Nullo il giudizio sull'adottabilità se in appello non vengono sentiti gli affidatari del minore

10 Ottobre 2017

La Suprema Corte affronta la questione relativa alla portata applicativa dell'art. 2 l. 19 ottobre 2015, n. 173.
Massima

Ai sensi dell'art. 5, comma 1, l. n. 184/1983, come modificato dall'art. 2, comma 1, l. n. 173/2015, deve dichiararsi la nullità del giudizio di appello conclusosi con la revoca dell'adottabilità del minore, non essendo sufficiente l'audizione degli affidatari in primo grado senza alcuna giustificazione dell'omessa reiterazione della loro convocazione nel grado di appello.

Il caso

Al Tribunale per i minorenni era pervenuta Ia segnalazione di cui all'art. 74 l. n. 184/1983, relativa al riconoscimento della minore da parte di G.T.. La madre biologica aveva esercitato il diritto a non essere nominata e non aveva effettuato il riconoscimento.

Su ricorso del PM, volto a verificare la veridicità del riconoscimento, era stata disposta consulenza tecnica ematologica, che aveva accertato l'incompatibilità genetica tra la minore e il T..

Veniva di conseguenza nominato un curatore speciale e autorizzata la proposizione del giudizio d'impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di paternità eseguito dal T..

Contemporaneamente, si apriva la procedura di adottabilità della minore e ne era disposto l'allontanamento dall'abitazione del T., a cura del servizio sociale con sospensione della responsabilità genitoriale del medesimo.

La madre biologica promuoveva istanza di affidamento della figlia e, con l'assenso del T., procedeva al riconoscimento della minore in data 13 novembre 2013.

In attesa dell'esito del procedimento sullo status genitoriale del T., veniva sospeso il giudizio di adottabilità ed erano disattese le istanze proposte dalla madre di avere incontri con la figlia, oltreché disposta la sospensione della S. dalla responsabilità genitoriale.

Accertato definitivamente il difetto di veridicità del riconoscimento eseguito dal T., veniva proseguito il giudizio relativo alla dichiarazione di adottabilità della minore, nell'ambito del quale la madre chiedeva la revoca della procedura.

II Tribunale per i minorenni, con la citata sentenza, dichiarava lo stato di adottabilità.

La Corte d'appello, investita della controversia, ha affermato che la non immediatezza del riconoscimento materno costituisce un indizio di abbandono ma non integra di per sé condizione idonea per dichiarare l'adottabilità; nel caso di specie, non sussistono i presupposti per la declaratoria della stato di abbandono dal momento che la madre, dopo una prima fase di smarrimento che l'ha indotta al non riconoscimento nella convinzione che il T. fosse il genitore biologico, ha tenacemente richiesto d'instaurare un rapporto continuativo con la figlia e, dopo il riconoscimento, di assumersene la responsabilità genitoriale; la donna, in conclusione, ha dimostrato di essersi immediatamente e continuativamente attivata per avere con sé la figlia non appena venuta a conoscenza dell'allontanamento della stessa dal T., cosi modificando radicalmente la propria condotta e il proprio atteggiamento rispetto al mancato riconoscimento alla nascita.

Per tali ragioni, la Corte d'appello, non ritenendo sussistente lo stato di abbandono della minore, ha disposto la revoca dello stato di adottabilità.

La questione

La questione che la Suprema Corte si trova a dover risolvere è se, nel caso di specie, sussista o meno la violazione dell'art. 2, l. 19 ottobre 2015, n. 173, per non essere stati convocati gli affidatari della minore nel giudizio d'appello e per non essere stati messi nelle condizione di presentare memorie scritte nell'interesse della minore.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso proposto dalla madre, ha osservato, anzitutto, che il giudizio di appello si è integralmente svolto successivamente all'entrata in vigore della l. 19 ottobre 2015, n. 173.

Inoltre, il Collegio ha evidenziato che, in base all'art. 15, comma 2, l. n. 184/1983, nel giudizio camerale relativo alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore deve essere sentita la persona (o le persone) «cui il minore è affidato».

Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 11019/2006 e n. 11020/2006)., l'omessa audizione in primo grado è ragione di nullità della sentenza, da far valere ai sensi dell'art. 161 c.p.c..

Nel caso di specie, l'adempimento è stato regolarmente eseguito nel giudizio svoltosi davanti al Tribunale per i minorenni.

L'art. 17, l. n. 184/1983, relativo al procedimento sulla dichiarazione di adottabilità in appello, nella versione ratione temporis applicabile, in vigore dal 27 aprile 2001, non contiene la previsione dell'audizione dell'affidatario, ma esclusivamente delle parti e del PM.

Quest'ultima norma deve, tuttavia, essere integrata con le rilevanti innovazioni, relative anche al processo, introdotte dalla l. 19 ottobre 2015 n. 173.

In particolare, l'art. 2, comma 1, ha integrato il precedente comma 1 dell'art. 5 stabilendo espressamente che «L'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore».

La ratio del potenziamento della partecipazione degli affidatari nei giudizi relativi alla dichiarazione di adottabilità di minore è duplice.Tale norma ha natura indubbiamente processuale e, in mancanza di una puntuale disciplina di diritto transitorio trova applicazione nei giudizi in corso.

