Jobs actFonte: L. 10 dicembre 2014 n. 183
05 Marzo 2024
Inquadramento
Il Governo Renzi, nel giro di pochi mesi, è intervenuto per ben due volte sulla materia giuslavoristica, nel solco oramai tracciato dal nostro legislatore negli ultimi due anni, che hanno visto il susseguirsi di ben quattro riforme in materia.
In particolare:
In tutti e quattro gli interventi sopra citati si è data nuova veste ad istituti che risentivano, a torto od a ragione, di una impostazione normativa oramai non più coerente con quelle che erano le interpretazioni che la giurisprudenza dava loro. Si pensi al contratto a progetto, la cui impalcatura è stata definitivamente cristallizzata dal legislatore recependo quelli che erano gli insegnamenti della giurisprudenza. Oppure al contratto a termine, strumento essenziale per le imprese, ma che oramai era per le stesse divenuto una sorta di mannaia, attesa la pressoché certa conversione in contratto a tempo indeterminato che avveniva nelle aule giudiziarie. Di qui lo strumento più snello del contratto a termine acausale che non solo non necessita dell'indicazione delle ragioni per cui vi si ricorre, ma che non è neppure soggetto a conversione, a meno di superamento dei 36 mesi complessivi di durata frazionati anche in più contratti.
Ebbene, il Jobs Act interviene nuovamente sulla materia, riscrivendo l'istituto del licenziamento: si elimina, di fatto, la reintegra per le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, mantenendola solo per le ipotesi di licenziamento disciplinare per insussistenza del fatto materiale senza, però, mantenere il riferimento alla proporzionalità della sanzione. Sicché la reintegra sarà esclusa anche nelle ipotesi di licenziamento per un fatto previsto dai CCNL come meritevole di sanzione conservativa.
Allo stesso modo il Jobs Act è intervenuto in maniera profonda sulla disciplina dei contratti eliminando difatti una pletora di figure prima conosciute e previste dal legislatore, vietandone l'utilizzo.
Ed ancora si è intervenuti a piè pari sia sull'art. 2103 c.c. disciplinando in maniera nuova il mutamento delle mansioni, sia sugli articoli 3 e 4 della Legge n. 300/1970 in tema di controlli a distanza innovando e limitando rispetto a prima l'ingerenza di organismi terzi sulla facoltà del datore di lavoro di utilizzare strumenti di controllo dei dipendenti. Evoluzione normativa
Il Decreto Legge n. 34/2014 (“Misure urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione”), cd. Legge Poletti, ha rappresentato solamente la prima parte di quella più ampia ed organica riforma del mercato del lavoro invocata e preannunciata dal Governo Renzi con il nome di Jobs Act.
In particolare, quest'ultimo è stato contraddistinto da due interventi normativi:
Il Decreto Legge n. 34/2014 conteneva disposizioni in materia di contratto a termine, contratto di apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà.
In particolare, il testo si componeva di sei articoli.
L'articolo 1 conteneva disposizioni in materia di contratti a tempo determinato (c.d. lavoro a termine) e somministrazione di lavoro a tempo determinato, con l'obiettivo di facilitare il ricorso a tali tipologie contrattuali.
A tal fine la disposizione modificava in più parti il D.Lgs. n. 368/2001 e il D.Lgs. n. 276/2003, prevedendo:
L'articolo 2 conteneva disposizioni in materia di apprendistato, con l'obiettivo di semplificarne la disciplina.
A tal fine, la disposizione modificava in più parti il D.Lgs. n. 167/2011 e la L. n. 92/2012, prevedendo:
Gli articoli 3, 4 e 5 trattavano rispettivamente:
La Legge Delega, la Legge n. 183/2014 oggi in commento, contiene cinque deleghe legislative, che intervengono su importanti e vasti ambiti del diritto del lavoro:
Contratti a tutele crescenti e licenziamento: D.Lgs. n. 23/2015
Il decreto attuativo riguarda in principal modo i licenziamenti per i quali è stata eliminata la tutela reintegratoria nella fattispecie di giustificato motivo oggettivo per mantenerla solo in quelle disciplinari ma nella sola ipotesi di insussistenza del fatto e senza più alcun riferimento al concetto di proporzionalità.
