Espropriazione immobiliare

Francesco Bartolini
20 Settembre 2023

La procedura esecutiva immobiliare ha ad oggetto il diritto di proprietà o i diritti di usufrutto e di superficie su beni immobili, oltre che sulle pertinenze, sui frutti pendenti, naturali e civili, e sui mobili che arredano i beni immobili.
Inquadramento

A norma dell'art. 2910 c.c. il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può fare espropriare i beni del debitore secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile. Possono essere espropriati anche i beni di un terzo, quando sono vincolati a garanzia del credito o quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

L'espropriazione forzata è lo specifico processo esecutivo che si caratterizza nella sottrazione coattiva di beni appartenenti al patrimonio del debitore e nella loro liquidazione, pure essa coattiva, al fine di destinarli al soddisfacimento dei creditori in funzione della garanzia generica che il patrimonio del debitore, a norma dell'art. 2740 c.c., rappresenta per i creditori.

Il procedimento esecutivo si scandisce attraverso delle fasi disciplinate dalla legge che prevede, per l'appunto, il pignoramento, l'intervento dei creditori muniti o non di titolo esecutivo, la vendita forzata o l'assegnazione, la distribuzione della somma ricavata (Mandrioli, 51 e ss.).

L'oggetto dell'espropriazione immobiliare

La procedura esecutiva immobiliare ha ad oggetto il diritto di proprietà o i diritti di usufrutto e di superficie su beni immobili, oltre che sulle pertinenze, sui frutti pendenti, naturali e civili, e sui mobili che arredano i beni immobili. Inoltre, oggetto di espropriazione possono essere il diritto dell'enfiteuta, il diritto del direttario e la quota di comproprietà di un immobile in multiproprietà. Non vi sono compresi le servitù, che non possono essere separate dal fondo a cui vantaggio sono costituite; i diritti di uso e di abitazione, che l'art. 1204 c.c. dichiara non cedibili; il diritto di usufrutto del genitore sui beni del figlio, ai sensi dell'art. 326 c.c..

Le pertinenze, in particolare, seguono la sorte del bene principale ma se hanno una loro individualità che le rende separabili possono formare oggetto di atti o rapporti giuridici autonomi e, in quanto tali, sono pignorabili.

Possono costituire oggetto di espropriazione immobiliare anche i beni indivisi, pur quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore procedente; possono altresì essere pignorati i beni di proprietà altrui, quando sono gravati da pegno o ipoteca per un debito altrui o quando si tratta di un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode.

L'art. 2912 c.c. , nel riferirsi all'oggetto dell'espropriazione fa espressamente riferimento alla “cosa pignorata”. Da questa generica espressione un'autorevole dottrina e parte della giurisprudenza hanno tratto l'affermazione secondo cui può essere sottoposta a pignoramento ogni entità materiale suscettibile di valutazione economica e di diritti.

Non è stata ritenuta pignorabile l'azienda intesa come complesso unitario, distinto dai beni che la compongono (Cass. n. 9760/1993; MANDRIOLI, Diritto civile, IV, Torino, 2011, 138).

È pignorabile un'universalità di mobili ex art. 2914, comma 1, n. 3, c.c.

Non è pignorabile una parte di una cosa principale se essa costituisce giuridicamente e funzionalmente un unicum.

È utile precisare che, in applicazione dell'art. 2911 c.c., il creditore che vanti un'ipoteca su un bene non può procedere con il pignoramento di altri immobili se non ha prima espropriato quello ipotecato.

Se il pignoramento viene esteso anche ad altri immobili, il giudice comunque può ridurre il pignoramento medesimo oppure sospendere la vendita del bene non ipotecato finché non sia stato venduto quello interessato dalla garanzia reale.

