Esecuzione forzata nei confronti degli enti locali

Alessandro Auletta
24 Ottobre 2017

L'esecuzione nei confronti degli Enti locali, attuata nella forma dell'espropriazione forzata di crediti, è disciplinata dall'art. 159 TUEL.. Si discute circa la “sorte” del pignoramento che colpisca crediti che l'Ente locale, in ipotesi, vanti verso un terzo diverso da tesoriere.
Inquadramento

L'esecuzione nei confronti degli Enti locali, attuata nella forma dell'espropriazione forzata di crediti, è disciplinata dall'art. 159 TUEL.

La disposizione, che rappresenta il frutto di un tormentato iter legislativo (si veda Auletta, L'esecuzione forzata nei confronti della pubblica amministrazione, in ilProcessoCivile.it), prevede, anzitutto, che «non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri».

Si discute circa la “sorte” del pignoramento che colpisca crediti che l'Ente locale, in ipotesi, vanti verso un terzo diverso da tesoriere.

La giurisprudenza di merito appare prevalentemente orientata nel senso della nullità del pignoramento, anche su rilievo d'ufficio (Trib. Napoli, 12 dicembre 2005).

In dottrina, tale soluzione è criticata.

Si ritiene (a nostro avviso condivisibilmente) che, fuori dal caso peculiare in cui il debitore sia un ente locale (o altro soggetto ricadente nell'ambito di applicazione dell'art. 159 TUEL), la soluzione da preferire sia quella opposta.

Si rileva, da un lato, che la ratio della disciplina sulla tesoreria sia quella di garantire una ordinata gestione della contabilità (e rispetto a tale ratio la rilevata inammissibilità del pignoramento appare ultronea) e, dall'altro lato, che una lettura costituzionalmente orientata del sistema dovrebbe condurre a ripudiare orientamenti che portino ad estendere la portata applicativa di ostacoli o impedimenti al pieno dispiegarsi del diritto di procedere in via esecutiva.

Il comma 2 invece prevede che l'ente locale può, con «deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere», individuare delle somme sottratte (in tesi temporaneamente, ma i Comuni tendono a “reiterare” le delibere in questione) all'azione esecutiva del creditore, in quanto e nella misura in cui si tratti di somme destinate alla soddisfazione di finalità (rispondenti a quelle individuate dalla norma) ritenute di prioritaria rilevanza.

Come è noto, la Corte costituzionale (Corte cost., 18 giugno 2003, n. 211) ha dichiarato l'incostituzionalità della norma «nella parte in cui non prevede che l'impignorabilità delle somme destinate ai fini ivi indicati non opera qualora, dopo l'adozione da parte dell'organo esecutivo della delibera semestrale di quantificazione preventiva degli importi delle somme stesse, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente», per ragioni sostanzialmente analoghe a quelle che – nel confronto con la normativa in materia di Aziende sanitarie, aveva condotto alla declaratoria di incostituzionalità dell'art. 113, d.lgs. n. 77/1995 (Corte cost., 12-20 marzo 1998, n. 69).

Il pignoramento che colpisca le somme dichiarate impignorabili è nullo e la nullità può essere rilevata d'ufficio.

Riguardo alle conseguenze del pignoramento che colpisca somme impignorabili ai sensi dell'art. 159, comma 2, TUEL, va evidenziato, però, il problematico coordinamento tra il comma 2 ed il comma 4 dell'art. 159 TUEL.

Mentre il comma 2, come detto, prevede la nullità “rilevabile d'ufficio” del pignoramento che interessi somme vincolate con delibera, il comma 4 prevede che «le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere».

Per come è formulata, la disposizione da ultimo menzionata sembrerebbe disciplinare una ipotesi di nullità (o comunque di assoluta inefficacia) ex lege del pignoramento effettuato su somme vincolate con delibera, al punto che il tesoriere può prescindere da tale pignoramento ai fini della successiva attività di gestione dei flussi di cassa.

Ebbene, se così fosse, è difficile fornire una spiegazione razionale della previsione di un potere officioso teso alla declaratoria della nullità, l'inefficacia del pignoramento discendendo (ai sensi del comma 4) direttamente dalla legge e senza necessità di alcun intervento giudiziale.

È però preferibile ritenere che la disposizione – che certo non brilla per chiarezza di locuzione – sia diretta solo ad escludere la responsabilità del tesoriere che, pur prescindendo dalla (ed anzi prima della) pronuncia giudiziale, consideri il pignoramento tamquam non esset.

