Blocco dei beni e sequestro probatorio. Il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie in Europa

Isidoro Palma
15 Marzo 2016

La decisione quadro 2003/577/Gai, recepita con il d.lgs. 35/2016, consente la trasmissione diretta tra Autorità giudiziarie di paesi diversi dell'Ue, di provvedimenti di blocco e sequestro a fini probatori o di confisca, nell'ottica della leale collaborazione tra Stati.
Abstract

La decisione quadro 2003/577/Gai, recepita con il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 35 (pubblicato in Gazz. uff. n. 59 dell'11 marzo 2016), consente la trasmissione diretta tra Autorità giudiziarie di paesi diversi dell'Unione europea, di provvedimenti di blocco e sequestro a fini probatori o di confisca, nell'ottica della leale collaborazione tra Stati per la realizzazione di uno spazio europeo di libertà sicurezza e giustizia. La decisione quadro prevede una procedura rapida di riconoscimento ed esecuzione, tendenzialmente vincolata nell' an, salvo casi tassativamente predeterminati di rifiuto.

Introduzione

La decisione quadro 2003/577/Gai adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 22 luglio 2003 detta norme in materia di riconoscimento ed esecuzione da parte di un paese dell'Unione europea di provvedimenti di blocco e sequestri emessi dall'Autorità giudiziaria di un altro paese comunitario, nell'ottica dell'attuazione dei principi di leale collaborazione e mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie.

La decisione quadro fa parte del programma di misure adottate dal Consiglio dell'Unione europea all'indomani del vertice di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali in ambito comunitario.

Essa mantiene la sua efficacia anche dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona e mira a superare il tradizionale strumento rogatoriale di collaborazione tra autorità giudiziarie, consentendo la trasmissione diretta del provvedimento di blocco o sequestro all'Autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione. A quest'ultima autorità spetta l'exequatur in base ad una procedura celere e limitata alla verifica dell'insussistenza di tassative ipotesi di rifiuto.

La decisione quadro 2003/577/Gai è entrata in vigore il 2 agosto 2033 e i paesi membri dell'Unione europea dovevano recepirla nel proprio ordinamento entro il 2 agosto 2005.

Il recepimento della decisione quadro 2003/577/GAI da parte del legislatore italiano

Con il decreto legislativo in commento, il legislatore italiano recepisce la decisione quadro 2003/577/Gai in materia di blocco di beni o sequestro probatorio.

L'articolato normativo si compone di un Titolo I, contenente disposizioni definitorie e di un Titolo II, articolato in due capi: Capo I (riguardante il riconoscimento e l'esecuzione in Italia di un provvedimento di blocco o sequestro) e Capo II (attinente al riconoscimento di provvedimenti di analogo contenuto emessi dall'Autorità giudiziaria italiana).

Riconoscimento ed esecuzione in Italia di un provvedimento di blocco e sequestro

Dal chiaro tenore letterale della definizione di Stato di emissione, contenuta nell'art. 2 lett. a) emerge che deve trattarsi di un provvedimento proveniente da un'Autorità giudiziaria e non anche da Autorità amministrative o di polizia.

Il provvedimento di blocco o sequestro deve essere adottato nell'ambito di un procedimento penale, restando esclusi provvedimenti di analogo contenuto cautelare, emessi nel contesto di procedimenti amministrativi o di prevenzione.

La formula linguistica utilizzata dal legislatore italiano comprende qualsiasi provvedimento adottato per impedire provvisoriamente ogni operazione volta a distruggere, trasformare, trasferire o alienare beni che costituiscono prova in un procedimento penale ovvero che possano essere oggetto di confisca nei casi e nei limiti previsti dall'art. 240 del codice penale.

La definizione di prova riprende fedelmente l'analoga previsione dell'art. 2 lett. e) della decisione quadro, secondo la quale costituiscono prova: gli oggetti, i documenti e i dati che possono essere utilizzati a fini probatori in procedimenti penali.

Sembra, dunque, pacifico che esulano da tale definizione le c.d. prove costituende (es. intercettazioni telefoniche, prove dichiarative) e le prove da acquisirsi sulla persona di indagati o imputati (es. prelievi biologici, consulenze che attengono ad aspetti medico-legali o di tipo psicologico o psichiatrico).

Un'importante divergenza rispetto alla previsione della decisione quadro si ravvisa con riguardo ai provvedimenti cautelari a scopo di confisca.

