Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e psicotrope. Questioni di diritto intertemporaleFonte: DPR 9 ottobre 1990 n. 309
13 Luglio 2018
Abstract
La materia avente a oggetto le sostanze stupefacenti, e in particolare l'art. 73 d.P.R. 309/1990, ha subito nel corso degli anni una serie di interventi da parte del Legislatore, così da attrarre l'attenzione dei giureconsulti interessati, per tale ragione, a seguire fedelmente passo dopo passo le singole modifiche normative intervenute al fine di risolvere i dubbi interpretativi e lle problematiche affiorate soprattutto alla luce della sentenza n. 34 del 2014 della Corte costituzionale. Il testo originario
Al fine di discernere tra un illecito amministrativo e un illecito penale in caso di detenzione, importazione e acquisto di sostanze stupefacenti per uso personale, la giurisprudenza utilizzava un criterio oggettivo-quantitativo. Tale criterio, trovava il suo fondamento nel d.P.R. 309/1990, in base al quale poteva considerarsi penalmente rilevante la detenzione, l'acquisto, l'importazione di sostanze stupefacenti nel caso in cui il quantitativo fosse superiore alla “dose media giornaliera”. Il referendum abrogativo del 1993
La prima significativa modifica dell'art. 73 d.P.R. 309/1990 si ha con il decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, Abrogazione parziale, a seguito di referendum popolare, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, che ha eliminato al primo comma le parole «e 76» L'esito del referendum abrogativo del 1993 ha comportato dunque l'abrogazione delle norme che sanzionavano penalmente il procacciamento e la detenzione per uso personale di sostanza stupefacenti ed, in particolare dell'inciso, contenuto nel primo comma dell'art. 75 d.P.R. 309/1990, che escludeva la rilevanza penale della sola ricezione e detenzione di sostanza stupefacente in dose non superiore a quella media giornaliera. Ne consegue che l'acquisto per farne uso personale di stupefacente, al di là della dose media giornaliera, è comportamento illegale ma sanzionato soltanto in via amministrativa. La legge Fini - Giovanardi
Successivamente l'art. 4-bis, comma 1, d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, conv. con modif. l. 21 febbraio 2006, n. 49 (c.d. legge Fini – Giovanardi), ha modificato radicalmente il testo dell'art. 73.
L'art. 4-bis, comma 1, della c.d. legge Fini - Giovanardi ha modificato l'impianto dell'art. 73, con l'introduzione di fattispecie di nuovo conio e con l'assimilazione delle droghe leggere a quelle pesanti. Tutte le sostanze vietate sono state ricomprese in un'unica tabella, nella quale sono stati collocati indifferenziatamente sotto il profilo sanzionatorio i vari tipi di droga (l'oppio, le foglie di coca, la cannabis e le amfetamine). Sul piano applicativo, l'art. 73, nella sua nuova e più articolata versione, ha determinato un aggravamento sanzionatorio per le ex droghe leggere, anche se il Legislatore ha contestualmente operato la riduzione dei minimi edittali previsti per la fattispecie incriminatrice di cui al comma 1 dell'art.73. Tale modifica ha comportato che la condotta di chi veniva trovato in possesso di tipi diversi di sostanze stupefacenti integrasse un solo reato, dovendosi tenere conto della quantità complessiva delle sostanze detenute solo ai fini del computo dosimetrico della pena. Tra le novità introdotte dall'art. 73, s'inscrive lo scorporo della illecita detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope dal comma 1 per essere disciplinato al comma 1-bis, con la previsione anche dell'illecita detenzione di medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. Il comma 4, che è certamente una fattispecie di nuovo conio, in alcun modo speculare, pertanto, al comma 4 dell'art. 73 ante riforma, attribuisce rilevanza penale alle sole condotte di cessione riguardanti i medicinali compresi nella tabella II, sezione A, B, C e D allegata al suddetto d.P.R. L'art. 2, lett. a) d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. con modif. l. 21 febbraio 2014, n. 10ha apportato un'altra modifica di notevole rilevo, sostituendo il comma 5 che ora recita: «5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000».
