Marco Giardetti
05 Marzo 2024

Il Governo Renzi, nel giro di pochi mesi è intervenuto per ben due volte sulla materia giuslavoristica, nel solco oramai tracciato dal nostro legislatore negli ultimi due anni, che hanno visto il susseguirsi di ben quattro riforme in materia. In particolare: la Legge n. 92/2012 (cd. Legge Fornero); la Legge n. 99/2013 (cd. Legge Giovannini); D.L. n. 34/2014 (cd. Legge Poletti); Legge n. 183/2014 (il cd. Jobs Act definitivo), con la quale sono state gettate le basi per una modifica dell'intero sistema legislativo giuslavoristico sino ad oggi conosciuto, da realizzarsi attraverso diversi decreti attuativi delle deleghe ivi contenute.In tutti e quattro gli interventi sopra citati si è data nuova veste ad istituti che oramai risentivano, a torto od a ragione, di una impostazione normativa oramai non più coerente con quelle che erano le interpretazioni che la giurisprudenza dava loro. Si pensi al contratto a progetto la cui impalcatura è stata definitivamente cristallizzata dal legislatore recependo quelli che erano gli insegnamenti della giurisprudenza. Oppure al contratto a termine, strumento essenziale per le imprese ma che oramai era per le stesse divenuto una sorta di mannaia atteso la pressoché certa conversione in contratto a tempo indeterminato che avveniva nelle aule giudiziarie. Di qui lo strumento più snello del contratto a termine acausale che non solo non necessità più dell'indicazione delle ragioni per cui vi si ricorreva, ma non è soggetto a conversione a meno di superamento dei 36 mesi complessivi di durata frazionati anche in più contratti. Ebbene il Jobs Act interviene nuovamente a gamba tesa sulla materia riscrivendo la materia del licenziamento, eliminando di fatto la reintegra per le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e mantenendola solo per le ipotesi di licenziamento disciplinare per insussistenza del fatto materiale eliminando tuttavia il riferimento alla proporzionalità della sanzione. Sicchè la reintegra sarà esclusa anche nelle ipotesi di licenziamento per un fatto previsto dai CCNL come meritevole di sanzione conservativa. Allo stesso modo il Jobs Act è intervenuto in maniera profonda sulla disciplina dei contratti eliminando difatti una pletora di figure prima conosciute e previste dal legislatore, vietandone l'utilizzo.Ed ancora si è intervenuti a piè pari sia sull'art. 2103 c.c. disciplinando in maniera nuova il mutamento delle mansioni, sia sugli articoli 3 e 4 della Legge n. 300/1970 in tema di controlli a distanza innovando e limitando rispetto a prima l'ingerenza di organismi terzi sulla facoltà del datore di lavoro di utilizzare strumenti di controllo dei dipendenti.

Inquadramento

Il Governo Renzi, nel giro di pochi mesi, è intervenuto per ben due volte sulla materia giuslavoristica, nel solco oramai tracciato dal nostro legislatore negli ultimi due anni, che hanno visto il susseguirsi di ben quattro riforme in materia.

In particolare:

  • la Legge n. 92/2012 (cd. Legge Fornero);
  • la Legge n. 99/2013 (cd. Legge Giovannini);
  • il D.L. n. 34/2014 (cd. Legge Poletti);
  • la Legge n. 183/2014 che oggi si commenta (il cd. Jobs Act definitivo), con la quale sono state gettate le basi per una modifica dell'intero sistema legislativo giuslavoristico sino ad oggi conosciuto, da realizzarsi attraverso diversi decreti attuativi delle deleghe ivi contenute.

In tutti e quattro gli interventi sopra citati si è data nuova veste ad istituti che risentivano, a torto od a ragione, di una impostazione normativa oramai non più coerente con quelle che erano le interpretazioni che la giurisprudenza dava loro. Si pensi al contratto a progetto, la cui impalcatura è stata definitivamente cristallizzata dal legislatore recependo quelli che erano gli insegnamenti della giurisprudenza. Oppure al contratto a termine, strumento essenziale per le imprese, ma che oramai era per le stesse divenuto una sorta di mannaia, attesa la pressoché certa conversione in contratto a tempo indeterminato che avveniva nelle aule giudiziarie. Di qui lo strumento più snello del contratto a termine acausale che non solo non necessita dell'indicazione delle ragioni per cui vi si ricorre, ma che non è neppure soggetto a conversione, a meno di superamento dei 36 mesi complessivi di durata frazionati anche in più contratti.

Ebbene, il Jobs Act interviene nuovamente sulla materia, riscrivendo l'istituto del licenziamento: si elimina, di fatto, la reintegra per le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, mantenendola solo per le ipotesi di licenziamento disciplinare per insussistenza del fatto materiale senza, però, mantenere il riferimento alla proporzionalità della sanzione. Sicché la reintegra sarà esclusa anche nelle ipotesi di licenziamento per un fatto previsto dai CCNL come meritevole di sanzione conservativa.

Allo stesso modo il Jobs Act è intervenuto in maniera profonda sulla disciplina dei contratti eliminando difatti una pletora di figure prima conosciute e previste dal legislatore, vietandone l'utilizzo.