L'art. 2 lett. c) del decreto legislativo, nel definire le cose che possono essere oggetto di confisca, fa espresso richiamo ai casi e ai limiti previsti dall'art. 240 c.p. e sembra, pertanto, voler limitare il recepimento della decisione quadro alla sola confisca diretta.

La decisione quadro, invece, non opera tale distinzione e include anche il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, dal momento che definisce il bene aggredibile con il provvedimento cautelare come il prodotto del reato ovvero il bene equivalente, in tutto o in parte, al valore di tale prodotto.

E, tuttavia, va evidenziato che tale definizione di bene suscettibile di essere sottoposto a vincolo cautelare risulta pedissequamente ripresa dall'art. 2 lett. d) del decreto legislativo, creando in tal modo un'insuperabile aporia interpretativa.

È evidente che, attesa la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, non appare sostenibile l'estensione in via interpretativa dell'art. 2 lett. b) del decreto legislativo all'ipotesi di confisca c.d. di valore.

L'art. 1 del decreto vieta il riconoscimento nel nostro ordinamento di provvedimenti di blocco e sequestro contrastanti coi principi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali e diritti di libertà.

Il principio di legalità e il divieto di analogia in materia penale rappresentano il baluardo costituzionale per la tutela dei diritti fondamentali e ostano al riconoscimento ed esecuzione di provvedimenti cautelari finalizzati alla confisca per equivalente.

Quanto ai casi in cui si farà luogo a riconoscimento in Italia di un provvedimento di blocco o sequestro, l'art. 3 del decreto legislativo prevede un'elencazione di reati per i quali non è richiesta la doppia incriminabilità, purché siano puniti nello Stato di emissione con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni.

Si tratta di un'elencazione che ricalca il disposto dell'art. 3 della decisione quadro, salvo qualche marginale differenza lessicale (associazione per delinquere in luogo di associazione criminale, violenza sessuale anzichè stupro).

La maggior parte delle fattispecie di reato previste sono accomunate dal carattere della transnazionalità, peculiarità che lascia presagire possibili conflitti di giurisdizione in ambito internazionale e possibili violazioni del divieto di bis in idem.

Per i reati non contenuti nel catalogo del primo comma dell'art. 3 del di decreto legislativo, il legislatore ha previsto il requisito necessario della doppia punibilità.

Il richiamo ai fatti per i quali è stato emesso il provvedimento cautelare va evidentemente riferito ai fatti storici così come descritti nelle imputazioni cautelari contenute nel provvedimento e riportate nel certificato previsto dall'art. 12, a nulla rilevando la qualificazione giuridica e gli elementi costitutivi individuati dalla legge dello Stato di emissione.

Per i reati fiscali, l'art. 6, comma 4, lett. e) prevede che lo Stato italiano non potrà rifiutare l'esecuzione per il fatto che la legge italiana non impone lo stesso tipo di tasse o di imposte, o per il fatto che la legislazione italiana in materia tributaria, valutaria o doganale è diversa da quella dello Stato di emissione.

Al riguardo, sembrano porre minori problemi le ipotesi di frode fiscale che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, i quali, potendo rientrare nella previsione dell'art. 3 lett. h), non sono assoggettati alla doppia incriminabilità.

Per quanto riguarda invece i reati tributari posti a presidio di interessi finanziari nazionali, sarà pur sempre necessario riscontrare il requisito della doppia incriminabilità.

La congiunzione tuttavia che introduce il secondo periodo della lett. e) dell'art. 6, riguardante appunto le violazioni tributarie, doganali e valutarie, può essere intesa nel senso che occorrerà pur sempre riscontrare la presenza nell'ordinamento italiano di norme incriminatrici a presidio di tributi sostanzialmente assimilabili a quelli stranieri sotto il profilo dei soggetti passivi, della base imponibile, della finalità dell'imposta, a prescindere dalle diversità che attengono alla denominazione del tributo e alla disciplina di dettaglio.

Venendo ai casi di rifiuto, l'art. 6, comma 4, del decreto legislativo, conformemente alla decisione quadro, prevede ipotesi tassative di rifiuto (assenza o incompletezza del certificato di accompagnamento del decreto di blocco o sequestro, immunità penali riconosciute in base alla legge italiana, violazione del divieto di bis in idem ai sensi dell'art. 649 c.p.p., mancanza della doppia punibilità in caso di reati non facenti parte del catalogo del primo comma dell'art. 3).

La procedura di delibazione del provvedimento di blocco o sequestro è alquanto semplice: in caso di blocco o sequestro a fini probatori, competente a decidere è il Procuratore della Repubblica del luogo in cui si trova il bene, mentre la competenza spetterà al Gip, individuato tramite il medesimo criterio, se si tratta di provvedimento cautelare finalizzato alla confisca.

