La delega delle operazioni di vendita: tra natura giuridica e responsabilità del professionista

Pasqualina Farina
25 Ottobre 2017

Le recenti riforme dell'espropriazione forzata hanno ulteriormente potenziato l'istituto della delega al professionista delle operazioni di vendita. Nel presente lavoro, dato atto della ormai capillare funzione normativamente riconosciuta alla delega, anche in relazione alla sua rispondenza agli obiettivi di efficienza, efficacia e rapidità del processo esecutivo, si esamina la natura giuridica della delega, nonché le responsabilità cui incorre il professionista specialmente nell'impostazione seguita dalla Suprema Corte.
La natura giuridica della delega: l'orientamento della dottrina

Individuare in maniera chiara la natura giuridica della delega potrebbe sembrare un esercizio di stile o meramente teorico, necessario solo per meglio definire un istituto che ha ricevuto costante attenzione dal legislatore delle ultime riforme apportate al terzo libro del c.p.c.. Che si tratti, invece, di una esigenza, pratica e non soltanto “sistematica” lo dimostra il regime della responsabilità del professionista che varia significativamente a seconda che si privilegi la tesi che lo annovera tra gli ausiliari del giudice, ovvero quella che lo definisce come un sostituto del giudice a tutti gli effetti.

La prima impostazione, fondata sull'art. 68 c.p.c., rubricato «altri ausiliari del giudice» qualifica il professionista delegato come un soggetto diverso dal giudice, (ma anche dal cancelliere e dall'ufficiale giudiziario), estraneo all'ordine giudiziario, che non esercita la funzione giudiziaria, ma che, attraverso un atto di nomina, è investito dal giudice dell'esercizio di determinati atti «che egli non è in grado di compiere da sé solo», atti comunque strumentali all'esercizio della giurisdizione (Trisorio-Liuzzi, La responsabilità del professionista delegato alla vendita nell'espropriazione immobiliare, in AA.VV., Studi in onore di Modestino Acone, II, Napoli, 2010, 1481 ss.).

Ad integrazione di tale assunto è stato, inoltre, precisato che il professionista è un ausiliario sui generis, a causa delle peculiarità che caratterizzano la propria attività: tutti i compiti svolti dal delegato possono, difatti, essere svolti anche dal giudice, tanto che, in mancanza di delega, il secondo comma dell'art. 591-bis c.p.c. li affida al medesimo giudice dell'esecuzione (Miccolis, La delega ai notai nelle espropriazioni immobiliari, in Riv. dir. civ., 1999, 333; Oriani, Il regime degli atti del notaio delegato alle operazioni di vendita nell'espropriazione immobiliare (art. 591-ter c.p.c.), in Foro it., 1998, V, 398 ss.).

La seconda impostazione riposa su un assunto completamente diverso.

Il professionista delegato non potrebbe essere annoverato tra gli ausiliari: è un vero e proprio sostituto del giudice, in quanto svolge funzioni altrimenti da questi esercitabili ed usufruisce di poteri che in forza della delega, gli sono attribuiti direttamente dalla legge. In altre parole, non si tratta di mere attività di assistenza o di collaborazione subordinata proprie degli ausiliari. Al professionista viene delegata una fetta di giurisdizione; basti al riguardo considerare che gli effetti degli atti compiuti dal professionista sono identici a quelli compiuti dal giudice nell'espropriazione non delegata (Vaccarella, La vendita forzata immobiliare tra delega al notaio e prassi giudiziarie ‘virtuose', in Riv. es. forz., 2001, 289 ss.).

Il professionista delegato come ausiliario sui generis del giudice

La tesi che il professionista delegato vada considerato, a tutti gli effetti, come un ausiliario del giudice, sia pure sui generis, sembra da preferirsi.

Il legislatore ha normativamente escluso che la delega al professionista possa avere ad oggetto i principali provvedimenti che implicano esercizio della giurisdizione in senso stretto e che scandiscono le fasi necessarie della procedura esecutiva, come pure quelle che, più in generale, attribuiscono una rilevante discrezionalità al giudice dell'esecuzione.