Non sono beni espropriabili con la procedura di esecuzione forzata disciplinata dal codice di procedura civile i beni che appartengono al demanio necessario dello Stato, delle Regioni,delle province e dei comuni (artt. 822-824 c.c.); i beni compresi nel patrimonio indisponibile dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni; i beni degli enti pubblici non territoriali destinati a un pubblico servizio e funzionali al raggiungimento degli obiettivi istituzionali; i beni protetti dall'immunità territoriale; i beni degli enti ecclesiastici e quelli destinatiall'esercizio pubblico di un culto autorizzato dallo Stato; il fondo patrimoniale (salvo alcune eccezioni).

La ricerca dei beni da pignorare può essere eseguita mediante utilizzo della piattaforma telematica nazionale che consente di reperire informazioni presso le banche dati delle pubbliche amministrazioni e dell'anagrafe tributaria (art. 492-bis; 155-ter e segg- disp. att. c.p.c.).

Il pignoramento immobiliare

Il pignoramento immobiliare è l'atto con il quale inizia l'espropriazione immobiliare. Notifica del titolo esecutivo e notifica del precetto ne costituiscono atti preliminari.

Il creditore, trascorso inutilmente il periodo previsto nel precetto (comunque non inferiore a dieci giorni: art. 482 c.p.c.) procede alla notifica al debitore del pignoramento e alla successiva trascrizione dello stesso.

Diversamente da quanto è previsto per l'espropriazione mobiliare, il pignoramento non presuppone l'apprensione materiale dei beni da sottoporre a pignoramento ma consiste nella notifica, generalmente a mezzo di ufficiale giudiziario (ma attualmente la notifica spetta in primo luogo all'avvocato, se possibile con mezzi telematici), di un atto contenente l'ingiunzione di cui all'art. 492: quella di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano all'espropriazione e i loro frutti.

Nel caso in cui sia pignorato per l'intero un bene immobile che il debitore esecutato ha in comunione con altri soggetti, il pignoramento deve essere notificato anche ai comproprietari e la stessa nota di trascrizione deve indicare anche costoro tra i soggetti contro i quali essa è compilata. E' questo il caso dei beni in comunione legale con il coniuge, fattispecie nella quale il pignoramento deve essere notificato e trascritto anche nei confronti dell'altro.

L'atto di pignoramento deve indicare esattamente sia il credito per il quale si procede e sia i beni sottoposti al vincolo di indisponibilità. Esso deve contenere l'invito al debitore ad effettuare presso la cancelleria la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, con l'avvertimento per cui in caso contrario le successive notifiche saranno eseguite presso la cancelleria. L'art. 555 c.p.c., che disciplina il pignoramento immobiliare, non indica se l'atto debba contenere inoltre le informazioni da comunicare al debitore menzionate nel generale disposto dell' art. 492. La Corte di cassazione ha affermato che l'avvertimento relativo alla facoltà di conversione del pignoramento costituisce parte di ogni procedura espropriativa ma che la sua omissione non è causa di nullità degli atti e impedisce, piuttosto, al giudice, di procedere alla vendita o all'assegnazione (Cass. 12 aprile 2011, n. 8408; Cass. 23 marzo 2011, n. 6662). Analoghe considerazioni valgono per quanto concerne l'avviso riguardante la proponibilità dell'opposizione all'esecuzione

A norma dell'art. 555 c.p.c., subito dopo la notifica del pignoramento, l'ufficiale giudiziario consegna copia autentica dell'atto, con le note di trascrizione, presso la conservatoria dei registri immobiliari affinché il pignoramento dell'immobile vi venga trascritto interessato; una copia della nota di trascrizione viene restituita al depositante.

Di tale attività può occuparsi direttamente, e così avviene nella maggior parte dei casi, anche il creditore pignorante.

L'ufficiale giudiziario, dopo aver eseguito l'ultima notifica, consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di pignoramento e la copia della nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.

Il creditore provvede a depositare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione competente per territorio la nota di iscrizione a ruolo, la nota di trascrizione, le copie attestate conformi all'originale (dall'avvocato) del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento

Il deposito deve avvenire entro quindici giorni, pena, per espressa previsione di legge, la perdita di efficacia del pignoramento.