Licenziamenti individuali
La disciplina prevista per i licenziamenti discriminatori, nulli o intimati in forma orale è rimasta tale in quanto per il lavoratore è ancora prevista la reintegra in azienda o, in alternativa, la facoltà di esercitare il cosiddetto diritto di opzione, ossia ottenere in luogo della reintegra il pagamento di un'indennità pari a 15 mensilità, fermo restando il diritto al risarcimento del danno per le retribuzioni perdute dalla data del licenziamento all'effettiva reintegrazione con il minimo di cinque mensilità.
Laddove invece il legislatore è intervenuto a gamba tesa è riguardo al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dove è stata eliminata del tutto la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo.
Ed infatti, in tale ultimo caso il lavoratore avrà diritto a un'indennità certa e crescente in funzione dell'anzianità di servizio: due mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità.
Medesima conseguenza in ipotesi di licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o giusta causa. Dove però, a differenza che in quelle precedenti, il lavoratore potrà essere reintegrato esclusivamente nel caso in cui sia «dimostrata direttamente in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento».
Risultano poi modificate anche le sanzioni indennitarie introdotte dalla riforma Fornero per il licenziamento affetto da vizi formali (violazione dei requisiti di motivazione del licenziamento) e procedurali (mancato rispetto della procedura disciplinare di cui all'articolo 7 dello Statuto). Ed infatti, in entrambi i casi è previsto che il datore dovrà versare al lavoratore un'indennità crescente di importo pari a una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di due e un massimo di 12 mensilità.
Licenziamenti collettivi
Estremamente innovativa è la parificazione dei licenziamenti collettivi a quelli individuali in caso di illegittimità del licenziamento. Ed infatti qualora siano licenziati lavoratori con contratto a tutele crescenti, in caso di violazione della procedura o dei criteri di scelta ci sarà esclusivamente la tutela indennitaria (minimo quattro, massimo 24 mensilità).
Il contratto di ricollocazione
Importante previsione è quella che concerne l'introduzione di uno strumento di forte sostegno per il lavoratore quale il contratto di ricollocazione che interviene laddove il dipendente licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo avrà diritto a ricevere dal Centro per l'impiego un voucher il cui importo sarà proporzionato al profilo personale di occupabilità (ossia il grado di difficoltà nel trovare un nuovo impiego).
Esclusione del rito Fornero
Per i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015, viene escluso il rito Fornero e la sua applicabilità. Tale scelta è alquanto discutibile in quanto, se è vero che il rito veloce aveva creato problemi, ciò era dovuto al fatto di dover convivere con il rito ordinario ex art. 414 c.p.c. per cause extra licenziamento con inevitabile intreccio e confusione sul rito da applicare. Aver eliminato il rito veloce per mantenere in vita un rito, quello ex art. 414 c.p.c., che già due anni fa si era capito non essere sufficientemente tutelante in punto di certezza del diritto (visti i tempi di conclusione del processo), non appare essere la soluzione migliore.
Il decreto attuativo sugli ammortizzatori sociali: D.Lgs. n. 148/2015
L'intervento in materia di ammortizzatori sociali è finalizzato a razionalizzare le forme di tutela esistenti, differenziando l'impiego degli strumenti di intervento in costanza di rapporto di lavoro (Cassa Integrazione) da quelli previsti in caso di disoccupazione involontaria (ASpI).
Lo scopo è quello di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, con tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei singoli, nonché di razionalizzare la normativa in materia d'integrazione salariale. In particolare, ad oggi l'unico decreto attuativo emanato in relazione a tale delega è quello riguardante la NASPI, strumento che va a sostituire ASpI e Mini-ASpI, l'ASDI e il DIS-COLL.
"NASPI", ossia la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego, sostituisce ASpI e Mini-ASpI.