Altrimenti detto, il comma 2 è immediatamente rivolto alla tutela dell'attività di rilievo pubblicistico dell'ente esecutato, quando attinente ai servizi essenziali ivi indicati (fermo restando quanto detto supra ai fini dell'operatività del vincolo); il comma 4 attiene, invece, alle responsabilità del tesoriere in epoca successiva alla notifica della delibera di impignorabilità (ma anteriore alla declaratoria di nullità), al fine di escludere gli obblighi di custodia.

Efficacia ed opponibilità dei vincoli di impignorabilità ex art. 159 TUEL

Per quanto attiene alla efficacia ed opponibilità dei vincoli stabiliti con delibera ex art. 159, comma 2, TUEL, le questioni maggiormente problematiche sono, in sintesi, le seguenti:

  • individuazione del momento in cui si perfeziona il vincolo di impignorabilità e da quando lo stesso è opponibile ai creditori;
  • individuazione della sede delle contestazioni relative alla cogenza di tale vincolo;
  • riparto dell'onere probatorioriguardo alle vicende del vincolo di indisponibilità.

Quanto alla prima questione, le tesi che si sono profilate sono due:

a) quella, seguita da una parte della dottrina (Vaccarella, Impignorabilità di somme “vincolate” dall'ente locale, in Riv. esec. Forz., 2006, 3), secondo cui il perfezionamento del vincolo è subordinato ad una condizione positiva, consistente nella adozione della delibera di quantificazione, e ad una condizione negativa, consistente nella mancata emissione di mandati di pagamento a titolo diverso violativi dell'ordine cronologico dei pagamenti;

b) quella, seguita da altra parte della dottrina e dalla giurisprudenza (Cass. civ., 16 settembre 2008, n. 23727; Cass. civ., 27 maggio 2009, n. 12259; Cass. civ., 21 febbraio 2011, n. 4207), secondo cui l'adozione della delibera implica di per sé la nascita del vincolo mentre la emissione di mandati di pagamento a titolo diverso in violazione dell'ordine cronologico delle fatture rileva come circostanza (peraltro eventuale) che incide su un vincolo già perfetto.

In dettaglio, l'adozione della delibera è sufficiente ai fini del perfezionamento del vincolo (la sua notifica, invece, incidendo solo sui “rapporti interni” tra Ente esecutato e tesoriere); l'emissione di mandati di pagamento a titolo diverso è fatto estintivo del vincolo; il rispetto dell'ordine cronologico dei pagamenti per titoli diversi rappresenta un fatto impeditivo del dispiegarsi dell'effetto estintivo connesso all'emissione di mandati di pagamento a titolo diverso.

Non si registra concordia di opinioni anche in ordine al profilo della opponibilità del vincolo.

In specie:

a) per una prima impostazione tale opponibilità è collegata all'adozione della delibera in data anteriore alla fornitura, da parte del terzo, della dichiarazione di quantità.

Se quindi la delibera viene emanata dopo la notifica del pignoramento ma prima della dichiarazione di quantità il vincolo dalla prima derivante sarebbe opponibile al creditore.

Questa soluzione è stata seguita da una isolata pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. civ., 27 gennaio 2009, n. 1949);

b) per altra impostazione – che muove da una diversa ricostruzione concettuale della fattispecie del pignoramento presso terzi e, su un piano pratico, dalla motivata preoccupazione che, a seguire l'orientamento sub a), si darebbe agli Enti locali una facile scappatoia per sottrarsi all'esecuzione (già) promossa nei loro riguardi – è opponibile al creditore solo quella delibera che sia stata adottata e munita di efficacia in data anteriore alla notifica del pignoramento (Cass. civ., 24 aprile 2008, n. 10654; Cass. civ., 18 gennaio 2000, n. 496).

È questa la soluzione preferibile.

Si ritiene che, da questo momento, il vincolo di impignorabilità operi nei riguardi di tutti i creditori e cioè, in ipotesi, anche del creditore che vanti un diritto collegato ad uno dei “titoli” di cui all'art. 159, comma 2, TUEL (ovvero ad esempio un credito di lavoro o un credito collegato all'espletamento di prestazioni connesse ad un servizio pubblico indispensabile).

È legittimo dubitare della conformità a Costituzione di una simile scelta normativa.

Tralasciando la complessa questione della interferenza con i poteri di rilievo officioso del giudice dell'esecuzione, costituisce profilo controverso quello della individuazione della sede ove devono essere trattate le contestazioni relative alla cogenza del vincolo di indisponibilità.

