Offerta d’acquisto

13 Dicembre 2018

In forza del regime stabilito dagli artt. 503 e 569 c.p.c., la vendita forzata immobiliare segue le forme di cui agli artt. 571 -574 c.p.c.. Ad eccezione del debitore chiunque è ammesso ad offrire per acquistare l'immobile: così, dispone l'art. 571, comma 1, c.p.c. per la vendita senza incanto; mentre, in tema di vendita con incanto, il medesimo precetto è riportato nell'art. 579, comma 1, c.p.c..
Legittimazione ad offrire

In forza del regime stabilito dagli artt. 503 e 569 c.p.c., la vendita forzata immobiliare segue le forme di cui agli artt. 571 -574 c.p.c..

Ad eccezione del debitore chiunque è ammesso ad offrire per acquistare l'immobile: così, dispone l'art. 571, comma 1, c.p.c. per la vendita senza incanto; mentre, in tema di vendita con incanto, il medesimo precetto è riportato nell'art. 579, comma 1, c.p.c..

L'ampia legittimazione ad offrire è tuttavia temperata dalle disposizioni che impongono diversi divieti d'acquisto. Ai seguenti soggetti è difatti preclusa la partecipazione alla vendita forzata. Segnatamente, si tratta:

a) del concessionario della riscossione in riferimento ai beni venduti in sede esattoriale (art. 55, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602);

b) dei genitori esercenti la potestà sui figli minori limitatamente ai beni di questi ultimi (art. 323 c.c.);

c) di tutori e protutori in relazione ai beni di minori (art. 378 c.c.);

d) delle categorie di cui all'art. 1471 c.c., tra cui si annoverano gli ufficiali pubblici per i beni venduti per mezzo del loro ministero (in tale ipotesi il divieto è sancito a pena di nullità) e coloro che per legge o per atto della pubblica autorità amministrano beni altrui, (in questo caso a pena invece d'annullabilità). Quest'ultimo divieto esclude che il giudice dell'esecuzione, il cancelliere, l'ufficiale giudiziario che ha effettuato il pignoramento, il custode, l'amministratore giudiziario, l'esperto stimatore ed il professionista delegato possano essere legittimamente formulare offerte d'acquisto.

In relazione al divieto di partecipazione alla gara sancito per il debitore va escluso che esso operi rispetto:

i) al terzo proprietario del bene pignorato. L'art. 604, primo comma, c.p.c. costituisce una particolare deroga al divieto normativo; pur richiamando solo la previsione di cui all'art. 579, comma 1, c.p.c., limitatamente alla vendita all'incanto, si ritiene che – stante l'identità di ratio – la medesima soluzione operi anche per l'ipotesi della vendita senza incanto.

ii) al coniuge del debitore. Per vero, il divieto – che integra un'eccezione alla regola per cui la legittimazione compete a chiunque - non trova applicazione ad ipotesi diverse da quelle espressamente regolate, e ciò ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni di cui agli artt. 177 e ss. c.c.; né rileva la circostanza che – per volontà di legge – l'effetto traslativo del bene si ripercuote per la metà nel patrimonio dello stesso esecutato (così, Cass. civ., 2 febbraio 1982, n. 605).

Unica eccezione al riconoscimento della legittimazione anche in capo al coniuge sussiste qualora venga provata l'esistenza di un accordo interpositorio – fittizio o reale – cui abbia preso parte il debitore stesso (Cass. civ., 23 luglio 1979, n. 4407).

iii) alle società rispetto ai beni del socio.La Suprema Corte ha evidenziato che in forza del carattere eccezionale di cui agli artt. 571 e 579 c.p.c., il divieto non opera laddove l'offerta provenga da una società di capitali, posto che l'autonomia patrimoniale e la distinta personalità giuridica rispetto alla persona dei soci comportano l'esclusione della riferibilità del patrimonio ai singoli soci; e ciò quand'anche uno dei soci sia considerato socio di larga maggioranza (Cass. civ., 16 maggio 2007, n. 11258).

Quest'ultima pronuncia induce a ritenere applicabile tale interpretazione a tutti i soggetti dotati di personalità giuridica autonoma.