La nuova formulazione del citato articolo configura il fatto di lieve entità come reato autonomo e non più come circostanza attenuante speciale. Si evidenzia, al riguardo, che la riforma ha inserito nel testo della disposizione una clausola di sussidiarietà secondo la quale l'ambito di applicazione della norma è segnato in negativo dalla configurabilità di un più grave reato. Inoltre, si è posta l'attenzione sulle espressioni utilizzate dal legislatore sottolineando come «l'inedita previsione di un soggetto attivo (chiunque) e di una condotta (commette) sembrano scelte indicative della volontà di incriminare in maniera autonoma fatti la cui descrizione è pur sempre in parte mutuata da altre disposizioni incriminatrici». In tal senso si è espressa la Suprema Corte – Sezione VI,con sentenza 26 marzo 2014, n.14288 (ud. 8 gennaio 2014). Inoltre è stato introdotto un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto alla previgente disciplina con l'abbassamento del massimo edittale da sei anni di reclusione a cinque anni di reclusione. La Corte costituzionale, con sentenza n. 32 del 25 febbraio 2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, conv. con modif. l. 21 febbraio 2006, n. 49 (c.d. legge Fini – Giovanardi). Pertanto, a seguito dell'intervento demolitorio il quadro fin adesso delineato è radicalmente mutato. In particolare, torna ad avere applicazione l'art. 73 del d.P.R. 309/1990 e le relative tabelle e, quindi, la distinzione in ordine al trattamento sanzionatorio per le c.d. droghe leggere e le c.d. droghe pesanti. In altri termini, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale, la disciplina degli stupefacenti, torna ad essere improntata sul c.d. doppio binario sanzionatorio, basato sulla distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere e sulla contestazione di due distinti reati uniti dal vincolo di continuazione, qualora commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tale pronunzia ha generato questioni di diritto intertemporale su cui ha avuto modo di esprimersi la Suprema Corte a Sezioni unite, con riferimento alla sentenza di patteggiamento antecedente la dichiarazione di incostituzionalità (Cass. pen., Sez. unite, 26 febbraio 2015, n. 33040, Jazouli). I giudici della Corte di Cassazione hanno affermato che: «È illegale la pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe cosiddette leggere sui limiti edittali dell'art. 73 d.P.R. 309 del 1990, come modificato dalla l. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall'originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità». Tale riconosce dunque il potere della Cassazione di rideterminare la pena applicata con sentenza di patteggiamento in relazione alle droghe c.d. leggere, anche nell'ipotesi in cui il trattamento sanzionatorio rientri nella cornice edittale ripristinata a seguito dell'intervento della Consulta. Questa questione concerne ovviamente sia le sentenze di condanna che quelle di applicazione concordata della pena, determinata sulla base di un regime dichiarato incostituzionale. Per le sentenze di condanna, non ancora irrevocabili, la prevalente giurisprudenza di legittimità si è pronunciata in senso favorevole a una necessaria rivisitazione del trattamento sanzionatorio, ritenendo che la norma dichiarata incostituzionale (in particolare l'art. 73 d.P.R. 309/90, così come modificato con la novella del 2006) cessa di avere efficacia e, di conseguenza, non è più idonea ad abrogare la disciplina previgente che torna in vigore. Deve dunque ritenersi applicabile la normativa più favorevole di cui alla stesura originaria prevista dal d.P.R. 309/1990, mentre non sarà più legittima la determinazione della sanzione operata nel caso concreto con riferimento alla sanzione prevista dalla norma incostituzionale e ciò, sia quando la Corte ha disposto l'annullamento finalizzato alla rideterminazione della pena, sia nel caso in cui i nuovi criteri edittali erano stati superati, sia laddove, invece, questi erano stati comunque rispettati. Ne discende che anche per i processi in corso per reati in materia di stupefacenti commessi durante la vigenza della l. 49 del 2006, deve applicarsi l'originaria formulazione dell'art. 73 d.P.R. 309/1990 proprio perché è come se la disciplina incostituzionale non fosse mai esistita. Rimane da affrontare, in questa prospettiva, il minimo edittale da applicarsi per le cosiddette droghe pesanti, posto che il minimo edittale previsto dall'art. 73 post riforma, con riguardo alla pena detentiva, è di anni 6 di reclusione, mentre il minimo edittale previsto dall'art. 73 ante riforma è di anni 8 di reclusione. Nessun dubbio, tuttavia, che nel caso in cui le condotte ivi contemplate abbiano a oggetto le cc.dd. droghe pesanti, l'attuale assetto dell'art. 73 deve essere coordinato con il principio della lex mitior, sebbene la norma si muova su criteri edittali dichiarati incostituzionali. È