Il nuovo assegno unico di disoccupazione Nata sostanzialmente per sostituire le prestazioni di ASpI e Mini-ASpI, introdotte dall'art. 2 della Legge 28 giugno 2012, n. 92, entrerà in vigore a partire da maggio 2015, durerà 24 mesi e verrà calcolata in base alle settimane di contribuzione del lavoratore nell'arco degli ultimi 4 anni di lavoro.
È entrato in vigore dal primo maggio 2015, ne avranno diritto i dipendenti privati, a tempo indeterminato e a termine, e quelli pubblici assunti a termine.
La NASPI spetta a coloro che hanno perso involontariamente il lavoro e che abbiano questi requisiti:
La nuova ASpI, ossia la NASPI, è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 40 dell'articolo 1 della Legge n. 92/2012.
Il mantenimento del diritto alla fruizione del NASPI L'erogazione della NASpI è condizionata (cd. "regole di condizionalità"), a pena di decadenza dalla prestazione:
L'ASDI è il cosiddetto Assegno di disoccupazione introdotto nel maggio 2015 in via sperimentale.
In particolare, la funzione dichiarata dell'istituto è quella di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori percettori della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego NASPI che abbiano fruito di questa per l'intera sua durata senza trovare occupazione e che si trovino in una condizione economica di bisogno.
Quanto alle caratteristiche della misura, va sottolineato come l'ASDI verrà erogato per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75% dell'ultimo trattamento percepito ai fini della NASPI, se non superiore alla misura dell'assegno sociale.
Il sostegno economico è condizionato all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l'impiego. Pertanto, la partecipazione alle iniziative di attivazione proposte sarà obbligatoria, pena la perdita del beneficio. Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto (cd. DIS-COLL)
Altra misura sperimentale per il 2015, è pensata come sussidio per i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA.
La misura dopo un primo anno in via sperimentale (1° gennaio 2015 - 31 dicembre 2015) è stata prorogata dalla Legge di Stabilità per tutto l'anno 2016 nei limiti delle risorse disponibili.
La misura spetterà a coloro che presentino congiuntamente tutti i seguenti requisiti:
Le novità introdotte con il D.Lgs. n. 81/2015 in tema di riordino dei contratti; gli ulteriori decreti attuativi
Il Jobs Act ha introdotto sostanziali innovazioni in relazione alle prestazioni di lavoro svolte dai collaboratori.
Ed infatti il provvedimento, in vigore dallo scorso 25 giugno 2015 abroga gli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 (in buona sostanza, le collaborazioni continuative o a progetto, restando la relativa disciplina transitoriamente operativa fino alla naturale scadenza dei contratti di tale tipologia già attivati alla data di entrata in vigore della riforma) e, al contempo, fa salve le collaborazioni previste dall'art. 409 c.p.c., ossia i rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
Pertanto dal 25 giugno 2015, non potranno più esser sottoscritti:
Non opereranno più le presunzioni di collaborazione coordinata e continuativa (introdotte dalla Legge Fornero con finalità antielusive) per i titolari di partita IVA che svolgono la prestazione secondo determinate modalità. Ciò onde compensare i forti limiti introdotti in virtù di quanto precede.
Ed infatti l'art. 2 del decreto attuativo sui contratti afferma che dal prossimo 1° gennaio 2016 si applicherà la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che risulteranno carenti di autonomia operativa in quanto “si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Pertanto vigerà una presunzione assoluta di lavoro subordinato al ricorrere delle seguenti condizioni:
Rimangono quindi in vita solo i co.co.co purché la prestazione non abbia i requisiti sopra detti e vietati.
La nuova normativa consente, a tal riguardo, anche la possibilità per il datore di lavoro di certificare l'assenza dei citati requisiti mediante il ricorso a Commissioni specifiche e in tal caso prevedendo la possibilità per il lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. Ciò al fine di evitare eccezioni volte a contestare la validità degli stessi (difatti, si rammenta che il contratto certificato acquista piena forza di legge e dispiega i propri effetti verso i terzi).