In evidenza

La novella del 2015 ha introdotto una nuova forma di inefficacia del pignoramento prevedendo espressamente che

l'ufficiale giudiziario deve consegnare senza ritardo al creditore il titolo, il precetto ed il pignoramento ed il creditore stesso deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, unitamente agli altri documenti previsti dalla legge, entro quindici giorni dalla consegna a pena di inefficacia, ed il cancelliere al momento del deposito formerà il fascicolo dell'esecuzione.

Il deposito della documentazione ex art. 567 c.p.c.

La vendita deve essere chiesta al giudice ad istanza di parte. Il creditore procedente o intervenuto munito di titolo esecutivo deve depositare la richiesta e provvedere inoltre a completare la documentazione occorrente per procedere oltre. Oggetto della produzione (tutti i depositi di atti e documenti devono avvenire in forma telematica: art. 196-quater disp. att. c.p.c.) sono: l'estratto del catasto, i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento o, in sostituzione, certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. La prassi ha indotto a richiedere documenti ulteriori, quali la certificazione di destinazione urbanistica dei terreni e le certificazioni concernenti la regolarità dell'immobile sotto il profilo delle leggi urbanistiche.

Il decreto n. 149/2022 di riforma del processo ha ridotto l'originario termine assegnato per il deposito da sessanta a quarantacinque giorni. La modifica vale per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. Il termine può essere prorogato su richiesta dei creditori o dell'esecutato, per una sola volta e per una durata non superiore ad altri quarantacinque giorni.

Un termine di quarantacinque giorni è poi assegnato al creditore nel caso in cui questi abbia depositato documentazione ma il giudice ritenga che essa deve essere completata. Se la proroga non è richiesta o non è concessa oppure se la documentazione non è integrata nel termine assegnato il giudice dichiara anche d'ufficio l'inefficacia del pignoramento relativamente a quello tra gli immobili pignorati per il quale non è stata depositata la documentazione oppure dell'intera esecuzione se non vi sono altri beni; e dispone la cancellazione della trascrizione pignoramento.

L'ordinanza d'estinzione della procedura è reclamabile ai sensi dell'art. 630 c.p.c., mentre il provvedimento dichiarativo dell'inefficacia del solo pignoramento è impugnabile ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

In evidenza

Il termine per il deposito della documentazione prevista dall'

art. 567 c.p.c.

delega al professionista delegato, in seguito alla novella del 2015, è diventata la è di sessanta giorni.

Il creditore, prima della scadenza del termine, può chiedere un ulteriore proroga e il giudice la concede fino ad un massimo di sessanta giorni.

Il giudice, se la documentazione depositata dal creditore è incompleta, deve concedere al creditore una proroga fino ad un massimo di sessanta giorni.

Il pignoramento successivo

Tutti i creditori, a norma dell'art. 2741 c.c., hanno diritto a soddisfarsi sui beni del debitore, fatte salve le cause legittime di prelazione.

Più creditori possono, quindi, con un unico pignoramento colpire il medesimo bene.

Così come il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori.

In questo caso, a norma dell'art. 493, comma 2, c.p.c., i due procedimenti sono riuniti e procedono unitariamente, pur mantenendo la loro autonomia, ed il creditore che ha pignorato successivamente assume, nell' esecuzione, la veste di creditore intervenuto.

La sussistenza di un pignoramento precedente è rilevabile dalla nota di trascrizione del pignoramento, restituita dal Conservatore, il quale in calce alla stessa è tenuto a far menzione di eventuali altri pignoramenti eseguiti precedentemente sui medesimi beni.

La prima verifica spetta al cancelliere che, nel caso di pignoramento successivo, provvederà ad inserirlo con i relativi atti (titolo esecutivo, precetto e nota di trascrizione) nel fascicolo aperto a seguito del primo pignoramento e l'esecuzione si svolgerà in un unico processo.

