Il divieto di utilizzazione delle intercettazioni in “procedimento diverso”

07 Giugno 2016

L'art. 270 c.p.p. disciplina l'utilizzo dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti. Ai fini di definire l'ambito di operatività del divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazione occorre chiarire il significato dell'espressione procedimenti diversi. Secondo il consolidato orientamento della Cassazione la nozione di diverso procedimento va ancorata ad un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, considerandosi decisiva, ai fini della individuazione della identità dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, per la quale erano state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico.
Abstract

L'art. 270 c.p.p. disciplina l'utilizzo dei risultati delle intercettazioni in altri procedimenti. Ai fini di definire l'ambito di operatività del divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazione occorre chiarire il significato dell'espressione procedimenti diversi.

La definizione di procedimento diverso

Anche in tempi recenti la Cassazione è stata chiamata a esprimersi su cosa debba intendersi per procedimento diverso. In particolare, con la sentenza 2608/2016, la terza Sezione penale si è espressa nell'ambito di un procedimento penale a carico di ignoti finalizzato ad indentificare gli autori di condotte intimidatorie ed estorsive poste in essere a carico del presidente della Calcio Catania S.P.A. e dell'amministratore delegato della medesima società veniva autorizzato lo svolgimento di intercettazioni le quali consentivano, tra l'altro, di acquisire ulteriori notizie di reato. Nello specifico dall'attività di intercettazione telefonica sull'utenza del presidente della Calcio Catania S.P.A. emergevano elementi che conducevano a ritenere esistente ed operante un'associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato ed un numero indefinito di delitti di frode nelle competizioni sportive in cui era impegnata la Calcio Catania S.P.A.

Il pubblico ministero procedeva a quel punto ad iscrivere un nuovo procedimento penale a carico di numerosi indagati tra cui anche il presidente della squadra di calcio.

Nell'ambito di questo secondo procedimento il pubblico ministero formulava richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti del presidente della squadra e di altri indagati. Il corredo probatorio sul quale si fondava la richiesta era costituito anche dalle risultanze delle intercettazioni disposte nell'ambito del primo procedimento penale. Sennonché il Gip ritenendo inutilizzabili le risultanze di queste ultime nell'ambito del procedimento per frode nelle competizioni sportive respingeva la richiesta cautelare.

In sede di appello cautelare l'impugnazione del P.M. veniva respinta sicché il procuratore della Repubblica del tribunale di Catania ricorreva per Cassazione lamentando, tra l'altro, l'errata applicazione della legge penale e l'inosservanza di norme processuali (art. 606, comma 1, lett. b) e c) c.p.p. in relazione agli articoli 266 e 270 c.p.p.).
A detta del ricorrente, il tribunale del riesame avrebbe errato nel motivare in ordine all'inutilizzabilità delle intercettazioni posto che in sede di appello cautelare la pubblica accusa aveva evidenziato che le intercettazioni erano state eseguite nel medesimo procedimento o quanto meno in due procedimenti relativi ad un medesimo filone investigativo, con la conseguente piena utilizzabilità delle stesse.

I dicta della Cassazione

La Cassazione anche in quest'occasione ribadisce il suo ormai consolidato orientamento, secondo cui la nozione di diverso procedimento va ancorata ad un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, quale il numero di iscrizione del procedimento nel registro delle notizie di reato, considerandosi decisiva, ai fini della individuazione della identità dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, per la quale erano state disposte le intercettazioni, ed i reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico.

Il concetto di diverso procedimento va collegato al dato della alterità o non uguaglianza del procedimento, in quanto instaurato in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell'ambito di altro, differente, anche se connesso procedimento.

Come è noto l'art. 270 c.p.p. prevede di regola che i risultati delle intercettazioni non possano essere utilizzati in un procedimento diverso da quello in cui sono state disposte salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza.

Per comprendere la portata del divieto è fondamentale interrogarsi sull'esatto significato da attribuire alla locuzione diverso procedimento.

Dal tenore della disposizione si ricava innanzitutto come il divieto operi in riferimento all'intero procedimento comprensivo anche della fase investigativa: depongono in tal senso la precisa scelta lessicale nonché il regime sanzionatorio. Invero, l'inutilizzabilità di cui all'art. 270 c.p.p. non colpisce le intercettazioni in quanto mezzo di ricerca della prova bensì i suoi risultati, indipendentemente dal fatto che siano utilizzati come prova nella fase del giudizio o come indizi nella fase delle indagini preliminari (Cass. pen., Sez. un., 27 marzo 1996, Monteleone, in Cass. pen., 1996, 2913).

Ne segue che i risultati della captazioni aliunde disposte possono rilevare ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per l'emissione di una misura cautelare purché il procedimento non sia diverso.

Come debba essere intesa tale locuzione è questione piuttosto controversa.

