Inefficace l’adozione piena disposta all’estero in violazione della legge italiana
03 Ottobre 2018
Massima
Non può essere dichiarato efficace il provvedimento di adozione emesso in violazione della legge italiana, allorché l'adottante, cittadino italiano residente in Italia, si sia sottratto all'applicazione di tale disciplina Il caso
Tizio (cittadino italiano) e Caia (cittadina italiana e bulgara), residenti in Italia, chiedevano che il Tribunale per i minorenni dichiarasse efficace in Italia il provvedimento emesso dal tribunale della Bulgaria, con il quale Tizia aveva adottato il minore Caietto. Tizio e Caia chiedevano altresì la trascrizione della dichiarazione notarile effettuata da Tizio, con la quale lo stesso aveva riconosciuto Caietto come proprio figlio. Il Collegio rigettava la domanda dei coniugi, non potendo l'adozione del minore Caietto essere dichiarata efficace in Italia in quanto disposta in violazione della normativa italiana in tema di adozione. La questione
Il Tribunale per i minorenni di Bologna ha dovuto stabilire se potesse essere dichiarata efficace in Italia l'adozione piena (già legittimante) di un minore, pronunciata all'estero in ragione della cittadinanza straniera di uno dei due coniugi adottanti. Inoltre, poiché l'adozione era stata pronunciata a favore di un solo coniuge (la moglie cittadina bulgara) con il consenso del marito, il Tribunale italiano si è dovuto interrogare sulla trascrivibilità di un atto di nascita in cui la creazione del vincolo di filiazione derivi da una dichiarazione notarile proveniente dall'aspirante genitore e al di fuori delle garanzie processuali necessariamente richieste dalla normativa in tema di adozione. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale adito ha rigettato la domanda avanzata dai coniugi, in quanto l'adozione nazionale è stata emessa dal Tribunale bulgaro in violazione della normativa italiana in materia di adozione, che, secondo le disposizioni di diritto interno e di diritto internazionale privato, doveva invece essere applicata al caso concreto. Ai sensi dell'art. 29-bis l. n. 184/1983, infatti, tale disciplina si applica all'adozione di un minore straniero residente all'estero, qualora gli adottanti siano persone residenti in Italia o cittadini italiani residenti all'estero. Nel caso di specie, Tizio e Caia sono entrambi cittadini italiani residenti in Italia. L'unica deroga prevista dall'art. 36 l. n. 184/1983 all'applicazione della legge italiana è che l'adozione venga pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, e sempre che sia conforme ai principi della Convenzione dell'Aja. Entrambi i coniugi, al momento dell'adozione, erano residenti in Italia. Inoltre l'art. 38 l. n. 218/1995 stabilisce che la legge applicabile alla costituzione del rapporto adottivo è: a) quella di cittadinanza dell'adottante o degli adottanti, se comune; b) quella di residenza comune degli adottanti; c) quella del luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Secondo il Tribunale adito neppure è possibile derogare alla necessaria applicazione della legge italiana con riguardo alla adozione da parte di persona singola – e nella specie di Caia – poiché ai sensi dell'art. 19 l. n. 218/1995 se la persona ha più cittadinanze si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto, ma se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale. Osservazioni
La decisione in commento appare equilibrata e rispettosa dei principi di legge. Tanto la legge italiana in materia di adozione, quanto la nostra normativa di diritto internazionale privato, riconoscono la possibilità di sostituire al vincolo biologico un'attribuzione giuridica della responsabilità genitoriale solo ad opera dell'autorità giurisdizionale alla quale è attribuito il compito di garantire che la procedura adottiva si svolga nel superiore interesse del minore, immune da qualsiasi tipo di abuso. Per tale ragione, pur rispettando le nuove esigenze che possono presentarsi in una società in continuo movimento, e in particolare le istanze di quelle coppie “miste” che desiderano intraprendere una adozione nazionale nello stato di origine del coniuge straniero, è necessario impedire che la disciplina italiana in materia di adozione venga aggirata ed elusa a opera di cittadini italiani. Nel caso di specie, i coniugi sono entrambi cittadini italiani – benché la moglie sia anche cittadina bulgara – e residenti in Italia; pertanto la disciplina di riferimento non può che essere quella prevista dalla l. n. 184/1983, con la quale la procedura adottiva svoltasi in Bulgaria è palesemente in contrasto. Peraltro, il Tribunale minorile, non sembra dimenticare il best interest del minorenne coinvolto, che ha evidentemente instaurato un solido legame affettivo con il nucleo familiare adottivo, laddove suggerisce la possibilità per i coniugi di avanzare una domanda di adozione in casi particolari ai sensi dell'art. 44, lett. d), l. n. 184/1983. È noto infatti come tale strumento sia stato più volte utilizzato dalla giurisprudenza minorile per garantire copertura giuridica a situazioni di fatto ormai consolidate. |