, ad un tempo, il ricorso effettivo dei presupposti di cui alla lett. f) (o alle lettere c, e d,) dell'art. 179 c.c.; la relativa dichiarazione resa dal coniuge il quale si rende «acquirente esclusivo», e la

«adesiva» partecipazione - all'atto - dell'altro coniuge (Cass., sez. I, 24 settembre 2004, n. 19250).

In tema di comunione legale tra coniugi, il denaro ottenuto a titolo di prezzo per l'alienazione di un bene personale rimane nell'esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga dal medesimo accantonato sotto forma di deposito bancario sul proprio conto corrente (nella specie, la Cassazione ha precisato che il coniuge può utilizzare le somme accantonate sul proprio conto corrente, provenienti dall'alienazione di un bene personale, ai fini della surrogazione reale di cui all'art. 179, comma 1, lett. f) c.c. (Cass., sez. I, 20 gennaio 2016, n. 1197).

Acquisti di immobili

In regime di comunione legale, la partecipazione alla stipula, del coniuge formalmente non acquirente e l'eventuale dichiarazione di assenso, da parte sua, all'intestazione personale del bene, immobile o mobile registrato, all'altro coniuge, non hanno efficacia negoziale o dispositiva, sotto forma di rinuncia, del diritto alla comunione incidentale sul bene acquisendo, né sono elementi di per sé sufficienti ad escludere l'acquisto dalla comunione, ma hanno carattere ricognitivo degli effetti della dichiarazione, resa dall'altro coniuge, circa la natura personale del bene, se ed in quanto questa oggettivamente sussista, atteso che l'art. 179, comma 2, c.c. è norma limitativa dei casi di esclusione della comunione risultanti dalle lett. c), d) ed f) del comma 1 dello stesso articolo, nel senso che essa, al fine di escludere la comunione legale, richiede, in caso di acquisto di un bene immobile o di un bene mobile registrato, oltre ai requisiti oggettivi previsti dalle citate lett. c), d) ed f), che detta esclusione risulti espressamente dall'atto di acquisto, allorché l'altro coniuge partecipi al contratto. Da ciò consegue che, ove tale natura personale del bene manchi (e tale mancanza si ha allorché il bene, senza essere di uso strettamente personale o destinato all'esercizio della professione del coniuge, venga acquistato con denaro del coniuge stesso, ma non proveniente dalla vendita di beni personali), la caduta in comunione legale non è preclusa dalle dette partecipazione e dichiarazione, tanto più che, nella pendenza di tale regime, il coniuge non può rinunciare alla comproprietà di singoli beni acquistati durante il matrimonio (e non appartenenti alle categorie elencate nell'art. 179 comma 1, c.c. salvo che sia previamente o contestualmente mutato, nelle debite forme di legge e nel suo complesso, il regime patrimoniale della famiglia (Cass., sez. I, 27 febbraio 2003, n. 2954).

La dichiarazione resa nell'atto pubblico dal coniuge non acquirente, ai sensi dell'art. 179 comma 2 c.c., in ordine alla natura personale dell'immobile contestualmente acquistato, si atteggia diversamente a seconda che la personalità dell'acquisto dipenda dal pagamento con provvista proveniente dal prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente, o invece dalla destinazione del bene all'uso personale o all'esercizio della professione propria di quest'ultimo. Nel primo caso, la dichiarazione riveste natura ricognitiva e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti (la provenienza del denaro utilizzato per l'acquisto), con la conseguenza che l'azione di accertamento negativo della natura personale del bene postula la revoca della confessione stragiudiziale resa dall'altro coniuge, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall'art. 2732 c.c., e cioè per errore di fatto o violenza. Laddove, nell'ipotesi alternativa la verifica dell'effettiva destinazione consente la prova contraria libera, indipendentemente dall'indagine sulla sincerità dell'intento manifestato (Cass. sez. I, 17 luglio 2012, n. 12197; conf. Cass. sez. II 14 novembre 2018, n. 29342).
Sommario