Usura bancaria. I dubbi ermeneutici della Cassazione n. 12965/2016 e l'egemonia della Banca d'Italia

24 Ottobre 2016

Il tasso di interesse, secondo la legge dell'usura, si estende ad ogni commissione, onere e spesa, per coincidere con il costo del credito. Se sulla liceità della C.M.S. (Commissione di massimo scoperto), in dottrina, come in giurisprudenza, sono state espresse autorevoli e circostanziate perplessità, pur tuttavia non uniformemente condivise, nessuna voce, per contro, si è mai erta a ricusare ...
Abstract

Il tasso di interesse, secondo la legge dell'usura, si estende ad ogni commissione, onere e spesa, per coincidere con il costo del credito. Se sulla liceità della C.M.S. (Commissione di massimo scoperto), in dottrina, come in giurisprudenza, sono state espresse autorevoli e circostanziate perplessità, pur tuttavia non uniformemente condivise, nessuna voce, per contro, si è mai erta a ricusare il deciso collegamento di tale commissione con l'erogazione del credito ma, da tale collegamento, discende ineluttabilmente l'inclusione nella verifica dell'usura.

Ciò nonostante la Cassazione, con una singolare e anodina pronuncia, ha accolto il ricorso di un intermediario per aver errato il tribunale includendo la C.M.S. in un coacervo di elementi non considerati nel diverso metodo di calcolo fornito dalla Banca d'Italia, che imponeva il raffronto tra elementi di volta in volta omogenei.

La sentenza della Cassazione n. 12965/2016

La sentenza prospetta una peculiare concatenazione di considerazioni che, logicamente coordinate, condurrebbero, sino al 31 dicembre 2009, all'esclusione della C.M.S. dal Teg (Tasso effettivo globale) e all'adozione di un criterio di verifica dell'art. 644 c.p. del tutto simile a quello “suggerito” dalla Banca d'Italia nella Circolare del 2 dicembre 2005:

i) sino al dicembre 2009, i decreti ministeriali, recependo le Istruzioni della Banca d'Italia, hanno escluso le C.M.S. dal calcolo del Tegm (Tasso effettivo globale medio, mentre il dettato dell'art. 644, comma 4, c.p. può lasciare intendere che qualsiasi costo derivante dalla concessione di credito debba essere preso in considerazione ai fini della determinazione del tasso usurario;

ii) l'art. 2-bis del d.l. 185/2008 conv. legge 2/2009 – in termini innovativi – prevede espressamente l'inserimento della commissione di massimo scoperto nel plafond per il calcolo del costo del finanziamento, rilevante ai fini della determinazione del tasso usurario e pertanto ciò permette di ritenere superati i dubbi iniziali, derivanti dalla formulazione letterale della disposizione.

iii) risulta ragionevole attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del Tegm e quella dello specifico Teg;

La distorsione, che fa da architrave al costrutto logico della sentenza, può essere in buona parte racchiusa nell'affermazione: L'attuale art. 644, comma 4, c.p. può lasciare intendere che qualsiasi costo derivante dalla concessione di credito debba essere preso in considerazione ai fini della determinazione del tasso usurario, che sorregge la portata innovativa, non interpretativa, della legge 2/2009, alla quale viene attribuita, con un'opaca espressione, una funzione volta più ordinariamente a dettare una restrizione di rigore non più controvertibile per il futuro, senza dissipare a posteriori i dubbi ermeneutici che pur l'avevano preceduta.

Risulta alquanto stridente l'impiego dell'espressione può lasciare intendere attribuita alla formulazione dell'art. 644 c.p., da cui, in successione logica, dedurne i dubbi iniziali, derivanti dalla formulazione letterale della disposizione.

I dubbi non allignano affatto nella formulazione dell'art. 644 c.p. che, nel suo enunciato, non può lasciar intendere alcunché di diverso da quanto viene nella stessa chiaramente espresso in termini difficilmente controvertibili. Non c'è nulla da intendere, nel senso di interpretare: la formulazione della norma è incontrovertibile e la sua applicazione non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la qualificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito (Cass. pen., Sez. II, n. 46669/2011).

