È possibile chiedere la nomina di un amministratore di sostegno per il padre prodigo?

26 Marzo 2018

È legittimo nominare un amministratore di sostegno per un soggetto che, disponendo di una modesta pensione di 400 euro e non dovendo sostenere oneri abitativi, nel pieno delle sue facoltà e con un comportamento tenuto costante da tutta la vita decida di spendere come meglio crede i suoi averi?
Massima

Non si procede alla nomina di un amministratore di sostegno per il soggetto meramente prodigo, stante la necessarietà della presenza di una patologia fisica o psichica, ex art. 404 c.c. che giustifichi la misura di protezione.

Il caso

I figli di un padre quasi ottantenne, preoccupati per l'atteggiamento dell'uomo nei confronti della gestione del proprio patrimonio, ormai quasi del tutto depauperato da una serie di comportamenti reiterati da molto tempo, chiedevano al Tribunale di nominare un amministratore di sostegno per il loro congiunto. Veniva infatti evidenziato in ricorso che il padre aveva dissipato il proprio patrimonio vivendo al di sopra delle proprie possibilità, spendendo in viaggi, serate, donne. Il Tribunale tuttavia non ritiene soddisfatti i requisiti richiesti per la nomina di un ADS.

La questione

È legittimo nominare un amministratore di sostegno per un soggetto che, disponendo di una modesta pensione di 400 euro e non dovendo sostenere oneri abitativi, nel pieno delle sue facoltà e con un comportamento tenuto costante da tutta la vita decida di spendere come meglio crede i suoi averi?

Le soluzioni giuridiche

Viene esaminato, nella sentenza in commento, il concetto di prodigalità alla luce dei caratteri propri dell'ormai desueto istituto dell'inabilitazione, di cui all'art. 414, comma 2, c.c.. Allo stato, relativamente alla casistica giuridica che limita la capacità di agire dei soggetti relativamente alla loro prodigalità, esiste una duplice interpretazione della relativa nozione da parte della giurisprudenza e della dottrina. Come è noto, l'inabilitazione esclude parzialmente la capacità di agire di soggetti affetti proprio da:

- uno stato di infermità meno grave rispetto all'interdizione;

- la prodigalità;

- l'abuso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti, che possano causare un grave pregiudizio economico al soggetto o alla sua famiglia;

- il sordomutismo o la cecità sin dalla nascita qualora sia mancata un'istruzione sufficiente.

Secondo un primo orientamento, più risalente, la prodigalità viene di per sé stessa considerata una condizione da stigmatizzare se non proprio da “curare” i cui possibili effetti devono essere in un qualche modo tutelati dall'ordinamento. Indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità, pertanto, in presenza di prodigalità va limitata la capacità di agire di quei soggetti che compiono atti anche nel caso in cui essi siano espressione di un atteggiamento lucido e di una libera scelta di vita purché riconducibili a motivi futili (ad esempio, frivolezza, vanità, ostentazione del lusso, disprezzo di coloro che lavorano, dispetto verso vincoli di solidarietà familiare). Secondo tale visione, nel caso di specie vi sarebbero stati probabilmente i presupposti per la nomina di un amministratore di sostegno nell'interesse dell'anziano. Diversamente, alla luce di una visione più moderna e garantista e soprattutto costituzionalmente orientata, la prodigalità deve presupporre necessariamente una patologia, legando la situazione di fatto alla tipicità giuridica dei presupposti previsti nell'art. 414 c.c. per l'inabilitazione. Secondo tale impostazione la prodigalità presuppone in primis la patologia mentale, che espone la persona al rischio di un danno economico, dato che la sola compromissione del patrimonio familiare non sarebbe sufficiente a giustificare il provvedimento limitativo della capacità di agire.