Ciò posto, va comunque rilevato come nell'ipotesi diinterposizione fittizia da parte di un terzo (il quale partecipi alla vendita come mero prestanome del debitore) l'offerta e la conseguente aggiudicazione risultino nulle, decorrendo il termine per proporre opposizione dal momento in cui sia scoperta l'interposizione.

Nell'ipotesi di interposizione reale, il c.d. pactum de retrovendendo (ovverosia, l'accordo tra il debitore esecutato ed un terzo, da questi incaricato di acquistare per suo conto l'immobile, con contestuale impegno del terzo a retrocedere l'immobile espropriato al debitore) va anch'esso considerato nullo, configurando un negozio diretto ad eludere il divieto di legge gravante sul debitore. Nondimeno, la nullità non opera laddove sussista un mero impegno ad una eventuale retrocessione del bene al debitore nel caso in cui, successivamente, le condizioni economiche di questo ne consentano il riacquisto (Cass. civ., 10 giugno 1988, n. 3952).

Quanto alle modalità di rilevazione del difetto di legittimazione, laddove il divieto sia previsto a pena di nullità, il giudice può rilevarlo d'ufficio (eventualmente anche sulla base di una istanza di parte). Se il divieto è previsto invece a pena di annullabilità questa deve essere fatta valere dall'interessato con l'opposizione agli atti esecutivi.

Sempre con riguardo alla legittimazione alle offerte occorre poi rilevare come, sia nella vendita senza incanto che in quella con incanto, le offerte possano essere proposte personalmente od a mezzo di un procuratore legale, anche eventualmente per persona da nominare (art. 571, primo comma, ed art. 579, comma 3, c.p.c.).

Nella vendita con incanto, inoltre, l'offerta può essere presentata anche da un mandatario munito di procura speciale che non sia avvocato (art. 579, comma 2, c.p.c.). Analoga previsione non si rinviene nella disciplina della vendita senza incanto; invero, l'art. 571 c.p.c. richiama esclusivamente il terzo comma dell'art. 579 c.p.c. sulla facoltà di presentare l'offerta per persona da nominare.

Per questa ragione la giurisprudenza ha ritenuto inammissibile l'offerta nella vendita senza incanto fatta a mezzo di mandatario munito di procura speciale che non sia anche avvocato, stante il carattere eccezionale della disposizione di cui all'art. 579, comma 2, c.p.c. (così, Cass. civ., 12 aprile 1988, n. 2871; Cass. civ., 13 gennaio 2005, n. 578).

Nel caso di persone giuridiche l'offerta va proposta da chi risulta avere la rappresentanza in base all'atto costitutivo ed alle eventuali modifiche.

Nell'ipotesi di società di capitali (che acquistano personalità giuridica solo con l'iscrizione nel registro delle imprese), il soggetto che abbia agito in nome della società prima dell'iscrizione nel suddetto registro delle imprese va qualificato come falsus procurator; pertanto, una volta acquisita la personalità giuridica, la società può ratificare gli atti posti in essere dal rappresentante senza potere.

In evidenza

La Cassazione ha, sul punto, precisato che la ratifica è ammessa se il negozio sia stato posto in essere dopo la costituzione della società (benché prima dell'iscrizione nel registro), nel qual caso gli effetti della ratifica retroagiscono al momento della costituzione della società; di contro la ratifica non è ammessa per i negozi posti in essere primache la società stessa fosse costituita, poiché il falsus procurator non può spendere il nome di un soggetto ancora inesistente (Cass. civ., 12 dicembre 2005, n. 27335).

Quanto alla legittimità dell'offerta proposta dal cittadino extracomunitario va in primo luogo segnalato che il nostro ordinamento non prevede alcuna limitazione in tal senso.

Anzi, il d.lgs 25 luglio 1998, n. 286, cd. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, equipara ai cittadini italiani, quelli comunitari, gli apolidi ed i rifugiati politici residenti da più di tre anni.

Ai cittadini italiani sono inoltre equiparati gli extracomunitari regolarmente soggiornanti, i familiari di uno straniero regolarmente soggiornante o apolide, in Italia da meno di tre anni; segnatamente, tali soggetti debbono essere in possesso di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro (subordinato o autonomo), per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, di studio ovvero umanitari o, ancora, debbono aver conseguito il cd. Permesso di soggiorno CE 208 di lungo periodo (si tratta di un documento caratterizzato da scadenza illimitata che può essere chiesto da chi ha un permesso di soggiorno da più di cinque anni).