Ed ancora si è intervenuti a piè pari sia sull'art. 2103 c.c. disciplinando in maniera nuova il mutamento delle mansioni, sia sugli articoli 3 e 4 della Legge n. 300/1970 in tema di controlli a distanza innovando e limitando rispetto a prima l'ingerenza di organismi terzi sulla facoltà del datore di lavoro di utilizzare strumenti di controllo dei dipendenti.

Evoluzione normativa

Il Decreto Legge n. 34/2014 (“Misure urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione”), cd. Legge Poletti, ha rappresentato solamente la prima parte di quella più ampia ed organica riforma del mercato del lavoro invocata e preannunciata dal Governo Renzi con il nome di Jobs Act.

In particolare, quest'ultimo è stato contraddistinto da due interventi normativi:

  • il Decreto Legge n. 34/2014 che ha introdotto importanti novità in tema di contratti a termine e di somministrazione a termine, apprendistato, anagrafe dei lavoratori, DURC e contratti di solidarietà;
  • il disegno di Legge Delega oggi sfociato nella Legge n. 183/2014, con il quale sono stati individuati e demandati al Governo la riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, la semplificazione delle procedure e degli adempimenti, oltre al riordino dei rapporti di lavoro e delle forme contrattuali che li regolano, nonché delle misure di sostegno alla maternità e alla conciliazione.

Decreto Legge n. 34/2014 (Legge Poletti)

Il Decreto Legge n. 34/2014 conteneva disposizioni in materia di contratto a termine, contratto di apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà.

In particolare, il testo si componeva di sei articoli.

L'articolo 1 conteneva disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d. lavoro a termine) e somministrazione di lavoro a tempo determinato, con l'obiettivo di facilitare il ricorso a tali tipologie contrattuali.

A tal fine la disposizione modificava in più parti il D.Lgs. n. 368/2001 e il D.Lgs. n. 276/2003, prevedendo:

  • l'innalzamento da 12 a 36 mesi, comprensivi di eventuali proroghe, della durata del rapporto a tempo determinato (contratto a tempo determinato o somministrazione a tempo determinato) che non necessita dell'indicazione della causale per la sua stipulazione (c.d. contratto acausale);
  • che il numero complessivo di rapporti di lavoro a termine costituiti da ciascun datore di lavoro non potrà eccedere il limite del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato alle sue dipendenze al 1° gennaio dell'anno di assunzione, fermo restando che per le imprese che occupano fino a 5 dipendenti è comunque sempre possibile stipulare un contratto a tempo determinato;
  • un numero massimo di cinque proroghe, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato stipulato;
  • varie disposizioni che ampliano e rafforzano il diritto di precedenza delle donne in congedo di maternità per le assunzioni da parte del datore di lavoro, nei 12 mesi successivi, in relazione alle medesime mansioni oggetto del contratto a termine.

L'articolo 2 conteneva disposizioni in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificarne la disciplina.

A tal fine, la disposizione modificava in più parti il D.Lgs. n. 167/2011 e la L. n. 92/2012, prevedendo:

  • modalità semplificate di redazione del piano formativo individuale sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva e dagli enti bilaterali;
  • che l'obbligo di stabilizzazione riguardi i soli datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti e che la quota minima di apprendisti da stabilizzare sia del 20%;
  • che per quanto attiene alla retribuzione dell'apprendista, fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva e in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, si debba tener conto delle ore di formazione almeno nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo;
  • che in materia di formazione, stante la sua obbligatorietà, la Regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014.

Gli articoli 3, 4 e 5 trattavano rispettivamente:

  • dell'elenco anagrafico dei lavoratori al fine di garantire la parità di trattamento delle persone in cerca di occupazione in uno degli Stati membri dell'UE (ossia indipendentemente dal luogo di residenza);
  • della “smaterializzazione” del documento di regolarità contributiva (cd. “DURC”) attraverso una semplificazione dell'attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione;
  • dei contratti di solidarietà prevedendo maggiori risorse finanziarie per l'accesso da parte dei datori di lavoro a tale ammortizzatore sociale.

In evidenza: Decreto Poletti

Le materie toccate dal Decreto Poletti, prima parte del più organico Jobs Act, sono quindi i contratti a termine, di apprendistato, il DURC, i contratti di solidarietà e la creazione dell'elenco anagrafico dei lavoratori.