Diversa è la forma del provvedimento di riconoscimento: decreto nel caso di competenza del Procuratore della Repubblica, ordinanza nel caso provvedimento cautelare riconosciuto dal Gip.

Il provvedimento dell'Autorità giudiziaria italiana ha un duplice contenuto: riconoscimento del provvedimento proveniente dall'estero ed ordine di esecuzione dello stesso.

Quanto al primo aspetto, il magistrato italiano è tenuto solo alla verifica dei requisiti formali del provvedimento (provenienza da un'autorità estera qualificabile come giudiziaria in base al diritto dello Stato di emissione, esistenza all'estero di un procedimento penale, natura cautelare del provvedimento da eseguire) e alla constatazione della non sussistenza di uno dei casi di rifiuto tassativamente elencati nell'art. 6, comma 4, del decreto.

Nulla è previsto riguardo al controllo sulla motivazione del provvedimento di blocco o sequestro. E, tuttavia, va evidenziato che il certificato che dovrà accompagnare il provvedimento straniero a pena di rifiuto di riconoscimento, prevede che l'Autorità emittente dovrà descrivere i motivi pertinenti per il provvedimento di blocco o di sequestro oltre a dover contenere la sintesi dei fatti a conoscenza dell'autorità giudiziaria che emette il provvedimento di blocco o sequestro.

Previsioni queste che, ove rispettate dallo Stato di emissione, consentono di ritenere assolto l'obbligo di motivazione.

Quanto al profilo dell'esecuzione, in caso di blocco o sequestro di beni a scopo probatorio, l'Autorità giudiziaria italiana, su espressa richiesta dell'autorità dello Stato di emissione, disporrà l'esecuzione del provvedimento secondo le formalità e le procedure dell'autorità richiedente.

L'applicazione della lex fori è, tuttavia, subordinata al rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento italiano.

Nell'ipotesi di sequestro a fini di confisca l'unica regola è, invece, quella della lex loci, prevedendosi esclusivamente l'applicazione delle disposizioni del codice di procedura penale italiano in materia di esecuzione del sequestro preventivo.

Al fine di contemperare il dovere dello Stato italiano di leale cooperazione in materia giudiziaria con le esigenze investigative interne, l'art. 7 prevede che il Procuratore della Repubblica possa disporre il rinvio dell'esecuzione del provvedimento di blocco o sequestro se dall'esecuzione possa derivare pregiudizio per le indagini nell'ambito di un procedimento penale già in corso.

Analoga facoltà è prevista, in caso di blocco o sequestro a fini di confisca, se il bene è stato già oggetto di analogo provvedimento nell'ambito di altri procedimenti.

Il riferimento contenuto nell'art. 7 al solo rinvio dell'esecuzione, sembrerebbe legittimare una lettura della norma nel senso che sarà pur sempre obbligatoria la preventiva fase di riconoscimento del provvedimento dell'Autorità estera, ferma restando la facoltà di sospenderne l'esecuzione.

In ogni caso la decisione di rinvio dell'esecuzione è immediatamente comunicata all'autorità giudiziaria dello Stato di emissione.

È prevista una specifica disciplina delle impugnazioni all'art. 9, che prevede l'impugnabilità del decreto di riconoscimento ed esecuzione del provvedimento di blocco o sequestro con richiesta di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p.

Nulla si dice in merito all'impugnabilità dell'ordinanza emessa dal gip per il riconoscimento ed esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dall'autorità straniera a scopo di confisca.

Il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione dovrebbe inibirne la contestazione dinanzi al Tribunale del riesame, in netto contrasto, tuttavia, con i principi guida espressi dall'art. 11 della decisione quadro.

Ai sensi di quest'ultima disposizione, infatti, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per consentire ad ogni parte interessata … di disporre di mezzi di impugnazione … contro i provvedimenti di blocco o sequestro eseguiti in applicazione dell'art. 5 …. E il citato art. 5 contempla entrambe le categorie di provvedimenti cautelari.

Un'interpretazione conforme alla decisione quadro impone di ritenere che anche l'ordinanza del Gip possa essere impugnata con richiesta di riesame.

Conforme alla previsione comunitaria è, invece, il capoverso dell'art. 9 che preclude dinanzi al tribunale del riesame la contestazione dei motivi di merito su cui si fonda il provvedimento di blocco o sequestro.

È evidente la ratio di tale disposizione, non potendo il giudice italiano sindacare provvedimenti emessi da Autorità giudiziarie di altri Stati.