La situazione è più complessa qualora l'offerente sia un cittadino extracomuniario non regolarmente soggiornante in Italia; solo in questo particolare caso la legittimazione ad offrire subisce una compressione e, pertanto sussiste solo se:

i) prevista da un trattato internazionale;

ovvero ii) vi è una condizione di reciprocità tra l'Italia e lo Stato di appartenenza.

Forma, contenuto e deposito dell'offerta

Quanto alla forma dell'offerta nella vendita senza incanto, va subito precisato che si tratta di una dichiarazione sottoscritta dal soggetto manifesta l'intenzione di acquistare il bene posto in vendita. In mancanza di sottoscrizione l'offerta non è imputabile al depositante, né ad altro soggetto; essa pertanto è nulla.

In definitiva, l'offerta da depositare nella cancelleria (o nel luogo indicato dal professionista delegato) nel termine stabilito nell'ordinanza di vendita, deve contenere le generalità dell'offerente (ivi compreso lo stato civile) e la sottoscrizione, i dati identificativi del bene per il quale è proposta, il prezzo, il tempo e le condizioni di pagamento, oltre ad ogni elemento utile alla valutazione della convenienza della proposta di acquisto (come la disponibilità dell'offerente all'accollo del mutuo già concesso all'esecutato).

L'offerente ha l'obbligo di prestare cauzione, nel rispetto delle modalità stabilite nell'ordinanza di vendita e, comunque, in misura non inferiore ad un decimo del prezzo proposto; se la cauzione va versata tramite assegno circolare è necessario sia inserito nella busta da depositare.

A scongiurare il rischio di turbative d'asta, l'ult. comma dell'art. 571 c.p.c. contiene una serie di accorgimenti sulle modalità di proposizione e raccolta delle offerte. L'offerta deve depositarsi in busta chiusa ed anonima, sulla quale va annotato – previa identificazione – il nome del soggetto che esegue materialmente il deposito, oltre a quello del giudice dell'esecuzione (o del professionista) e la data della vendita.

In evidenza

L'offerta è legittimamente depositata anche se ricevuta da soggetto addetto allo studio professionale, diverso dal professionista delegato nominato dal giudice dell'esecuzione (Trib. Siracusa, 18 aprile 2018).

L'offerta, proposta ai sensi dell'art. 571 c.p.c., è inefficace se inferiore di oltre un quarto al prezzo base indicato nell'ordinanza di vendita; o se non è stata versata la cauzione nella misura e con le modalità specificate dal giudice nel medesimo provvedimento.

In evidenza

È inefficace l'offerta presentata con modalità difformi da quelle stabilite nell'ordinanza che dispone la vendita, a nulla rilevando che la difformità riguardi prescrizioni dell'ordinanza di vendita stabilite dal giudice in assenza di una previsione di legge in tal senso. È, dunque, inefficace l'offerta accompagnata da una cauzione prestata mediante assegni circolari tratti su una banca diversa da quella che era stata indicata dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza dispositiva della vendita (Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2005, n. 12880).

Nell'ipotesi di unica offerta d'acquisto non corredata (in tutto od in parte) da cauzione, il bene può essere comunque aggiudicato, sempre che all'apertura delle buste l'offerente dimostri di avere integrato la cauzione fino alla misura prevista dalla legge o dall'ordinanza. Tale soluzione non opera, tuttavia, in presenza di più offerte valide ed efficaci, stante l'interesse degli altri partecipanti al rispetto delle prescrizioni dettate per la presentazione delle offerte.

L'art. 571 c.p.c. si limita a stabilire che la cauzione deve essere pari ad almeno il dieci per cento del prezzo offerto, ponendo quindi solo un limite minimo. Non è invece prevista una soglia massima (contrariamente a quanto disposto per la vendita con incanto, ex art. 576, comma 1, n. 5, c.p.c.). Di qui la convinzione che un diverso importo (superiore al dieci per cento) possa essere fissato dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di vendita.