L'art. 2 della riforma prevede che non comportino il riconoscimento della natura subordinata del rapporto le seguenti prestazioni:
I contratti a progetto
Certamente il maggior impatto lo si è avuto sui contratti a progetto. Ed infatti il D.Lgs. n. 81/2015 (ossia il secondo decreto attuativo del Jobs Act) introduce tre norme fondamentali in tema di contratti a progetto.
L'art. 54 (“Superamento del contratto a progetto”), in virtù di tale norma quindi non sarà più possibile assumere personale con contratto a progetto, atteso che la relativa norma è stata abrogata dall'ordinamento.
L'art. 56 (“Stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partita IVA”). In virtù di quanto precede quindi si arriva a dedurre, sintetizzando che:
Tuttavia, rispetto a quanto precede va considerato quanto previsto dall'art. 2 del medesimo D.Lgs. n. 81/2015 (“Collaborazioni organizzate dal committente”). Tale previsione in buona sostanza rischia di annullare la possibilità della permanenza in essere sino a naturale scadenza dei contratti a progetto in vigore alla data del 25 giugno 2015, atteso che il testo dell'appena citato art. 2, D.Lgs. 81/2015 pare attagliarsi in pieno proprio ai contratti a progetto, comportando pertanto una presunzione assoluta di natura subordinata di tali contratti proprio dal 1° gennaio 2016.
Pertanto, se da un lato non c'è un obbligo espresso di trasformazione entro il 1°gennaio 2016 dei contratti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, dall'altro c'è una presunzione assoluta in virtù della quale, in caso di rivendicazioni giudiziali da parte dei lavoratori a progetto vi sarebbe, sempre a seguito di un processo, una conversione automatica del rapporto in tempo indeterminato con tutti gli oneri retributivi e contributivi che ne seguono relativi agli anni di rapporto a progetto.
In buona sostanza, considerato che il legislatore non poteva operare una conversione di diritto dei rapporti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, da un lato vieta di stipularne di nuovi ma dall'altro rimette al rischio dell'impresa non trasformare quelli in essere introducendo la presunzione assoluta suddetta che, in pratica, è una sorta di trasformazione implicita, esponendo quest'ultima alla pressoché certa conversione del rapporto in caso di rivendicazioni del lavoratore.
In ragione di quanto precede le opzioni relative ai contratti a progetto in essere alla data del 25 giugno 2015, sono le seguenti:
Mutamento di mansioni
Il Jobs Act ha innovato in profondità anche l'art. 2103 c.c. consentendo il mutamento di mansioni solo laddove ci siano ragioni predeterminate e ben individuate che lo giustifichino.
Anzitutto, come noto, l'art. 2103 c.c sancisce il principio imperativo ed inderogabile in virtù del quale viene tutelata la professionalità del prestatore di lavoro nonché il diritto a prestare l'attività lavorativa per la quale si è stati assunti o si è successivamente svolta, vietandone l'adibizione a mansioni inferiori, con conseguente nullità di ogni patto a ciò contrario.
Il Jobs Act prevede, all'art. 1, comma 7, lettera e), una revisione della disciplina delle mansioni che tenga conto dell'interesse che ha l'impresa ad impiegare al meglio i dipendenti e dell'interesse dei lavoratori a veder tutelata la propria professionalità, ma anche il posto di lavoro e, quindi, le condizioni di vita ed economiche della propria famiglia. E ciò consentendo un mutamento di mansioni, diversificato, a seconda delle ragioni che lo giustificano.
Anzitutto, in virtù della riforma, il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
Viene tra l'altro innalzato da tre a sei mesi il periodo di lavoro continuativo che può far scattare il diritto all'inquadramento in un livello superiore, periodo che può essere anche stabilito in misura diversa dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Il demansionamento sarà consentito alle seguenti condizioni:
Sulla riforma dei controlli a distanza dei lavoratori
La disciplina dei controlli a distanza è stata sempre estremamente rigida e connotata da rigidi paletti volti a limitare qualsiasi ingerenza autonoma del datore di lavoro sull'attività svolta dai dipendenti.
