Errores in procedendo e poteri della Corte di cassazione
02 Ottobre 2018
Massima
La deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo, consente alla Corte di cassazione di essere anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all'esame degli atti processuali del fascicolo di merito, specie, allorquando è in gioco la ammissibilità/procedibilità dell'appello e quindi il passaggio o meno in cosa giudicata della sentenza di primo grado, trattandosi di verifica che la Corte deve compiere anche d'ufficio ex actis. Il caso
L'agenzia delle entrate proponeva ricorso avverso la sentenza della commissione tributaria regionale che aveva dichiarato inammissibile l'atto di gravame per mancato deposito della ricevuta postale di spedizione dell'atto di appello, al momento della costituzione in giudizio. La Corte di cassazione – sul rilievo che era stato evidenziato un error in procedendo – accoglieva il ricorso evidenziando che nei casi in cui è sottoposta al vaglio di legittimità la questione della ammissibilità/procedibilità dell'atto di appello, il Giudice di legittimità può procedere all'esame degli atti processuali del fascicolo. Sulla scorta di tale principio, nel caso di specie si è rilevato che l'atto di appello era stato ricevuto dal contribuente entro i termini di scadenza dell'appello, con l'ulteriore accertamento che la costituzione in giudizio da parte dell'agenzia delle entrate era stata tempestiva, per come risultava dalla ricevuta di deposito degli atti. La questione
La questione in esame è la seguente: in caso di ricorso in Cassazione con il quale siano dedotti errores in procedendo quali sono i poteri esercitabili dal Giudice di legittimità? Le soluzioni giuridiche
Nel giudizio di cassazione vige la regola che nessun documento nuovo può essere prodotto, qualora lo si fosse potuto, e dovuto, depositare nella fase di merito (Cass. civ., n. 21596/2013; Cass. civ., n. 12607/2002). Inoltre, i documenti non possono mai essere prodotti in allegato alla memoria ex art. 378c.p.c. (Cass. civ., n. 7515/2011; Cass. civ., n. 2431/1995). Tuttavia, i principi testé richiamati sono derogati quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un'attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell'atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il Giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito, ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. (Cass. civ., n. 11796/2015). Nell'ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo, la Corte di legittimità diviene anche giudice del fatto (processuale) ed ha, quindi, il potere-dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali. Tuttavia, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali (Cass. civ., Sez. Un., n. 8077/2012). In altri termini, se è indiscutibilmente vero che allorché in sede di giudizio di legittimità sia dedotto un error in procedendo, la Corte di cassazione diviene giudice del fatto "processuale", essendo abilitata a procedere all'esame diretto degli atti del processo rilevanti ai fini della valutazione della fondatezza della censura, è altresì incontestabile che l'esercizio di tale potere da parte del Giudice di legittimità presuppone comunque che risulti preliminarmente vagliata l'ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall'onere di specificare, a pena appunto d'inammissibilità del ricorso, il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell'errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione onde assicurare l'osservanza del principio di autosufficienza del ricorso medesimo. Peraltro, l'onere del ricorrente non si ferma qua. Infatti, la denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme processuali — nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire — non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, onde è inammissibile l'impugnazione che lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito, dovendo il ricorrente indicare lo specifico e concreto danno derivatogli (Cass. civ., n. 26831/2014; Cass. civ., n. 26157/2014; Cass. civ., n. 15676/2014; Cass. civ., n. 6330/2014; Cass. civ., n. 22289/2013; Cass. civ., n. 3712/2012). La qualificazione giuridica del vizio di legittimità come error in judicando de jure procedendi rende la Corte anche "giudice del fatto", potendo accedere direttamente all'esame degli atti processuali del fascicolo di merito ed ha il "potere-dovere" di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale "potere-dovere" è necessario – non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio – che la parte ricorrente indichi puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame e, quindi, è indispensabile che il corrispondente motivo presenti tutti i requisiti di ammissibilità e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Cass. civ., n. 1170/2004; Cass. civ., n. 9275/2005; Cass. civ., n. 86/2012; Cass. civ., n. 896/2014; Cass. civ., n. 6014/2018). Sotto altro aspetto, il principio secondo cui l'interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) od a quello del tantum devolutum quantum appellatum (art. 345 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (Cass. civ., n. 7374/2015). Logica conseguenza di ciò è che la Suprema Corte, in sede di giudizio di legittimità, può procedere all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali per verificare la violazione del principio tra il chiesto e il pronunciato, ovvero il principio del tantum devolutum quantum appellatum. Osservazioni
Con la sentenza in commento, la Suprema Corte conferma l'orientamento tradizionale secondo il quale il Giudice di legittimità ha il dovere di esaminare i fatti allorquando venga denunciato un error in procedendo. In tal caso, il Giudice di legittimità, si “spoglia” dalla funzione di legittimità per diventare giudice del fatto. Soltanto analizzando ed interpretando gli atti processuali la Suprema Corte potrà infatti verificare se il giudice di merito si sia attenuto alle domande, sia andato extra petitum ovvero non si sia pronunciato su alcune o su tutte le domande. Ovvero, nel caso di giudizio di appello, non abbia esaminato impugnazioni proposte ovvero abbia dichiarato erroneamente tardivo l'atto di gravame. Nel caso di denuncia di error in procedendo, riferito al fatto processuale che ha rilevanza ai fini dello svolgimento del processo, che cioè è idoneo a produrre effetti sul rapporto processuale, la Suprema Corte diventa giudice del fatto. Ma, tale affermazione, certamente vera, ha una effettiva portata solo terminologica, giacché, in definitiva, pur quando la Suprema Corte diventa giudice del fatto, non fa altro che, in definitiva, garantire il rispetto delle norme di legge. Pertanto, si potrebbe concludere che anche quanto la Corte di cassazione esamina il fatto per “correggere” l'error in procedendo, rimane, pur sempre, giudice di legittimità. Per la decisione della causa nel merito (ai sensi dell'art. 384, comma 2,c.p.c., cit.), tuttavia, non è sufficiente che gli elementi fattuali occorrenti per ricostruire la vicenda in questione siano stati acquisiti al processo nei gradi precedenti, dovendo l'indagine diretta a stabilire la (eventuale) non necessità di ulteriori accertamenti di fatto essere compiuta unicamente sul provvedimento impugnato, nel senso che da questo deve emergere la sufficienza degli accertamenti effettuati per poter decidere la causa nel merito. Diversamente opinando, ne risulterebbe la profonda trasformazione del processo di cassazione – da giudizio di legittimità, sul provvedimento impugnato e sul procedimento, a terzo grado di merito (sia pure senza il potere di disporre ulteriori mezzi istruttori) – sebbene il tenore letterale (dello stesso art. 384, comma 1, c.p.c.) ed i lavori preparatori della riforma (attuata con la legge n. 353/1990) non giustifichino un'interpretazione tanto estensiva da alterare – così profondamente – la struttura e la funzione di quel giudizio, qual è (e rimane) definito nel vigente sistema processuale civile.
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