incontrovertibile, infatti, che in caso di successione di leggi penali nel tempo, nel nostro ordinamento vige il principio della norma penale più favorevole fra quelle del tempo in cui il reato è stato commesso e quelle successive. Di conseguenza: se il reato riguarda le droghe pesanti, chi dal 2006 al 2014 e successivamente, ha coltivato, prodotto, commerciato, esportato, importato, procurato ad altri, spedito, detenuto, fruirà della normativa dichiarata incostituzionale perché più favorevole (pena minima 6 anni). Se il reato riguarda droghe leggere, chi ha prodotto, coltivato, commerciato, esportato, importato, spedito, detenuto, procurato ad altri, si applica la normativa abrogata nel 2006 (pena minima 2 anni), vale a dire il comma 4 dell'art. 73 d.P.R. 309/1990 nella sua originaria formulazione. Nel solco tracciato dalla Corte costituzionale, con la sentenza 34 del 2014, si è inserito il seguito normativo costituito dal decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nell'art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79, recante Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale. Il testo risultante dalle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 24-ter, lett. a), d.l. 20 marzo 2014, n. 36, conv. con modif. l 16 maggio 2014, n. 79, recita:
Con tale intervento il Legislatore ha ridotto ulteriormente la pena prevista per il fatto di lieve entità, ripristinando lo stesso trattamento sanzionatorio previsto in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV, ante riforma legge Fini- Giovanardi e lo ha esteso anche ai fatti di lieve entità in materia di sostanze stupefacenti di cui alla tabelle I e III. Come si è già detto, infatti, l'art. 73 d.P.R. 309/1990, diversifica oggi il trattamento sanzionatorio per droghe leggere e droghe pesanti solo per i fatti non lievi mentre permane l'unificazione dei fatti di lieve entità, indipendentemente dalla tipologia di stupefacente, leggera o pesante sotto l'autonoma fattispecie penale di cui all'attuale quinto comma. Di fronte a questo quadro normativo non sono mancate considerazioni critiche e perplessità tra gli operatori del diritto. I dubbi affiorano sulla scorta della constatazione della disarmonia sanzionatoria complessivamente risultante: una cornice edittale particolarmente elevata per i delitti concernenti le droghe pesanti – da otto a venti anni di reclusione, per limitarsi alla pena detentiva – e una cornice edittale assai ridotta per le droghe leggere – da due a sei anni di reclusione. In questi termini, ragionando sotto il profilo del trattamento sanzionatorio, occorre prendere atto dell'intento del legislatore di procedere a un progressivo accostamento del fatto di reato avente ad oggetto le droghe leggere a quello di lieve entità. In effetti, la differenza edittale tra la fattispecie di cui al comma 4 ante riforma e la fattispecie di cui comma 5, nella sua attuale formulazione, è talmente lieve che induce a cogliere un rapporto tra fattispecie base e fattispecie attenuata, più che un rapporto tra due fattispecie autonome, quasi ad assimilare ope legis il fatto di reato avente ad oggetto le droghe leggere a quello di lieve entità, fermo rimanendo, tuttavia, in tale cornice, il trattamento sanzionatorio di estremo rigore riservato ai fatti concernenti le droghe pesanti di non lieve entità. Con l'ulteriore conseguenza di attribuire alla discrezionalità dell'interprete, nel ravvisare la lieve entità del fatto o meno, di determinare alternativamente l'applicazione di due cornici edittali decisamente distanti. Sotto il profilo sostanziale e reale, è questione di proporzione della pena, dovendo coniugarsi il trattamento sanzionatorio con i principi costituzionali di colpevolezza e della funzione rieducativa della pena, ai sensi dell'art. 27, commi 2 e 3, Cost. Tali principi postulano l'individualizzazione del trattamento sanzionatorio siccome indispensabile alla funzione rieducativa della pena. Donde si coglie nel segno nel ritenere come lineare e ragionevole la reintroduzione di due diverse fattispecie di lieve entità: una per le droghe pesanti e una per le droghe leggere, come era, appunto, sotto la Jervolino- Vassalli. La confisca
In ultimo, con l'art. 4, comma 1, lett. a), del d.lgs. 29 Ottobre 2016, n. 202, è stato aggiunto il comma 7-bis: «7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto». In conclusione
È auspicabile da parte del Legislatore un riassetto normativo che comprenda, armonizzandoli tra di loro, in un unico involucro i commi dell'art. 73 nella sua originaria formulazione e quelli dell'art. 73, oggetto di successive modifiche, rimodulandolo alla luce della sentenza n. 34 del 2014 della Corte costituzionale. A tal proposito si evidenzia che anche il ripristino delle vecchie tabelle pone dei problemi di coordinamento con le nuove sostanze stupefacenti e le droghe sintetiche, poiché esse erano state escluse dalle tabelle previgenti. |