I dubbi allignavano nelle “difformi” Istruzioni della Banca d'Italia che, inizialmente nel 1996, nella difficoltà di riconoscere alla C.M.S. una carattere fisiologico di ordinaria applicazione per ricomprenderla nel calcolo del Tegm, ne aveva disposto un'inusuale rilevazione, non richiesta né prevista dalla norma: ha presumibilmente posto qualche perplessità includere fra gli oneri da ricomprendere nella fisiologia delle operazioni creditizie, una commissione applicata occasionalmente, che non è una naturalia negotii ma deve essere appositamente convenuta e, per giunta, in “odore” di nullità.

Condizionata dallo stereotipo dell'omogeneità, la sentenza in commento opera un'indebita commistione fra il dettato dell'art. 644 c.p. e l'art. 2 della legge 108/1996. Con un'impropria inclusione delle Istruzioni della Banca d'Italia nella sfera della norma penale e un indebita inversione del rapporto di subordine, dall'assunta valenza innovativa dell'inclusione nel Tegm della C.M.S. “riformata” dalla legge 2/2009, la sentenza ne trae l'esclusione retroattiva della C.M.S. “storica” dalla verifica dell'usura.

Senza una valenza innovativa della norma non si giustificherebbe, ad avviso della Cassazione, la contemporanea fissazione di un dies a quo per attribuire rilevanza alla C.M.S. nel calcolo del Tegm e, soprattutto, la devoluzione all'autorità amministrativa del compito di fissare un periodo transitorio per consentire alle banche di adeguarsi alla normativa.

La determinazione del tasso usurario

Ma, prima ancora di procedere a valutare la natura “interpretativa” o “innovativa” della legge 2/2009, non si può disconoscere che il dettato dell'art. 644 c.p. era chiaro ed incontrovertibile, né si possono operare commistioni fra la rilevazione del Tegm e la verifica dell'art. 644 c.p.: come si riporta nella sentenza di Palmi (1732/2007) È la stessa legge, e non una qualche istruzione della Banca d'Italia, ad imporre che la C.M.S. sia tenuta in considerazione come elemento potenzialmente produttivo di usura. Non vi erano dubbi da dissipare salvo quelli opportunistici degli intermediari, alimentati dal contrasto dell'art. 3 dei decreti ministeriali con l'ineludibile dettato dell'art. 644 c.p.

Tenendo separate e distinte la C.M.S. “storica” dalla C.M.S. “riformata”, la rilevanza della prima, ai fini della verifica dell'art. 644 c.p., indicata dalla legge 2/2009, non appare propriamente né interpretativa né innovativa, costituendo – come riportato in una lucida sentenza del tribunale di Torino (E. Astuni, n. 1181/2016) – più semplicemente un aspetto conclamato: La rilevanza è oggi conclamata, per effetto del noto art. 2-bis comma 2 del d.l. 29/11/09 n. 185 conv. in legge 28/1/09 n. 2, ma la norma palesemente non ha alcuna portata innovativa rispetto agli artt. 1815 c.c. e 644 c.p. posto che non poteva essere seriamente messa in dubbio l'inerenza della C.M.S. all'erogazione del credito.

I criteri di determinazione del tasso usurario della singola operazione creditizia vengono individuati dall'art. 644 c.p., senza alcun rinvio ad un aggregato di costi predeterminato da una fonte secondaria: il nomen juris è espressamente tenuto per irrilevante, visto che la remunerazione entra nel calcolo del tasso usurario a qualsiasi titolo (art. 644 c.p.) e comunque determinata (art. 2-bis, comma 2, d.l. 185/2008 conv. l. 2/2009), purché sia onere funzionalmente collegato all'erogazione del credito.

L'assunto che la carenza di omogeneità di confronto trascinerebbe la radicale inapplicabilità della disciplina antiusura, sostenuto dalla sentenza della Cassazione n. 12965/2016, risulta privo di fondamento. La carenza di omogeneità della prassi amministrativa di rilevazione del Tegm, rispetto al dettato dell'art. 644 c.p., non si trasmuta, di per sé, in un vizio della norma: per altro, pubblicata la soglia, gli operatori bancari sono tenuti a rispettarla, nei termini stabiliti dall'art. 644 c.p.