In ogni caso, la riunione può essere disposta in ogni momento in cui si rilevi l'identità dei beni immobili sottoposti a successivi pignoramenti.

La riunione in un'unica esecuzione forzata di più pignoramenti sul medesimo immobile, a norma dell'art. 561 c.p.c., configura effetto direttamente disposto dalla legge, e da attuarsi mediante l'intervento del conservatore immobiliare (annotazione del primo pignoramento nella nota di trascrizione relativa al secondo) e del cancelliere (inserimento del pignoramento successivo nel fascicolo formato con quello anteriore).

Qualora, per qualsiasi ragione, non operi l'indicato automatico meccanismo, spetta al giudice dell'esecuzione di provvedere alla riunione, con atti di natura ordinatoria, che sono espressione del potere generale di direzione del processo esecutivo e non sono qualificabili come Atti di esecuzione.

Da ciò consegue che detta riunione non compete soltanto al giudice dell'esecuzione, e che, in difetto di un suo intervento, può provvedervi anche il tribunale, adito con opposizione proposta a norma dell'art. 617 c.p.c. contro un atto esecutivo, ove sia rilevante, al fine della decisione, dare attuazione a quella situazione processuale imposta dalla legge (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1985, n. 6549).

La custodia dei beni pignorati

Ai sensi dell'art. 559 c.p.c., con la notifica dell'atto di pignoramento il debitore è, automaticamente, «costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso». Quando ad essere pignorato è un immobile, esso costituisce in molti casi il luogo dove il debitore abita personalmente e con l'eventuale famiglia. L'immediata acquisizione della veste di custode risponde in tal caso allo scopo di rendere costui responsabile della conservazione del bene e di disincentivare comportamenti di ostacolo alla realizzazione dello svolgimento della procedura esecutiva.

L'occupazione dell'immobile non può proseguire indefinitamente e ad un certo momento occorre adottare i provvedimenti di allontanamento. Nel frattempo il debitore e i suoi familiari non perdono il possesso dell'immobile e delle sue pertinenze ma assumono gli obblighi tipici della custodia (conservazione, amministrazione, salvaguardia) e gli obblighi che la legge accolla loro in quanto funzionali alla riuscita dell'espropriazione. Devono, ad esempio, consentire che l'immobile sia visitato da potenziali acquirenti e non devono, per contro, impedire l'esercizio delle attività da compiersi ad opera degli ausiliari del giudice. Dopo che il creditore ha depositato la documentazione catastale di corredo alla sua richiesta di fissazione della vendita, il giudice nomina un custode giudiziario nella persona di un soggetto diverso dal debitore. Il custode giudiziario sostituisce il debitore e subentra nei doveri di custodia, di conservazione, di cura dell'integrità e di amministrazione dei beni oggetto di pignoramento.

Nel corso del processo esecutivo, quando è pronunciato il decreto di trasferimento il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare. La pronuncia del decreto segna il momento ultimo sino al quale può protrarsi la permanenza del debitore nei beni pignorati (art. 586 c.p.c.).

Alla disciplina di questo iter si affiancano previsioni normative diverse per fattispecie che da esso si allontanano. Il giudice dell'esecuzione ordina, non oltre il momento in cui è disposta la vendita o sono delegate le relative operazioni, la liberazione dell'immobile pignorato se:

- esso non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare;

- esso è occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura.

Inoltre, il giudice dell'esecuzione ordina la liberazione dell'immobile quando:

- è ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti;

- è impedito lo svolgimento delle attività degli ausiliari del giudice;

- l'immobile non è adeguatamente tutelato o mantenuto in buono stato di conservazione dal debitore;

- l'esecutato viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico.

Nei casi sopra indicati il giudice, prima di adottare il provvedimento, deve sentire le parti e il custode (art. 560, comma 6, c.p.c.). Di norma la notizia delle situazioni che comportano l'ordine di liberazione è fornita dal custode ma anche uno dei creditori può proporre richiesta al giudice dell'esecuzione di adottare la relativa pronuncia.

