Riconoscimento di figlio non matrimoniale: legge applicabile e ordine pubblico
26 Settembre 2018
Massima
Ai sensi dell'art. 35 l. n. 218/1995, le condizioni per effettuare il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. La legge egiziana della cittadinanza del padre, la quale non consente il riconoscimento al cittadino egiziano che non sia unito in matrimonio, non può peraltro costituire ostacolo al riconoscimento in ragione del principio di ordine pubblico internazionale che riconosce il diritto alla acquisizione dello status di figlio naturale a chiunque sia stato concepito, indipendentemente dalla natura della relazione tra i genitori. Il caso
Il padre egiziano di una bambina dominicana riconosciuta dalla sola madre si rivolgeva al Tribunale di Milano per chiedere di essere autorizzato al riconoscimento della figlia. Il Tribunale invitava la madre a chiarire se essa intendeva opporsi al riconoscimento. La madre si costituiva in giudizio dichiarando di non opporsi al riconoscimento e le parti chiedevano congiuntamente che il Tribunale si pronunciasse anche sulla responsabilità genitoriale. Con successiva ordinanza il Tribunale invitava quindi il ricorrente ad effettuare il riconoscimento dinnanzi al competente ufficiale di stato civile. L'ufficiale di stato civile rifiutava di procedere al riconoscimento in quanto la legge egiziana di nazionalità del padre non lo consente alle coppie non sposate. Ritenendo ingiustificata l'opposizione, il Tribunale di Milano autorizzava il padre al riconoscimento demandando all'ufficiale di stato civile del Comune di Milano di procedere alle incombenze di legge con riferimento all'atto di nascita della minore. La questione
Le questioni che emergono dal caso in esame sono le seguenti:
Le soluzioni giuridiche
La sentenza in commento ha ritenuto ingiustificato il rifiuto dell'ufficiale di stato civile di ricevere il riconoscimento del padre per il fatto che la legge di sua cittadinanza (egiziana) non lo prevede in quanto l'art. 35 l. n. 218/1995 stabilisce che il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio è disciplinato, innanzitutto, dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, e l'art. 143 del Codigo de Familia della Repubblica Dominicana, Stato di cittadinanza della bambina, consente il riconoscimento senza alcuna condizione e senza alcuna formalità. Il Tribunale di Milano ha comunque preso in considerazione anche la legge della cittadinanza del padre e ha sostenuto che la legge egiziana non poteva costituire ostacolo al riconoscimento in quanto era contraria al principio di ordine pubblico internazionale che riconosce il diritto all'acquisizione dello stato di figlio naturale a chiunque sia stato concepito, indipendentemente dalla natura della relazione tra i genitori.
Osservazioni
La prima osservazione è che, prima ancora di addivenire all'individuazione della legge applicabile, il Tribunale di Milano si è preoccupato preliminarmente di applicare la disciplina dei consensi prevista dalla legge italiana, come se questo aspetto non rientrasse nell'ambito di applicazione della legge regolatrice del riconoscimento. In base alla legge italiana, il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i 14 anni non può avvenire senza il consenso del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (art. 250, comma 3, c.c.). Il comma 4 ha cura di precisare che il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio e, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, prevede un ricorso al giudice che si pronuncia con sentenza che tiene luogo del consenso mancante. Anche se la sentenza non lo esplicita, è verosimilmente in applicazione di tale disposizione che il Tribunale ha invitato la madre, che aveva effettuato per prima il riconoscimento, a chiarire se intendeva opporsi a quello del padre. A nostro avviso, invece, la disciplina dei consensi prevista dal codice civile trova applicazione solo quando il riconoscimento è regolato dalla legge italiana in quanto è uno degli aspetti che ricadono nell'ambito di applicazione della legge regolatrice. Quando invece, come nel caso che occupa, in base alle norme di conflitto il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio sia regolato da una legge straniera, a nostro avviso è a quella che bisogna fare riferimento anche per la questione relativa alla necessità o meno del consenso del genitore che lo ha effettuato per primo. Passando al merito della decisione, riteniamo che la sentenza del Tribunale di Milano abbia correttamente autorizzato il padre ad effettuare il riconoscimento della bambina perché, ai sensi dell'art. 35 l. n. 218/1995 questo è regolato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita e la legge dominicana prevede il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio senza particolari condizioni o formalità. La sentenza in commento ha però sentito il bisogno di precisare che la legge dello Stato di cittadinanza del padre (cioè la legge egiziana), che esclude