Legge n. 183/2014, il cd. Jobs Act definitivo

La Legge Delega, la Legge n. 183/2014 oggi in commento, contiene cinque deleghe legislative, che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro:

  • delega in materia di ammortizzatori sociali, finalizzata a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI). Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei singoli, nonché di razionalizzare la normativa in materia d'integrazione salariale;
  • delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, avente lo scopo di riordinare la normativa in materia di servizi per il lavoro, per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale, razionalizzando gli incentivi all'assunzione e all'autoimpiego e istituendo una cornice giuridica nazionale che faccia da riferimento anche per le normative regionali e provinciali. La delega prevede, in particolare, con l'obiettivo di unificare la gestione delle politiche attive e passive, l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'occupazione (con competenze gestionali in materia di servizi per l'impiego, politiche attive e ASpI, con il contestuale riordino degli enti operanti nel settore) e il rafforzamento dei servizi per l'impiego, valorizzando le sinergie tra servizi pubblici e privati; si prevedono, inoltre, la valorizzazione delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche attive per il lavoro e interventi di semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive;
  • delega in materia di semplificazione delle procedure e degli adempimenti, per conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, al fine di ridurre gli adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, si vuole diminuire il numero di atti amministrativi inerenti al rapporto di lavoro, attraverso specifiche modalità (ad es. l'unificazione delle comunicazioni alle P.A. per gli stessi eventi, l'obbligo di trasmissione di dati tra le diverse amministrazioni, l'abolizione della tenuta di documenti cartacei e la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino);
  • delega in materia di riordino delle forme contrattuali e dell'attività ispettiva, finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro e ai riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo, nonché a rendere più efficiente l'attività ispettiva. In particolare, si prevede la redazione di un testo organico di disciplina delle varie tipologie contrattuali (con possibilità di superamento di alcune di esse); la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio; l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo; la ridefinizione della disciplina vigente in materia di mansioni (con la possibilità di “demansionamenti”) e controllo a distanza dei lavoratori;
  • delega in materia di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, avente lo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. A tal fine si prevede, in particolare, l'estensione del diritto alla prestazione di maternità alle lavoratrici madri cd. “parasubordinate”; l'introduzione di un credito d'imposta per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o disabili non autosufficienti (al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo) e l'armonizzazione del regime delle detrazioni (dall'imposta sui redditi) per il coniuge a carico; la promozione del telelavoro; l'incentivazione di accordi collettivi volti a facilitare la flessibilità dell'orario di lavoro e l'impiego di premi di produttività; la possibilità di cessione dei giorni di ferie tra lavoratori per attività di cura di figli minori; la promozione dell'integrazione dell'offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle aziende e dagli enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona.

In evidenza: Jobs Act

Le materie toccate dal Jobs Act definitivo di Renzi sono gli ammortizzatori sociali, i servizi per il lavoro e le politiche attive, la semplificazione delle procedure e degli adempimenti, il riordino della materia contrattuale e della disciplina sui licenziamenti ed infine la conciliazione tra le esigenze lavorative e quelle di vita e lavoro.

Contratti a tutele crescenti e licenziamento: D.Lgs. n. 23/2015

Il decreto attuativo riguarda in principal modo i licenziamenti per i quali è stata eliminata la tutela reintegratoria nella fattispecie di giustificato motivo oggettivo per mantenerla solo in quelle disciplinari ma nella sola ipotesi di insussistenza del fatto e senza più alcun riferimento al concetto di proporzionalità.

Licenziamenti individuali

La disciplina prevista per i licenziamenti discriminatori, nulli o intimati in forma orale è rimasta tale in quanto per il lavoratore è ancora prevista la reintegra in azienda o, in alternativa, la facoltà di esercitare il cosiddetto diritto di opzione, ossia ottenere in luogo della reintegra il pagamento di un'indennità pari a 15 mensilità, fermo restando il diritto al risarcimento del danno per le retribuzioni perdute dalla data del licenziamento all'effettiva reintegrazione con il minimo di cinque mensilità.

Laddove invece il legislatore è intervenuto a gamba tesa è riguardo al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dove è stata eliminata del tutto la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo.

Ed infatti, in tale ultimo caso il lavoratore avrà diritto a un'indennità certa e crescente in funzione dell'anzianità di servizio: due mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità.

Medesima conseguenza in ipotesi di licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o giusta causa. Dove però, a differenza che in quelle precedenti, il lavoratore potrà essere reintegrato esclusivamente nel caso in cui sia «dimostrata direttamente in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento».

Risultano poi modificate anche le sanzioni indennitarie introdotte dalla riforma Fornero per il licenziamento affetto da vizi formali (violazione dei requisiti di motivazione del licenziamento) e procedurali (mancato rispetto della procedura disciplinare di cui all'articolo 7 dello Statuto). Ed infatti, in entrambi i casi è previsto che il datore dovrà versare al lavoratore un'indennità crescente di importo pari a una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di due e un massimo di 12 mensilità.

Licenziamenti collettivi

Estremamente innovativa è la parificazione dei licenziamenti collettivi a quelli individuali in caso di illegittimità del licenziamento. Ed infatti qualora siano licenziati lavoratori con contratto a tutele crescenti, in caso di violazione della procedura o dei criteri di scelta ci sarà esclusivamente la tutela indennitaria (minimo quattro, massimo 24 mensilità).

Il contratto di ricollocazione

Importante previsione è quella che concerne l'introduzione di uno strumento di forte sostegno per il lavoratore quale il contratto di ricollocazione che interviene laddove il dipendente licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo avrà diritto a ricevere dal Centro per l'impiego un voucher il cui importo sarà proporzionato al profilo personale di occupabilità (ossia il grado di difficoltà nel trovare un nuovo impiego).