Essa deve rinvenirsi, in primo luogo, nel riconoscimento del ruolo degli affidatari nello sviluppo psico-fisico del minore, specie quando si sia stabilita una relazione affettiva di media o lunga durata, dovendosi rilevare che la valutazione del tempo cambia in relazione all'età del minore, essendo verosimilmente sufficiente una durata minore nei primi anni di vita a fondare una relazione significativa. In particolare, il ruolo degli affidatari consiste nella costruzione del contesto relazionale del minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità, secondo una valutazione fondata sull'esperienza relazionale; in secondo luogo, nell'esigenza di conservare figure significative e caratterizzanti fasi decisive dello sviluppo psico-fisico del minore.

Al fine di far emergere nel giudizio la complessiva personalità del minore e le sue esigenze è stata prevista la partecipazione degli affidatari "ai procedimenti" e non solo ad una fase o ad un grado di essi, a pena di nullità.

Questo precetto non è stato osservato nella specie, non essendo sufficiente alla luce della più rigorosa formulazione della norma, l'audizione degli affidatari in primo grado senza alcuna giustificazione dell'omessa reiterazione della loro convocazione, nel giudizio d'appello.

Nella sentenza manca, infatti, ogni riferimento agli affidatari ed al ruolo da essi eventualmente svolto in relazione alla minore nel periodo molto lungo di affidamento che si è in concreto determinato (la minore è stata allontanata dal nucleo familiare del T. il 13 giugno 2012, cioè pochi mesi dopo la nascita, ed è rimasta sempre in affidamento).

Deve, pertanto, ritenersi consumata la nullità così come stabilita nel citato art. 5, comma 1, ultimo periodo, l. n. 184/1983, nel testo novellato dall'art. 2, comma 1, l. n. 173/2015, vigente al momento della celebrazione del giudizio d'appello.

Osservazioni

La sentenza in rassegna costituisce la prima pronuncia con la quale la Suprema Corte affronta ex professo la portata applicativa dell'art. 2, comma 1 l. 19 ottobre 2015, n. 173.

La norma in questione prevede che «L'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore».

Correttamente, la Suprema Corte ne ha rilevato la natura (anzitutto) processuale e, in applicazione del principio tempus regit actum, l'ha ritenuta applicabile al giudizio di appello instauratosi successivamente alla sua entrata in vigore.

La norma, tuttavia, - precisano opportunamente i Giudici di legittimità – ha degli importanti riflessi sul piano del diritto sostanziale, in quanto riconosce agli affidatari un ruolo di primario rilievo nello sviluppo psico-fisico del minore.

Secondo l'opinione largamente prevalente in dottrina, la norma non introduce una nuova parte nel processo, cosa che avrebbe sicuramente rafforzato la prospettiva del diritto degli affidatari alla continuità affettiva (ancor prima e forse anche in mancanza dell'interesse del minore a detta continuità) ma che avrebbe anche prodotto un appesantimento del procedimento, forse a danno dell'interesse del minore.

La soluzione prescelta impedisce agli affidatari, oltre che di impugnare la decisione, di invocare la nullità del procedimento nel quale non siano stati convocati e del quale verranno a conoscenza per le vie di fatto anziché per notifica. D'altra parte, la mancata convocazione è comunque rilevabile da altri ed in primo luogo dal Pubblico Ministero, come è appunto avvenuto nel caso oggetto della pronuncia in rassegna.

Questa opzione legislativa ha comunque l'effetto di rafforzare un già previsto obbligo di ascolto degli affidatari, finalizzato all'eventuale selezione degli affidatari come adottanti quanto, in ogni caso, a utilizzare la loro esperienza e conoscenza del minore al fine di comporre un quadro più completo di conoscenza procedimentale nell'ambito delle diverse procedure di adottabilità ma anche in materia di responsabilità genitoriale.

Detto rafforzamento, oltre che per il medio della sanzione di nullità del procedimento che manchi di adempiere a tale obbligo, secondo alcuni è espresso anche dalla sostituzione dell'obbligo di "sentire" con quello di "convocare", la quale elimina ogni possibile dubbio sul fatto che l'audizione debba avvenire necessariamente davanti al giudice e non invece per il tramite dei servizi sociali.

Non è stato previsto il caso, non infrequente, che gli affidatari ed il luogo dell'affidamento siano rimasti ignoti alla famiglia di origine a tutela loro e/o del minore; è auspicabile che sul punto intervengano direttive idonee a strutturare un percorso di ascolto protetto.

Condivisibile pare essere l'opinione, già anticipata durante i lavori parlamentari, riguardo al carattere relativo della nullità prevista nel caso del mancato ascolto, che ne consente la sanabilità in appello; anche in questo caso a tutela dell'interesse del minore a non subire l'eccessiva lentezza del procedimento.

Condivisibile, infine, è anche l'equiparazione dei collocatari agli affidatari, in merito alla quale, invero, non sono mancate, specie da ambienti accademici, veementi critiche.

Guida all'approndimento

E. Ceccarelli, Il diritto dei bambini di non perdere i loro affetti riconosciuto dalla legge, in Minori e giustizia, 2015, 4, 17

A. Morace Pinelli, Il diritto alla continuità affettiva dei minori in affidamento familiare. Luci e ombre della legge 19 ottobre 2015, n. 173, in Dir. Fam. Pers., 2016, 1, 303 ss.

P.Morozzo della Rocca, Sull'adozione da parte degli affidatari dopo la l. n. 173/2015, in Fam. e Dir.,2017, 6, 602

C. Spaccapelo, Il procedimento per l'adozione di un minore di età, in G. Bonilini, (diretto da), Trattato Dir. Fam., IV, La filiazione e l'adozione, Milano, 2016, 3917 ss.

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