Avverso l'ordine di liberazione il debitore esecutato è legittimato a presentare opposizione agli atti esecutivi.

L' intervento dei creditori

La disciplina dell'intervento dei creditori nell'ambito dell'esecuzione immobiliare è dettata dagli artt. 563 – 566 c.p.c.

Queste disposizioni operano una netta distinzione. I creditori che intervengono non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita (intervento tempestivo) partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono anche provocarne i singoli atti. Essi sono pertanto “parti” nella procedura, con i diritti che questa posizione loro conferisce. I creditori che intervengono successivamente (intervento tardivo) sono distinti in due categorie. Se sono chirografari ma intervengono prima dell'udienza di approvazione del progetto di distribuzione della somma ricavata concorrono alla distribuzione di quella parte della somma che sopravanza dopo che sono stati soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori intervenuti tempestivamente e dei creditori iscritti e privilegiati. Se sono creditori iscritti o privilegiati e intervengono prima dell'udienza di approvazione del progetto di distribuzione essi concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione e possono ancora provocare atti dell'espropriazione.

Si applica anche all'espropriazione immobiliare il disposto dell'art. 499 c.p.c.che disciplina: l'intervento dei creditori che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante da scritture contabili; il particolare procedimento di esame e di accantonamento dei crediti intervenuti privi di titolo esecutivo.

Il perito

Il giudice, entro quindici giorni dal deposito della documentazione ipocatastale, nomina l'esperto incaricato della stima dell'immobile. L'esperto presta giuramento in cancelleria mediante la sottoscrizione del verbale di accettazione.

L'incarico che il giudice affida al perito è descritto dall'art. 568 c.p.c. Egli deve determinare il valore di mercato dell'immobile pignorato e a questo scopo deve: procedere al calcolo della superficie dell'immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l'assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d'uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute.

Nella stima, l'esperto nominato deve evidenziare, ove occorra, la possibilità di sanare eventuali abusi edilizi e, inoltre, quantificare l'importo annuo delle spese condominiali ordinarie e le eventuali spese straordinarie già approvate dall'assemblea.

La vendita e l'assegnazione

L'istanza di vendita deve essere presentata dal creditore pignorante o dai creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo decorsi dieci giorni dal pignoramento (termine dilatorio di cui all'art. 501 c.p.c.).

Il corso successivo del procedimento può assumere, secondo la normativa del codice, duplice tipologia di svolgimento. Il punto comune e di svolta è costituito dall'udienza di comparizione delle parti e dei creditori, ai sensi dell'art. 498 c.p.c., richiamato per l'espropriazione immobiliare dall'art. 569 c.p.c. In vista di questa occasione il creditore pignorante e i creditori già intervenuti depositano un atto sottoscritto personalmente dal creditore e notificato al debitore, nel quale è indicato l'ammontare del residuo credito vantato, comprensivo di spese e di accessori. All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita e proporre le opposizioni dalle quali non sono ancora decadute.

La fattispecie che nel sistema ordinario del codice costituiva la forma ordinaria di procedimento è disciplinata dagli artt. 569 e seguenti. Se il giudice dispone la vendita forzata, in quanto ne ricorrono i presupposti, con l'ordinanza dispone se procedersi senza incanto oppure con incanto.

Nel primo caso fissa un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto. In proposito l'ordinanza deve prestabilire tutte le condizioni, i modi, le forme e i tempi da osservare; determinare la cauzione da versare; eventualmente autorizzare versamenti rateali e ordinare che versamenti e depositi avvengano con modalità telematiche. In particolare, viene precisato se la vendita deve avvenire in uno o più lotti, il prezzo base ed il termine, non superiore a centoventi giorni, entro il quale deve essere depositato il prezzo dell'eventuale aggiudicazione.

Quando l'ordinanza che ha disposto la vendita ha previsto che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente, il giudice dell'esecuzione può autorizzare l'aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell'immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile ed a prima richiesta, rilasciata da banche, assicurazioni o altri intermediari finanziari per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.

