Niente imposta per l’associato in partecipazione che si limita a condividere i servizi
30 Gennaio 2015
Non tutte le associazioni in partecipazioni fanno discendere, per il solo fatto di essere costituite, l'automatica soggezione ad IRAP dei propri associati, non quelle finalizzate esclusivamente all'utilizzo comune di sedi, attrezzature e personale amministrativo.
Questo il principio espresso dalla Cassazione, nella sentenza del 28 gennaio scorso, n. 1662, che non potrà che essere accolto con soddisfazione dai moltissimi professionisti interessati. La decisione va a rafforzare e ampliare l'orientamento di legittimità in tema di IRAP, già molto favorevole al contribuente, sancendo che anche in caso di associazione in partecipazione la debenza dell'imposta è tutt'altro che scontata. È da escludersi, infatti, per gli Ermellini, quando la fattispecie non integra un'ipotesi di esercizio in forma associata di un'arte o una professione, bensì una “mera condivisione di servizi” (e delle relative spese) tra soggetti “ognuno dei quali svolge autonomamente la propria attività, trattenendone interamente il relativo reddito e senza alcuna partecipazione al reddito derivante dall'attività degli altri”.
Come chiarito dalla Corte, gli elementi offerti dall'Agenzia per dimostrare la sussistenza dell'autonoma organizzazione, ovvero l'utilizzo di beni strumentali e di lavoro altrui (messi a disposizione dall'associazione), possono assumere rilevanza solo se effettivamente idonei a integrare “un contesto organizzativo esterno” rispetto all'operato del professionista e non si limitino ad essere una “mera agevolazione delle relative modalità di svolgimento”. |