Per questa ragione i provvedimenti esclusivi del giudice sono: l'ordinanza di autorizzazione a vendita, la sostituzione del debitore nella custodia e l'ordine di liberazione dell'immobile, la nomina dello stimatore, la determinazione delle forme di pubblicità, la condanna dell'aggiudicatario inadempiente, la revoca della vendita conclusa a prezzo ingiusto o, in alternativa, la pronuncia del decreto di trasferimento ex art. 587 c.p.c., le decisioni in ordine all'amministrazione giudiziaria, nonché le altre determinazioni di cui all'art. 591 c.p.c..

Per altro verso va considerato che anche le scelte sulle modalità di vendita, sulla suddivisione del bene pignorato in più lotti, o sulla rateizzazione sono attività precluse al professionista, in considerazione della rilevante discrezionalità e della ricaduta di tali determinazioni sull'efficienza dell'espropriazione forzata e sulla soddisfazione dei creditori.

Non può, tuttavia, trascurarsi che il carattere omnicomprensivo delle potestà oggetto di delega riguarda attribuzioni meramente esecutive, come pure attività tipiche dell'ausiliario o del cancelliere, ma anche attività giurisdizionali in senso stretto (v., ad es. l'aggiudicazione, in forza di quanto prevedono gli artt. 572 e 573 c.p.c.).

La natura giuridica della delega e la responsabilità del professionista nella giurisprudenza di legittimità

La giurisprudenza di legittimità è orientata nel senso che il professionista delegato alle operazioni di vendita vada qualificato come un ausiliare del giudice che, in tale veste, svolge una funzione pubblica, finalizzata alla esatta realizzazione della vendita forzata ed alla certezza dei conseguenti trasferimenti (Cass. civ., 29 gennaio 2007, n. 1887; Cass. civ., 19 gennaio 2010, n. 711).

In riferimento alle pronunce più recenti va segnalata la decisione della Suprema Corte che ha riconosciuto, in capo al professionista delegato, il potere di fissare termini vincolanti per i creditori (così Cass. civ., 27 gennaio 2017, n. 2044, secondo la quale il progetto di distribuzione può prescindere dai crediti per i quali non siano stati prodotti i necessari documenti giustificativi entro il termine a tale scopo fissato, nell'ambito della potestà prevista dagli artt. 484, 175 e 152 c.p.c., dal giudice o dal professionista). A ben guardare, la conclusione raggiunta dalla Suprema Corte non si fonda sulla particolare natura giurisdizionale delle attività compiute dal delegato in sede di predisposizione del progetto di distribuzione, ma tiene conto delle difficoltà pratiche del professionista che per redigere quest'ultimo, anche solo in bozza, deve preventivamente acquisire la «documentazione indispensabile alle ingenti e delicate attività sopra ricordate, strutturate anch'esse in fasi successive, a loro volta fondate proprio sulla tempestiva disponibilità della documentazione da elaborare». In altre parole la soluzione adottata dalla Corte sembra apportare nuova linfa alla impostazione che il professionista delegato svolga la funzione di un ausiliario sui generis, al quale per la migliore efficienza del processo esecutivo sono attribuite anche funzioni di giurisdizione in senso stretto, purché espressamente contenute nella delega.

Che poi nei confronti del professionista inadempiente, inteso come ausiliario – in senso ampio – del giudice trovino applicazione i profili di responsabilità civile di cui all'art. 2043 c.c. è espressamente affermato da altra giurisprudenza di legittimità (si tratta di Cass. civ., 9 febbraio 2016, n. 2511, secondo la quale la differenza tra il prezzo di aggiudicazione di una vendita forzata, successivamente dichiarata nulla per essere stato fissato il prezzo base con provvedimento illegittimo, e quello corrisposto in misura maggiore, all'esito di nuova vendita disposta con prezzo base corretto, non integra un danno ingiusto risarcibile, neppure nei confronti del notaio delegato ex art. 591-bis c.p.c., perché l'illegittimità del primo prezzo esclude l'ingiustizia del maggior esborso dovuto dall'aggiudicatario, che non ha diritto a fruire delle conseguenze, a sé favorevoli, di un illegittimo erroneo provvedimento di fissazione del prezzo).