Se è presentata un'unica offerta, essa è accolta quando il prezzo indicato è pari o superiore al valore dell'immobile stabilito come base per la vendita. Se il prezzo è inferiore in misura non superiore a un quarto il giudice può far luogo alla vendita quando ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore. Se più sono le offerte, è indetta una gara tra gli offerenti sull'offerta più alta. Se il prezzo offerto all'esito della gara è inferiore al valore stimato dell'immobile il giudice dispone l'assegnazione quando ne viene fatta domanda.

Il giudice provvede alla vendita con incanto soltanto quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa avere luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'art. 568 c.p.c.

Il d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, ha introdotto nella disciplina codicistica l'istituto della vendita diretta (artt. 568-bis e 569-bis c.p.c.). Il debitore, con istanza presentata almeno dieci giorni dell'udienza di comparizione per l'autorizzazione della vendita può chiedere al giudice dell'esecuzione di disporre la vendita diretta dell'immobile pignorato, o di uno di essi, alla persona che in proposito ha presentato una offerta di acquisto per un prezzo determinato. L'offerta è irrevocabile e deve essere accompagnata dal versamento di una cauzione. Se l'offerta è ritenuta e dichiarata ammissibile, una volta versato il prezzo l'immobile è aggiudicato con provvedimento del giudice; su istanza degli interessati può demandarsi ad un notaio la redazione del rogito di trasferimento. Se avverso la presentazione dell'offerta sono proposte opposizioni, il giudice dispone forme di pubblicità e convoca le parti per la deliberazione. Anche in questo caso se sono formulate più offerte si procede ad una gara.

Il creditore può decidere di chiedere l'assegnazione del bene sottoposto a pignoramento, ovvero l'attribuzione diretta del bene pignorato, per sé o per un terzo. L'istanza deve essere depositata in cancelleria dopo che siano decorsi dieci giorni dalla notifica del pignoramento.

Il valore al quale deve disporsi l'assegnazione, in seguito alla riforma del 2015, è pari alla somma non inferiore a quella prevista nell'art. 506 c.p.c. ed al prezzo base stabilito per l'esperimento di vendita per cui è presentata.

L'assegnazione, in ogni caso, non può essere fatta per un valore che sia inferiore alle spese esecutive ed ai crediti privilegiati anteriori a quelli di chi chiede l'assegnazione per sé.

L'offerente e gli altri creditori, infatti, concorrono solo sul valore eccedente rispetto a quello così determinato e sempre nel rispetto delle cause di prelazione che li assistono.

Il giudice dispone l'assegnazione con ordinanza fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio.

All'esito del versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell'art. 586 c.p.c.

La delega al professionista

Il d.l. n. 35/2005, conv. nella l. n. 80/2005, ha introdotto nella disciplina dell'esecuzione forzata il secondo modello di procedimento attraverso il quale si perviene alla vendita. All'udienza di comparizione fissata per l'autorizzazione della vendita il giudice può decidere di delegare le operazioni relative ad un soggetto esterno all'organizzazione giudiziaria. Il sistema che ne segue è divenuto in prosieguo di tempo quello ordinario da seguire nelle espropriazioni, dapprima limitato a quella immobiliare e poi esteso come facoltativo anche all'espropriazione mobiliare.

Dispone l'art. 591-bis c.p.c. che il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita, delega a un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato o a un dottore commercialista il compimento delle operazioni di vendita e quelle successive.

La delega deve riguardare uno dei professionisti iscritti negli elenchi di coloro che sono stati riconosciuti abilitati ad assumere l'incarico; elenchi tenuti dal presidente del tribunale a norma degli artt. 179-ter e 179-quater disp. att. c.p.c.

Il giudice non dispone la delega nel solo caso in cui, sentiti i creditori, ravvisi l'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti.