A fronte di una tesi minoritaria, secondo cui, non venendo in rilievo il diritto di procedere ad esecuzione forzata, ma la procedibilità di tale azione, il rimedio a favore del debitore sarebbe costituito dall'opposizione agli atti esecutivi similmente all'ipotesi in cui (quanto meno nel regime previgente) si assuma che la dichiarazione sia inficiata da errori o che le somme riportate nell'ordinanza di assegnazione non siano correttamente determinate (Cass. civ., 20 febbraio 2006, n. 3655; più di recente v. Cass. civ., 27 giugno 2014, n. 14639), la tesi del tutto prevalente è nel senso che, discutendosi della impignorabilità dei beni, la sede naturale dell'accertamento delle questioni di cui si è detto sia quella dell'opposizione all'esecuzione (Cass. civ., 11 gennaio 2007, n. 387; Cass. civ., 16 novembre 2005, n. 23084, mentre Cass. civ., 31 agosto 2011, n. 17878 che ha ritenuto ammissibile l'opposizione agli atti esecutivi proposta contro l'ordinanza di assegnazione per far valere la impignorabilità del credito ma solo nel caso in cui il debitore abbia già contestato detta impignorabilità nelle forme dell'opposizione all'esecuzione, contestazione ribadita al momento della dichiarazione del terzo e non tenuta in considerazione nell'ordinanza di assegnazione stessa).

Tale lettura è patrocinata anche da autorevole dottrina.

Vi è poi una impostazione minoritaria, ma sostenuta da uno dei più autorevoli studiosi della materia, secondo cui «i vincoli di indisponibilità (…) e le limitazioni alla garanzia patrimoniale (…) qualora siano opposti dal terzo tesoriere e contestati dal creditore sono destinati ad essere accertati esclusivamente nell'ambito del giudizio previsto dall'art. 548 c.p.c.».

Tale lettura sembra trovare una sponda in una pronuncia della Corte di Cassazione che ha chiarito che il sindacato sulla legittimità dell'ordinanza resa dal G.E. che statuisca sulla impignorabilità ex art. 159 TUEL si attua in ogni caso – e cioè anche quando, a fronte del mancato rilievo officioso, l'opposizione provenga dal debitore – nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi: specificamente, il debitore utilizzerà questo strumento per impugnare l'ordinanza di assegnazione (per esempio deducendo il mancato esercizio del potere di rilievo officioso della impignorabilità delle somme), mentre il creditore utilizzerà lo stesso strumento per impugnare l'ordinanza che – sul rilievo del carattere impignorabile delle somme staggite – statuisca nel senso della improcedibilità o della estinzione della procedura (Cass. civ., 16 settembre 2008, n. 23727).

Una simile impostazione ermeneutica reca dei vantaggi, consistenti nella possibilità, per l'esecutato, di conseguire, innanzi al G.E., una utilità superiore di quella conseguibile attraverso lo strumento dell'opposizione all'esecuzione che (salvi i poteri di rilievo officioso del G.E. circa la sussistenza di cause di improcedibilità dell'azione) può assicurare, in fase sommaria (cioè appunto innanzi al G.E.), la mera sospensione della procedura, con differimento della liberazione delle somme al momento della pronuncia di merito; reca però anche degli inconvenienti, consistenti – oltre che nei limiti intrinseci alla sommarietà della cognizione svolta ex art. 549 c.p.c. - nella perdita di un grado di giudizio.

Disputata è anche la questione attinente al riparto dell'onere probatorio circa le vicende del vincolo di impignorabilità.

Sul punto si sono profilati tre distinti orientamenti:

  • l'orientamento più risalente, secondo cui l'onere di provare la violazione dell'ordine cronologico dei pagamenti attraverso l'emissione di mandati di pagamento per finalità diverse da quelle tutelate dalla delibera di impignorabilità spetta al creditore (Cass. civ., 6 giugno 2006, n. 13263). Tale orientamento è stato criticato dalla dottrina, sul rilievo che, così opinando, alla parte che intende realizzare il proprio diritto sarebbe addossata una probatio diabolica;
  • l'orientamento più recente che – valorizzando il principio della vicinanza della prova – ha ritenuto che il creditore procedente che intenda far valere la inefficacia del vincolo «ha l'onere di allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre (…) spetta all'Ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico» (Cass. civ., 16 settembre 2008, n. 23727; Cass. civ., 27 maggio 2009, n. 12259).