L'Autorità giudiziaria dello Stato di emissione ha diritto di ricevere l'avviso di fissazione dell'udienza camerale dinanzi al tribunale del riesame e può presentare le proprie osservazioni fino alla data dell'udienza.

Nessuna conseguenza processuale è, tuttavia, prevista in caso di omessa notifica dell'avviso.

Lo schema di decreto va oltre la previsione della decisione quadro che si limitava a regolamentare esclusivamente l'aspetto del congelamento del bene, rinviando implicitamente agli strumenti tradizionali di cooperazione giudiziaria per l'esecuzione dei provvedimenti di confisca.

Lo schema di decreto regolamenta invece anche l'esecuzione in Italia dei provvedimenti stranieri di confisca.

Dal combinato disposto degli artt. 8, comma 2, e 12 risulta che su richiesta dello Stato di emissione l'autorità giudiziaria italiana trasferirà il bene oggetto di prova allo Stato di emissione ovvero procederà alla confisca.

La disciplina del decreto legislativo che recepisce la decisione quadro del 2003, deve essere coordinata con il d.lgs. 137 del 7 agosto 2015 che ha dato attuazione nel nostro ordinamento alla decisione quadro 2006/783/Gai, in materia di esecuzione di decisioni di confisca.

La procedura prevista per il riconoscimento di provvedimenti di confisca stranieri prevede, infatti, un giudizio di delibazione da parte della Corte d'appello che potrà essere investita della decisione direttamente dall'autorità straniera o dal Ministero della Giustizia che ha ricevuto il provvedimento di confisca.

L'organo di esecuzione, una volta esaurita la procedura di riconoscimento, sarà il Procuratore generale presso la Corte d'Appello.

Riconoscimento all'estero di provvedimenti di sequestro emessi dall'autorità giudiziaria italiana

Gli articoli 11 e 12 del decreto legislativo regolamentano il riconoscimento e l'esecuzione di provvedimenti di sequestro probatorio o preventivo emessi dall'Autorità giudiziaria italiana.

In tal caso è prevista la trasmissione diretta del provvedimento all'autorità giudiziaria competente dello Stato di esecuzione.

L'art. 11 ha ad oggetto il provvedimento di sequestro preventivo e non distingue tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e sequestro strumentale alla confisca per equivalente.

E, tuttavia, l'interpretazione sistematica della citata disposizione impone una lettura restrittiva della norma, che ne limiti la portata al solo sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta.

L'art. 2, che, come già visto, definisce la cosa confiscabile richiamando i casi e i limiti previsti dall'art. 240 c.p., si apre con l'inciso ai fini della presente legge e non sembra, di conseguenza, riferirsi esclusivamente al riconoscimento di provvedimenti provenienti da autorità giudiziarie di altri Stati dell'Unione.

Anche per il riconoscimento attivo non opera il principio della doppia incriminabilità rispetto alle medesime tipologie di reato previste per il riconoscimento in Italia di provvedimenti cautelari provenienti dall'estero. L'art. 11 rinvia, infatti, al già visto art. 3 per l'individuazione dei casi e dei limiti nei quali sarà possibile ottenere il riconoscimento in altro Stato dell'Unione europea di un provvedimento di blocco o sequestro italiano.

Anche per i provvedimenti emessi dall'Autorità giudiziaria italiana dovrà essere compilato il certificato contenente lo standard minimo previsto dall'allegato al decreto. Sarà obbligo dell'autorità italiana curare la traduzione di tale certificato nella lingua ufficiale dello Stato di esecuzione.

L'autorità italiana dovrà richiedere il trasferimento della prova ovvero la confisca del bene, potendosi comunque riservare di indirizzare in un momento successivo tali richieste all'Autorità straniera.

In conclusione

Il recepimento della decisione quadro in materia di blocco e sequestro rappresenta sicuramente una tappa importante nel processo di armonizzazione delle procedure interne agli Stati dell'Unione al fine di assicurare il celere riconoscimento delle decisioni giudiziarie, sebbene il decreto si esponga prima facie a dubbi ermeneutici circa la sua portata applicativa.

Il cammino dell'armonizzazione della legislazione italiana vedrà, tuttavia, il suo completamento con il recepimento della direttiva 2014/41/Ue sull'ordine europeo di indagini penali, che dovrà essere attuata entro il 22 maggio 2017 e con la ratifica della Convenzione di Bruxelles relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale del 29 maggio 2000, attualmente all'esame del Parlamento.

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