In evidenza

La delega al professionista delegato, in seguito alla novella del 2015, è diventata la modalità principale che deve essere disposta dal giudice per la liquidazione dei beni pignorati.

Il giudice, nel momento in cui decide di non disporre la delega delle operazioni di vendita al professionista delegato deve motivare sull'esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita e sugli interessi delle parti a tutela dei quali assume il provvedimento di procedere direttamente alle operazioni di vendita.

Le modalità della vendita sono quelle di cui al terzo comma dell'art. 591-bis c.p.c.

Lo schema da seguire prevede adempimenti propri alla tipologia del procedimento: il professionista procede a dare avvisi della vendita, a disporre forme di pubblicità e a raccogliere le offerte nelle modalità stabilite dal giudice nell'ordinanza di nomina. Provvede a tutto quanto occorre per pervenire a individuare l'aggiudicatario nel migliore offerente e a predisporre la fase del trasferimento del bene all'acquirente. Negli avvisi, da eseguire con modalità telematiche (art. 173-quater c.p.c.) è specificato che tutte le attività, a norma degli art. 571 c.p.c. e seguenti, da compiere in cancelleria o davanti al giudice dell'esecuzione, o dal cancelliere o dal giudice dell'esecuzione, sono eseguite dal professionista delegato presso il suo studio ovvero nel luogo indicato nell'ordinanza di cui al primo comma.

Il professionista delegato provvede:

  • alla determinazione del valore dell'immobile , tenuto anche conto della relazione redatta dall'esperto nominato dal giudice a norma dell'art. 568, comma 1, c.p.c.;
  • a provvedere alla pubblicità degli avvisi e della vendita;
  • a deliberare sull'offerta se questa è unica (art. 572 c.p.c.);
  • ad effettuare l'incanto e l'aggiudicazione;
  • a ricevere ed autenticare la dichiarazione dell'avvocato rimasto aggiudicatario per persona da nominare, ex art. 583 c.p.c.;
  • sulle offerte in aumento di quinto dopo l'incanto, a norma dell'art. 584 c.p.c.;
  • sull'istanza di assegnazione, ai sensi degli artt. 587, 590 e 591 c.p.c.;
  • alla fissazione degli ulteriori esperimenti di vendita dopo un tentativo infruttuoso, senza necessità di ritrasmettere il fascicolo al giudice dell'esecuzione;
  • ad autorizzare l'espromissione del debitore con l'assunzione dei debiti da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario, a norma dell'art. 508 c.p.c.;
  • sul versamento del prezzo da parte del creditore ipotecario o dell'aggiudicatario assuntore del debito ipotecario nell'ipotesi di cui all'art. 585, comma 2, c.p.c.;
  • alla redazione della bozza del decreto di trasferimento ed all'esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto stesso;
  • alla sua comunicazione alla pubblica amministrazione negli stessi casi in cui si comunicano gli atti volontari di trasferimento;
  • all'espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti alla pronuncia del decreto di trasferimento da parte del giudice;
  • alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione, affinché provveda ai sensi dell'art. 596 c.p.c.

Il giudice revoca la delega, sentito l'interessato, se non vengono rispettati i termini e le direttive per lo svolgimento delle operazioni, salvo che il professionista delegato dimostri l'esistenza di una causa a lui non imputabile.

Se nel corso delle operazioni sorgono difficoltà il professionista può rivolgersi direttamente al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto. Il provvedimento non è impugnabile, a differenza di quanto era disposto in passato. Trattandosi di risolvere questioni di tipo pratico, organizzativo e di fatto non vi sarebbe neppure il tempo per proporre un reclamo ed averne una decisione, a sua volta impugnabile.

Avverso gli atti del professionista delegato è invece ammesso il reclamo delle parti e degli interessati. Gli atti in questione contengono in maggiore o minore misura decisioni e sono conseguenti a scelte: questa situazione giustifica il diritto alla difesa mediante l'impugnazione. Il reclamo è presentato in forma di ricorso al giudice dell'esecuzione ed è deciso con ordinanza; avverso l'ordinanza è ammessa l'opposizione agli atti esecutivi. La giurisprudenza ha escluso che si possano impugnare direttamente gli atti del professionista delegato con uno strumento diverso dal reclamo al giudice dell'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2006, n. 14707).