Esclusione del rito Fornero

Per i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015, viene escluso il rito Fornero e la sua applicabilità. Tale scelta è alquanto discutibile in quanto, se è vero che il rito veloce aveva creato problemi, ciò era dovuto al fatto di dover convivere con il rito ordinario ex art. 414 c.p.c. per cause extra licenziamento con inevitabile intreccio e confusione sul rito da applicare. Aver eliminato il rito veloce per mantenere in vita un rito, quello ex art. 414 c.p.c., che già due anni fa si era capito non essere sufficientemente tutelante in punto di certezza del diritto (visti i tempi di conclusione del processo), non appare essere la soluzione migliore.

In evidenza: Delega su licenziamenti

Il Jobs Act è intervenuto in materia di licenziamento in maniera molto precisa:

  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo: no reintegra, ma solo una risarcimento da 4 a 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;
  • licenziamento disciplinare: reintegra solo per manifesta insussistenza del fatto; negli altri casi risarcimento da 4 a 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;
  • licenziamento discriminatorio o, più in generale, nullo: reintegra
Il decreto attuativo sugli ammortizzatori sociali: D.Lgs. n. 148/2015

L'intervento in materia di ammortizzatori sociali è finalizzato a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI).

Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei singoli, nonché di razionalizzare la normativa in materia d'integrazione salariale.

In particolare, ad oggi l'unico decreto attuativo emanato in relazione a tale delega è quello riguardante la NASPI, strumento che va a sostituire ASpI e Mini-ASpI, l'ASDI e il DIS-COLL.

In evidenza: Delega su ammortizzatori sociali

Il Jobs Act è intervenuto in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria, introducendo tre nuovi strumenti:

  • il NASPI, che andrà a sostituire l'ASpI e la Mini-ASpI, durerà 24 mesi e verrà calcolata in base alle settimane di contribuzione del lavoratore nell'arco degli ultimi 4 anni di lavoro;
  • l'ASDI, verrà erogato per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75% dell'ultimo trattamento percepito ai fini della NASPI, se non superiore alla misura dell'assegno sociale;
  • il DIS-COLL, sussidio per i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA.
Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (cd. NASPI)

"NASPI", ossia la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego, sostituisce ASpI e Mini-ASpI.

Il nuovo assegno unico di disoccupazione

Nata sostanzialmente per sostituire le prestazioni di ASpI e Mini-ASpI, introdotte dall'art. 2 della Legge 28 giugno 2012, n. 92, entrerà in vigore a partire da maggio 2015, durerà 24 mesi e verrà calcolata in base alle settimane di contribuzione del lavoratore nell'arco degli ultimi 4 anni di lavoro.


In particolare, il decreto attuativo del Jobs Act stabilisce: A decorrere dal 1 maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, e nell'ambito dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) introdotta dalla Riforma Fornero, una indennità mensile di disoccupazione, denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.”

È entrato in vigore dal primo maggio 2015, ne avranno diritto i dipendenti privati, a tempo indeterminato e a termine, e quelli pubblici assunti a termine.
L'importo viene calcolato in base alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.

La NASPI spetta a coloro che hanno perso involontariamente il lavoro e che abbiano questi requisiti:

  • siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
  • possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
  • possano far valere diciotto giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

La nuova ASpI, ossia la NASPI, è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 40 dell'articolo 1 della Legge n. 92/2012.

Il mantenimento del diritto alla fruizione del NASPI

L'erogazione della NASpI è condizionata (cd. "regole di condizionalità"), a pena di decadenza dalla prestazione:

  • alla permanenza dello stato di disoccupazione;
  • alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa, nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti ai sensi dell'art. 1 comma 2 lett. g) del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni.
Assegno di disoccupazione (cd. ASDI)

L'ASDI è il cosiddetto Assegno di disoccupazione introdotto nel maggio 2015 in via sperimentale.

In particolare, la funzione dichiarata dell'istituto è quella di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori percettori della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego NASPI che abbiano fruito di questa per l'intera sua durata senza trovare occupazione e che si trovino in una condizione economica di bisogno.

Quanto alle caratteristiche della misura, va sottolineato come l'ASDI verrà erogato per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75% dell'ultimo trattamento percepito ai fini della NASPI, se non superiore alla misura dell'assegno sociale.

Il sostegno economico è condizionato all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l'impiego.

Pertanto, la partecipazione alle iniziative di attivazione proposte sarà obbligatoria, pena la perdita del beneficio.

Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto (cd. DIS-COLL)

Altra misura sperimentale per il 2015, è pensata come sussidio per i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA.

La misura dopo un primo anno in via sperimentale (1° gennaio 2015 - 31 dicembre 2015) è stata prorogata dalla Legge di Stabilità per tutto l'anno 2016 nei limiti delle risorse disponibili.

La misura spetterà a coloro che presentino congiuntamente tutti i seguenti requisiti:

  • siano, al momento della domanda di prestazione, in stato di disoccupazione;
  • possano far valere almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro;
  • possano far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà del importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione.

Le novità introdotte con il D.Lgs. n. 81/2015 in tema di riordino dei contratti; gli ulteriori decreti attuativi

Il Jobs Act ha introdotto sostanziali innovazioni in relazione alle prestazioni di lavoro svolte dai collaboratori.