Questa linea argomentativa è conforme alla tesi della dottrina, prima citata, secondo cui l'adozione della delibera rappresenta il fatto costitutivo del vincolo (onde deve essere l'Ente locale a documentare l'esistenza e l'opponibilità dello stesso); l'emissione di mandati di pagamento integra fatto estintivo degli effetti del vincolo; il rispetto dell'ordine cronologico è fatto impeditivo dell'operare della vicenda estintiva (e la relativa prova, in base al principio della vicinanza, deve essere offerta dall'Ente locale).

Si colloca nel solco dell'orientamento in esame la pronuncia che ha affermato che il creditore assolve al proprio onere di allegazione quanto, deducendo “numerose circostanze di fatto”, ingeneri “il sospetto” della sussistenza della indicata condizione preclusiva, laddove l'Ente locale non è liberato dall'onere della prova contraria, nei termini anzidetti, quando produca una certificazione attestante il rispetto dell'ordine cronologico (Cass. civ., 26 marzo 2012, n. 4820).

Si pone la questione se, ai fini della deduzione della inefficacia del vincolo, sia necessario, per il creditore, produrre in giudizio i mandati di pagamento violativi dell'ordine cronologico o se sia sufficiente allegare l'adozione di determine di pagamento per finalità diverse in data posteriore all'adozione della delibera, alla condizione che tale allegazione sia sufficientemente precisa (“numerose circostanze di fatto”).

A fronte di un orientamento di merito più restrittivo – che richiede al creditore quanto meno la allegazione della circostanza di aver inutilmente richiesto l'accesso ai mandati di pagamento – si colloca la giurisprudenza (sempre di merito) che ritiene soddisfatto l'onere di allegazione con la mera produzione delle determine di pagamento, e ciò valorizzando il riferimento alla idoneità di tale allegazione a generare “il sospetto” che la determina sia seguita dalla emissione del mandato con conseguente violazione dell'ordine cronologico, salva la prova contraria da parte del debitore (Trib. Napoli Nord, 4 marzo 2017.).

Gestioni “liquidative”

Il legislatore ha poi sperimentato delle misure più drastiche che, pur nella diversità delle singole disposizioni che le prevedono, possiamo raggruppare sotto la dizione “gestioni liquidative”.

Il legislatore prevede la “sostituzione” dell'ente pubblico debitore al quale quindi era consentita la prosecuzione della propria attività istituzionale, mentre la liquidazione dei creditori è demandata ad altri soggetti.

Anche in questo caso la normativa conferente è confusionaria e di difficile lettura.

Quest'ultima, inoltre, ha dato luogo a dei significativi interventi della Corte costituzionale.

La procedura cd. di dissesto degli Enti locali è stata inizialmente disciplinata dagli artt. 24 e 25, d.l. n. 66/1989.

In un primo momento, quindi, la normativa prevedeva la semplice sospensione delle azioni esecutive intraprese nei riguardi dell'ente.

Questa misura si rivelò però inidonea a consentire agli enti esecutati di sanare il disavanzo, visto che gli stessi non recuperavano la disponibilità delle somme pignorate.

Per ovviare a questo inconveniente, già l'art. 12-bis, d.l. n. 6/1991 aveva previsto, al comma 6 (introdotto dalla legge di conversione n. 80/1991) «La sospensione delle procedure esecutive stabilite al comma 6 dell'art. 24 ed al comma 10 dell'art. 25, d.l. 2 marzo 1989, n. 66, conv. con modif. dalla l. 24 aprile 1989, n. 144, a seguito di richiesta di rateizzazione dei debiti fuori bilancio o di procedura di dissesto, comporta la liberazione delle somme delle quali si sia chiesto il sequestro e l'obbligo per gli enti di provvedere con le risorse reperite a norma dell'art. 1-bis d.l. 1° luglio 1986, n. 318, conv. con modif. dalla l. 9 agosto 1986, n. 488».

Successivamente, l'art. 21, d.l. n. 8/1993 ha previsto la estinzione delle procedure con liberazione delle somme pignorate.

La normativa sopra citata ha subito, nel corso degli anni '90, numerosi rimaneggiamenti.

In primo luogo, vi è stata l'abrogazione per effetto dell'art. 123, d.lgs. n. 77/1995: 1) dell'art. 25, d.l. n. 66/1989; 2) del comma 6 dell'art. 12-bis del d.l. n. 6/1991; 3) dell'art. 21 del d.l. n. 8/1993.