la possibilità del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, non poteva trovare applicazione per contrarietà all'ordine pubblico internazionale. A questo riguardo, ci sono due aspetti che meritano di essere approfonditi. Il primo è che l'art. 35, comma 1, l. n. 218/1995 dispone che le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento. Come si vede, la norma di conflitto, ai fini dell'individuazione della legge applicabile, pone due possibili criteri di collegamento: la cittadinanza del figlio e la cittadinanza del genitore che effettua il riconoscimento. I due criteri sono in concorso alternativo e la scelta deve ricadere su quello che meglio garantisce il risultato avuto di mira dal legislatore, in attuazione del metodo delle considerazioni materiali per la soluzione dei conflitti di leggi. Nella fattispecie, il risultato avuto di mira dal legislatore è quello dello stabilimento della filiazione. Se, come nel caso su cui si è pronunciata la sentenza in commento, la legge nazionale del figlio garantisce lo stabilimento della filiazione senza limitazioni di sorta, essa deve trovare applicazione a preferenza della legge nazionale del genitore, che non viene nemmeno in considerazione. In ogni caso, e questo è il secondo aspetto da considerare, non è più necessario invocare la clausola di ordine pubblico internazionale per escludere l'applicazione delle leggi che limitano la possibilità del riconoscimento del figlio alle coppie non sposate. È bensì vero che esiste un pacifico orientamento giurisprudenziale, cui appartiene anche la sentenza Cass. n. 27592/2006 citata dal Tribunale di Milano, secondo cui esiste «un principio di ordine pubblico internazionale che riconosce il diritto alla acquisizione dello status di figlio naturale a chiunque sia stato concepito, indipendentemente dalla natura della relazione tra i genitori», e che questo «costituisce un limite generale all'applicazione della legge straniera (nella specie, egiziana, recepente in materia di “statuto personale” il diritto islamico) che, attribuendo all'uomo la paternità unicamente nell'ipotesi in cui il figlio sia stato generato in un “rapporto lecito”, preclude al padre di riconoscere il figlio nato da una relazione extramatrimoniale». Tuttavia, questo indirizzo giurisprudenziale trovava applicazione prima della recente modifica dell'art. 35 l. n. 218/1995, che risolve diversamente il problema rendendo non più necessario il ricorso alla clausola di ordine pubblico. Va infatti considerato che l'art. 101, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 154/2013 ha introdotto ex novo una norma di conflitto unilaterale subordinata che designa la legge italiana per il caso in cui le leggi indicate dai criteri di collegamento (cioè quella della cittadinanza del figlio al momento della nascita o quella della cittadinanza del padre al momento in cui effettua il riconoscimento se più favorevole) non ammettano il riconoscimento. Nell'ipotesi in cui le leggi designate dai criteri di collegamento ammettano bensì il riconoscimento ma a condizioni meno favorevoli, si applica comunque la legge italiana in forza dell'ultimo comma dell'art. 33 l. n. 218/1995, anch'esso introdotto dal d.lgs. n. 154/2013, che considera di applicazione necessaria le disposizioni del diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di figlio. È vero che prima della novella del 2013 le leggi che non ammettevano il riconoscimento o lo ammettevano a condizioni più sfavorevoli erano ritenute contrarie all'ordine pubblico, in base al costante orientamento della Corte di Cassazione (Cass. civ., 28 dicembre 2006, n. 27592; Cass.civ., 27 febbraio 2002, n. 2907; Cass. civ. 8 marzo 1999, n. 1951) e anche della Corte europea dei diritti dell'uomo, che considera le legislazioni che non consentono lo stabilimento della filiazione avvenuta fuori del matrimonio contrastanti con l'art. 8 CEDU sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, interpretato nel senso di includere anche il diritto dei figli nati fuori del matrimonio di vedere accertato il proprio status familiare (Corte EDU, 13 giugno 1979; Corte EDU, 12 gennaio 2006). E infatti la sentenza della Suprema Corte citata dalla sentenza in commento si riferisce ad un caso ante riforma del 2013. A seguito della riforma, però, quando le leggi indicate dai criteri di collegamento dell'art. 35 l. n. 218/1995 non prevedono il riconoscimento del figlio naturale alle coppie non sposate o lo ammettono a condizioni più sfavorevoli, non è più necessario invocare la clausola di ordine pubblico essendo sufficiente pervenire direttamente all'applicazione della legge italiana in forza della norma di conflitto unilaterale introdotta dalla riforma del 2013. G. Conetti, S. Tonolo, F. Vismara, Manuale di diritto internazionale privato, Torino, 2013, 175 ss. F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale (vol. II), Torino, 2016, 193 ss. B. Barel, S. Armellini, Diritto internazionale privato, Giuffrè, 2018, 201 ss. |