La determinazione del Tegm rimane nell'ambito del Mef: la Banca d'Italia è sentita, non delegata. A meno di rilevanti discrasie e divergenze da oggettivi, ordinari criteri tecnico-metodologici di rilevazione di un valore medio di mercato, dalla rilevazione della Banca d'Italia non possono farsi derivare vizi di legittimità che pregiudichino il presidio penale. La precedente Cassazione penale, Sez. II, n. 12028/2010 non ha ravvisato alcun vizio nelle Istruzioni della Banca d'Italia, che possa rendere radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura. La sentenza puntualizza: La metodologia per il calcolo del TEG applicata dalla Banca d'Italia, fin dalla prima rilevazione, è stata posta a fondamento dei decreti ministeriali nei quali, come previsto dalla l. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 1 è contenuta la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio in base al quale è stabilito il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3 oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Infatti, fin dal primo decreto (D.M. 22 marzo 1997) il Ministro del Tesoro determinava la tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi […].

La verifica dell'usura, a norma dell'art. 2 della legge 108/1996, viene prevista con riferimento ai valori medi pubblicati con d.m. sulla Gazzetta ufficiale, non con riferimento alla rilevazione della Banca d'Italia. La legge penale si completa con la pubblicazione del Tegm: le Istruzioni – e ancor più le FAQ e le Circolari della Banca d'Italia – sono poste al di fuori della sfera normativa, come anche l'art. 3 dei decreti del Mef esonda dalla sfera di pertinenza delegata dalla norma.

Approvato dal Mef, previo eventuale correzione in ragione delle variazioni del tasso ufficiale di sconto, e pubblicato in Gazzetta il valore del Tegm, rimane ininfluente il suo processo di determinazione: il fatto reato sotto il profilo oggettivo risulta compiutamente determinabile.

L'art. 2-bis del d.l. 185/2008, al comma 1, stabilisce la nullità della C.M.S. “storica”, nella sua comune accezione di onere applicato anche in assenza di fido e calcolato sul picco massimo dell'utilizzo dei fondi del trimestre, a prescindere dalla durata dell'utilizzo stesso; infatti, oltre allo specifico richiamo, più in generale si prevede: Sono altresì nulle le clausole … che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

L'art. 2-bis del d.l. 185/2008, al comma 2, prevede: Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all'applicazione dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni.

In tale secondo comma viene ricompresa la C.M.S. “riformata”, che a differenza della precedente è dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzo dei fondi, e si dispone che debba essere considerata, oltre che nella verifica del rispetto degli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., anche nella determinazione del Tegm (art. 2, legge 108/9996). Il comma 2 non attiene per nulla alla C.M.S. “storica” che, al contrario, viene sanzionata di nullità dal comma precedente e non può certo essere collegata, nel comma in parola, agli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., né tanto meno all'art. 2 della legge 108/1996.

Al primo riferimento del comma 2 (artt. 1815 c.c. e art. 644 c.p.) – considerato l'inderogabile dettato dell'art. 644 c.p. e, di riflesso, dell'art. 1815 c.c. – non può che essere assegnato un valore ricognitivo, confermativo e interpretativo in senso lato, senza necessità di una particolare ricostruzione procedurale, che esprima in modo formale e compiuto uno specifico significato fra i più suscettibili da rinvenire dalla norma.

Il secondo riferimento, artt. 2 e 3 della legge 108/1996, invece –- considerata la discrezionalità tecnica di rilevazione del valore medio di mercato, che la norma originaria (l. 108/1996) aveva rimesso, senza condizionamento alcuno, salvo i criteri di omogeneità delle categorie di credito, attraverso il Mef, alla Banca d'Italia e da questa largamente utilizzata nelle otto rivisitazioni delle Istruzioni, tutte escludenti la rilevazione della C.M.S. - costituisce una precisazione e integrazione, nella misura in cui circostanzia, in termini più stringenti, la prassi amministrativa prevista dall'art. 2 della legge 108/96.

L'art. 2-bis d.l. 185/2008 – senza minimamente considerare l'”abborracciata” soluzione suggerita per la C.M.S. dalla Banca d'Italia nella Circolare del 2 dicembre 2005 – ha dettato all'organo amministrativo un più stringente rigore nell'inclusione dei costi da ricomprendere nella rilevazione del tasso medio di mercato, non espressamente previsto nell'originario testo normativo.

