Benefici per i trasferimenti immobiliari post divorzio

La Redazione
22 Febbraio 2016

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3110/2016, alla luce del mutato assetto normativo derivante dal D.Lgs. n. 132/2014 ha affermato che le imposte di bollo e di registro non si applicano per gli atti che vengono avviati con gli accordi di divorzio.

Niente imposta di bollo e di registro per gli atti che i coniugi avviano con gli accordi di divorzio. Infatti, il beneficio stabilito dall'art. 19 della Legge n. 74/1987 non si applica soltanto per gli atti correlati all'affidamento dei figli, ma può essere esteso anche al divorzio in virtù del mutato assetto normativo. È questo il disposto della sentenza del 17 febbraio 2016, n. 3110, della Corte di Cassazione.

Nel contenzioso in esame, il fisco aveva presentato ricorso contro un contribuente; ricorso che è stato rigettato. L'Amministrazione finanziaria aveva contestato l'applicazione dell'art. 19 della Legge n. 74/1987, in merito ad un trasferimento immobiliare per il quale l'avviso di liquidazione impugnato aveva disposto l'assoggettamento a tassazione ordinaria, senza considerare che l'acquisto del terreno da parte del contribuente non era conseguenza di uno scioglimento della comunione legale tra i coniugi, poiché tra essi vigeva il regime di separazione dei beni.

La Cassazione ha però negato l'accoglimento del ricorso dell'Erario. Infatti, secondo l'orientamento giurisprudenziale, l'estensione dell'esenzione può essere effettuata “a tutti gli atti e convenzioni che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniuge”. A contrario, quindi, l'esenzione non si può applicare per atti ed accordi non finalizzati allo scioglimento della comunione tra coniugi a seguito di una operazione, bensì occasionalmente generati dalla separazione stessa.

I giudici hanno poi focalizzato l'attenzione sul mutato assetto normativo.

È infatti notorio, hanno affermato, come un orientamento dottrinale ormai consolidato distingua tra accordi di separazione e accordi stipulati in occasione della separazione, affermando che atti che trasferiscano patrimoni dall'uno all'altro coniuge debbano ricondursi nelle “condizioni della separazione” quali contratti denominati “della crisi coniugale”. Ora, l'accordo stipulato davanti al sindaco, non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, secondo quanto convenuto con il recente D.L. n. 132/2014. Nell'ambito di eventi che i Giudici definiscono di “degiurisdizionalizzazione”, sono stati ridotti gli interventi dell'autorità giudiziaria anche in diritto familiare: ora, secondo la Suprema Corte, viene “riconosciuto il carattere di negoziazione globale a tutti gli accordi di separazione che, anche attraverso la previsione di trasferimenti mobiliari o immobiliari, siano volti a definire in modo tendenzialmente stabile la crisi coniugale, destinata a sfociare, da lì a breve, nella cessazione degli effettivi civili del matrimonio concordatario o nello scioglimento del matrimonio civile”. In tale contesto, non sembra ai giudici che si possa negare che detti negozi, intesi come “atti relativi al procedimento di separazione o divorzio” possano usufruire dell'esenzione di cui alla Legge n. 74/1987.

Pertanto, è stato bocciato il ricorso del Fisco, e annullato l'avviso di liquidazione in merito alla registrazione del trasferimento della quota del terreno.

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