Ed infatti il provvedimento, in vigore dallo scorso 25 giugno 2015 abroga gli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 (in buona sostanza, le collaborazioni continuative o a progetto, restando la relativa disciplina transitoriamente operativa fino alla naturale scadenza dei contratti di tale tipologia già attivati alla data di entrata in vigore della riforma) e, al contempo, fa salve le collaborazioni previste dall'art. 409 c.p.c., ossia i rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

Pertanto dal 25 giugno 2015, non potranno più esser sottoscritti:

  • contratti a progetto, ossia le cd. collaborazioni coordinate e continuative a progetto;
  • le prestazioni occasionali di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell'ambito dei servizi di cura ed assistenza alla persona, rapporti di durata non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro;
  • le collaborazioni svolte dai percettori di pensione di vecchiaia;

Non opereranno più le presunzioni di collaborazione coordinata e continuativa (introdotte dalla Legge Fornero con finalità antielusive) per i titolari di partita IVA che svolgono la prestazione secondo determinate modalità. Ciò onde compensare i forti limiti introdotti in virtù di quanto precede.

Ed infatti l'art. 2 del decreto attuativo sui contratti afferma che dal prossimo 1° gennaio 2016 si applicherà la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che risulteranno carenti di autonomia operativa in quanto “si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Pertanto vigerà una presunzione assoluta di lavoro subordinato al ricorrere delle seguenti condizioni:

  • prestazione svolta in modo esclusivamente personale: resa, cioè, dal collaboratore senza una minima organizzazione e/o senza avvalersi dell'apporto, sia pur minimo, altrui;
  • prestazione svolta in via continuativa: ricorre quando la prestazione perduri nel tempo e comporti un impegno costante e abbastanza lungo del prestatore a favore del committente;
  • modalità di svolgimento della prestazione etero organizzata dal committente: al collaboratore deve essere lasciata piena ed assoluta autonomia operativa con facoltà di decidere «se», «quando», «come» e «dove» svolgere la prestazione oggetto del contratto. Solo garantendo questa libertà organizzativa a favore del lavoratore il rapporto potrà definirsi genuinamente di collaborazione.

Rimangono quindi in vita solo i co.co.co purché la prestazione non abbia i requisiti sopra detti e vietati.

La nuova normativa consente, a tal riguardo, anche la possibilità per il datore di lavoro di certificare l'assenza dei citati requisiti mediante il ricorso a Commissioni specifiche e in tal caso prevedendo la possibilità per il lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. Ciò al fine di evitare eccezioni volte a contestare la validità degli stessi (difatti, si rammenta che il contratto certificato acquista piena forza di legge e dispiega i propri effetti verso i terzi).

L'art. 2 della riforma prevede che non comportino il riconoscimento della natura subordinata del rapporto le seguenti prestazioni:

  • particolari collaborazioni disciplinate dai CCNL;
  • collaborazioni per le quali è richiesta l'iscrizione ad albi professionali;
  • attività rese da amministratori e sindaci di società e da partecipanti a collegi e commissioni;
  • rapporti istituzionali nelle associazioni e società sportive dilettantistiche.
I contratti a progetto

Certamente il maggior impatto lo si è avuto sui contratti a progetto.

Ed infatti il D.Lgs. n. 81/2015 (ossia il secondo decreto attuativo del Jobs Act) introduce tre norme fondamentali in tema di contratti a progetto.

L'art. 54 (“Superamento del contratto a progetto”), in virtù di tale norma quindi non sarà più possibile assumere personale con contratto a progetto, atteso che la relativa norma è stata abrogata dall'ordinamento.

L'art. 56 (“Stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA”). In virtù di quanto precede quindi si arriva a dedurre, sintetizzando che:

  1. dal 25 giugno 2015 non possono stipularsi più nuovi contratti a progetto;
  2. i contratti a progetto in essere al 25 giugno 2015 potranno rimanere in vigore sino a naturale scadenza;
  3. al datore di lavoro è data la possibilità di trasformare entro il 1° gennaio 2016 i contratti di cui al punto b) che precede in contratti di natura subordinata a tempo indeterminato beneficiando degli sgravi contributivi per tre anni, purché sigli una conciliazione che da un lato elimina ogni rischio rispetto a rivendicazioni del lavoratore sui periodi pregressi ma che dall'altro garantisca agli stessi la stabilità del rapporto per 12 mesi successivi alla trasformazione (unica ipotesi di recesso è quello disciplinare).

Tuttavia, rispetto a quanto precede va considerato quanto previsto dall'art. 2 del medesimo D.Lgs. n. 81/2015 (“Collaborazioni organizzate dal committente”).

Tale previsione in buona sostanza rischia di annullare la possibilità della permanenza in essere sino a naturale scadenza dei contratti a progetto in vigore alla data del 25 giugno 2015, atteso che il testo dell'appena citato art. 2, D.Lgs. 81/2015 pare attagliarsi in pieno proprio ai contratti a progetto, comportando pertanto una presunzione assoluta di natura subordinata di tali contratti proprio dal 1° gennaio 2016.