Dal proprio anche la dottrina, che qualifica il professionista delegato alla stregua di un ausiliario in senso ampio o sui generis, sostiene che la responsabilità debba essere costruita secondo il canone stabilito nell'art. 2043 c.c.; fermo restando che in caso di problemi tecnici di speciale difficoltà, il delegato non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave trattandosi di un professionista (Trisorio-Liuzzi, La responsabilità del professionista delegato cit., 1492).

Né, del resto, potrebbero trovare applicazione gli artt. 64 e 67 c.p.c. dedicati alla responsabilità del custode e del consulente tecnico, trattandosi di ausiliari cd. puri del giudice le cui attività sono decisamente diverse da quelle proprie del professionista delegato.

La (diversa) responsabilità del professionista delegato – sostituto del giudice dell'esecuzione

Sotto altro profilo, la dottrina che ha qualificato il professionista delegato come un vero e proprio sostituto del giudice dell'esecuzione ha affermato l'operatività, nei confronti del professionista, della l. 13 aprile 1988, n. 117, in materia di «Responsabilità dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati». Sul punto va subito precisato che tale normativa è composta da regole di carattere sostanziale e processuali.

In forza delle prime la responsabilità è limitata dagli artt. 2 e 3, l. n. 117/1988 al:

a) compimento (o all'omissione) di attività per dolo o colpa grave (e, pertanto, alla i) grave violazione di legge per negligenza inescusabile; ii) affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è esclusa dagli atti del procedimento; iii) negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta dagli atti del procedimento);

b) diniego di giustizia, consistente nel rifiuto, omissione o ritardo nel compimento di atti dell' ufficio.

Le regole processuali di tale normativa, che presentano natura particolare, hanno invece ad oggetto un giudizio preliminare di ammissibilità e la legittimazione passiva dello Stato – con conseguente impossibilità di azione diretta verso il magistrato (art. 5 l. n. 117/1988), la non estensione del giudizio negativo al giudice salva l'ipotesi di partecipazione volontaria al giudizio (art. 6 l. n. 117/1988) e, infine, il giudizio di rivalsa (art. 7 l. n. 117/1988).

Di qui l'affermazione di una fondamentale differenza da quanto previsto dalla l. n. 117/1988 per i magistrati, perché nei riguardi del professionista delegato dovrebbero applicarsi le sole norme di diritto sostanziale. Non così per quelle di carattere processuale perché le esigenze di terzietà ed imparzialità del professionista sono salvaguardate dall'applicazione dell'art. 51 c.p.c. in materia di ricusazione; nonché per la oggettiva difficoltà di configurare, nell'ambito dell'espropriazione forzata immobiliare, delegata a professionisti, un'azione diretta contro lo Stato, come pure l'intervento nel relativo giudizio e l'azione di rivalsa avverso il professionista delegato (Vaccarella, La vendita forzata immobiliare cit., 290 ss.).

La responsabilità penale del professionista delegato

Quanto alle responsabilità penali in cui può incorrere il professionista delegato, occorre muovere dall'art. 357, comma 1, c.p., in forza del quale sono pubblici ufficiali i soggetti che «esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa». Da tale assunto consegue che il professionista è responsabile penalmente per i reati tipici dei pubblici ufficiali.

Segnatamente possono configurarsi nei confronti del professionista i reati di cui agli artt. 476 ss. c.p., vale a dire quelli che hanno ad oggetto la cd. falsità in atti, indipendentemente dal rilievo che si tratti di falso materiale o ideologico (come ad esempio l'art. 479 c.p., in materia di falsa attestazione della certezza circa l'identità personale delle parti; ovvero falsa attestazione relativamente a fatti o atti giuridici avvenuti in presenza del pubblico ufficiale).