Ed infatti sino ad oggi era vietato l'utilizzo di «impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori», tranne che per motivi organizzativi, produttivi o di sicurezza e comunque previo accordo o richiesta all'Ispettorato del Lavoro e con possibilità per i sindacati di presentare eventuale ricorso. L'articolo 4 del decreto attuativo sul riordino dei rapporti di lavoro prevede oggi una revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore e introduce una distinzione tra:
In virtù delle innovazioni introdotte, mentre nel primo caso (esempio classico le telecamere), strumenti audiovisivi possono esser autorizzati solo per esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale e serve ancora un accordo sindacale o, in mancanza, una autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro, nel caso di strumenti che il dipendente utilizza per lavorare o di registrazione presenze, non c'è bisogno di nessun accordo né autorizzazione.
Viene poi fatta salva la possibilità di utilizzare i dati raccolti con le apparecchiature installate, purché il lavoratore sia stato adeguatamente informato sulle modalità d'uso degli strumenti, effettuazione dei controlli in sede di stipula del contratto di assunzione.
Decreto attuativo in tema di razionalizzazione e semplificazione della attività ispettiva: D.Lgs. n. 149/2015
Il legislatore introduce, al fine di semplificare l'attività ispettiva, un organo unico all'uopo competente, ossia l'Ispettorato Nazionale del Lavoro che avrà la funzione di coordinare le attività di vigilanza in materia di lavoro, contribuzione ed assicurazione obbligatoria.
Viene prevista da un lato una forte autonomia dell'Organo che, nel realizzare quanto sopra, avrà la facoltà di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello in forza presso INPS e INAIL).
Proprio all'INPS ed all'INAIL è dato obbligo di mettere a disposizione dell'Ispettorato l'accesso a dati ed informazioni necessarie alle attività dello stesso.
Nell'ottica, poi, di un generale e progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l'Ispettorato Unico è prevista la stipula di appositi protocolli anche con i servizi ispettivi delle ASL e il generale obbligo per tutti gli organi che svolgono funzioni ispettive di raccordarsi con l'Ispettorato Nazionale. Con tale decreto attuativo si è intervenuti su tre fronti estremamente importanti quali:
Rispetto alla semplificazione, anzitutto si è mirato ad indirizzare l'intervento rispetto alle persone in condizione di disabilità ai fini del loro inserimento mirato e prevedendo la possibilità per i datori di lavoro di assumere gli stessi mediante richiesta nominativa, di disabili inseriti nelle apposite liste. Viene altresì introdotta la possibilità di computare nella quota di riserva i lavoratori disabili che abbiano una riduzione della capacità lavorativa di una certa entità anche se non assunti tramite le procedure del collocamento mirato. Sempre in tale ambito, vengono favoriti gli incentivi al datore all'assunzione di persone disabili mediante la previsione della corresponsione diretta della somma al datore di lavoro da parte dell'INPS.
La semplificazione ha toccato anche la costituzione e gestione del rapporto di lavoro attraverso l'introduzione di un Libro Unico del Lavoro telematico, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'obbligo dell'utilizzo della via telematica per ogni comunicazione inerente il rapporto di lavoro.
Di estrema importanza è l'intervento rispetto alle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale, andandosi a modificare la cosiddetta maxisanzione per lavoro nero, ora disciplinata da importi sanzionatori per fasce e dalla reintroduzione della procedura di diffida.
Per quanto riguarda gli interventi in materia di rapporti di lavoro, il decreto attuativo ha previsto una nuova disciplina in tema di controlli a distanza del lavoratore, la cessione a titolo gratuito di riposi e ferie maturati tra i dipendenti di un medesimo datore di lavoro al fine di assistere figli in precarie condizioni di salute, l'introduzione delle dimissioni e della risoluzione del rapporto in via telematica.
