Soggiorno irregolare. La reclusione è ammessa solo a conclusione della procedura di rimpatrio
08 Giugno 2016
Gli Stati membri non possono consentire, in conseguenza del mero ingresso irregolare che determini un soggiorno irregolare, la reclusione di cittadini di paesi terzi, nei confronti dei quali la procedura di rimpatrio prevista dalla direttiva 2008/115/Ce non sia stata ancora conclusa, in quanto tale reclusione è idonea a ostacolare l'applicazione della misura stessa e a ritardare il rimpatrio, pregiudicando, in tal modo, l'effetto utile della direttiva stessa. Questa la risposta della Grande Sezione della Corte di giustizia Ue, a fronte della domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation francese in merito alla corretta interpretazione da dare alla normativa contenuta nella direttiva 2008/115/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. I giudici europei hanno precisato che, la citata direttiva, non osta:
L'interpretazione fornita dalla C.G.Ue deve applicarsi anche nelle situazioni in cui il cittadino in questione possa essere ripreso da un altro Stato membro, in applicazione di un accordo o di un'intesa ai sensi dell'art. 6, par. 3, direttiva 2008/115/Ce. La Grande Sezione chiarisce inoltre che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2008/115/Ce anche l'ipotesi in cui il cittadino di un paese terzo, senza soddisfare le condizioni di ingresso, di soggiorno o di residenza, transiti nel territorio di uno Stato membro. La definizione di soggiorno irregolare, contenuta nella suddetta direttiva all'art. 3 punto 2, è infatti espressa nel senso di presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni di ingresso di cui all'art. 5 del codice frontiere Schengen o altre condizioni d'ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro. |