Pertanto, se da un lato non c'è un obbligo espresso di trasformazione entro il 1°gennaio 2016 dei contratti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, dall'altro c'è una presunzione assoluta in virtù della quale, in caso di rivendicazioni giudiziali da parte dei lavoratori a progetto vi sarebbe, sempre a seguito di un processo, una conversione automatica del rapporto in tempo indeterminato con tutti gli oneri retributivi e contributivi che ne seguono relativi agli anni di rapporto a progetto.

In buona sostanza, considerato che il legislatore non poteva operare una conversione di diritto dei rapporti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, da un lato vieta di stipularne di nuovi ma dall'altro rimette al rischio dell'impresa non trasformare quelli in essere introducendo la presunzione assoluta suddetta che, in pratica, è una sorta di trasformazione implicita, esponendo quest'ultima alla pressoché certa conversione del rapporto in caso di rivendicazioni del lavoratore.

In ragione di quanto precede le opzioni relative ai contratti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, sono le seguenti:

  1. rispetto della naturale scadenza, con il rischio che in caso di contenzioso operi la presunzione di cui al citato art. 2, D.Lgs. n. 81/2015;
  2. rispetto della naturale scadenza, ma con conciliazione sindacale entro il 1° gennaio 2016, con cui il lavoratore rinunci a qualsiasi rivendicazione pregressa. In tal caso si eliminerebbe il rischio per il pregresso ma chiaramente rimarrebbe operante la presunzione e quindi il rischio di cui al punto che precede per il periodo che residua sino alla scadenza naturale;
  3. trasformazione del rapporto entro il 1° gennaio 2016, con fruizione dei benefici contributivi, ossia degli sgravi per singolo dipendente sino ad € 8.060,00 di contributi all'anno per tre anni. In tal caso il rapporto assumerebbe le forme della subordinazione con tutti gli istituti connessi (ferie, malattia …)

In evidenza: Delega su contratti

Il Jobs Act è intervenuto in materia di contratti eliminando:

  • i contratti a progetto;
  • le collaborazioni occasionali;
  • le collaborazioni dei pensionati di vecchiaia.

Al contempo ha introdotto delle presunzioni assolute di subordinazione per quei contratti a progetto ancora in essere alla data del 1° gennaio 2016 qualora in possesso dei requisiti di subordinazione previsti dal decreto attuativo.

È stato infine eliminato l'art. 69-bis, D.Lgs. n. 276/2003 in tema di limitazioni alle partite IVA.

Mutamento di mansioni

Il Jobs Act ha innovato in profondità anche l'art. 2103 c.c. consentendo il mutamento di mansioni solo laddove ci siano ragioni predeterminate e ben individuate che lo giustifichino.

Anzitutto, come noto, l'art. 2103 c.c sancisce il principio imperativo ed inderogabile in virtù del quale viene tutelata la professionalità del prestatore di lavoro nonché il diritto a prestare l'attività lavorativa per la quale si è stati assunti o si è successivamente svolta, vietandone l'adibizione a mansioni inferiori, con conseguente nullità di ogni patto a ciò contrario.

Il Jobs Act prevede, all'art. 1, comma 7, lettera e), una revisione della disciplina delle mansioni che tenga conto dell'interesse che ha l'impresa ad impiegare al meglio i dipendenti e dell'interesse dei lavoratori a veder tutelata la propria professionalità, ma anche il posto di lavoro e, quindi, le condizioni di vita ed economiche della propria famiglia.

E ciò consentendo un mutamento di mansioni, diversificato, a seconda delle ragioni che lo giustificano.

Anzitutto, in virtù della riforma, il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

Viene tra l'altro innalzato da tre a sei mesi il periodo di lavoro continuativo che può far scattare il diritto all'inquadramento in un livello superiore, periodo che può essere anche stabilito in misura diversa dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il demansionamento sarà consentito alle seguenti condizioni:

  • modifica dell'organizzazione aziendale che incida sulla categoria della risorsa, purché la stessa rimanga nella medesima;
  • previsione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In tali casi, il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa;
  • accordo individuale tra le parti, da chiudersi in sede protetta, che modifichi le mansioni, il livello di inquadramento e la relativa retribuzione purché finalizzato alla conservazione del posto da parte della risorsa, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Sulla riforma dei controlli a distanza dei lavoratori

La disciplina dei controlli a distanza è stata sempre estremamente rigida e connotata da rigidi paletti volti a limitare qualsiasi ingerenza autonoma del datore di lavoro sull'attività svolta dai dipendenti.

Ed infatti sino ad oggi era vietato l'utilizzo di «impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori», tranne che per motivi organizzativi, produttivi o di sicurezza e comunque previo accordo o richiesta all'Ispettorato del Lavoro e con possibilità per i sindacati di presentare eventuale ricorso.

L'articolo 4 del decreto attuativo sul riordino dei rapporti di lavoro prevede oggi una revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore e introduce una distinzione tra:

  • impianti audiovisivi;
  • strumenti di lavoro e badge.

In virtù delle innovazioni introdotte, mentre nel primo caso (esempio classico le telecamere), strumenti audiovisivi possono esser autorizzati solo per esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale e serve ancora un accordo sindacale o, in mancanza, una autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro, nel caso di strumenti che il dipendente utilizza per lavorare o di registrazione presenze, non c'è bisogno di nessun accordo né autorizzazione.