Resta da dire che l'adozione di una cauzione superiore al decimo del prezzo offerto dovrebbe essere consentita al giudice in casi peculiari (si pensi, ad es., all'ipotesi di decadenza dell'aggiudicatario) ed allo scopo di evitare turbative d'asta, ciò allo scopo di agevolare l'accesso dei potenziali interessati alla vendita forzata

Il terzo comma dell'art. 571 c.p.c. qualifica l'offerta «espressamente irrevocabile» per la durata di centoventi giorni dalla data di «presentazione». Sicché una volta depositata in cancelleria (o presso lo studio del professionista se le operazioni di vendita sono state delegate), la busta chiusa non può più essere ritirata fino a quando l'offerta è stata dichiarata nulla o inefficace; ovvero la vendita si è conclusa con l'aggiudicazione a favore di altro offerente Contrariamente a quanto accade nel sistema dell'incanto, è proprio il carattere irrevocabile che determina, una volta depositata una valida offerta, la certezza dell'aggiudicazione in capo al migliore offerente.

In caso di rinvio della vendita ai sensi dell'art. 161-bis disp. att. c.p.c., deve comunque ritenersi applicabile l'art. 571, comma 3, n. 3, c.p.c., con la conseguenza che l'offerente non può revocare l'offerta fatta, salvo che siano decorsi centoventi giorni dalla sua presentazione ed essa non sia stata accolta.

Deliberazione sull'offerta

Nel precedente regime, l'offerta unica – superiore al prezzo base dell'immobile aumentato di un quinto – non lasciava spazi alla discrezionalità del giudice che, ai sensi dell'art. 572, comma 2, c.p.c., avrebbe aggiudicato il bene. L'attuale formulazione della norma segna indiscutibilmente un'inversione di rotta a beneficio della celere definizione dell'espropriazione forzata. Il giudice (o il professionista) aggiudica “senz'altro” il bene ogni volta che l'offerta è pari o superiore al prezzo base; di contro se l'offerta unica è inferiore a tale importo nei limiti di un quarto (recte non è inferiore al 75%).

Quanto alla nuova disciplina dell'offerta cd. minima va ricordato che essa trova applicazione nella sola vendita immobiliare senza incanto; rimane, dunque, inefficace sia l'offerta inferiore al prezzo base se la vendita segue le forme dell'incanto, sia l'istanza di assegnazione che non raggiunge l'importo stabilito dal nuovo primo comma dell'art. 589 c.p.c..

A differenza del previgente regime quando l'offerta inferiore al prezzo base era inefficace, la scelta del legislatore del 2015 di vendere l'immobile pignorato “sottocosto” risponde a due diverse esigenze.

La prima è quella di rapida definizione della procedura esecutiva: al decorso del tempo consegue l'aumento delle spese, nonché il rischio di degrado dell'immobile.

La seconda è quella di incentivare la più ampia partecipazione alla vendita, posto che proprio il ribasso iniziale la rende particolarmente appetibile. In altre parole, il ribasso (recte l'offerta minima)non inferiore al 75% del prezzo base rappresenta la condizione perché l'aggiudicazione possa avvenire per un importo più elevato.

La formulazione dell'art. 571 c.p.c. non sembra lasciare margini alla discrezionalità del giudice nella determinazione dell'offerta minima. Risulta, dunque, viziata ed è impugnabile ex art. 617 c.p.c. l'ordinanza di vendita che non contiene l'indicazione dell'offerta minima ovvero applica una riduzione superiore o inferiore rispetto al 25% stabilito dall'art. 571, comma 3, c.p.c..

Il giudice (o il professionista) aggiudica il bene solo se ritiene che non vi sia seria possibilità di conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita, sempre che non siano state presentate istanze di assegnazione ex art. 588 c.p.c. L'aggiudicazione non costituisce una scelta obbligata ma presuppone il convincimento del giudice di non potere conseguire un prezzo superiore con una nuova vendita.