Una lettura critica

La Cassazione in commento – oltre a stabilire una presunta legittimazione a posteriori, attraverso un'indifferenziata assimilazione della nuova commissione introdotta dalla norma con la precedente C.M.S. –omette proprio il riferimento del d.l. 185/2008 agli artt. 2 e 3 della legge 108/1996 (determinazione del Tegm), che motiva la disciplina transitoria. Recita infatti la sentenza: Con l'intervento del legislatore del '09 si è dunque stabilito che: ...... 4) la C.M.S. (letteralmente delle “commissioni comunque denominate che prevedono una remunerazione per la banca dipendente dall'effettiva durata di utilizzazione dei fondi da parte del cliente”) é rilevante, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ai fini dell'applicazione tanto dell'art. 1815 cod. civ. che dell'art. 644 cod. pen. Può pertanto dirsi che la norma, pur omettendo ogni definizione più puntuale della C.M.S., abbia effettuato una ricognizione dell'esistente con l'effetto sostanziale di sancire definitivamente le legittimità di siffatto onere e, per tale via, di sottrarla alla censura di legittimità sotto il profilo della mancanza di causa.

Come si vede, risulta trascurato il riferimento agli artt. 2 e 3 della legge 108/1996 e viene forzata, per altro, l'assimilazione logica, sotto il medesimo nome, della precedente alla nuova C.M.S. Si trascura che il dettato della norma dipendente dall'effettiva durata di utilizzazione dei fondi, riportato al 2 comma dell'art. 2-bis d.l. 185/2008, si riferisce alla nuova C.M.S., non alla precedente, la quale risultava dipendente esclusivamente dall'utilizzazione dei fondi '; come menzionato, nel precedente comma dell'art. 2-bis della legge si sanziona con la nullità la precedente C.M.S., cioè la remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi.

La Cassazione omette altresì il riferimento del d.l. 185/2008 agli artt. 2 e 3 della legge 108/1996: senza tale omissione, quella che la sentenza, solo poi precisa come ‘storica C.M.S.', per distinguerla appunto dalla nuova, non trova ragione alcuna nelle norme transitorie.

La nuova C.M.S. che sortisce dal d.l. 185/2008 è sostanzialmente diversa dalla precedente. Non è consentita sugli scoperti di conto, né sugli sconfinamenti tollerati oltre l'affidamento, risponde a differenti criteri economici e di calcolo: solo in questa nuova formulazione la C.M.S. è sottratta alle varie censure di legittimità. Né si può trascurare la rilevanza della nuova commissione, richiamata dalla legge, oltre che per gli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., anche per l'applicazione degli artt. 2 e 3 della legge 108/1996: questi aspetti – e i riflessi sulle norme transitorie - appaiono negletti nella menzionata sentenza della Cassazione.

La legge n. 2/09, formalizzando l'introduzione di due nuove commissioni (la C.M.S. ‘riformata' e la commissione di affidamento) e intervenendo, altresì, nell'applicazione degli artt. 2 e 3 della legge 108/96, relativi alla rilevazione del valore medio di mercato, si è dovuta necessariamente occupare della fase di transizione dal precedente al nuovo assetto normativo.

Il comma 2 dell'art. 2-bis del d.l. 185/2008, si occupa di due aspetti:

i) dispone che, le commissioni, e le provvigioni derivanti da clausole, comunque determinate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi, dal 29 gennaio 2009 (entrata in vigore della legge), sono comunque rilevanti per l'art. 1815 c.c., per l'art. 644 c.p. e per gli artt. 2 e 3 della legge 108/1996;

ii) solo per l'applicazione dell'art. 2 della legge 108/96 (rilevazione statistica) vengono demandate al Mef disposizioni transitorie per la determinazione della soglia, e solo per essa, che lascino immutata la disciplina vigente finché la rilevazione del Tegm non venga effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni di inclusione della C.M.S. “riformata”.

Le disposizioni transitorie sono riferite esclusivamente alla rilevazione del Tegm, non alla verifica del rispetto degli artt. 644 c.p. art. 1815 c.c. Per la nuova C.M.S. l'intervento legislativo prevede nell'immediato l'applicazione dell'art. 1815 c.c. e art. 644 c.p. e, invece, protrae necessariamente al termine del periodo transitorio la relativa inclusione nel Tegm oggetto di pubblicazione trimestrale; risulta, nella circostanza, esplicitata nella norma stessa la distinzione fra la determinazione del Tegm e la verifica dell'art. 644 c.p. e correttamente anteposto il principio di onnicomprensività al principio di omogeneità e simmetria.

La sentenza in esame sembra assumere a norma le Istruzioni della Banca d'Italia, da cui trarre letture ed interpretazioni, privandosi del più sparuto spirito critico e, arroccata sul pregiudizio dell'omogeneità, ne deduce che ‘la commissione di massimo scoperto, applicata fino all'entrata in vigore del decreto legge n. 185 del 2008, articolo 2-bis, deve ritenersi in thesi legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il Tegm – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla Banca d'Italia, non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario, dato atto che cio' e' avvenuto solo dal 1 gennaio 2010, nelle rilevazioni trimestrali del Tegm'.