Viene poi fatta salva la possibilità di utilizzare i dati raccolti con le apparecchiature installate, purché il lavoratore sia stato adeguatamente informato sulle modalità d'uso degli strumenti, effettuazione dei controlli in sede di stipula del contratto di assunzione.

In evidenza: delega su controlli a distanza

La materia dei controlli a distanza ha trovato innovazione per quanto riguarda la possibilità di agire senza accordi sindacali o autorizzazioni della DTL nei casi di strumenti utilizzati dal dipendente per lavorare o per registrare le presenze.

Decreto attuativo in tema di razionalizzazione e semplificazione della attività ispettiva: D.Lgs. n. 149/2015

Il legislatore introduce, al fine di semplificare l'attività ispettiva, un organo unico all'uopo competente, ossia l'Ispettorato Nazionale del Lavoro che avrà la funzione di coordinare le attività di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione ed assicurazione obbligatoria.

Viene prevista da un lato una forte autonomia dell'Organo che, nel realizzare quanto sopra, avrà la facoltà di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello in forza presso INPS e INAIL).

Proprio all'INPS ed all'INAIL è dato obbligo di mettere a disposizione dell'Ispettorato l'accesso a dati ed informazioni necessarie alle attività dello stesso.

Nell'ottica, poi, di un generale e progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l'Ispettorato Unico è prevista la stipula di appositi protocolli anche con i servizi ispettivi delle ASL e il generale obbligo per tutti gli organi che svolgono funzioni ispettive di raccordarsi con l'Ispettorato Nazionale.

Decreto attuativo in tema di rapporti di lavoro e pari opportunità: D.Lgs. n. 150/2015

Con tale decreto attuativo si è intervenuti su tre fronti estremamente importanti quali:

  • la semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese;
  • i rapporti di lavoro;
  • le pari opportunità.

Rispetto alla semplificazione, anzitutto si è mirato ad indirizzare l'intervento rispetto alle persone in condizione di disabilità ai fini del loro inserimento mirato e prevedendo la possibilità per i datori di lavoro di assumere gli stessi mediante richiesta nominativa, di disabili inseriti nelle apposite liste.

Viene altresì introdotta la possibilità di computare nella quota di riserva i lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità anche se non assunti tramite le procedure del collocamento mirato.

Sempre in tale ambito, vengono favoriti gli incentivi al datore all'assunzione di persone disabili mediante la previsione della corresponsione diretta della somma al datore di lavoro da parte dell'INPS.

La semplificazione ha toccato anche la costituzione e gestione del rapporto di lavoro attraverso l'introduzione di un Libro Unico del Lavoro telematico, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'obbligo dell'utilizzo della via telematica per ogni comunicazione inerente il rapporto di lavoro.

Di estrema importanza è l'intervento rispetto alle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, andandosi a modificare la cosiddetta maxisanzione per lavoro nero, ora disciplinata da importi sanzionatori per fasce e dalla reintroduzione della procedura di diffida.

Per quanto riguarda gli interventi in materia di rapporti di lavoro, il decreto attuativo ha previsto una nuova disciplina in tema di controlli a distanza del lavoratore, la cessione a titolo gratuito di riposi e ferie maturati tra i dipendenti di un medesimo datore di lavoro al fine di assistere figli in precarie condizioni di salute, l'introduzione delle dimissioni e della risoluzione del rapporto in via telematica.

Rispetto alle pari opportunità, il decreto è intervenuto in maniera maggiormente tecnica e rispetto alle figure di consigliere di parità provinciali e alle competenze del Comitato Nazionale di Parità.

L'impatto del Decreto Correttivo n. 185/2016 sui decreti attuativi del Jobs Act: apprendistato

In data 7 ottobre 2016 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. n. 185 del 24 settembre 2016, con il quale sono stati apportati importanti Correttivi ai decreti attuativi del Jobs Act.

Ma procediamo con ordine.

Apprendistato

Importanti novità sono state introdotte in tema di apprendistato, prevedendo che, in caso di mancato conseguimento da parte dell'apprendista dell'attestato alla fine del processo di addestramento, il contratto di apprendistato per il diploma e la qualifica professionale possa essere prorogato per un anno.

Viene inoltre attribuita maggiore autonomia alle Regioni e Provincie Autonome in merito alla durata e alla regolamentazione dei percorsi di apprendistato per attività di ricerca e alta formazione.

Le stesse infatti non sono più obbligate a raccordarsi con associazioni di categoria, Università, istituti superiori o formativi, ma esclusivamente ad acquisire pareri e proposte.

Voucher e lavoro accessorio

Le modifiche introdotte ad integrazione e correzione del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 risultano funzionali a garantire una completa tracciabilità dei c.d. buoni lavori o voucher.

A tal fine, è previsto che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti che intendano usufruire di prestazioni lavorative di tipo accessorio, debbano comunicare, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione di lavoro accessorio, il codice fiscale e i dati anagrafici del lavoratore, nonché tutte le informazioni inerenti all'attività lavorativa svolta, ovvero luogo, giorni e ora di inizio e di fine della prestazione.