Rispetto alle pari opportunità, il decreto è intervenuto in maniera maggiormente tecnica e rispetto alle figure di consigliere di parità provinciali e alle competenze del Comitato Nazionale di Parità. In data 7 ottobre 2016 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. n. 185 del 24 settembre 2016, con il quale sono stati apportati importanti Correttivi ai decreti attuativi del Jobs Act.
Ma procediamo con ordine.
Apprendistato
Importanti novità sono state introdotte in tema di apprendistato, prevedendo che, in caso di mancato conseguimento da parte dell'apprendista dell'attestato alla fine del processo di addestramento, il contratto di apprendistato per il diploma e la qualifica professionale possa essere prorogato per un anno.
Viene inoltre attribuita maggiore autonomia alle Regioni e Provincie Autonome in merito alla durata e alla regolamentazione dei percorsi di apprendistato per attività di ricerca e alta formazione. Le stesse infatti non sono più obbligate a raccordarsi con associazioni di categoria, Università, istituti superiori o formativi, ma esclusivamente ad acquisire pareri e proposte. Voucher e lavoro accessorio
Le modifiche introdotte ad integrazione e correzione del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 risultano funzionali a garantire una completa tracciabilità dei c.d. buoni lavori o voucher.
A tal fine, è previsto che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti che intendano usufruire di prestazioni lavorative di tipo accessorio, debbano comunicare, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione di lavoro accessorio, il codice fiscale e i dati anagrafici del lavoratore, nonché tutte le informazioni inerenti all'attività lavorativa svolta, ovvero luogo, giorni e ora di inizio e di fine della prestazione.
In caso di violazione da parte del datore di lavoro, appositamente rilevata dagli organismi di vigilanza, è prevista a suo carico una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 2.400 euro, relativamente a ciascun lavoratore per il quale è stata omessa la procedura.
Nel caso, invece, di committenti imprenditori agricoli, sussiste ugualmente l'obbligo della suddetta comunicazione in capo al datore di lavoro, ma esclusivamente qualora la prestazione debba svolgersi entro un arco temporale di 3 giorni. I correttivi al D.Lgs. 148/2015
Di grande portata sono le modifiche introdotte al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, ovvero:
I principali interventi relativi ai D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149 e D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150 concernono questioni strutturali e organizzative legate all'ispettorato ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) alla ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro).
Significativi interventi si sono avuti relativamente al D.Lgs 150/2015, attraverso specifici correttivi in merito all'assunzione di lavoratori disabili. In particolare sono stati ritenuti computabili tra il personale disabile i lavoratori con capacità lavorativa ridotta pari o superiore al 60 %, anche qualora non assunti tramite il collocamento obbligatorio.
Viene inoltre modificato l'art. 4, comma 1, Legge n. 300/1970, relativamente alla disciplina dei controlli a distanza. Qualora, infatti, non si perfezioni l'accordo con le organizzazione sindacali interne in merito all'istallazione di telecamere o altri dispositivi audiovisivi con finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, è possibile, in alternativa, procedere all'istallazione degli stessi previa autorizzazione della sede territoriale o centrale dell'Ispettorato del Lavoro.
Infine è opportuno rilevare le modifiche apportate alla disciplina delle dimissioni, con particolare riferimento alla relativa procedura telematica.
Una prima novità concerne l'esclusione dall'ambito di operatività di siffatta procedura del personale delle Pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs n. 165/2001.
Inoltre, qualora il lavoratore non possa effettuare autonomamente la procedura telematica di cui sopra, è stata prevista la possibilità per lo stesso di farsi assistere da altri soggetti o enti accreditati.
In particolare sono stati aggiunti all'elenco dei soggetti abilitati i consulenti del lavoro e gli Ispettorati territoriali del Lavoro. Riferimenti Giurisprudenza: Per i recenti orientamenti sul tema, v. sul tema Corte Cost., 22 febbraio 2024, n. 22, con commento di L. Di Paola, Licenziamento nullo e Jobs Act: incostituzionale la previsione del termine “espressamente” Normativi:
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