Il procedimento di reclamo è incidentale, nel senso che s'inserisce nel processo esecutivo all'interno della fase delle operazioni delegate al professionista. Esso non sospende, di per sé, le operazioni di vendita, salvo che, concorrendo gravi motivi, non la disponga il giudice. E' disposto un termine di decadenza: il ricorso va presentato nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza.

Legittimati attivi sono tutte le parti del processo esecutivo e, quindi, i creditori (quello procedente e quelli intervenuti), il debitore esecutato, il terzo assoggettato all'espropriazione, nonché gli interessati, quali l'offerente all'incanto, l'aggiudicatario provvisorio e l'offerente in aumento del quinto.

Il giudice dell'esecuzione, investito del reclamo, dispone la comparizione delle parti e provvede con ordinanza.

È legittimato a proporre il reclamo previsto dall'art. 591-ter c.p.c. anche chi sia interessato a contestare il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione impartisce istruzioni al professionista delegato prima che le istruzioni reputate erronee od inopportune siano eseguite, con la conseguenza che, in mancanza, è inammissibile il reclamo stesso una volta che le istruzioni abbiano esaurito la loro funzione, restando, tuttavia, impregiudicata la facoltà di qualunque interessato di proporre, per l'eventuale illegittimità derivata, reclamo avverso gli atti successivi ovvero opposizione agli atti esecutivi avverso il primo atto del giudice dell'esecuzione conclusivo della relativa fase (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2011, n. 8864).

La distribuzione della somma ricavata

La somma oggetto di distribuzione è quella introitata a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute od assegnate, di rendita o provento delle cose pignorate, di multa e di risarcimento del danno da parte dell'aggiudicatario.

Se il creditore procedente è uno solo, il giudice dell'esecuzione dispone il pagamento di quanto ad esso spettante a titolo di capitale, spese ed interessi, sentito il debitore.

Nel caso, invece, in cui oltre al creditore procedente ve ne siano di intervenuti, il giudice provvede a distribuire la somma ricavata ripartendola proporzionalmente tra tutti i creditori, secondo le norme specifiche previste per l'espropriazione mobiliare od immobiliare.

Il giudice od il professionista delegato provvede a formare, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano e lo deposita in cancelleria per la consultazione dei creditori e del debitore, fissando l'udienza per la loro audizione e lasciando tra il deposito e l'udienza un termine libero di almeno dieci giorni.

Il progetto di distribuzione viene approvato anche se all'udienza fissata per la discussione non compare nessuno.

Se un creditore che abbia diritto alla distribuzione della suddetta somma, sia a sua volta debitore di terzi, i suoi creditori possono chiedere al giudice di sostituirlo nella predetta distribuzione.

La loro richiesta avviene nelle forme con atto d'intervento.

Il giudice provvede quindi alla distribuzione anche nei confronti di tali soggetti, ma le eventuali contestazioni sulle domande giudiziali di sostituzione non possono ritardare la distribuzione della somma tra gli altri creditori concorrenti.

Nel caso di controversie tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato a espropriazione, che sorgano in sede di distribuzione, il giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti gli accertamenti necessari, provvede con ordinanza a risolvere la lite.

L'ordinanza è impugnabile secondo le disposizioni che il codice prevede in tema di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. ed il giudice può sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata.

Riferimenti
  • Auletta, Giordano, Leuzzi, Il codice delle esecuzioni, Milano, 2022.
  • Bartolini, Esecuzioni immobiliari, Milano, 2016.
  • Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2023.
  • A.M. SoldiI, Manuale dell'esecuzione forzata, Quarta Edizione, Padova, 2015, pag. 272 e ss..

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