La Cassazione, assimila in un tutt'uno la precedente e la nuova C.M.S. e nella pronuncia riferisce il comma 2 dell'art. 2-bis d.l. 185/2008 alle ‘commissioni che prevedono una remunerazione dipendente dalla concreta utilizzazione del fondo quando, invece, la norma si riferisce alla commissione dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi. La prima, se indipendente dalla durata, come detto, viene dal comma precedente dell'art. 2-bis dichiarata nulla; il dettato letterale ha un senso, che non va tralasciato, né trascurato: la ‘C.M.S. storica' era applicata, uniformemente da tutto il sistema bancario, sul massimo utilizzo del trimestre indipendentemente dalla durata.

Se, al contrario, prescindendo dal medesimo nomen juris, si tiene separata la C.M.S. “riformata” dalla C.M.S. “storica”, assume senso e rilievo l'immediata entrata in vigore della legge, con i debiti riflessi inerenti il rispetto dell'art. 644 c.p. e art. 1815 c.c., e le contestuali disposizioni transitorie poste, per le nuove commissioni introdotte, esclusivamente in relazione con gli artt. 2 e 3 della legge 108/1996.

La Cassazione in esame, considerando in un unicum sia la C.M.S. “storica” che quella “riformata”, vorrebbe trarre un elemento di novazione dell'inclusione della C.M.S. per la verifica dell'usura, prima ‘avvolta' nei dubbi ermeneutici e, con un passaggio alquanto opaco, l'intervento della legge viene qualificato nella natura di disciplina volta più ordinariamente a dettare una restrizione di rigore non più controvertibile per il futuro, senza dissipare a posteriori i dubbi ermeneutici che pur l'avevano preceduta.

Denegando altresì ogni alternativo criterio di inclusione, formula matematica o metodologia, che non risulti simmetricamente applicabile al Tegm e alla verifica del concreto Teg contrattuale, nella pronuncia, con un'arcana "contorsione" ermeneutica, si perviene a prevedere la C.M.S. soglia e valutare l'eventuale esubero come un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come C.M.S. bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l'interesse, aderendo di tutto punto alla Circolare del 2 dicembre 2005, senza tuttavia mai menzionarla.

In conclusione

Nella sentenza della Cassazione 12965/2016 la imprescindibile onnicomprensività dei costi attinenti al credito, sancita dall'art. 644 c.p. viene sacrificata ad una petizione di principio di omogeneità/simmetria, che vizia la determinatezza e tassatività, riposta esclusivamente nella legge.

Si rimane alquanto esterrefatti dal costrutto logico seguito, ma ancor più basiti dalla singolare conclusione alla quale si perviene. La Cassazione, condizionata pregiudizialmente dal simulacro dell'omogeneità, assunto a principio, stravolge il vincolo di legge, presidiato penalmente, lasciando il passo ai criteri di una rilevazione statistica, con le singolari e mutevoli correzioni apportate nelle Istruzioni e nelle FAQ dalla Banca d'Italia, intrise di una speciosa soggettività e opacità, oltre che di palesi discordanze. Si perviene addirittura a legittimare le devianti indicazioni di indirizzo espresse nella Circolare del 2 dicembre 2005, non accolte nei decreti ministeriali, né recepite nelle successive Istruzioni, poste al di fuori e, per pregnanti aspetti, in palese contrapposizione alla norma di legge.

L'abnorme lievitazione delle sofferenze bancarie e le rigide preclusioni comunitarie a forme dirette di sostegno agli intermediari fanno insorgere il pregiudizio che, nelle ‘contorsioni' ermeneutiche della sentenza in commento, traspaia l'interferenza di motivazioni diverse, succedanee e traverse, estranee ad un equilibrato ed indipendente giudizio. I nessi logici e causali dispiegati nella pronuncia in esame rivelano la debolezza e forzatura di una sentenza che, per assumere una pregnanza politica, abbisogna di essere creativa, criptica e apodittica. Ne emerge una impregiudicata ingerenza della Banca d'Italia, che antepone l'egemonia del credito e la stabilità dell'intermediario ai presidi posti dall'ordinamento a tutela del consumatore e dell'impresa.

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