Nel decreto in commento viene considerato determinante per la decisione il fatto che la persona amministranda non fosse mai stata affetta da patologia psichica né lo fosse al momento dell'instaurazione del giudizio, avendo condotto una vita piena e soddisfacente alla luce delle proprie volontà e passioni, anche dissipative del proprio patrimonio. La limitazione della capacità di agire, secondo tale assunto può giustificarsi solo in presenza di un'alterazione delle facoltà mentali, cosicché nessuna coerente ricostruzione dell'istituto sarebbe possibile al di fuori dell'equazione: prodigalità= alterazione mentale. Tutto ciò nell'ottica costituzionale, di riconsiderazione della persona umana, del rispetto della dignità dell'uomo e del divieto di discriminazione della persona per condizioni personali o scelte di vita da essa emergenti, che imporrebbe una profonda revisione della concezione tradizionale dell'inabilitazione per prodigalità. Il fatto che poi egli non abbia alcun obbligo nei confronti dei propri congiunti e che non rischi di diminuire il patrimonio familiare depone senz'altro verso la logica di non limitare l'individuo non affetto da patologia con un provvedimento che ridimensionerebbe, e di molto, la sua capacità di agire. Proprio il Tribunale di Modena, infatti, aveva affermato che «i comportamenti di dilapidazione del proprio patrimonio personale legittimano la nomina di un amministratore di sostegno solo laddove essi espongano a conseguenze dannose le persone verso cui il beneficiario è responsabile» (Trib. Modena, 25 settembre 2006).

Osservazioni

Il decreto in esame si pone in linea con l'orientamento maggioritario che ammette la nomina di ADS e la conseguente riduzione o compressione della capacità di agire solo se giustificata dalla presenza di uno degli elementi tipici posti a fondamento della inabilitazione dal legislatore del 1942 nell'art. 414 c.c.. L'amministrazione di sostegno, nata nel 2004, è figlia di visioni di più ampio respiro, mirante alla tutela a 360 gradi del soggetto fragile, e trascende spesso, nelle prassi quotidiane, i confini previsti. Dalle linee guida sulle amministrazioni di sostegno di Paolo Cendon (www.ammsostegno-lineeguida.it), ad esempio, relativamente ai presupposti per la nomina di amministratori di sostegno, si evince che, anche se dall'interpretazione letterale del disposto ex art. 404 c.c., si evidenzia che le condizioni essenziali per procedere alla nomina dell'ADS sono costituite da presupposti soggettivi e oggettivi. Nel primo insieme rientra la constatata condizione di disabilità del destinatario della misura protettiva, definita persona "inferma", ovvero, "menomata" (fisicamente o psichicamente). Da un punto di vista oggettivo, poi, l'individuo, per via della particolare condizione, ha necessità, in generale, di un aiuto allo svolgimento delle proprie attività quotidiane, ed infatti a tal proposito il legislatore ha adottato una definizione normativa che sembra richiamare la terminologia concernente le persone che "possono" essere interdette, ossia, quanti «si trovano in condizioni di abituale infermità di mente e che li renda incapaci di provvedere ai propri interessi» (art. 414 c.c.). Rispetto a quest'ultimo dato normativo, tutto imperniato sulla nozione di "infermità mentale”, il legislatore del 2004, più attento agli innumerevoli fenomeni e casistiche delle realtà della fragilità personale ed umana, ha introdotto innovativamente il riferimento alla "menomazione" ("fisica o psichica") o "infermità", concetto molto più ampio, quale presupposto applicativo del nuovo istituto giuridico (per approfondire A. Farolfi, Amministrazione di sostegno, Giuffrè, 2014, 64). Va da sé che, nel caso di specie, nell'ottica della tutela dell'individuo fragile anche se non affetto da patologia psichica, propria dello spirito della legge sulle amministrazioni di sostegno, si sarebbe forse potuta suggerire una soluzione alternativa al problema, come una nomina di amministratore di sostegno con specifici poteri delimitati alle problematicità dell'individuo. L'elasticità e la versatilità dell'istituto lo avrebbero forse maggiormente consentito.

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