Tuttavia, se la pubblicità è stata eseguita regolarmente, non si vede perché un nuovo tentativo di vendita dovrebbe condurre ad un prezzo migliore. Né il giudice potrebbe rifiutare l'aggiudicazione e indire una nuova vendita solo perché è pervenuta un'offerta invalida. Se così fosse si finirebbe per legittimare interferenze indebite da parte del debitore o di soggetti a questi collegati che, con il deposito di offerte c.d. “civetta” tentano di ottenere un rinvio dell'aggiudicazione.

A conferma della limitata discrezionalità del giudice va rilevato che in caso di mancata aggiudicazione, il prezzo base del successivo tentativo di vendita viene ridotto di un quarto: esso pertanto corrisponde all'offerta minima del precedente tentativo di vendita per la quale il giudice ha negato l'aggiudicazione. Se così è, non sembra che il giudice possa ragionevolmente disporre un tentativo di vendita per un prezzo base che coincide con l'offerta minima rifiutata, salvo disattendere la scelta legislativa di accelerare la definizione del processo esecutivo.

Di contro sembra che il giudice possa non aggiudicare l'immobile qualora sopraggiunga un fatto nuovo o si verifichi un mutamento della situazione sostanziale che rende non più attuale la determinazione del prezzo base contenuta nell'ordinanza di cui all'art. 569 c.p.c. (si pensi, ad es., ad un mutamento del piano regolatore; all'estinzione dell'usufrutto durante l'espropriazione della nuda proprietà).

Legittimazione alla gara tra gli offerenti e successiva deliberazione

In presenza di più offerte, il giudice invita “in ogni caso” gli offerenti a una gara sull'offerta più alta: l'art. 573, comma 1, c.p.c. esclude che il giudice possa aggiudicare direttamente il bene a favore del migliore offerente, perché tenuto a disporre la gara anche quando tutte le offerte pervenute siano inferiori al prezzo base (nei limiti di un quarto). A ritenere diversamente si impedirebbe il rilancio sull'offerta più elevata, pregiudicando la migliore fruttuosità della vendita. Se gli offerenti non aderiscono all'invito alla gara, il giudice non può disporre una nuova vendita e l'aggiudicazione ha luogo automaticamente a favore del migliore offerente (anche laddove tutte le offerte siano inferiori, nel limite di un quarto, al prezzo base), sempre che non siano state presentate istanze di assegnazione ex art. 589 c.p.c..

È appena il caso di precisare che: i) il chiaro dato testuale adottato dall'art. 573 c.p.c. esclude la legittimazione a partecipare alla gara in capo al creditore istante l'assegnazione; ii) la gara si svolge unicamente tra coloro che abbiano già depositato un'offerta, ragion per cui non è ammessa la partecipazione di altri soggetti.

In evidenza

La Suprema Corte ha ribadito che, ai sensi dell'art. 571 c.p.c., l'offerta deve essere effettuata personalmente dall'offerente oppure a mezzo di un avvocato anche nell'eventuale gara successiva all'apertura delle buste; con la precisazione che il termine procuratore legale deve essere sostituito con quello di avvocato (Cass. civ., 5 maggio 2016, n. 8951).

Resta da dire che diversamente da quanto prevede l'art. 572, comma 3, c.p.c. il giudice non può disporre una nuova vendita se la migliore offerta è inferiore al prezzo base, ma è tenuto ad aggiudicare (o assegnare) l'immobile. Tale conclusione ci sembra una scelta obbligata sia in difetto della previsione normativa che consente al giudice di rinviare l'aggiudicazione, sia perché la gara assicura la sostanziale affidabilità ed equità della vendita forzata (Cass. civ., 21 settembre 2015, n. 18451).

Riferimenti
  • Bongiorno, voce Espropriazione immobiliare, in Digesto disc. priv. - sez. civ., Torino 1992, VIII, 41 ss.;
  • Farina, L'aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli 2012, 19 ss.;
  • ID., L'ennesima espropriazione immobiliare efficiente (ovvero accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata), in Riv. dir. proc., 2016, 127 ss.;
  • Miccolis, Le modifiche alla disciplina dell'esecuzione forzata. Quadro generale, in Foro it., 2015, c. 79;
  • Saletti, Cumulo ed eccesso di espropriazione forzata, in Riv. dir. proc., 1984, 506 ss.;
  • Satta, L'esecuzione forzata, Milano 1937, 186 ss..
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