In secondo luogo, questo stesso provvedimento normativo ha posto una nuova disciplina che poi è stata sostanzialmente trasfusa negli artt. 248 e ss. TUEL.

Tralasciando la normativa che ha inciso, dopo il TUEL, sull'attuazione, dal punto di vista finanziario, delle sopraesposte disposizioni, è stato rilevato che «da un divieto assoluto e generalizzato di nuove procedure esecutive nei confronti dell'ente dissestato si è passati al divieto di proseguire o intraprendere esecuzioni individuali limitato ai debiti rientranti nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione».

La normativa passata in rassegna ed in specie quella degli anni '90 è stata oggetto – come anticipato - di rilevanti pronunce della Corte costituzionale: tuttavia, l'impianto motivazionale di queste pronunce può essere tenuto presente anche nella lettura delle disposizioni del TUEL:

Nella prima occasione la Corte ha ritenuto che «l'arresto della procedura esecutiva individuale (che conseguentemente si estingue) non vulnera i parametri costituzionali evocati (e soprattutto gli artt. 24 e 113 Cost.) perché - essendo previsto in favore dell'accesso ad una procedura di liquidazione che ha i tratti essenziali di una procedura concorsuale - sussiste comunque il controllo giurisdizionale della legittimità di ogni suo atto; mentre - come già si è detto - in questa sede non rilevano, ai fini della valutazione della costituzionalità della disposizione che il giudice rimettente è chiamato ad applicare, i profili differenziali di disciplina rispetto alle altre procedure concorsuali».

È stato poi ulteriormente specificato che la previsione di una gestione liquidativa a carattere amministrativo «non significa negazione della giustiziabilità delle posizioni soggettive versate nella procedura di liquidazione e non comporta vulnerazione di quel supremo principio dell'ordinamento costituzionale (…) che è il diritto alla tutela giurisdizionale» (Corte cost., 21 aprile 1994, n. 155).

Vero è che la Corte non ha individuato gli strumenti di tutela dei crediti nell'ambito della procedura concorsuale amministrativa: «l'arresto della procedura esecutiva individuale (...) non vulnera i parametri costituzionali (...) perché - essendo previsto in favore di una procedura di liquidazione che ha i tratti essenziali di una procedura concorsuale - sussiste comunque il controllo giurisdizionale della legittimità di ogni suo atto»; «la mancata menzione di specifici mezzi processuali di tutela - (...) - potrà - (...) - in ipotesi rilevare, al fine di attivare la verifica di costituzionalità di tale tutela differenziata e in tesi limitata alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo» (Corte cost., 21 aprile 1994, n. 155, richiamata in parte qua da Corte cost., 16 giugno 1994, n. 242).

Si segnala ancora la recente introduzione degli artt. 243-bis e ss. TUEL relativi alla “procedura di riequilibrio finanziario” cui possono accedere (comma 1) «i comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli artt. 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate».

Il successivo comma 4 prevede che le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale di cui all'art. 243-quater, commi 1 e 3.

Guida all'approfondimento
  • Auletta F., nota a Corte Cost., 30 dicembre 1998, n. 463, in Giur. civ., 1999, 1280;
  • Costantino, L'espropriazione forzata in danno delle unità sanitarie e dei comuni (un altro capitolo di una storia infinita), in Riv. Trim. Proc. Civ., 1993, 671 e ss.;
  • Costantino, La tutela dei crediti verso le pubbliche amministrazioni, in Riv. Dir. Proc., 2014, 2, 302;
  • Costantino, La tutela espropriativa contro la p.a.. Il pignoramento di crediti in riferimento al sistema di tesoreria unica, in Mazzamuto, a cura di, Processo e tecniche di attuazione dei diritti, II, Napoli, 1989, 967 e ss.;
  • Delle Donne, L'espropriazione nei confronti delle p.a. e la rincorsa perenne del bilanciamento tra ragioni della finanza pubblica e tutela del credito, in Capponi, Sassani, Storto, Tiscini, Il processo esecutivo, Liber amicorum Romano Vaccarella. Torino, 2014, 465-496;
  • Rossi, L'espropriazione presso terzi di crediti e di cose della pubblica amministrazione, in Auletta F., Espropriazione presso terzi, Bologna, 2011, 259 e ss.;
  • Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, II, 1246;
  • Tatangelo, Questioni attuali in tema di espropriazione forzata presso terzi, con specifico riferimento all'espropriazione dei crediti della pubblica amministrazione, Riv. esec. forz., 2003, 408 e ss..
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