Secondo una prima lettura, piuttosto risalente, il concetto di diversità andrebbe ancorato ad un dato estrinseco e formale, ovvero al tipo di iter procedurale che si instaura: ove la nuova fattispecie venga giudicata cumulativamente, fra i due procedimenti non sussisterebbe alcuna alterità e dunque sarebbe possibile la circolazione obliqua dei risultati investigativi e probatori (Cass. pen., Sez. I, 29 maggio 1986, Frisina, in Foro it., 1989, II, 19). Secondo altra interpretazione, nettamente prevalente in dottrina, il legislatore utilizzerebbe il termine quale sinonimo di reato e di conseguenza ogni qualvolta venga scoperto un delitto ulteriore, rispetto a quello per il quale era stata ottenuta l'autorizzazione del Gip il procedimento risulterebbe diverso e dunque l'ambito di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni sarebbe limitato verso l'esterno, all'accertamento di uno dei delitti contemplati dall'art. 380 c.p.p. (trib. Brescia – Gip, ord. 24 gennaio 1986, Di Pietro, in Dir. pen. proc., 1996, 1242; Cass. pen., Sez. III, 3 luglio 1991, Cerra, in Foro it., 1992, II, c. 77). Si tratta di lettura che facendo dipendere la diversità del procedimento da un dato formale – il differente numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato – presenta dei limiti in quanto porta a ritenere diverso il procedimento anche quando emerge un ulteriore indagato prima non noto e quindi a ravvisare una inutilizzabilità soggettiva dei risultati delle intercettazioni che è estranea all'impianto generale della normativa la quale richiede, onde ottenere l'autorizzazione del Gip, la sussistenza di gravi indizi di reato e non anche la individuazione della persona sottoposta ad indagini.

Secondo una impostazione più recente, che propone una lettura sostanziale dell'espressione procedimento diverso, si deve, invece, ritenere che la procedura non sia diversa quando, pur in presenza di fattispecie di reato ulteriori rispetto a quelle per le quali è stata originariamente disposta l'attività di intercettazione, sussista tra di esse un rapporto di connessione o di collegamento probatorio (Cass. pen., Sez. I, 9 maggio 2006, n. 29421; Cass. pen.,Sez. I, 17 novembre 1999, n. 14595; Cass. pen., Sez. VI, 14 agosto 1998, n. 4007, in Cass. pen. 2000, 701; Cass. pen., Sez. III, 14 aprile 1998, n. 1208; Cass. pen., Sez. VI, 7 gennaio 1997; Cass. pen., Sez. VI, 16 ottobre 1995, in Cass. pen.,1997, 1436). Più nello specifico, si può ritenere che sussista un collegamento sostanziale tra procedimenti tale da escluderne la diversità nelle ipotesi di connessione e di collegamento previsti dagli artt. 12 e 371, comma 2, lett. b) e c) c.p.p. purché, in tale ultimo caso (lett. c)) la medesima fonte da cui deriva il collegamento probatorio non sia costituita dall'intercettazione eseguita in un procedimento (Cass. pen., Sez. III, 8 aprile 2015, n. 33598).

In conclusione

Orbene se, come detto, le prime soluzioni presentano dei limiti e male si conciliano con l'assetto normativo delle intercettazioni, l'ultima interpretazione, pure preferibile, si presta a letture estensive che finiscono per eludere la portata del divieto aggirando i meccanismi di garanzia presidiati dall'art. 15 Cost.

Bene, dunque, ha fatto la Cassazione a ribadire che è diverso il procedimento che nasce da una nuova notitia criminis ed ha ad oggetto un fatto diverso (Cass. pen., Sez. II, 2 marzo 2006, Polignano, in Diritto e giustizia, 2006, 17, 44; Cass. pen., Sez. IV, 30 settembre 2005, Mercado Vasquez, in Guida dir., 2005, 44, 91; Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 2004, Kunsmonas, in Cass. pen., 2006, 1517) e che non basta a superare il divieto di utilizzazione la semplice configurabilità di un nesso investigativo unitario tra notizie di reato diverse né un mero collegamento occasionale tra i due fatti di reato (storicamente differenti) quale la circostanza, puramente estrinseca, dell'emersione del diverso reato nell'ambito dell'attività investigativa avente ad oggetto la prima fattispecie delittuosa.

Al contrario occorre, per ritenere l'identità dei procedimenti, l'esistenza di una connessione tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni e gli ulteriori reati per i quali si procede sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico (Cass. pen.,Sez. un. 26 giugno 2014, n. 32697; Cass. pen.,Sez. II, 10 ottobre 2013, n. 3252; Cass. pen., Sez. II, 5 luglio 2013, n. 43434; Cass. pen.,Sez. VI, 15 novembre 2012, n. 46244; Cass. pen., Sez. VI, 2 dicembre 2009, n. 11472).

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