In caso di violazione da parte del datore di lavoro, appositamente rilevata dagli organismi di vigilanza, è prevista a suo carico una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 2.400 euro, relativamente a ciascun lavoratore per il quale è stata omessa la procedura.

Nel caso, invece, di committenti imprenditori agricoli, sussiste ugualmente l'obbligo della suddetta comunicazione in capo al datore di lavoro, ma esclusivamente qualora la prestazione debba svolgersi entro un arco temporale di 3 giorni.

I correttivi al D.Lgs. 148/2015

Di grande portata sono le modifiche introdotte al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, ovvero:

  • la possibilità di trasformare i contratti di solidarietà difensivi di cui all'art. 21, comma 5 del D.Lgs. 148/2015 in corso da almeno 12 mesi e comunque stipulati entro il 31 dicembre 2015, in contratti di solidarietà espansivi, tali da garantire l'ingresso rinnovate risorse lavorative e dunque l'incremento di personale;
  • è stato previsto lo stanziamento di 135 milioni di euro per il biennio 2016 – 2017 in favore dei lavoratori stagionali operanti nel settore del turismo e negli stabilimenti termali, prevedendo una mensilità aggiuntiva, fino a un massimo di 4 mesi, nel trattamento di disoccupazione, o NASPI;
  • sono state previste agevolazioni contributive per le aziende di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che abbiano concluso entro il 31 luglio 2015 specifici accordi in sede governativa a fronte di consistenti riduzioni occupazionali.
    Ebbene, in tal caso, qualora si prevenga alla definizione di un contratto di solidarietà, su specifica richiesta, è possibile ottenere una riduzione contributiva per la durata stabilita da un'apposita commissione formata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunque non superiore ai 24 mesi;
  • è stata prevista la possibilità per le Regioni e le Provincie Autonome di utilizzare il 50% (a fronte del 5% precedentemente prevista) delle risorse finanziarie non spese ai fini della concessione della Cassa integrazioni guadagni e mobilità in deroga.
    In alternativa è possibile per le stesse destinare tali risorse non spese in azioni di politica attiva;
  • è stato previsto un aumento dei finanziamenti in favore delle imprese confiscate o sequestrate alla criminalità organizzata, relativamente all'accesso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria la cui domanda presentata nel corso del 2015 non sia stata accolta per mancanza di risorse;
  • è stata prevista la possibilità per le imprese operanti nelle c.d. “aree complesse” di usufruire dei trattamenti della Cassa integrazione guadagni straordinaria, previa presentazione di specifici e articolati piani e percorsi funzionali al conseguimento, tramite politiche attive, di un incremento occupazionale;
I correttivi ai D.Lgs. 149, 150 e 151 del 2015

I principali interventi relativi ai D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149 e D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150 concernono questioni strutturali e organizzative legate all'ispettorato ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) alla ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro).

Significativi interventi si sono avuti relativamente al D.Lgs 150/2015, attraverso specifici correttivi in merito all'assunzione di lavoratori disabili.

In particolare sono stati ritenuti computabili tra il personale disabile i lavoratori con capacità lavorativa ridotta pari o superiore al 60 %, anche qualora non assunti tramite il collocamento obbligatorio.

Viene inoltre modificato l'art. 4, comma 1, Legge n. 300/1970, relativamente alla disciplina dei controlli a distanza.

Qualora, infatti, non si perfezioni l'accordo con le organizzazione sindacali interne in merito all'istallazione di telecamere o altri dispositivi audiovisivi con finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, è possibile, in alternativa, procedere all'istallazione degli stessi previa autorizzazione della sede territoriale o centrale dell'Ispettorato del Lavoro.

Infine è opportuno rilevare le modifiche apportate alla disciplina delle dimissioni, con particolare riferimento alla relativa procedura telematica.

Una prima novità concerne l'esclusione dall'ambito di operatività di siffatta procedura del personale delle Pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs n. 165/2001.

Inoltre, qualora il lavoratore non possa effettuare autonomamente la procedura telematica di cui sopra, è stata prevista la possibilità per lo stesso di farsi assistere da altri soggetti o enti accreditati.

In particolare sono stati aggiunti all'elenco dei soggetti abilitati i consulenti del lavoro e gli Ispettorati territoriali del Lavoro.

Riferimenti

Giurisprudenza:

Per i recenti orientamenti sul tema, v. sul tema Corte Cost., 22 febbraio 2024, n. 22, con commento di L. Di Paola, Licenziamento nullo e Jobs Act: incostituzionale la previsione del termine “espressamente”

Normativi:  

  • D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149
  • D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148
  • D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81
  • D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80
  • D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23
  • D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22
  • Legg e 10 dicembre 2014, n. 18 3
  • D.L. 20 marzo 2014, n. 34
  • Artt. da 61 a 69-bis, D.Lgs. n. 276/2003
  • Artt. 3 e 4, Legge n. 300/1970
  • Art. 18, Legge 20 maggio 1970, n. 300
  • Art. 2103 c.c.
Sommario