Va, inoltre, considerato che il professionista delegato può rispondere del reato di abuso d'ufficio di cui all'art. 323 c.p., che si realizza quando nello svolgimento delle proprie funzioni o del servizio, in violazione di norma di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca un danno ingiusto ad altri. Analogamente, a tutela del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, il professionista risponde del reato di rivelazione dei segreti d'ufficio ed utilizzazione degli stessi ai sensi dell'art. 326 c.p..

Resta da dire che si configura il reato di peculato ex art. 314 c.p., ogni volta che il professionista si appropri delle somme corrisposte dall'aggiudicatario (Cass. pen., sez. VI, 10 luglio 2007). E che laddove il professionista non compia le operazioni delegate nei tempi scanditi dal giudice dell'esecuzione, per un verso può configurarsi il reato di rifiuto o omissione di atti d'ufficio di cui all'art. 328 c.p., per altro verso il giudice dell'esecuzione può disporre, ex art. 591-bis, ult. comma, c.p.c., la revoca, salva l'ipotesi che il mancato rispetto dei termini sia dipeso da cause non imputabili.

L'ordinanza di vendita come lex specialis dell'espropriazione: la violazione dell'ordinanza e la revoca della delega

La sequenza delle operazioni delegate è retta dal provvedimento del giudice dell'esecuzione, vale a dire l'ordinanza che autorizza la vendita e che costituisce la lex specialis di quella determinata espropriazione in riferimento alle modalità, ai tempi e condizioni della vendita.

Il ruolo assolutamente centrale della ordinanza di vendita (e di delega) emerge chiaramente se si considerano le conseguenze che si verificano qualora vengano disattese le direttive impartite dal giudice dell'esecuzione. Ed infatti la violazione delle condizioni di vendita fissate con l'ordinanza ex art. 569 c.p.c. determina l'illegittimità derivata dell'atto del delegato, per violazione del provvedimento di delega che costituisce la fonte dei poteri del professionisti e, pertanto, l'illegittimità dell'aggiudicazione, illegittimità che può essere fatta valere da tutti gli interessati, cioè da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore (Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9255).

Dalla posizione di ausiliario in senso ampio del professionista delegato deriva, inoltre, il potere di controllo del giudice sulla regolarità delle attività compiute da esercitarsi nelle forme di cui all'art. 591-ter c.p.c. e, ad un tempo, un reciproco obbligo di informativa.

In questo stato di cose, si deve ritenere che la cancelleria dovrebbe comunicare tempestivamente al professionista tutte quelle informazioni che gli sono necessarie per il corretto svolgimento della delega come, ad esempio, l'eventuale sospensione dell'esecuzione, il deposito di istanze di conversione, la rinuncia agli atti, la proposizione di reclami ex art. 591-ter c.p.c..

Dal proprio canto il professionista delegato può chiedere al giudice chiarimenti sul contenuto della delega, come ad esempio, quelle relative alle domande di partecipazione alla vendita, ovvero sull'identificazione del bene o su problematiche non risolte dal perito.

Si aggiunga che, nel provvedimento di delega, il giudice deve indicare il termine entro cui le operazioni debbono essere svolte (art. 591-bis, comma 1, c.p.c.) e che, come già in parte anticipato, il mancato rispetto del termine (come pure delle direttive impartite) comporta la revoca dell'incarico (art. 591-bis, comma 11, c.p.c.) e la cancellazione dall'albo per il triennio in corso e per quello successivo (art. 179-ter, comma 6, disp. att., c.p.c.).

Guida all'approfondimento
  • Ghedini – Mazzagardi, Il custode e il delegato alla vendita nella nuova esecuzione immobiliare. Manuale operativo del professionista ausiliario del giudice nel nuovo processo esecutivo immobiliare, Padova, 2007, 102 ss.;
  • Montanari, Sub. art. 68 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato, a cura di Consolo – Luiso, Milano 2007, I, 681 ss..

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